XXI puntata
Da Mosca "La Voce della Russia"!
"1812.
La Bufera napoleonica". XXI puntata del ciclo a cura di Dmitrij Mincenok. Era il secondo mese di guerra.
La Grande Armee cercava, senza riuscirci, di entrare in contatto con l'esercito russo per dare una battaglia generale. Il 25 luglio del 1812, al Comando francese si diffuse la voce circa la presenza a Vitebsk dell'imperatore Alessandro. Per Napoleone fu sufficiente per sentirsi come un toro cui avessero fatto vedere un drappo rosso. Di nuovo balenò il miraggio della tanto agognata battaglia generale. Della Fortezza di Vitebsk, il principe di Oldenburgo, i cui discendenti avrebbero coperto di eucalipti l'Abkhasia e salvato la costa orientale del Mar Nero dalla malaria, aveva detto allo zar Alessandro che era inespugnabile.
L'antica città era stata fondata da una donna, la leggendaria principessa Olga, il che le aveva conferito un'impronta tutta particolare che si esprimeva nella bellezza delle sue dame e nel sapore della sua cucina. La città, in cui la cultura della Polonia cattolica si intrecciava con quella dell'antica Rus ortodossa e della diaspora giudaica, sembrava adagiata su un fianco.
Il fiume su cui era stata eretta, presentava una ripida sponda destra di gran lunga più alta della sinistra configurando così una barriera naturale che esercitava una vivida impressione su tutti coloro che vedevano la città per la prima volta.
I quadri di Mark Chagall, il più celebre dei suoi cittadini, ci restituiscono l'immagine di una città fantastica non disgiunta da quella di una inespugnabile fortezza.
L'approssimarsi dei francesi gettò gli abitanti di Vitebsk nell'orrore.
"Costoro, russi di sangue, - scrive un cronista contemporaneo - prima di tutto incominciarono ad evacuare dalle case e dalle botteghe le merci e le masserizie per portarle altrove in luogo sicuro e poi se ne andarono". La fuga dei ricchi concittadini impressionò fortemente i funzionari statali che insieme alle ricchezze e all'oro, vedevano dileguarsi anche coloro che avrebbero dovuto difenderla.
E così, al seguito della nobiltà se ne andarono anche i funzionari civili. Il panico e il disordine veniva alimentato dalle voci sulle armate francesi, forti, secondo alcuni, di un milione di uomini.
Poi si diceva che ci fossero dei misteriosi sobbillatori che istigassero i contadini alla rivolta e ad attaccare i proprietari terrieri. Queste voci, confortate da alcuni fatti, arrivarono fino a Mosca. Ad alcuni sembrò di vedere lo spettro di Pugagiov. "Non ci si può sentire al sicuro né in città né in campagna - scrive uno dei protagonisti di quegli avvenimenti.
- I servi, secondo un costume indotto da Pugaciov e da altre giovani teste ribelli, sarebbero in attesa di una poco chiara libertà ". La storiografia sovietica ha sempre occultato tranquillamente il fatto che la venuta di Napoleone in Russia aveva suscitato tutta una sequela di manifestazioni contro i feudatari.
Tra i servi della gleba si sussurava che Napoleone aveva promesso di liberare i contadini dall'oppressione della schiavitù. Ma qui non bisogna fare confusione fra gli ideali di libertà nutriti dagli intellettuali e dalla voglia di scrollarsi di dosso i signori e le fatiche disumane da loro imposte.
I contadini aspiravano soltanto a soddisfare i loro bisogni più elementari. Caterina II aveva detto a suo tempo che "fra i contadini russi alberga la barbarie e crudeltà e che per ammorbidire questi costumi ci sarebbero voluti decennia".
Fu così che per la maggioranza dei proprietari terrieri del paese la comparsa di Napoleone fece balenare il terrore di quella libertà che l'imperatore portava sulle sue bandiere.
Sull'altro piatto della bilancia c'era Alessandro, il cui nome veniva associato alla schiavitù e ad un ordinamento conservatore.
Si faceva riferimento a Speranskij, allora segretario di stato e al suo consigliere Maghnizki, accusati addirittura - alla vigilia della guerra - di aver ordito la congiura degli illuminati e queste voci furono oggetto di accanite discussioni al fuoco dei bivacchi dell'esercito russo in continua ritirata verso Mosca.
Alessandro ne veniva informato dai rapporti di Jakob de Sanglene, il capo della sua polizia segreta.
Sapeva inoltre che fra gli ufficiali si dicesse che proprio per non aver voluto destituire il tedesco De Tolli e mettere a capo dell'esercito il russo Kutuzov, Alessandro poteva provocare la fine della Russia. Fra i mercanti lo zar veniva accusato di non aver fatto nulla per evitare una terza guerra con un nemico da cui era stato battuto già due volte.
Ancora peggiore era per lui la voce secondo cui nell'esercito si dicesse che sarebbe stato meglio mettere al suo posto il fratello Costantino.
Secondo il marchese Paulucci, suddito austriaco divenuto ascoltato consigliere dell'imperatore, la Russia sarebbe stata ad un passo da una sommosa popolare.
Su questo si potrà discutere, ma è indubbio che certi pericoli l'alta società russa li sentiva nell'aria.
Appunto per questo lo zar indugiava con l'annuncio di una guerra di popolo e con l'organizzazione di milizie popolari. Forte per il timore che queste forze si rivolgessero contro di lui e non contro Napoleone. Bonaparte comprendeva perfettamente la difficile situazione del suo avversario e non riusciva a capire perché non chiedesse la pace.
All'uopo aveva bisogno soltanto del pretesto di una battaglia generale. I piatti della bilancia sembravano immobili, ma pendere verso Napoleone. Le sorti della Russia sembravano appese ad un filo. Alla battaglia di Vitebsk mancavano due giorni.
Avete ascoltato la XXI puntata del ciclo "1812.
La bufera napoleonica" a cura di Dmitrij Mincenok.