Capitolo 23
2 febbraio.
Si comincia la prova. Prima di mezzogiorno Carlo Pezzi aveva già distribuito a ciascuno di noi un involtino nel quale sono dei granellini minutissimi come quelli della rena. Per l'appunto oggi, essendo domenica, abbiamo avuto una pietanza di più e cioè il pesce con la maionese, e così noi altri soci della Società segreta abbiamo messo un granellino nel piatto che aveva servito per il pesce, e un altro nel piatto dei muscoletti in umido (anche questa dei muscoletti in umido è una pietanza che ritorna spesso in tavola, come la minestra di riso) e così abbiamo rimandato in cucina due granellini d'anilina a testa, cioè dieci in tutto. Stasera a cena poi, essendoci una pietanza di stracotto, abbiamo messo nei piatti sudici un altro granellino, sicché nella giornata sono quindici granellini che sono andati in cucina nel famoso caldaione... - Capirai, - mi ha detto il Barozzo - anche se di qui a giovedì ne mettiamo un altro solo al giorno (perché bisogna mettere il granellino soltanto nei piatti dove si è mangiato una pietanza in umido) sono altri venticinque granellini e cioè quaranta in tutti, tanti quanti bastano per colorire di rosso il brodo della minestra di venerdì... ammesso che l'inchiesta del signor Stanislao sia stata, come séguito a credere, una burletta. - Sicché avremo la minestra col brodo rosso? - Eh no! Molto probabilmente in settimana lo sguattero non si accorgerà affatto del colore che aumenterà gradatamente, giorno per giorno; e se n'avvedrà solo il cuoco il venerdì mattina quando si disporrà a manipolare la sua famosa minestra alla casalinga. - Ma allora farà un'altra minestra! - Sicuro: e, dovendo rimediare alla svelta, farà una minestra di riso... Ebbene: se venerdì non ci sarà la tradizionale minestra di magro alla casalinga, vorrà dire... che questa era proprio fatta col brodo della rigovernatura, e allora noi insorgeremo. - Che ingegno ha il Barozzo! Egli prevede tutto e sa rispondere a tutto, sempre... Ora, giornalino mio, ti rimetto a posto e... E poi lo sai cosa fo? Ho qui uno scalpello che ho preso oggi nell'ora di ricreazione giù nel cortile, mentre il muratore che viene da qualche giorno a far dei lavori era uscito... E con questo scalpello voglio incominciare piano piano a fare un buco nella parete in fondo all'armadio per vedere di dove vengono le voci che sentii l'altra sera. I miei compagni dormono: ora spengo il lume e mi ficco dentro l'armadietto a lavorare... 3 febbraio.
Oggi dopo desinare durante una riunione della nostra Società segreta abbiamo, tra altre cose, parlato anche della continuità di questa stomachevole minestra di riso, e ci siamo tutti trovati d'accordo nel pensare che sarebbe davvero ora di finirla. Mario Michelozzi ha detto: - Io ho un'idea. Se mi riesce di procurarmi i mezzi per metterla in esecuzione ve la comunicherò, e domanderò l'aiuto del nostro bravo Stoppani. - Per me è un piacere di sentirmi così stimato dai ragazzi più grandi, e di godere tutta la loro fiducia, mentre gli altri ragazzetti della mia classe non sono considerati nulla e non li guardano neppure. Però c'è un mio compagno che ha l'età mia e si chiama Gigino Balestra il quale è un bravo figliolo e siamo diventati amici. Questo meriterebbe di entrare nella Società segreta perché mi pare fedele e sicuro... Ma prima voglio accertarmi meglio, perché mi dispiacerebbe troppo di farmi canzonare presentando un traditore.
Mi è venuta una lettera della mamma la quale mi dice tante belle cose e mi ha consolato un poco nella vita di collegio che è una vitaccia impossibile, sia per la mancanza di libertà, sia perché si mangia molto male, e più di tutto perché siamo lontani dalle nostre famiglie e, per quanto dicano di tener le veci dei nostri genitori, il signor Stanislao e la signora Geltrude non arriveranno mai a farci dimenticare il babbo e la mamma.
4 febbraio.
Grande novità! Stanotte, dopo un lungo e paziente lavoro, dovendo fare in modo di non far rumore per non svegliare i compagni del dormitorio, sono riuscito finalmente a fare un buco nella parete in fondo all'armadietto che è nel vano del muro a capo del mio lettino. Subito è apparso un chiarore, una luce opaca che veniva dall'altra parte, ma riparata da qualche cosa che era frapposta al di là della parete. Spingendo lo scalpello fuori del buco sentii che l'ostacolo era cedevole e, dopo averne studiata per un pezzo la natura, mi convinsi che doveva essere un quadro attaccato nella parete che avevo forata. Ma se la tela mi vietava la vista non mi impediva l'udito; e io sentivo, sebbene non riuscendo ad afferrar le parole, la voce del signor Stanislao e della signora Geltrude che parlavano tra di loro. Mi giunse solo distintamente questa frase pronunziata con vivacità dalla direttrice: - Tu sarai sempre un imbecille! Queste carognette mangiano anche troppo bene! Intanto ho fatto un contratto col fattore del marchese Rabbi per trenta quintali di patate... - Con chi parlava la signora Geltrude? L'altra voce che io sentivo era certamente quella di suo marito; ma è impossibile che il signor Stanislao, con quella sua aria rigida di vecchio militare, permettesse alla signora Geltrude di trattarlo a quel modo... L'argomento delle patate mi ha fatto pensare che vi fosse presente anche il cuoco e che il dialogo corresse con lui. Tito Barozzo al quale ho raccontato la cosa mi ha risposto: - Chi sa! In ogni modo questa è una faccenda secondaria. La questione principale è che si presentano dinanzi al nostro immediato avvenire di infelici collegiali trenta quintali di patate, cioè trenta volte cento chilogrammi, ovverosia tremila chilogrammi che è quanto dire centoquindici chilogrammi per ogni stomaco, dovendosi certo escludere dal conto gli stomachi direttoriali e del personale di cucina, per i quali è fatto un trattamento diverso!... Oggi durante l'ora di ricreazione si è riunita la Società segreta, e io ho raccontato l'affare del buco nell'armadietto, e tutti hanno applaudito dicendo che quel posto d'osservazione era importantissimo e poteva essere di molta utilità per tutti, ma che bisognava prima accertarsi che stanza fosse quella dalla quale venivano le voci del direttore e della direttrice. Di questo si è preso l'incarico Carlo Pezzi che ha uno zio ingegnere e che sa come si fa a sviluppare le piante delle case. 5 febbraio.
Stamani mentre attraversavo il corridoio che conduce alla scuola di disegno, Mario Michelozzi mi si è avvicinato mormorando: - Uno per tutti! - Tutti per uno! - ho risposto. - Vai nello stanzino del petrolio che è aperto. Dietro la porta troverai un bottiglione pieno di petrolio coperto con un asciugamano: prendilo, portalo nel tuo dormitorio e nascondilo sotto il tuo letto. Maurizio Del Ponte fa la guardia: se senti gridare: "Calpurnio!" lascia andare il bottiglione e scappa. - Io ho eseguito l'ordine e tutto è andato benissimo. Oggi, durante la ricreazione, Carlo Pezzi ha studiato molto per scoprire quale stanza è quella al di là del mio armadino. Ma più che con la sua scienza d'ingegnere si è aiutato chiacchierando con i muratori che seguitano a lavorare a certe riparazioni del collegio. Il Michelozzi mi ha detto: - Stasera tienti pronto: mentre tutti dormiranno noi ci occuperemo del riso ... e rideremo! 6 febbraio.
È vicina la sveglia, giornalino mio, e io ho molti fatti da registrare. Prima di tutto una lieta notizia: i convittori del collegio Pierpaoli non mangeranno più minestra di riso per un pezzo! Iersera, quando tutti dormivano, io che stavo sull'attenti sentii nella porta del dormitorio un lieve sgretolio a più riprese, come quello di un tarlo. Era il segnale convenuto: il Michelozzi raschiava la porta con l'unghia per avvertirmi di portar fuori il bottiglione pieno di petrolio, ciò che io feci in un batter d'occhio. Egli lo prese e porgendomi la mano mi sussurrò in un orecchio: - Vieni dietro a me rasentando il muro... - Che palpiti nell'avventurarsi così, nel buio dei corridoi, fermandosi in ascolto a ogni più lieve rumore, trattenendo il respiro... A un certo punto, sboccando da un corridoio stretto stretto, la scena fu rischiarata da una finestra le cui imposte erano aperte, e ci fermammo dinanzi a una porticina nascosta nel muro. - Il magazzino! - mormorò il Michelozzi. - Prendi questa chiave... È quella del gabinetto di fisica e apre benissimo anche questa porta... Fa' piano... - Presi la chiave, la introdussi pian piano e la girai nella serratura adagino adagino... La porticina si aprì ed entrammo. Il magazzino era fiocamente illuminato dal chiarore che veniva da un finestrino aperto sulla parete difaccia alla porta, in alto; e a quella luce incerta vedemmo da un lato una fila di balle aperte, con della roba bianca... Vi misi le mani; era il riso, quell'odiato riso che nel collegio Pierpaoli ci era servito a tutti i pasti, tutti i giorni, meno il Venerdi e la domenica... - Aiutami! - mormorò il Michelozzi. Lo aiutai ad alzare il bottiglione, e giù! innaffiammo ben bene le balle col petrolio. - Ecco fatto! - aggiunse il mio compagno posando il bottiglione in terra e incamminandosi verso l'uscita. - E ora questa bella provvista di riso posson farsela fritta. - Io non risposi. Avevo adocchiato un sacco di fichi secchi e me ne ero empite già le tasche e la bocca. Dopo aver richiusa la porticina tornammo cautamente per la strada già fatta e ci separammo dinanzi al mio dormitorio. - Tutto è andato bene! - disse a bassa voce il Michelozzi - e abbiamo reso un grande servigio a tutti i nostri compagni. Ora vo' a riportare la chiave del gabinetto di fisica al suo posto e poi a letto... Uno per tutti! - Tutti per uno! - e ci stringemmo la mano. Io zitto zitto andai a letto; ma ero così commosso per questa avventurosa spedizione notturna che non potevo prender sonno. Alla fine mi decisi a ripigliare il mio lavoro dentro l'armadietto; il segnale col quale il Michelozzi mi aveva prima annunziato la sua presenza mi aveva suggerito il modo di forare senza pericolo la tela che rendeva inutile il mio osservatorio. Ma prima di accingermi a tal lavoro ho voluto allargare la buca, e adoperando con tutta la prudenza possibile lo scalpello nelle connessiture dei quattro lati di un mattone riuscii a indebolirlo talmente che finì con lo staccarsi. Ora avevo dinanzi a me un vero e proprio finestrino che potevo a mio talento richiudere e riaprire, rimettendo o rilevando il mattone, a seconda del bisogno. Restava da bucar la tela che vi era dinanzi. Un po' con l'unghie e un po' con lo scalpello mi misi a grattarla a riprese cadenzate, pensando: - Anche se di dentro sentono questo rumore crederanno che sia un tarlo e io potrò seguitare il mio lavoro fino a che non abbia raggiunto lo scopo. Difatti ho seguitato a grattare finché non ho sentito, tastando col dito sulla tela, un forellino... Ma nella stanza che era oggetto di tante faticose ricerche da parte di Maurizio Del ponte v'era buio perfetto. Allora, non essendovi per il momento altro da fare, me ne ritornai a letto soddisfatto del mio lavoro. In verità la mia coscienza non poteva rimproverarmi di essermi abbandonato all'ozio che è il padre dei vizii... e io mi addormentai placidamente pregustando già in sogno le grandi sorprese che mi riserba questo mio osservatorio che mi costa tanti sudori e per il quale ho perduto tanti sonni... Non mi par vero d'arrivare a stasera! Evviva, evviva!... Oggi a desinare si è finalmente cambiato minestra!... Abbiamo avuto una eccellente pappa col pomodoro alla quale le ventisei bocche dei convittori dei collegio Pierpaoli han rivolto con ventisei sorrisi il più caldo e unanime saluto... Noi della Società segreta ci si guardava ogni tanto con un sorriso diverso da tutti gli altri perché sapevamo il mistero di questo improvviso cambiamento. Chi sa che tragedia era successa in cucina!... La signora Geltrude girava attorno alla tavola con gli occhi iniettati di sangue che pareva una belva, volgendo lo sguardo qua e là sospettosamente... Per me e per Mario Michelozzi è stata una grande soddisfazione quella di aver fatto cambiar regime ai nostri pasti, e ripensando alla nostra audace spedizione di stanotte, ai pericoli affrontati con tanto sangue freddo, mi par d'essere uno degli eroi di quelle imprese gloriose che si trovano in tutto le storie di tutti i popoli e che a farle devono essere state molto divertenti per chi le ha fatte, quanto sono noiose a leggerle per i poveri scolari ché devono poi impararle a mente con tutte le date... E alla fin dei conti non si tratta forse, sia pure in un campo più ristretto, delle medesime cause e dei medesimi fatti nei quali chi ha più core e più coraggio si sacrifica per il bene comune? Anche nelle storie delle nazioni ci sono i popoli che ogni tanto si stancano d'aver sempre minestra di riso, e allora avvengono le congiure, i complotti, e saltan fuori i Michelozzi e gli Stoppani che affrontano i pericoli finché per la loro abnegazione, non si passa alla pappa al pomodoro... Che fa se il popolo ignora chi è stato che ha fatto cambiar minestra? A noi ci basta la coscienza d'aver fatto quel che abbiamo fatto per la felicità di tutti. Però gli altri soci della nostra Società segreta ci han fatto molta festa, a me e al Michelozzi, per la riuscita dell'impresa, e Tito Barozzo stringendoci la mano ci ha detto: - Bravi! Vi nomineremo i nostri petrolieri d'onore!... - Intanto Maurizio Del Ponte ci ha fatto una comunicazione molto importante. - Ho visto la stanza sulla quale il nostro bravo Stoppani ha aperto il suo finestrino che ci sarà di una utilità incalcolabile. Ho potuto penetrarvi perché in questi giorni i muratori stanno rifacendovi un pezzo d'impiantito. È la sala particolare della direzione, quella dove il signor Stanislao e la signora Geltrude ricevono le persone più intime e di riguardo. Questa stanza a destra comunica con l'ufficio di direzione e a sinistra con la camera da letto dei coniugi direttori. In quanto al quadro che impedisce al nostro Stoppani di spingere lo sguardo su questa importante piazza nemica, è il grande ritratto a olio del professor Pierpaolo Pierpaoli, benemerito fondatore di questo collegio, zio della signora Geltrude alla quale passò in eredità... - Benissimo! Stasera mi godrò dunque lo spettacolo nella sala riservata di Pierpaolo Pierpaoli buonanima, dal mio palchetto su all'ultimo ordine stando comodamente sdraiato nel mio armadietto. - Come vorremmo essere al tuo posto! - mi hanno detto i compagni della Società Uno per tutti e tutti per uno.