Il crollo della diga (405-408) - Ep. 24 (3)
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Assicuratosi il supporto dei suoi Stilicone si recò a Bologna e da lì fece inviare una missiva ad Alaric, incitandolo a venire in Italia: i suoi servigi sono comunque richiesti, ma non in oriente. No, i suoi avrebbero dovuto recarsi in Gallia a combattere per conto dell'impero e, incidentalmente, Stilicone offriva il pagamento delle 4000 libbre d'oro richieste.
Sarebbe facile criticare Stilicone per questa decisione: io penso che il generalissimo stesse solamente provando con tutte le sue forze a tenere in piedi l'Impero: non poteva sguarnire l'Italia e correre il rischio che fosse invasa da un altro Radogast. Per sconfiggere gli invasori delle Gallie aveva bisogno di tutte le forze possibili, Alaric era una di queste. Oltre al pagamento degli arretrati e in cambio dell'aiuto in Gallia Alaric chiese però dalle autorità romane sempre le stesse cose: essere riconosciuto come capo unico dei Goti, l'inquadramento dei suoi nell'esercito regolare e una area sicura dove stanziarsi.
I coltelli vengono affilati
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Ravenna nel quinto secolo dopo cristo
Mentre proseguivano la negoziazione con Alaric una notizia-bomba fu sganciata sull'Italia: inaspettatamente il 1° Maggio del 408 era morto a Costantinopoli sua nullità Arcadio, a soli 31 anni, lasciando come erede il figlioletto Teodosio II, sotto la tutela dell'Antemio che ho già nominato e che fu a lungo il vero padrone a Costantinopoli. Onorio ne fu devastato e pensò bene di recarsi a Costantinopoli per reclamare la sua eredità, o forse anche per togliersi di mezzo dal disastro che si andava accumulando in occidente. Stilicone lo dissuase, dicendo che sarebbe andato invece lui a Costantinopoli a difendere gli interessi di Onorio. Ma la situazione non lo permetteva: la Gallia brulicava di invasori Vandali, Alani e Svevi, un usurpatore aveva sotto il suo controllo la Britannia e la Gallia Romana, Alaric era minacciosamente accampato giusto al di là delle alpi.
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Fino a questa crisi Stilicone aveva sempre goduto della fiducia di Onorio e, ancor più importante, dell'aristocrazia terriera italiana. Gli ultimi disastri avevano incrinato il rapporto di fiducia di Stilicone con entrambi. In questa fessura si inserì uno dei capi della burocrazia imperiale, un certo Olimpio, che iniziò a lavorare alacremente alla caduta del Generalissimo. Olimpio arrivò a sussurrare all'orecchio dell'imperatore che Stilicone voleva mettere sul trono di Costantinopoli suo figlio Eucherio. Ma a causare la caduta del generalissimo fu una rivolta militare, non le azioni del sempre imbelle Onorio.
Questi si era recato a Pavia, oramai de facto capitale militare del nord Italia, per passare in rassegna le truppe prima che queste si recassero attraverso le alpi per combattere contro Costantino III. il cortigiano intrigante insinuò di fronte alle truppe che Stilicone fosse la causa di tutte le calamità che stavano flagellando l'Impero. Lo accusò di stare brigando con Alaric, di aver sobillato i Vandali, gli Alani e gli Svevi a invadere la Gallia e di avere intenzione di recarsi a Costantinopoli per detronizzare Teodosio; inoltre, insinuò che ben presto avrebbe sfruttato l'indebolimento dell'Impero per detronizzare Onorio stesso. L'esercito di Pavia, sobillato da Olimpio, si rivoltò, giustiziando sommariamente i principali sostenitori di Stilicone, vale a dire il grosso del corpo degli ufficiali., Convinto da Olimpio della fondatezza delle accuse di tradimento che pendevano su Stilicone, Onorio ordinò alle truppe di Ravenna di catturare il generalissimo. Era il 13 agosto del 408.
Nella morte di un uomo, il suo valore
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Sarcofago cosiddetto di Stilicone, Sant'Ambrogio (Milano)
Stilicone in tutto questo era a Ravenna, a capo dei 12.000 soldati gotici di Radogast che erano diventati una sorta di milizia personale, a lui fedelissima. Stilicone discusse il da farsi con i suoi generali: era opinione diffusa che si sarebbe dovuto muovere guerra ai rivoltosi di Pavia se questi avessero anche solo torto un capello all'imperatore. Stilicone ad un certo punto comprese però che l'imperatore era sano e salvo e si era invece unito a Olimpio contro di lui. A questo punto capì che era tutto finito: aveva perso il controllo della situazione, prima della Gallia e ora, fatalmente, dell'Italia. I suoi lo incitarono a resistere e combattere: c'erano ancora molti che erano fedeli a lui, magari Alaric sarebbe venuto in soccorso del suo miglior nemico di lunga data.
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Ma Stilicone era, prima di ogni altra cosa, un soldato di Roma: l'impero era in crisi e aveva bisogno di ricomporsi rapidamente: scrutò nel suo cuore e comprese di essere divenuto un ostacolo piuttosto che una soluzione alla crisi dell'impero. All'arrivo delle truppe di Onorio si rifugiò in una chiesa a Ravenna ma quando arrivarono i messaggeri dell'imperatore richiedendogli di uscire varcò spontaneamente la soglia della chiesa e andò incontro con calma alla morte per decapitazione, impedendo perfino al suo ancora numeroso seguito di difenderlo: era il 22 agosto del 408. Il disastro per Stilicone si estese ai suoi sostenitori e parenti che finirono per essere trascinati nella sua rovina. La figlia di Stilicone che aveva sposato l'Imperatore Onorio) fu ripudiata dal marito, che annullò il matrimonio; la moglie del generale, Serena), fu giustiziata con l'accusa di stare brigando con Alaric, mentre il figlio Eucherio) fu giustiziato da sicari inviati da Onorio e Olimpio); tutti i beni di Stilicone furono confiscati e incamerati dallo stato, mentre tutti quelli che avevano avuto un qualche legame con il generalissimo subirono torture atroci. Il generale ricevette anche una damnatio memoriae da parte di molti storici dei decenni seguenti anche se va detto che la nostra fonte contemporanea principale, Olimpiodoro, lo aveva chiaramente in simpatia.
Si è scritto molto su Stilicone: molti lo considerarono e alcuni lo considerano ancora un traditore o almeno un inetto. Altri, di converso, lo chiamano l'ultimo Romano, cosa che mi pare ingenerosa nei confronti di Flavio Costanzo ed Ezio, solo per fare due nomi. Una cosa si può dire: il valore di un uomo può essere misurata nella dignità della sua morte e la fine coraggiosa di Stilicone dice volumi su questo grande della tarda antichità: preferì morire in silenzio che sconvolgere quello che restava dell'impero con l'ennesima guerra civile, in questo il generale semibarbaro fu superiore a tantissimi Romani de Roma, anche di tempi più felici dell'Impero.
Stilicone fu certamente un servitore capace dello stato, un politico sottile e un buon generale: ebbe i suoi limiti, in particolare nella sua smodata ambizione di ricoprire un ruolo a Costantinopoli, ambizione che lo rese a volte cieco rispetto ai rischi che correva l'impero. Eppure la sua flessibile politica nei confronti di Alaric e degli altri barbari mi pare fosse l'unica politica possibile nell'impero del dopo Adrianopoli: Stilicone non si illuse mai che Alaric fosse un fedele suddito dell'impero ma capì anche che i Goti di Alaric e di Radogast, utilizzati bene, potevano essere una forza costruttiva e non distruttiva per l'impero. In definitiva non posso addossargli del tutto le colpe di quello che successe tra il 405 e il 408: il regime di Stilicone fu investito dalla più violenta tempesta che avesse mai investito l'Impero Romano, al confronto della quale le precedenti sembrano passeggiate primaverili. Forse nessuno sarebbe riuscito a far meglio, certamente non fecero meglio i suoi immediati successori.
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A Monza, nel tesoro della cattedrale, c'è un dittico che ritrae Stilicone in una posa severa, con lo scudo e la lancia tipiche del legionario tardoantico: il suo sguardo è severo ma non autoritario, profondo e compassato: di fianco c'è sua moglie Serena e suo figlio Eucherio, tutti e tre hanno fatto una triste fine. Andateli a vedere, vale davvero la pena. Poco lontano, nella chiesa di Sant'Ambrogio, a Milano, c'è un curioso sarcofago Romano, spesso attribuito a Stilicone senza che ce ne sia alcuna prova: incorporato nell'ambone medioevale, questa ingarbugliata scultura, metà pagana e metà cristiana, di incerta provenienza, difficile da decifrare, di caratteristiche nobili e in definitiva con qualcosa di strano all' apparenza, ne rappresenta abbastanza bene la figura storica. Risale certamente all'inizio del quinto secolo e non è mai stato mosso: credo sia francamente possibile che il generale sia stato seppellito nella chiesa del grande vescovo di Milano che lui aveva conosciuto personalmente. Ogni tanto, quando vivevo a Milano, mi piaceva passeggiare nella chiesa e avvicinarmi al sarcofago, dedicando un pensiero a Stilicho, il figlio di un semplice ufficiale di cavalleria Vandalo, un uomo che si era fatto da sé fino a diventare un imperatore senza corona. Per me fu e sarà sempre un vero Romano, degno dei più grandi.
Nel prossimo episodio vedremo come se la caveranno Olimpio e Onorio, il dream team ora in controllo della corte di Ravenna. Una serie di decisioni disastrose peggiorerà la situazione oltre il punto di rottura. Libero dalle inibizioni impostegli dal suo nemico-amico Stilicone, Alaric entrerà di nuovo in Italia e questa volta nessuno riuscirà a fermarlo. Nel giro di pochi mesi Roma, che aveva fatto del mondo una città nelle meravigliose parole di Rutilio Namaziano, subirà il primo saccheggio in 800 anni di storia. Il mondo non sarà mai più come prima.
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Ricostruzione di come doveva apparire il sarcofago detto di Stilicone
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