‘Ahi, Sudamerica! Oriundi, tango e fútbol' di Marco Ferrari
per la giornalista del TG3 e
Gigi Riva che sicuramente
tutti conoscerete anche come
giornalista dell'Espresso e
autore di di diversi libri che
hanno a che fare in qualche
modo con il calcio
tangenzialmente tra cui ricordo
uno molto bello che è il
titolo di un libro che è
intitolato come il calcio
di un'altra maniera, il calcio
di un'altra maniera, il calcio
di un'altra maniera, il calcio
più tardo, uno molto bello,
mi è piaciuto molto di
pubblicato da Sellerio, appunto
sulla guerra, sul calcio come
motivo di inizio della guerra
in Jugoslavia e abbiamo tutti
qui a parlare del libro di
Marco Ferrari A e Sud America
che abbiamo appena pubblicato e
uscito ieri in libreria, è un
libro che racconta come le
vicende eh del calcio e
l'origine eh italiana che hanno
viaggiato tra l'Italia e il
Sud America in questo continua
avanti e indietro. Allora io
comincerei a chiamando in causa
Gigi Riva con eh appunto perché
ne parlavamo un po' prima diciamo
di cominciare questa diretta eh
stiamo in mezzo diciamo stiamo
aspettando la finale degli
europei di domani dove l'Italia
vince a sconfiggere
l'Inghilterra incrociando tutte le
dita e toccando ferro ma eh ci
sono anche di diverse questioni
come dire di di geopolitica che
qualche modo che vengono chiamate
in causa e che ricordano anche
il libro di Marco. Allora Gigi se
vuoi dirci qualcosa sì ma prima
prima di di parlare di questo
vorrei fare una premessa il
libro di Marco non è solo un
libro che affronta i calciatori
che fanno la spola tra il Sud
America e l'Italia è anche un
libro che affronta un tema che
troppo spesso è è sottaciuto in
Italia che è il grande tema
dell'immigrazione in fondo tutta
la prima parte del libro
racconta eh anche pagine di
sofferenza di immigrati e
racconta del nostro rapporto
talvolta felice talvolta meno
con un fenomeno appunto che ha
fatto in nostro paese basti
ricordare e qui anche perché il
tema dell'identità è molto forte
in questo libro ed è anche un
tema assolutamente contemporaneo
che non riguarda solo eh gli
episodi anche lontani narrati da
Marco eh io ho scoperto che
secondo alcune stime gli
italiani che vivono fuori dall'Italia
figli di italiani immigrati
eccetera sono tra i centoventi e
centottanta milioni la stima come
una squadra molto larga no? E
una fetta di questi sia andata in
Sud America e pressoché ovunque
in Sud America abbia fondato
delle squadre di calcio eh con
le quali noi abbiamo un rapporto
eh viscerale talvolta di amore
qualche volta di odio nel
momento in cui ehm odio no
voglio dire diciamo così di sana
competizione nel momento in cui
le partite tra la nostra
nazionale e le partite e le
partite italiane sono
italiani spesso e volentieri
quando guardiamo un'Italia
argentina o quando guardiamo
un'Italia Uruguay eh o anche un
Italia Paraguay scopriamo che ci
sono molti nomi italiani. Ecco
Marco è andato a raccontare non
solo ehm i protagonisti di
queste vicende, alcuni
famosissimi, basti citare uno per
tutti, Schiaffino, no?
Considerato uno dei padri del
calcio, ma è andato anche a
ricostruire delle storie che se
non sono di guerra sono però di
case sono però di storie mi
ricordo una storia di quel
ragazzo se non sbaglio del San
Lorenzo che è morto a un certo
punto dopo che aveva giocato una
partita di calcio ammalato a un
polmone gli era stato ferito era
stato ferito a un polmone cioè ci
sono storie anche dolorose oltre
che oltre che storie felici
quindi è un libro è un libro che
si può leggere in molti modi lo
possono leggere gli appassionati
di calcio lo possono leggere gli
appassionati di immigrazione lo
possono leggere coloro che
coniugano appunto anche oggi che
cercano di coniugare anche oggi i
temi che riguardano l'identità e
a proposito di quello che tu mi
chiedevi se lo raccontavamo poco
prima di cominciare questa diretta
io mi ero mi sono divertito prima
di questi campionati europei a
esaminare il team delle varie
squadre i convocati delle varie
squadre arrivando a una soluzione
a una conclusione molto curiosa
che la guerra fredda che sembrava
fosse dimenticata in realtà
sopravvive nella divisione netta che
esiste tra este ove nella formazione
di queste squadre l'Ungheria ha un
solo straniero la Repubblica Ceca ne
ha zero la Polonia ne ha zero i paesi
sovranisti di Visegr ne hanno zero la
Slovacchia ne ha zero l'Ucraina ne ha
uno ed è un brasiliano curiosamente
esattamente come come come la
Russia uno pure pure brasiliano
dall'altra parte tu hai 17 svizzeri che
non sono svizzeri d'origine ai 17
francesi che non sono francesi d'origine
ai 8 inglesi che non sono inglesi
d'origine e se guardiamo l'andamento dei
campionati a dispetto della delusione
della Francia è evidente che le squadre
della mescolanza sono state più brave
delle squadre diciamo così mono etniche
e qui arriviamo al punto noi noi abbiamo
tre calciatori nella nostra nazionale
che sono tutti e tre Oriundi Toloi
Emerson e Giorginio Giorginio Oriundo per
modo di dire perché credo che sia
italiano per aver sposato un'italiana ma
insomma il tema che pone questi giocatori
che poi hanno avuto fortuna oltre che in
qualche caso nella nostra nazionale anche
nelle nazionali dei paesi che li hanno
ospitati pongono il problema dell'identità
evidentemente qual è l'identità se non
quella che uno autocertifica qualcuno ha
voluto autocertificarsi un'identità
italiana e noi abbiamo avuto un periodo
in cui gli oriundi hanno fatto la fortuna
della nostra nazionale salvo essere come
ricorda Marco ostracizzati per una parte
in cui si diceva che gli stranieri poi
minavano la possibilità che i calciatori
italiani emergessero salvo il fatto che
poi abbiamo incomportato caterve di
giocatori extra comunitari e non tutti
bravissimi no e quindi adesso c'è diciamo
così un piccolo rival di questi oriundi
che però ci riporta le origini no in
fondo il Sud America come ci racconta
bene Marco è anche e non solo ma anche
un lembo d'Italia esatto Marco te
volevi dire qualcosa su questo diciamo
perché anche se volevo dire che appunto
fino a poco tempo fa negli stadi italiani
si non si gridava e non non ci sono
negri italiani no diciamo questo al
povero Balotelli veniva gridata questa
cosa adesso appunto se c'è le cose sono
già nel giro di pochissimi anni sono
molto più complicate no diciamo perché
appunto è molto difficile dire chi quali
sono gli italiani in qualche modo insomma
Marco te volevi dire tanto ringraziare
Gigi per le belle parole il tema tanto per
cominciare Giorginio non sarebbe un
oriundo ma un rimpatriato Giorginio non
ha mai giocato in Brasile è stato
portato qui dai genitori che avevano una
casa dei nonni nel veronese ha cominciato
mi credo mi sembra nella Sambonifacese
poi andato nel Verona e via dicendo
però lui non ha mai giocato a differenza
non so di Emerson che per esempio è
stato comprato dal famoso Santos di Pelè
ma il libro analizza come ha detto Gigi
soprattutto questo fenomeno dell'altra
Italia dimenticata noi dal 1860 al
1960 abbiamo fatto partire 26 milioni
di italiani e ecco la cifra che poi
moltiplicata per generazioni supera i
cento milioni di discendenti italiani se
noi chiedessimo qual è la principale
città italiana del mondo uno risponde
Milano e Roma in realtà è San Paolo del
Brasile ci sono tre milioni e mezzo di
italiani o comunque di discendenti
italiani l'Uruguay è formato al 40%
da italiani io che sono stato spesso a
Montevideo che lavoro per un giornale in
lingua italiana Gente d'Italia e vedi
veramente un'altra Italia dimenticata
una volta l'Italia ha seguito gli
emigranti a Montevideo c'era l'ospedale
italiano, il liceo italiano tutto questo
si è perso già a Buenos Aires negli anni
30 la popolazione italiana era superiore
per numero a tutti quelli degli altri
paesi tant'è che si era posto anche il
problema del bilinguismo anche se poi
diciamo la guerra l'entrata in guerra di
Mussolini ha in qualche maniera mutato
questo orientamento anche nel calcio per
esempio il Palmeiras si chiamava palestra
Italia e per esigenze diciamo politiche
gli è stato cambiato il nome
l'identità più forte italiana secondo me
si riscontra in Argentina e in Uruguay
non è soltanto una questione di calcio
ma proprio una questione di modi di vita
di mangiare di gastronomia di
ristoranti di modo di pensare è una
palpabile anche nell'urbanistica non so
i cimiteri sono pieni di marmo di Carrara
sono scarpellini di Carrara che sono
emigrati lì i più grandi palazzo di
Buenos Aires si chiama palazzo Barolo e
quello di Montevideo palazzo Savio sono
tutte e due di Palanti e palazzo Barolo è
un enigma architettonico perché in realtà
questo Barolo che non era quello del vino
ma era un'industria alle tessile pensava
di trascinare lì i resti danteschi che
erano a Ravenna e Palanti poi ha
costruito un palazzo gemello appunto
palazzo Savio a Montevideo e i due palazzi
erano collegati da un faro che
illuminava il delta del rio della Plata
quindi c'è tutto un sistema di
italianità che si risulta anche nel
calcio perché per esempio qui sono citate
le squadre maggiori a Montevideo
ovviamente il Penarol che nient'altro
che Pinerolov fornato dai emigranti
piemontesi cito i casi appunto della
bocca perché è il più noto con scritto
Zeneise sulla maglia ma anche il river
è nato nel quartiere della bocca e San
Lorenzo la squadra del papa è stata
fondata da Don Massa che era un prete
piemontese l'indipendiente di Avellaneda
campione del mondo che io ho visto
giocare perché i miei parenti vivono
vicino a Avellaneda in realtà è
indipendiente da los padrones questo è
il titolo poi i martires sarebbe
martires di Chicago ed è appunto per
quelli che morirono a Chicago nel
famoso episodio e quindi ecco che c'è
tutta un'identità che dalla società poi
si è trasmessa anche al calcio.
Il mare, quell'episodio è quello del primo
maggio credo, quello in cui deriva la
celebrazione del primo maggio.
Io come editor del libro devo dire che
ho faticato molto come spesso capita con
i libri di Marco perché lui arriva sempre
con una prima versione del Datti lo
scritto che è molto diciamo di
dimensioni non enormi e poi dice ma ho
trovato un'altra storia bellissima c'è
un'altra cosa da aggiungere e quindi
ed effettivamente le storie sono belle
quindi il contenimento è sempre
drammatico diciamo perché come dire si
può non si può non si può non si può
gonfiare all'infinito. Io un capitolo
che appunto avrei voluto togliere che
invece abbiamo lasciato perché è molto
bello è quello dedicato ai ai bidoni ai
cinque bidoni dell'Inter insomma che la
la mia squadra del cuore purtroppo e
quindi su questo volevo sentire appunto
Maurizio Mannoni con cui condividiamo
questa sfortunata passione insomma.
Ma una volta ogni dieci anni una volta
ogni dieci anni io non l'ho mai vinto
sono atalantino. Hai vinto la Coppa
Italica però. La Coppa Italica se te lo
ricordi. Beh intanto noi interisti
siamo una sorta di oriunghi adesso
perché siamo proprietari dei cinesi
italiani italiani ma di proprietà
in modo che possiamo considerarci
riundi da questo punto di vista ma io
intanto volevo dire una cosa sul libro
di Marco che come sempre parte da
storie molto belle molto particolari per
fare un affresco dalle parole che ci ha
detto adesso dalle cose che ci ha detto
adesso si capisce che costruivo parla di
calcio dei calciatori ma
sullo sfondo perché poi in realtà c'è
dentro soprattutto la grande drammatica
come veniva ricordato storia
dell'immigrazione italiana soprattutto in
Sud America. C'è una cosa che ecco da
questo punto di vista che mi ha sempre
affascinato come appassionato di calcio
è la storia appunto degli emigrati
italiani in Argentina, Buenos Aires, la
fondazione del Boca, del Boca Juniors
gli emigrati genovesi soprattutto Liguri
che diedero vita a questa che è una delle
più grandi squadre, le squadre più
affascinanti, la squadra dove cominciò anche
Maradona insomma quella è una grande
storia perché ad esempio voi lo sapete
anche voi naturalmente Daniele De Rossi
che è andato a giocare lì l'ultimo
scorcio della sua carriera
ha giocato soltanto pochi mesi ma ne è
tornato ho visto delle sue interviste
assolutamente affascinato da
questa storia, dai personaggi che ancora
italiani che ancora lì si ricordano da
tanti diciamo italo argentini che
ancora ci sono e proprio perché è una
storia che va alle radici del nostro
Paese, quelle più pure, quelle più
difficili e drammatiche. Io il primo
impatto come sempre come appassionato di
calcio che ho avuto con gli Oriundi è
stato nella bocca, credo verso la fine
degli anni 60 quando comincio a
ricordarmi del vivo del calcio e
personaggi come Sivori, come Altafini,
come Sormani che hanno fatto la storia
del nostro Paese. A quel tempo
diciamo lo ricordava anche Marco Ferrari
non so forse lo ricordava Gian Giriolo
il rapporto non con questi tre in
particolare perché forse erano dei
personaggi ma insomma in genere non era
molto buono, c'erano quelli che venivano
definiti angeli dalla faccia sporca, era
un complimento a metà, per metà erano
angeli ma soprattutto avevano la faccia
sporca, nel senso che l'immagine che si
aveva di loro era di durezza soprattutto
anche a volte un po' di più di durezza,
tutti maschio, ricordate tutti questi
Oriundi argentini erano gente molto
piuttosto tosta, che avesse segnato nel
proprio DNA la vita dura, non loro,
i loro parenti, i loro genitori, i loro
nonni ed è stata sempre questa
degli Oriundi una storia affascinante.
Fino agli anni 60, agli anni 70 era una
storia anche dal punto di vista
anche sportivo affascinante, dopo e
fino anche ai tempi nostri un po' di
meno, abbiamo usato gli Oriundi,
abbiamo fatto intanto diventare
Oriundi con degli escamotage spesso
anche abbastanza discutibili, bastava
appunto un nonno, un parente lontano se
ci serviva, un brasiliano, un argentino
eccetera, prendevamo lo facevamo
nazionalizzavamo e quindi
diciamo da questo punto di vista ha perso
un po' di fascino del romantico che
questa storia ha sempre avuto come il
libro di Marco Ferrari ci ricorda. Per
quanto riguarda i bidoni dell'Inter, noi
ne abbiamo presi tanti, adesso
ricordatevi quali sono, quali sono?
Vi dico io, guarda, Elmo Bovio, Alberto
Paolo Corrioni, Cerioni, Bibiano Zapparain,
Luigi Alberto Pedemonte, Tommaso
Luisi, Luiz Volpi, siamo dopo guerra,
dopo guerra, uruguayani, erano uruguayani
che non me li ricordo. Non hanno vinto dieci partite
nell'Inter. Non hanno lasciato traccia. Non hanno
lasciato traccia nella storia dell'Inter.
No. Obiettivamente no, ma tipo uno come
Schelotto che abbiamo avuto
disgraziatamente un anno, non era anche
lui tipo riundo. Si, si, ha giocato
in Italia, anche. Però la cosa buffa di
questo di questi cinque fu Bovio che a
Modena giocava con un cappello da
impermeabile e praticamente si trovò
solo davanti al portiere, gli cascò il
cappello, si fermò per rimettere.
Arrivarono i difensori del Modena e gli
torsero la palla. E in un momento uscì di squadra.
Però Schelotto che veniva dall'Atalanta
peraltro ha fatto un gol in un derby.
Ha fatto un gol in un derby, ma diciamo non lo ricordiamo come tra i nostri.
No, lì è una storia strana. Sono cinque fratelli calciatori. Lui è l'unico che ha giocato nella
Nazionale Italiana. Gli altri sono rimasti in
Argentina.
Diciamo che a noi è bastato uno, decine.
No, invece l'Inter ha sempre avuto un
rapporto molto forte con gli argentini.
I nostri stranieri più forti,
basti pensare a Javier Zanetti che
adesso è vicepresidente, ma non soltanto
lui. Su un'Argentina, a Milano c'è una
forte comunità da questo punto di vista
coltivata dallo stesso Zanetti ma anche
da altri giocatori argentini.
Evidentemente c'è questo legame.
Marco, io ti volevo dire, perché una delle
caratteristiche di questo libro è appunto
anche quella poi di intrecciare la
grande storia con la storia del
calcio. Per cui, anche per cercare di
sfatare questo mito che purtroppo però
in libreria è un po' così, per cui
l'idea in Italia è che chi legge libri
difficilmente si interessa di calcio.
Per cui è difficilissimo riuscire ad
avere un grande successo con libri di
calcio perché in qualche modo sembrano
qualcosa che i lettori di libri non
conoscono. Noi abbiamo provato anche con
questo libro appunto a sfatare questa
cosa perché ci sembra che invece il calcio
possa essere un ottimo modo, seguendo un
po' la lezione fantastica di Osvaldo
Soriano per raccontare il mondo. Perché
scusa, ti trovo che i libri sul calcio in
Italia sono di solito autobiografie di
calciatori con dei giornalisti,
francamente no? Non è che suscitino
questo interesse. No, no, esatto, sono quasi
dei gadget che si comprano perché sia
tifosi di questo o quel calciatore
piuttosto che libri veri e propri.
Però è molto cambiato Giovanni, negli ultimi anni.
Non solo in Italia credo, scusa Marco,
la domanda era per te. Non hai finito la domanda però.
Dopo la finisco, adesso sentiamo Gigi cosa dice.
Io credo che in realtà ci sia stato
soprattutto negli ultimi anni una grande
svolta, cioè la letteratura che
tratta temi sportivi per meglio dire, non
è più considerata credo ormai da anni o
una letteratura minore come era
considerata prima. Io mi ricordo durante
gli europei di Francia, per dire di un
paese vicino a noi, uscirono 166 libri
di tema sportivo in Francia e quasi
tutti erano romanzi, cioè è vero voi
citavate Soriano e Galeano, siamo
naturalmente in tema sudamericano, però
se penso a Roland Barthes è uno che ha
scritto di sport in un modo mirabile, se
penso allo stesso Camus, se penso a
Pasolini in Italia, si pensa a
Carmelo Bene, è stato sdoganato non solo
da alcuni grandi scrittori ma persino da
case editrice che sono nate appositamente
per pubblicitare letteratura sportiva,
penso facciamo, non so se facciamo
propaganda ad altre case editrice, ma si
può, la 66 and the second, tanto per
dirne una che sta facendo un'opera
meritoria al riguardo, quindi credo che
ormai si sia entrato nell'uso,
esattamente come si diceva un tempo, i
libri che raccontano fatti veri non sono
letterature, perché letteratura è solo
fiction, a parte che io credo che non si
scrive che di se stessi, cosa che ha
fatto anche Marco in questo libro, ma in
realtà credo che i generi ormai sono
talmente mischiati per cui l'unica
divisione possibile è tra buoni libri e
cattivi libri, una frase abusata, ma
ogni tanto vale la pena dire.
A questo sono assolutamente d'accordo,
il problema è quello del pubblico in
questo caso, nel senso che io penso che
l'editoria abbia fatto un lavoro molto
buono, appunto come ricordavi te, ma anche
ci sono state cose che sono uscite per
diverse case editrici, anche Open, il
famoso di Agassi, è un grande libro e
lo sport è un po' per modo di dire
si parla della vita, però il pubblico
comunque ha sempre fatto un po' fatica a
seguire questo tipo di cose, noi speriamo
che invece, anche perché questo libro di
Marco è un libro anche di storia e noi
siamo una case editrice di storia,
possiamo provare a raccontare le cose
e avvicinare un pubblico anche diverso,
per cui ci siamo riusciti spesso con i
libri di Montagna, speriamo di riuscirci
per esempio con i libri di Marco per
quanto riguarda il calcio. Quello che ti
volevo chiedere Marco, era appunto
parlando di storia, mi pare, diciamo, te
raccontavi la storia molto bella,
racconti la storia molto bella dei
calciatori della Roma che scappano
durante il regime fascista da Roma,
perché hanno paura di essere arruolati
per costrizione, diciamo, è che è una
storia fantastica secondo me. Sì, è la
storia di tre calciatori della Roma, il
principale era Schiavo che aveva giocato
nella nazionale e altri due che
improvvisamente vengono chiamati al
commissariato dei garabinieri per il
servizio militare e quindi loro temono
di finire nella guerra di Etiopia e
quindi praticamente non si presentano
dal commissariato, vanno a casa,
prendono le valice e prendono la macchina
e scappano. La macchina viene poi
ovviamente la polizia li insegue, viene
ritrovata sotto la stazione della Spezia,
salgono su un treno, vanno a Santa
Margherita Ligure, cambiano un altro
treno per Genova, poi un altro a 20
miglia, trovano un busser e riescono ad
arrivare a Mentone e da lì prendono un
treno sempre tutti separati e così via
e riescono a giungere a Marsiglia e
prendere la nave per andare via.
Però qualche tempo dopo Pozzo è andato a
Buenos Aires e si è ritrovato Schiavo e
Schiavo gli ha detto purtroppo, dice ho
avuto paura e forse ho commesso l'errore
principale della mia esistenza che è
quella appunto di rinunciare a un enorme
carriera anche perché poi i tre
praticamente finirono male, nessuno
dei tre ebbe successo in
Argentina. Il loro ritorno non ebbe un
grande clamore, al contrario furono
proprio dimenticati. Sempre in tema di
politica ovviamente... dimmi. No no diceva
era perché io immaginavo questi agenti
dell'ovra che vanno a inseguire...
Certo, certo. Una storia fantastica.
Sì stamattina peraltro Romagnoli ha
dedicato la sua rubrica quotidiana
proprio alla storia di questi tre
oriundi paragonandoli appunto a
Giorginio, Toloi e Emerson. La storia di
oriundi di ieri e di oggi. Poi
naturalmente siccome come tu hai detto
non si parliamo solo di calcio ma il
calcio è anche lo sfondo di grandi eventi
per esempio quello della dittatura in
Argentina, i mondiali del 74, tutta la
repressione che c'è stata. 78, 78 Marco.
Il fatto che Menotti pur essendo
comunista abbia deciso di restare alla
guida di quella nazionale. E poi secondo
me l'altro evento più importante è la
famosa partita fantasma giocata nel 73,
lo spareggio per andare ai mondiali
tra Cile e Unione Sovietica. L'Unione
Sovietica non si presentò e l'albito
curiosamente diede il fischio di inizio
della partita con in campo solo il Cile
e gli spalti completamente pieni.
Naturalmente si scelse Valdés che era il
capitano per fare il famoso gol del 1 a 0
che avrebbe sancito il passaggio del
Cile. Però c'era un calciatore dal nome
difficilissimo, mi pare che sia, ora ci
guardo perché è difficile, Selesi, che
era di sinistra, era comunista e aveva
appoggiato poco tempo prima un
candidato di sinistra e improvvisamente
in questa partita ebbe una piccola
intuizione però aveva davanti 60.000
persone e non ebbe il coraggio, quella di
buttare la palla in fallo laterale.
Nessuno avrebbe potuto fare la rimessa.
Giovanni questo è il motivo per cui
leggendo il libro di Marco, devo
ammettere una cosa, non tutto perché me
l'hai mandato solo ieri, disgraziato, e
quindi ho potuto leggerlo a tratti ma lo
completerò, però per quello che ho letto
ho sempre avuto in testa un altro libro
che è uscito di recente che è La
solitudine del sorversivo di Marco
Bechis, perché anche Marco Bechis
racconta cose che sono legate al mondiale
del 78, a queste partite che lui sentiva,
quindi a conferma di come il sostrato del
libro di Marco è un sostrato che in
realtà usa il calcio e molto
naturalmente, ma per raccontare anche
uno specchio, una parte della nostra
storia recente, non solo della nostra
storia recente ma anche della storia
recente dei paesi dove
si affaccia, dopo di che io ho una
curiosità, se gliela posso chiedere io
Giovanni, perché l'esergo del libro è
dedicato a suo padre che l'ha portato a
vedere Boca River, mio zio, e che è il
sogno di tutti noi, Maurizio, di andare a
vedere un Boca River, lui l'ha visto,
raccontaci com'è vedere Boca River.
Boca River è veramente un'emozione, cioè
la cosa strana della bombonera
lì della bocca, di cui dedico un capitolo
perché ho un amico, Juan Battista
Stagnaro, che è di origine ligure, un
regista di cinema abbastanza famoso, era
stato anche finalista agli Oscar, lui
abitava davanti alla porta d'ingresso di
questo stadio, è incredibile, e quindi lui
da bambino vedeva tutti questi echi,
queste cose, finché poi è riuscito un
giorno a entrare nello stadio, e lo
racconto molto bello, e c'era l'allenamento
del Boca, lui era l'unico spettatore,
quindi ha avuto questa emozione di
vedere i suoi grandi giocatori lì a
pochi metri da solo, e poi ha visto la
famosa sconfitta del Boca contro il
Santos nella finale del campionato
americano, Coppa Libertadores, e quindi
per lui è rimasto in qualche maniera un
dolore non sanato, un dolore non sanato.
Io ho visto questa famosa partita, mi
sembra che... Però ci devi dire se eri per il
Boca o per il River... No, io tengo per il
Boca, diciamo che Orolina è una
situazione buffissima, perché in realtà
noi, questa zona sud di Buenos Aires è
completamente italiana, ma direi molto
ligure, perché diciamo, oltre... c'è un
ponte, si chiama Riachuelo, è un
mefitico e puzzolente fiume che divide
la zona sud della capitale dal resto
della capitale, e è quasi una città
a parte, abbiamo il quartiere della Boca,
poi abbiamo Avellaneda, Chilmes, voi
pensate che a Avellaneda ci sono due
stadi, c'è l'indipendiente
da una parte, dall'altro ce n'è un
altro, sono proprio a dieci metri di
distanza, sono due stadi,
poi c'è il Chilmes che gioca in serie A,
poi abbiamo la Nus, quindi abbiamo nel
giro di pochissimi metri, abbiamo cinque
squadre di serie A, è incredibile anche
la concorrenza, e diciamo ognuna di
queste squadre ha sicuramente una
identità politica o etnica,
l'indipendiente di Avellaneda, come
ho detto prima, è indipendientes
dallo spadrones, quindi è stata fondata
da anarchici italiani. Il Boca,
l'hai detto anche tu adesso Maurizio, è
la storia di cinque ragazzi di origine
genovese e un lucano che fondarono su una
panchina, perché la mamma di Baglietto
era stufa delle riunioni che si
svolgevano in casa sua, le ha buttate
tutti fuori, fate le riunioni in una
panchina e c'è adesso alla Boca poi
questa famosa panchina che ancora è
indicata come la panchina dove è nato
il Boca. Il Boca con scritto Zeneise è
veramente in emozione. In fatti il lucano, e ho letto
con molto gusto quello che hai detto, il
lucano non era molto d'accordo che si
chiamassero Zeneise. Sì, sì, non era
d'accordo perché era in minoranza, però
alla fine ha dovuto resistere. E lo
stesso vale per il River, anche il River
è nato alla Boca, anche se poi grazie alla
concessione del governo che gli aveva
concesso uno stadio un po' più a nord
verso Porto Madero, è emigrato
diciamo nella zona più ricca della
città e quindi per quello ancora oggi
River-Boca è un grande match
importante.
Oltre che una storia di storie veramente
incredibili e meravigliose insomma
di questa enorme metropoli che
sembra, come dice Marco, divisa da un
oceano, separata da un oceano, per cui
Genova e Buenos Aires sembrano essere in
un certo momento storico quasi la stessa
città solo separata da un piccolo
tratto di mare.
Però è anche questo libro, è anche una
serie di ritratti di personaggi
fantastici. Io devo dire la verità, avendo
letto il libro e seguito il libro, mi sono
abbastanza innamorato di Pesaola perché
è un personaggio veramente fantastico, almeno
da come lo racconta Marco, perché poi c'è
sempre come dire, il filtro.
Pesaola devo dire che l'ho conosciuto,
l'ho conosciuto sia quando era a Firenze
come allenatore, che ha vinto il
campionato della Fiorentina, ma poi a
Napoli, perché sono amico del figlio,
Mangusta, è un artista, e quindi ci ho
parlato anche a lungo. È una storia
commovente perché praticamente lui faceva
il lustra scarpe a Regianeda da bambino,
gli è morto il padre, faceva il lustra
scarpe da bambino e il fratello maggiore,
considerando che lui poteva essere un
calciatore, lo portava sempre
ad allenarsi tutti i giorni, gli diceva
guarda, usa il piede sinistro, impara a
usare il piede sinistro perché di piedi
destro c'è pieno, di sinistro ce n'è poco.
Quindi questo ragazzino, lustra scarpe
nella piazza principale di Regianeda,
quando non aveva un cliente, prendeva un
pallone e cercava di giocare di sinistro.
È una storia emozionante. Poi è venuto in
Italia, si è sposata con una persona,
un'attrice mi sembra, a Novara e poi ha
vissuto il suo periodo migliore nel
Napoli e poi come allenatore nella
Fiorentina. L'altro personaggio che
secondo me è incredibile è il Toto Lorenzo,
sia come giocatore della San Pedroria che
come allenatore di Lazio, anche se tradì
la Lazio e andò alla Roma. Lui aveva
tutto, come dire, un sistema, come dire,
tutto suo di preparare le partite.
Allora intanto portava una gallina, no?
Portava la gallina, prendeva un gatto
morto e la notte lo piantava nel campo
dove potevano giocare, metteva tutti
degli amuleti nel spogliataglio
dicendo, non sentite, qui c'è il malocchio,
togliamolo, aveva tutte delle erbe, delle
ande e così via. Passava con il rosso
perché diceva che portava fortuna con il
Pullman della Lazio, solo che una volta ha fatto un
incidente e da quel momento l'autista
si è rifiutato e la cosa più curiosa è
stata questa, che aveva un derby con la
Roma ed era quasi sicuro di perdere e
allora praticamente per, come dire, per
incuriosire gli avversari, prima
dell'entrata della partita si è
presentato in mutande con un mangianastri
con un tango e si è messo a ballare
davanti a quelli della Roma e questi
erano tutti sconvolgenti, ma che fa
questo? È impazzito, cioè era tutto
un modo di fare originalissimo.
Era fatto un altro e contro l'altro lo riportò in Italia a Giorgio
Chinaglia quando divenne... Esattamente, poi alla fine è
ritornato con Giorgio Chinaglia.
Dopo di altro personaggio, no?
Marco, se mi avessi chiamato prima di
scrivere il libro, se mi avessi chiamato
prima di scrivere il libro ti avrei
raccontato altri episodi perché il mio
più caro amico, l'amico proprio delle
elementari e delle medie, ha giocato in
quella Lazio con l'Orenzo ed era il suo
bersaglio preferito, si chiama
Filisetti, Daniele. Anche il mio migliore
amico ha giocato nella Lazio, Borgo,
capitano dell'Ospezia poi, Sergio Borgo.
E quindi Daniele ha subito
alcune di queste cose. La gallina, lui l'ha
provata sul lungomare, notte alle 5,
quando l'Orenzo lo svegliò per vedere se
questo, scusate la parola ma cito tra
virgolette stopper del cazzo, svegliati
che voglio vedere se sei pronto.
Lanciava la gallina e via, dovevi inseguirla.
Ma la cosa più curiosa che fece è che un
lunedì chiamò Daniele per dirgli, doveva
essere San Doria a Lazio e gli chiese
lo sai chi devi chi devi marcare domenica?
Dice no mister, non lo so. Devi marcare
Francis. Dice va bene, ma lo sai quanto
pesa Francis? No mister, pesa 74 kg e tu
pesi 78. Entro domenica devi pesare 74 kg.
Minestrone, mezzogiorno e sera, Daniele
la domenica pesava 74 kg, ha salito i
gradini di Marassi, girava tutto lo stadio
perché non stava in piedi. Francis ha fatto
due gol nel giro di un quarto d'ora. Daniele
sostituito e la partita è finita 2 a 2.
No poi era buffissimo perché lui, Felisetti
e altri difensori, ungeva le mani di
Peperoncino e gli diceva quando tu sei
vicino all'attaccante sfrega gli la mano
nella faccia del centravanti.
I vostri oriondi preferiti quali sono?
Se posso chiedervelo.
Angelillo. Angelillo anche per la storia
d'amore romantica.
Angelillo ma lo ricordo poco, appunto di
quelli che mi ricordo, come si fa a non dire
Sivori, Altafini.
Abbiamo avuto anche l'ombre verticale
come allenatore che per me era rimasto
sempre, anche se ci ha fatto perdere uno
scudetto, però è sempre una figura abbastanza
non era un riundo.
A me piace molto Cesarini, appunto
quello della famosa Zona di Guarini perché
praticamente nella casta Juventus lui
era invece un argentino nell'anno, anche
se era nato in Italia, emigrato da
bambino e riportato indietro e quindi
tutti lo controllavano, avevano
assoldato i ragazzi della primavera per
controllarlo. Allora lui praticamente
pagava di più di quello che dava il
presidente per essere libero la notte.
Tutto questo non bastò e a un certo punto
Cesarini si fece un bel locale notturno
e fece un'orchestra di piemontesi
vestiti tutti da gauccio e quindi lui
praticamente la mattina quando c'era
l'allenamento andava vestito con lo
smoking della notte all'allenamento, nel
migliore dei casi, nei peggiori arrivava
con una vestaglia e sotto era mezzo nudo
perché era appena stato alzato, risvegliato
dal letto da qualche dirigente
juventino. E poi la cosa buffissima era
questo, lui era un po' svogliato in campo
ma quando finiva i soldi andava là e
diceva al conte Mazzonis, guardi domenica
c'è il Milan, se mi dà paga doppia faccio
un gol e lui riusciva proprio al
novantesimo appunto in zona Cesarini a
fare questo famoso gol che gli valeva il
doppio dei soldi che gli doveva la
Juventus. Insomma, gli racconti sarebbero
infiniti, c'è anche una cosa che è un
altro capitolo fantastico che abbiamo
dovuto, come dire, eliminare perché
se no il libro non sarebbe mai arrivato a
finire e Marco se lo vuoi dire questo
forse qualcuno di voi. È l'armarico di
questo libro caro Giovanni, ma a un
certo punto Sivori venne nominato
comisario tecnico della nazionale di
calcio, è argentina e doveva giocare due
partite, una a Buenos Aires e l'altra in
quota nella capitale della Bolivia a
3500 metri e quindi allora lui
praticamente fece una convocazione
normale per la nazionale che giocava a
Buenos Aires e poi fece una nazionale
fantasma, la mandò su Leande a 3500
metri, solo che quelli della
federazione non li riconobbero come
convocati della nazionale, quindi li
lasciarono praticamente lì. Questi poveri
calciatori per riuscire a mangiare
dovevano fare delle partite
praticamente con le formazioni locale a
3500 metri e in cambio riuscivano a
ottenere in pranzo una trattoria per
riuscire a sopravvivere. Poi finalmente
è andata bene alle due nazionali perché
la prima ha vinto a Buenos Aires e la
seconda ha vinto in Bogotà a 3500
metri, di quella nazionale ne è stato
salvato solo uno che è andato ai mondiali
che era Kempes, l'unico salvato dalla
nazionale fantasma. Però questo
possiamo dircelo solo adesso in diretta
perché Giovanni Carletti... A questo punto
la tua promessa deve essere quella che
questo cosa assieme a un'altra che voglio
dirti, sai qual è il difetto di questo
libro? Che non hai trattato i cestisti.
Per esempio Ginobili, per esempio
Delfino, anche lì c'è tutta una tradizione
diciamo così da esplorare di personaggi.
Ginobili ha vinto un'Olimpiade
addirittura, se non mi sbaglio, oltre a
vincere qualche titolo dell'NBA.
Anche nel basket Oscar il
brasiliano, insomma, c'hai terreno per
cominciare. Noi abbiamo parlato
della musica perché tutto il capitolo
del tango è tutto un capitolo, si a parte
Gardel di cui origine è incerta, ma
insomma c'è tutto un capitolo che è
dedicato al tango e soprattutto agli
italiani che hanno formato il tango. Il
famoso discovolo che disse
il tango un pensiero triste che si
balla, dicepolo scusate, il tango un
pensiero triste che si balla. Poi abbiamo
la storia di Astor Piazzolla che il padre
era un barbiere di trani e la madre
era lucchese. Poi abbiamo la storia di
Gugliese che il grande maestro è stato
scenduto dal lavoro durante la
dittatura dei generali.
Dicevo, scusa, che si intreccia con la
storia, appunto, perché altrimenti
sarebbe giusto apposto, ma la storia
del tango si intreccia fortemente con
quella del calcio, tu lo mostri, tu lo
racconti, insomma ci sono vari episodi in
cui questa musica, anche
questa oriunda, in qualche modo ha una
relazione strettissima con il calcio e i
calciatori soprattutto. Quindi, insomma,
appunto come abbiamo scritto
nella quarta, il libro che ha anche una
colonna sonora clandestina in qualche
modo, che bisognerebbe mettere sul
giradischi quando si legge
questi tanghi di Piazzolla e di Gardel
sarebbe bene, insomma, come dire, averli
pronti, insomma, perché funzionano molto
bene ad accompagnare la lettura.
Grande Marco Ferrari, un bellissimo libro, dai.
Grazie a voi, grazie a voi. Grazie moltissimo di
essere stati qui con noi. Però dicci una cosa
sull'oriundo alla guida dello Spezia adesso.
Ah, Tiago Motta, devi parlarne te, sei
interista, voi due siete interisti.
Tiago Motta, una sorpresa per tutti. Come
allenatore, non ne sappiamo neanche, anzi
abbiamo, nutriamo qualche serio dubbio
francamente. Dopo italiano, guarda caso,
italiano abbiamo preso un oriundo.
Speriamo che sia un po' più rapido
diciamo come allenatore rispetto a come
era come giocava.
Un calciatore. La cosa buffa è che la Fiorentina
quando ha preso, ha rubato
Italiana allo Spezia, ha messo come
colonna sonora italiano, italiano vero di
Totò Cotugno che anche lui è uno spezzino.
Quindi cioè ci hanno tolto anche l'inno, ci
hanno tolto l'allenatore e l'inno quelli
della Fiorentina. Va bene.
In campionato, due a zero.
Però Cotugno non è, non mi sembra che sia
proprio spezzino. È nato a Vivizzano ma ha
vissuto, ha vissuto.
Anche te non ti stai allargando troppo.
No, guarda, io devo essere sincero, vi
devo raccontare un episodio perché mio
padre gestiva un circolo dell'Arci, si
chiamava la Nevea, dove suonava il papà di
Totò Cotugno con Totò Cotugno e suo
fratello batterista. Quindi io ho passato
l'infanzia con la famiglia Cotugno. Non
solo, ma siccome si faceva tardi la
notte, quando tornavamo a casa, io abitavo
un po' sopra Cotugno, si si andava a piedi
lungo questo sentiero e si andava a casa.
E mi ricordo che il papà non lasciava
mai la fisarmonica in questo circolo
perché non si fidava troppo, lasciava la
batteria e si portava in spalla la
fisarmonica a casa, vicino a casa mia.
Quindi voglio dire di Totò Cotugno posso
parlarne.
No, no, no, dicevo come il fatto che
l'avevi trasformato in spezzino.
E no, ha vissuto tutta la vita, è nato,
perché sua madre è di Vivizzano, quindi è
nata a Vivizzano, ma sua sorella abita a
Spezia, abitava a Rebocco, nel quartiere
di Rebocco, come Mannoni abitava nel
quartiere di Migliarine, come te abitavi
in centro perché te sei più fortunato di
noi.
E quanto vanno in identità ormai è
plurale, Cotugno, Catturia,
Berlino, un po' tutto, quindi non possiamo
chiuderlo in un'unica identità.
Esatto, siamo tutti oriundi di qualcun
altro.
Esatto.
Allora vi ringrazio tantissimo perché è
stato per me un piacere e un onore
poter insomma condividere il tempo con
voi e parlare di, e mi sarei fermato molto
a lungo, però siamo ormai oltre quello
che ci è concesso, se no tra poco ci
tagliano, e quindi speriamo di avere
presto occasione magari di parlarne dal
vivo di questo libro molto bello di
Marco Ferrari,
Ai Sud America, che naturalmente è una
citazione di Paolo Conte, anche un altro
che ha sentito molto, come dire,
l'influsso di questa, di questa mitico
Sud America di cui parla Marco nel libro.
Se quest'estate ci invita a Porto Venere
veniamo volentieri.
Grazie di nuovo.
Anche a Monte Rosso volentieri.
Anche a Monte Rosso, anche a Monte Rosso.
Grazie, arrivederci.
Buona serata a tutti e buon weekend.
Arrivederci.
Eccoci, allora ci siamo.