20 novembre
È passato un giorno della settimana e ho fatto tutti gli sforzi possibili e immaginabili per esser buono come promisi l'altro giorno alla mamma. Ieri, dopo scuola, ho fatto i balocchi con Maria e l'ho trattata molto bene adattandomi a giuocare tutto il giorno con la sua bambola che è molto bella ma è anche parecchio noiosa. La bambola di Maria si chiama Flora ed è grande quasi quanto la sua padroncina. Ma l'unica cosa di divertente che abbia questa bambola è il movimento degli occhi che quando è ritta stanno aperti e quando la si mette a diacere si chiudono. Io ho voluto capacitarmi di questa cosa e le ho fatto un buco nella testa dal quale ho potuto scoprire che il movimento era regolato da un meccanismo interno molto facile a capirsi. Infatti l'ho smontato e ho spiegato a Maria come stavano le cose, ed ella si è interessata alla spiegazione, ma dopo, quando ha visto che gli occhi della bambola erano rimasti storti e non si chiudevano più, si è messa a piangere come se le fosse accaduta una disgrazia sul serio. Come sono sciocche le bambine!
La Maria ha fatto la spia al suo zio dell'affare della bambola, e stasera l'avvocato Maralli mi ha detto: - Ma dunque tu, Giannino mio, ce l'hai proprio con gli occhi degli altri!... Però dopo un poco ha ripreso sorridendo:
- Via, via, faremo accomodare gli occhi della bambola... come si sono accomodati i miei. E del resto, cara Maria, bisogna consolarsi nel pensare che tutte le disgrazie non vengono per nuocere. Guarda quella toccata a me, per esempio! Se Giannino non mi tirava una pistolettata in un occhio io non sarei stato così pietosamente ospitato e assistito in questa casa, non avrei avuto modo forse di apprezzare tutta la bontà della mia Virginia... e non sarei ora il più felice degli uomini! A queste parole tutti si sono commossi, e Virginia mi ha abbracciato piangendo.
In quel momento io avrei voluto dire tutto quello che mi passava nell'animo, ricordando le ingiustizie patite e facendo conoscere col fatto che i grandi hanno torto di perseguitare i ragazzi per ogni nonnulla, ma sono stato zitto perché ero commosso anch' io.