XXVI puntata
Da Mosca La Voce della Russia.
Vi invitiamo all'ascolto della XXVI puntata del ciclo ”1812.
La bufera napoleonica” a cura di Dmitri Mincenok. Nel comando dell'esercito russo la confusione, esacerbata dalla sconfitta di Smolensk, arrivò all'apice a meta agosto del 1812.
Bagration, persona impulsiva, si convinse che Barklai fosse incapace di dirigere le operazioni e quasi apertamente si mise ad ignorare gli ordini del comandante in capo. Venne a determinarsi un dualismo di potere in cui i due protagonisti incominciarono a comportarsi in modo autonomo e indipendente.
Fino ad oggi si ignora perché Alessandro non volesse dimissionare Barklai.
Incline al misticismo egli non poteva dimenticare la sconfitta subita ad Austerlitz da Kutuzov e Barklai gli sembrava toccato dalla fortuna. Ma la nobiltà osteggiava il sovrano, che così scriveva a a Tver, alla sorella Ekaterina, la sua preferita: “A Pietroburgo si parla soltanto di quanto Rostopcin scrive da Mosca e ovverosia che tutta la brava gente vuol vedere Kutuzov a capo dell'esercito e che Barklai e Bagration vengono considerati inadatti per un incarico di così grande responsabilità.
E come per lanciare un segnale, la nobiltà di Mosca e Pietroburgo, quasi contemporaneamente elesse Kutuzov a capo delle rispettive milizie volontarie.
Lo zar incominciò ad innervosirsi.
La tensione era diventata palpabile. E in questo clima egli convocò il Comitato straordinario per porre il problema sul tappeto. La composizione però di questo organismo non permetteva di prevedere con certezza quale sarebbe stata la scelta.
In esso una posizione di spicco era occupata dal presidente del governo, il vecchio conte Saltikov, in passato precettore dello zar ed ora favorevole a Kutuzov.
Il generale Vjasmitinov, già ministro della guerra e famoso per la sua corruzione, si manteneva neutrale.
Il conte Arakceev, favorito dello zar, era per Barklai. Il principe Lopukhin, l'onnipotente cortigiano di Paolo I, sosteneva Kutuzov. Il conte Kociubei, noto per la sua posizione francofila, era per Barklai. Nella notte del 5 agosto il Comitato deliberò di affidare al generale di fanteria, conte Kutuzov, il comando supremo di tutte le forze armate della Russia.
Lo zar accolse questa decisione con una smorfia, ma non aveva altra scelta.
Il 29 agosto egli fu nominato Principe di Russia con il titolo di Sua Grazia. Nell'esercito la notizia fu accolta con vivissimo entusiasmo. Kutuzov stava per compiere 67 anni. Però Kutuzov non aveva rappresentato l'unica alternativa.
Un altro candidato era il generale Leontii Beningsen. Di origine germanica egli si distingueva per un autentico talento militare. Inoltre era stato il primo a battere Napoleone nel 1807, nella sanguinosa battaglia di Preußisch Eylau. E come conseguenza era divorato da una ambizione smisurata. Osservando l'ascesa a corte di certi stranieri come lo svedese Armfeld e il marchese italiano Paolucci egli non riusciva a nascondere la sua invidia. Però nella storia della Grande Guerra Patriottica egli rimane come l'uomo, nella cui abitazione, a Vilnus Alessandro aveva saputo che la guerra con Napoleone era scoppiata.
Il capo della polizia segreta scrisse che Beningsen fosse stato coinvolto sia pure indirettamente in una congiura per uccidere lo zar durante un ballo.
Ed in effetti il padiglione delle feste crollò, ma lo zar non riportò alcun danno. Si racconta che l'architetto che aveva costruito quel padiglione fosse scappato all'estero, secondo altre fonti si sarebbe suicidato.
Molti storici escludono l'ipotesi della congiura e ritengono che si fosse trattato di un errore di costruzione. Il peggio però per Beningsen doveva ancora succedere.
Saputo della sconfitta di Barklai a Smolensk, egli, allora consigliere militare senza alcun incarico preciso, pensò che fosse arrivata la sua ora. Dopo aver appuntato sul petto tutte le sue decorazioni partì per Pietroburgo per presentare la sua candidatura a comandante supremo. Per ironia della sorte, fermatosi per cambiare i cavalli egli si imbatté in un altro convoglio che manifestava la massima fretta.
Ma alla stazione di cambio c'erano soltanto tre cavalli. Si incominciò a discutere vivacemente a chi dovessero toccare. Il capo della posta comunicò che l'altro pretendente era il generale Kutuzov. In preda alla rabbia Beningsen, che aveva 67 anni, si presentò al vecchio Kutuzov per dirgli che andava dallo zar.
Kutuzov si limitò a mostragli il decreto con cui Benigsen veniva nominato dallo zar capo di stato maggiore alle sue dipendenze. Non sa come egli riuscisse a sopportare quel colpo.
Sta di fatto che da quel momento egli incominciò a tessere un intrigo dietro l'altro contro il suo diretto superiore, scrivendo lettere all'imperatore, ad Arakceev e a quanti altri volessero ascoltarlo. Meno di tre settimane mancavano alla Battaglia di Borodinò.
Avete ascoltato la XXVI puntata del ciclo “1812.
La bufera napoleonica“ a cura di Dmitri Mincenok.