'Un mondo diviso', con E. Occorsio, S. Scarpetta & altri
Buonasera a tutti, grazie per essere presenti.
Ci vediamo ancora una volta di necessità online per motivi ovvi,
però insomma a suoi vantaggi, perché non siamo ognuno nel proprio ambiente,
nel proprio istituto di lavoro e quindi ognuno ha le prese con le proprie riflessioni,
i propri temi di lavoro.
Allora, oggi presentiamo un libro che immediatamente ho scritto io,
che mi chiamo Eugenio Corso, insieme con Stefano Scarpetta,
che vedete inquadrato, che si chiama Un mondo diviso,
come l'Occidente ha perso crescita e coesione sociale.
Quando la Terza ci ha proposto, insomma abbiamo concorso di fare questo libro,
il problema delle disuguaglianze sembrava già abbastanza, diciamo, trito e ritrito,
e invece abbiamo scoperto, approfondendo con Stefano, con la sua preparazione,
un anno di ricerca e di analisi, che è ancora tutto da scrivere, da scoprire,
e soprattutto ci stupisce, questo l'ha messo anche il governatore Visco,
che ringraziamo per l'onore che ci ha fatto la preparazione,
l'ha messo nel suo scritto il governatore Visco,
c'è stato sì tanta letteratura in materia negli ultimi anni,
ci hanno vinti i premi Nobel, ci ha vinto il premi Nobel Angus Deaton, Esther Duflo,
insomma gli economisti si sono molto esercitati sul tema che è drammatico ed è mondiale,
è comune a tutto l'Occidente.
Però non c'è una adeguata proposta politica,
non si riesce a trovare il bandolo della matassa,
che potrebbe essere banalmente alzare le tasse sui più ricchi,
ma non è neanche così facile, abbiamo scoperto tante cose per cui non...
Certo sì, in America, leggendo questi miliardari, che sono 745 miliardari in America,
pagano in media il 34% di tasse,
che è poco.
Però anche se gli aumenti,
poi è difficilissimo rieganciare il problema,
creare veramente questa giustizia sociale.
E così abbiamo analizzato,
nei paesi di Italia, l'America, ma anche gli altri,
a che punto è l'analisi, la consapevolezza, la profondità di studio di questo problema,
sperando, ne hanno anche qualche idea,
che ci sia un'iniziativa politica che non può essere altro che internazionale,
perché si riesca ad aggredire il problema.
Purtroppo la pandemia,
che è stata ed è ancora in corso, questa sciagura che conosciamo,
ha naturalmente aggravato il problema,
che era già grave prima ed è ancora più grave.
Ci sono calcoli, uno più drammatico dell'altro,
la Banca Mondiale ha calcolato che
100 milioni di persone hanno unito la già nutritissima schiera dei poveri del mondo,
poveri assoluti, poveri da 1,90 dollari,
quindi veramente alla fame,
e sono diventate 800 milioni,
che significa il 10% della popolazione mondiale.
L'Oxfam, questa associazione inglese molto attiva, molto seria,
nel settore parla addirittura di 160 milioni di nuovi poveri.
E noi purtroppo in Italia abbiamo la prova,
perché, se non dico queste cifre,
nei due anni di pandemia i poveri,
che sono non poveri come quelli di cui parlavamo prima,
ma sono relativamente a reddito mediterraneo,
sono persone in grossissima difficoltà,
sono arrivati anche qui al 10% della popolazione quasi,
cioè 5,6 milioni di individui
vivono veramente con difficoltà la quotidianità.
E queste sono cose inaccettabili, cose indegni a democrazia avanzata.
E quindi è importantissimo e fondamentale concentrarsi su questo tema
per cercare in qualche modo di risolverlo.
Noi abbiamo cercato di analizzare questo problema e di capire,
di intervenire, anche la Cassa Integrazione,
il ristore del governo italiano in questi due anni,
sì, sono serviti anche il reddito di cittadinanza,
come ha riconosciuto il sesto presidente Draghi,
sono serviti in qualche modo a temperare lo shock,
la drammaticità del problema, però purtroppo non riescono,
non sono riusciti a frenare l'avanzata di queste inaccettabili disuguaglianze.
Ecco, di questo parleremo oggi,
faccio il doppio ruolo di autore, ma soprattutto di moderatore in questa circostanza,
per cui passiamo subito ai nostri illusi ospiti che vi presento,
direi la Edith Fest, la professoressa Elena Granaglia,
che è una giurista, è fra le fondatrici del foro di disuguaglianza e diversità,
quello animato da economisti noti come Barca, Giovannini e altri,
e lei stessa è una giurista specializzata,
con lunga esperienza anche internazionale in materia di giustizia sociale,
attualmente docente di scienze delle finanze a giurisprudenza all'Università di Roma III.
Poi c'è Ferruccio De Bortoli, che ringraziamo moltissimo per essere presente,
insomma, chi non lo conosce, grande direttore di Quelle d'una Sera,
ed editorialista attualmente del stesso Corriere,
insomma, il giornalista tra i più attenti alle emergenze sociali,
e il nostro amico Stefano Scarpetta, che è un economista dell'Ocse,
che è direttore per gli affari sociali e per il lavoro,
ed è stata la mente pensante per tutta questa operazione,
e mi ha permesso di accedere a questo mondo interessante, drammatico,
interessante da rabbrividire, insomma, che è importante conoscere,
perché veramente, ripeto, in paesi democratici bisogna conoscere queste situazioni.
Allora, io direi poi alla Stefano, Stefano, cominciamo un po' questa nostra esposizione,
così Stefano ci racconta un po' quali sono i punti salienti del nostro libro.
Prego, Stefano.
Grazie Eugenio, e permettimi anche di ringraziare, anche da parte mia,
Elena Granaglia e Ferruccio De Porteri per essere con noi
e per discutere alcuni dei punti che emergono dal libro che abbiamo scritto.
Alcune osservazioni, credo che stiamo parlando di un fenomeno estremamente complesso,
con delle diseguaglianze molto articolate,
con forte differenziazione da un paese all'altro,
poi ci sono alcune tendenze che sono abbastanza comuni,
e una tendenza sicuramente che si riscontra in tre quarti dei paesi occidentali,
in molti paesi emergenti,
è un aumento tendenziale delle diseguaglianze nella distribuzione del reddito,
e direi soprattutto, come tu ricordavi, della ricchezza.
C'è quasi una regolarità, come scriviamo nel libro,
nei paesi occidentali, negli anni 80,
il rapporto tra il reddito del 10% più ricco e quello più povero era di 7 a 1,
poi negli anni 90 è diventato 8 a 1, negli anni 2000 9 a 1,
e prima della pandemia eravamo arrivati alla soglia del 10 a 1,
e ogni decennio si è ampliato questo fossato tra chi sta in basso e chi sta in alto.
Tu ricordavi gli effetti della pandemia,
sappiamo che ha colpito i gruppi più vulnerabili,
i giovani, le donne, quelli a basso reddito, con tratti più precari.
In realtà le misure di ristoro, o comunque le misure di sostegno alle famiglie,
hanno permesso di evitare il peggio,
quindi un aumento drammatico delle diseguaglianze e della povertà.
Un po' meno in Italia, perché come ricordavi,
abbiamo avuto un milione di persone in più che sono scivolate sotto la soglia di povertà.
Siamo al 9,4% della popolazione, un dato sicuramente molto preoccupante.
Dall'altro lato, come scrive nel libro, la Federale Reserve ci ricorda che
in America l'1% più ricco detiene il 32% della ricchezza americana,
e che il 50% più povero soltanto il 2%.
In Italia l'Oxfam ci dice che il 40% degli ultramiliardari italiani
ha una ricchezza equivalente al 30% della popolazione italiana,
con 18 milioni di persone.
40 persone e 18 milioni dall'altro lato.
Però forse il punto che voglio sottolineare,
sul quale mettiamo l'accento nel libro,
è che se fosse soltanto un problema, per quanto drammatico,
di fossato tra chi sta in basso e chi sta in alto,
forse i temi delle diseguaglianze non avrebbero assurdo a questo ruolo
anche nei dibattiti pubblici, nel G20 se ne parla ormai da anni.
E l'altro dato interessante che viene fuori dalla voce dell'Ox,
è che in realtà per chi sta in basso è sempre più difficile
salire sull'ascensore sociale.
Nelle stime che abbiamo fatto guardando i redditi dei genitori
rispetto ai redditi dei figli,
viene fuori un dato che a mio avviso è drammatico.
In media ox, per un discendente di una famiglia povera,
il 10% più povero, occorre 135 anni, 4 generazioni e mezzo,
non per diventare ricchi, ma per arrivare alla classe media,
al reddito medio.
In Italia siamo a 150 anni,
addirittura in Francia e in Germania a 180 anni, 6 generazioni.
E quello che rende insopportabile o sempre meno sopportabile
le diseguaglianze è anche perché per chi sta in basso,
a dispetto della propria competenza, meriti, eccetera,
è sempre più difficile avere una prospettiva di un miglioramento
della propria situazione economica e sociale.
E forse il terzo punto che a qualche volta rende la cosa sempre più,
come dire, anche di opinione pubblica diffusa,
è che mentre prima era un problema dei poveri,
di chi stava veramente in basso,
adesso è un problema che tocca in maniera significativa la classe media.
Alcuni dati anche qui per caratterizzare di cosa stiamo parlando.
Se guardiamo dal 1995 fino ai dati più recenti,
i salari in media della classe media sono aumentati del 20%.
Il costo dell'abituazione è aumentato del 200%.
Questo è in media.
Se qualche generazione fa bastava una persona con un reddito stabile
per poter aspirare a far parte della classe media,
oggi ci vogliono due persone che lavorano in una famiglia
per poter far parte della classe media.
E diciamo, nella composizione,
la classe media è sempre fatta più da persone che sono in lacqua o l'età,
e anche che sono in pensione,
sempre meno di giovani,
per cui accedere a questo status di classe media è sempre più difficile.
Poi c'è un dato ovviamente drammatico per l'Italia.
I redditi medi in Italia dal 90 al 2020 sono addirittura diminuiti del 2,9%.
Vi ricordo che in Francia e in Germania sono aumentati del più del 30%.
Quindi in Italia c'è anche un problema,
la classe media ha visto i propri redditi addirittura non crescere,
ma addirittura diminuire.
Ora, se questa è la diagnosi,
veramente in poche parole e con forte differenziazione
sicuramente da un paese all'altro,
credo che la politica che sono state messe in campo fino ad ora,
cioè lasciamo il mercato fare il suo corso
e poi attraverso le politiche di redistribuzione,
quindi tasse e trasferimenti,
cerchiamo di ridurre queste diseguaglianze
che vengono generate sul mercato,
non ci arriveremo mai.
Bisogna veramente consigliare delle politiche
che vanno alla fonte, alle origini di queste diseguaglianze,
che secondo me mettono molto più l'accento
sull'accesso alle opportunità.
Allora qualcuno mi potrebbe dire,
ma in Italia l'accesso all'istruzione, alla salute sono universali.
Sì, ma come ricordiamo nel libro,
se guardiamo i dati ancora una volta,
per chi viene dal basso,
chi viene da una famiglia a reddito medio-basso,
i risultati scolastici,
addirittura l'accesso alla sanità,
sono sicuramente di qualità inferiore
rispetto a quella di chi viene
da un contesto socio-economico più privilegiato.
Sull'istruzione,
l'Italia spende poco in istruzione,
la probabilità per un giovane che ha genitori
che hanno soltanto la licenza media
di arrivare al laurea è soltanto del 12%.
In altri paesi c'è molto più una progressione
per chi poi ovviamente è meritevole
e riesce a investire nel proprio capitale umano.
Quindi un po' un messaggio nel libro,
prima o poi arrivare a delle politiche
e soprattutto avere le opinioni
di Ferruccio De Borto e di Elena Granaglia,
che bisogna lavorare veramente
non soltanto nell'accesso a istruzione,
sanità, mercato del lavoro,
ma anche guardare alla qualità.
I dati degli invalsi per l'Italia
sul numero di giovani,
soprattutto nel sud Italia,
che escono dalla scuola media-inferiore
con livelli di istruzione molto bassi,
addirittura al di sotto della soglia minima
che definisce in qualche modo
l'analfabetismo funzionale,
e dicono quanto c'è da investire
non solo nell'accesso,
ma nella qualità delle istruzioni.
Nel libro poi parliamo anche
di differenziali enormi
sui risultati addirittura in termini sanitari,
anche in un paese come il nostro
in cui l'accesso alla sanità
ovviamente è per tutti,
ma ci sono delle forti differenze nei risultati.
Quindi chiedo uno dei messaggi del libro
e concludo con questa osservazione
che bisogna veramente avere
una visione molto più globale
del problema delle diseguaglianze
e a mio avviso sì,
sicuramente rafforzare la previdenza,
rafforzare gli strumenti di redistribuzione,
ricordiamo che l'Italia spende pochissimo
nelle politiche sociali per i più poveri,
a dispetto anche del reddito di cittadinanza,
ma veramente andare a affrontare
l'accesso alle opportunità
direi quasi dall'asilo nido in poi,
perché se non si affrontano quei problemi
che si creano veramente
nei primi anni di vita di un individuo
è difficile poi affrontarli dopo,
soprattutto soltanto attraverso
gli strumenti classici in qualche modo
della ridistribuzione
attraverso tasse e trasferimenti.
Vedi Stefano tu dicevi dei ricchi in Italia,
adesso al di là del libro,
proprio ieri il Corriere della Sera
ha pubblicato un'editoriale
del professor Magatti
che conoscete che è della Cattolica,
che dice che in Italia
l'1,2% dei contribuenti
dichiara più di 500.000 euro di reddito,
no scusate, 100.000 euro,
100.000 euro,
infatti sembrava strano,
adesso per 100.000 euro,
l'1,2% è 100.000 euro,
ora secondo il professor Magatti
questa è una cifra irreale,
perché vorrebbe dire che i ricchi
sono estinti in Italia,
e poi anche è secondo lui
sottostimata in modo spaventoso
il 13% dei contribuenti,
5 milioni di persone
che pagano,
che guadagnano 35.000 euro,
insomma per farla breve,
in Italia è un problema di diversione fiscale
mostruoso, come sappiamo,
che aggrava le disuguaglianze
e che non perde l'occasione
per venire fuori,
contro cui non si riesce a fare nulla.
Ma sentiamo la stessa granaglia,
cosa ne pensa?
Il suo laboratorio universitario
da tanti anni segue questo problema,
qual è secondo lei il punto d'attacco
più decisivo che potrebbe essere?
Domanda complicata,
comunque prima di affrontare
la domanda complicata
volevo soltanto spendere due parole
per dire che questo libro
è un libro veramente scritto benissimo,
perché siete stati capaci
di unire un grande rigore scientifico
con una capacità
di decomporre
le diverse proposizioni
in un linguaggio comprensibile
anche a un pubblico che non si è occupato
di economia o di problemi di disuguaglianza.
Grazie.
Quindi questa capacità di unire
questo bel dialogo tra rigore
nelle interpretazioni, evidenze empiriche,
scritte in un modo leggibile,
è assolutamente invidiabile
e mi sembra anche un bel contributo
di educazione civica.
In questa prospettiva,
l'ultimo punto che volevo sottolineare,
ma che mi sembra veramente importante
del vostro libro,
è che cercate di andare oltre
gli indici aggregati, le medie,
cercate di decomporre
questa cosa.
Non guardate soltanto all'1%
o a un Gini, che in fondo è un indice aggregato
che può essere associato a distribuzioni
molto diverse,
cercate di andare dentro
e quindi vedere cosa capita
ai decili più bassi, ai cetti medi
e in più non soltanto
guardate al reddito, ma cercate anche
di tenere conto dei diversi soggetti,
quindi del dato demografico, donne, giovani.
Quindi ho trovato, come dire,
molto attraente questa visione
attenta
alla complessità delle disuguaglianze,
ma sempre con questo
linguaggio così scritto,
così nitido, che veramente da
invidiare
non è una cosa, diciamo, apprezzare.
Veniamo invece
agli aspetti
duri da risolvere.
Non secondo me, ma secondo
molti.
Sicuramente,
quello che diceva Scarpetta
nel suo ultimo intervento, che non dobbiamo
soltanto occuparci di
intervenire expose,
ma che dobbiamo intervenire anche ex-ante,
perché non possiamo caricare
il sistema di tax and transfer
di questo compito
così gigantesco di colmare
delle disuguaglianze così elevate come quelle
che sono state indicate, d'accordissimo.
Credo però che un problema
grosso,
sulla quale dovremmo portare l'attenzione,
e l'Ox itself ha portato l'attenzione
anche molto recentemente, con un bel lavoro
sull'outsourcing domestico,
penso che è un problema
serio e che
contrastare queste disuguaglianze
oggi richiede
in qualche modo di metterci
in gioco tutti noi.
Dobbiamo fare qualcosa e abbiamo
anche qualcosa da perdere.
Faccio un esempio
più preciso. In passato,
negli anni d'oro, anche se con tutti i loro problemi,
la crescita
era una crescita che in realtà
riusciva a sollevare tutte le barche.
In realtà le barchette più piccole,
come nella bella frase di Krugman
su The Great Compression, le barchette più piccole
salivano su più in fretta.
Questo evidentemente era
molto facile, tutti avevamo un beneficio
e chi stava peggio aveva un beneficio maggiore.
Ed era una situazione fantastica.
I paesi che anche crescono,
a differenza dell'Italia,
oggi non riescono più
ad assicurare questo.
Secondo me è sicuramente
molto importante incidere
e potenziare istruzioni
di qualità, sanità pubblica
e così via, ma c'è un problema
serio che ha a che fare con cambiamenti
anche nella distribuzione del potere.
Quello che noi vediamo,
la grossa diminuzione
della quota, del valore aggiunto
che va al lavoro
e dentro al lavoro la grande crescita
delle disuguaglianze tra working poor e working rich,
quelle cose lì,
questi cambiamenti che hanno
fatto sì che anche i paesi che sono
cresciuti abbiano avuto molte disuguaglianze,
questi cambiamenti
sono cambiamenti che sono avvenuti
perché abbiamo avuto un cambiamento
nei rapporti di potere.
Lo sguardo di vedere
l'Ox stesso ha in moltissimi rapporti
messo in evidenza come
l'indebolimento del potere
del lavoro che si è
disaggregato perché sono cambiate
le condizioni economiche, perché abbiamo fatto
molte politiche di regolazione,
il bel lavoro ultimo di Ecoscope
sulla domestic outsourcing che fa vedere
come questo incide sulle disuguaglianze
nei salari mi sembra importante.
Quindi cambiare però i rapporti di potere
vuol dire che qualcuno avrà un po' meno potere
e qualcuno un po' di più, quindi c'è da cedere
non è soltanto come era negli anni
passati che tutti potevamo avere
qualche miglioramento. Questo cambiamento
è complicato. La stessa cosa
faccio ancora due
minuti perché so che i tempi sono stretti
e la stessa cosa della riforma fiscale
giustissimo che i ceti medi
abbiano tassazione minore
sul lavoro. In Italia poi c'erano
con le detrazioni decrescenti e dei problemi molto
seri di alipote marginali effettive
altissime, quindi perfetto questo
cambiamento, però se noi non alziamo
da qualche altra parte, se togliamo
l'IRAP che finanzia un quinto
della spesa sanitaria più o meno in Italia
dobbiamo andare a trovare questi soldi
da qualche altra parte o contrastando l'evasione
o accentuando l'imposizione patrimoniale.
Quindi va benissimo
a diminuire
delle imposte sul lavoro
in particolare dei ceti medi, ma dobbiamo
andare da qualche altra parte. Quindi in sintesi
per contrastare le disuguaglianze
chi ha avuto di più
deve in qualche modo rinunciare
a quel di più che ha avuto. E questo è più complicato
perché invece in passato avevamo
un tipo di crescita che in qualche modo
favoriva un po' tutti. Secondo punto
telegrafico e finisco
cambiare le regole
del gioco richiede un attore pubblico
forte e capace.
E invece noi vediamo
che lo Stato, lo chiamiamo
nel senso lato, si è indebolito
moltissimo, non soltanto in Italia
ma si è indebolito sia ovviamente per
la globalizzazione sia perché
questi ultimi decenni di
non cura dell'intervento
pubblico che è stato sicuramente sminuito
hanno fatto sì in Italia, poi in modo
terribile con la pubblica amministrazione ma non solo
in Italia, che abbiamo perso proprio
come dire la forza
di uno degli attori, non l'unico sicuramente
ma la forza di uno degli attori
fondamentali per modificare le regole
del gioco. Quindi queste due
questioni. Uno che per contrastare
le disuguaglianze dobbiamo un po' modificare
le regole del gioco e chi ha avuto più potere in questi anni
dovrà cederne un po' a qualcun altro.
Due, che la modifica delle regole
del gioco richiede comunque
un attore pubblico forte,
che abbia qualche competenza e qualche capacità
di guida
e che invece quest'attore sia
un po' debolito, secondo me quegli sono
due punti abbastanza complicati
da aggredire, nonostante
cose buone che abbiamo visto, dalla minimum global
tax per le multinazionali, ci sono
delle cose che si possono fare, non è...
finisco con una nota di ottimismo
le proposte recente di Rotrik
per accordi globali
che cerchino di
non contrastare la globalizzazione
ma al tempo stesso di occuparsi di social
dumping. Cioè esistono
delle possibilità,
fortuna possiamo fare qualcosa,
però queste due
questioni che ho portato all'attenzione
mi sembrano nodi, come dire,
duri da attaccare.
Bene, professoressa,
in questi giorni
sempre il filone
di pensieri, di analisi
è sempre questo,
ci si chiede se
nel mondo, diciamo da Biden
fino a Draghi, all'Europa
sta prendendo veramente
piede il concetto che lo Stato
sulla spinta di questa tragedia
collettiva che è la pandemia, che lo Stato
ha il suo ruolo preciso,
deve averlo, deve conservarlo, valorizzarlo,
aiutare la gente,
perché,
si è scoperto adesso, eravamo ancora un po' tutti quanti
condizionati dai tempi della Thatcher, di Reagan,
quando si era detto all'inizio
basta questo intervento
statale, del resto d'Italia abbiamo vissuto
esattamente questo parabolo,
da ripetizione in poi,
lo intervento statale è pernicioso
e lasciamo fare al mercato.
Però adesso c'è questo cambiamento, secondo me
questa cambiamento richiederà anni
perché diventi veramente patrimonio comune,
patrimonio
con saperezza diffusa
e guida politica comune.
Secondo lei è avviato questo processo
internazionalmente?
Posate qualcosa, ne pensa il direttore del Borto
di questo. Ah io pensavo
che avevi sette minuti.
No, no, no, è un piccolo
addendum. Io penso
ad esempio, dopo tanti anni
in cui si parlava di avere comunque una
tassazione societaria che
facesse sì che le grandi multinazionali
comunque pagassero qualcosa, possiamo dire
non volevamo 15, volevamo il 20%
alcuni di noi, però
alcuni cambiamenti, secondo me
forse anche acquiti dalla gravità
della pandemia che come
tutti sappiamo ancora
acquito le
penalizzazioni dovute alla disuguaglianza
penso che ci sia. Forse io ho parlato
poi di Stato ma è più corretto parlare di Repubblica
perché sono diversi poi dopo gli attori
che sono qui. Anche il cambiamento
dell'Amministrazione americana forse ha avuto suo ruolo.
Esatto, assolutamente sì. Piano piano
assolutamente sì.
Ferruccia cosa ne pensi tu? Come la
vedi la situazione?
Ma certamente
perché è così difficile intervenire?
Tanto grazie
dell'invito e
complimenti per il grande sforzo
di divulgazione così
ricco e
così chiaro
nella trattazione del tema
che è per sua natura complesso.
Io
sul cambio
di paradigma politico che è partito
dagli Stati Uniti
avrei qualche riserva
in più
perché è tutto da vedere
se riuscirà
ovviamente Biden
a portare avanti
politiche di
riduzione della disuguaglianza
tenendo conto
che probabilmente a novembre
perderà il controllo del Congresso.
E c'è una forte opposizione
americana
sull'aumento certamente
abnorme della spesa
pubblica
che ha prodotto
già una crescita del
tasso di inflazione
che preoccupa ovviamente
il cosiddetto tax payers
americano.
L'Europa
certamente
si sta avviando ma ovviamente
dipenderà
dal successo
del Next Generation EU
e quel successo
dipende dalla nostra capacità
di poterlo applicare
soprattutto sul versante
dell'inclusione oltre che
della sostenibilità nel suo complesso.
E su questo possiamo
coltivare qualche ragionevole dubbio
ovviamente.
E poi
a livello internazionale
e qui finisco, ti do una risposta molto breve
Eugenio.
A livello internazionale
insomma, tanto
l'ipotesi di
fare un break up
dei grandi gruppi
del web mi sembra tramontata.
Hanno una liquidità
enorme che peraltro
usano magari
per
tra l'altro abbiamo appena visto
come sono cresciute alcune
attribuzioni addirittura con gli ultimi dati
mi sembra che la forbice
si sia ulteriormente
allargata in maniera
persino scandalosa.
Tra l'altro.
Allora da questo punto di vista
il problema che poi
attiene alla
solidità e al futuro
delle democrazie rappresentative
è se questa casta di super ricchi
non abbia un potere politico
così rilevante da poter condizionare
delle politiche
di riduzione della disuguaglianza
di cui abbiamo certamente bisogno.
Il problema di fondo
è che probabilmente avremo
con il passaggio
da fonti
fossili a fonti rinnovabili
è che avremo
una ribellione sociale
molto forte
che
perché ovviamente
le disuguaglianze cresceranno
anche in ragione
delle politiche che verranno
attuate per passare
dalle fonti fossili
a quelle rinnovabili.
Di questo aspetto
del cambiamento di paradigma energetico
ci occupiamo veramente poco.
Mi sembra di cogliere
nelle tue parole la paura
che nel PNRR
questa specie di feticcio
che abbiamo tutti quanti in mente
ha un po' troppo
disquilibrio a favore della
transizione energetica
e si potrebbe forse destinare
qualcosa di più alle politiche sociali?
E' questa una delle tue preoccupazioni?
No, io penso che sia sottovalutato
l'effetto sul consenso
e sulla pace sociale
quindi sulla coesione sociale
di necessari cambiamenti
pensate soltanto
a quello che può avvenire
nell'industria dell'automotive
perché ad un certo momento
è chiaro che l'elettrico
oggi è un bene di lusso
mentre ci sono molte persone
che si stanno impoverendo
e che hanno bisogno
di fonti fossili
e quel passaggio è un passaggio
che creerà, secondo me, delle disuguaglianze
per cui i costi di transizione
vanno valutati un po' meglio
forse sono valutati da alcun punto di vista
delle proiezioni
econometriche
penso e dubito e temo
che siano valutati poco
dal punto di vista delle conseguenze sociali
cioè delle ribellioni
guardate cosa sta succedendo
adesso in queste ore in Canada
con addirittura il Premier
che si è pure baricato
era del tutto imprevedibile
che regissero in quel modo
In Canada,
una specie di Svizzera in Canada considerato
e insomma
adesso la rivolta dei gilet
cos'è un arancioni giallo in Francia
nacque perché
ha abolito il sussidio al diesel agricolo
infatti
questo è un dei problemi
e questo purtroppo come dici tu Ferruccio
è dappertutto, ci chiediamo
dove si andrà a parare
per le disuguaglianze
adesso lo citavi tu
ho preparato qui un foglietto
di un personaggio della stampa
il signor Stephen Schwarzman
fondatore numero uno di Blackstone
una delle più importanti
case finanziarie
ha guadagnato l'anno scorso 610 milioni di dollari
anno
nel 20 anzi della pandemia
Sundar Pichai
che invece è il capo di
ha guadagnato 281 milioni di dollari
a questo punto o finiamo nel folklore
o diciamo
che dobbiamo fare
gli amministrati delegati
le prime 350 aziende
negli Stati Uniti
hanno guadagnato in media
24,2 milioni di dollari
351 volte di più di un lavoro atipico
e quindi
un manager in cassa
non hanno quanto un lavoratore medio in un secolo
questo è il quadro
e da qui scendere alle disuguaglianze
Ferruccio vuole dire un'altra cosa
adesso invece passando
ad altri aspetti che abbiamo già toccato
in queste settimane
un terzo e metà delle classi
di studenti
sono in dad
e si è visto
i risultati
traumatici
le teste in valse e PISA
sono stati chiaramente insufficienti
non c'è paragone rispetto a stare a scuola
rischiamo di creare
una generazione
questo è un aspetto laterale
e in parte
molto a motivo oggettivice
non legato alla discussione di disuguaglianze
ma aggrava il problema
una generazione di spiazzati
di gente che poi andrà a lavorare
si troverà in difficoltà
stanno facendo dei calcoli
il premier Draghi l'ha detto in una conferenza stampa
che questi ragazzi
rischiano di avere la carriera
compromessa per tutta la vita
meno promozione
meno capacità di reddito
cosa si può fare?
ho poi parallelo a tutto
c'è un altro discorso ancora
che è anche importante
che in Italia
negli anni passati
si è inteso
la ricerca
della riduzione delle disuguaglianze
come un abbassamento del livello medio
doveva essere l'opposto
c'è stato chi
si spiega le montagne
e se qualcuno non ce la fa
spiega le montagne
e facciamo piacere
e quindi si aggiorna per tutti
invece si deve fare un discorso più qualitativo
che ne pensi Ferruccio?
la formazione è fondamentale
anche Stefano diceva in inizio
grazie, penso che la professoressa Granaglia
possa dire cose più interessanti
di quanto possa fare io
tra l'altro a me ha colpito
quel passaggio
l'investimento migliore
è quello
sul capitale umano
peccato che gli investimenti
su scuola, università
istruzione, formazione permanente
siano investimenti
che danno un
ritorno concreto
a medio e lungo periodo
però hanno
un costo in termini di consenso
perché io penso che a un certo momento
se si decidesse
di ridurre come è giusto
le pensioni
alcune pensioni
il peso comunque delle pensioni
cito
un passaggio importante
non ovviamente
quelle più piccole ma insomma
il peso complessivo
di quanto noi spendiamo
per le pensioni
è certo che naturalmente
si pagherebbe
un termine, un pezzo
in termini di consenso molto elevato
anche se si dicesse
guardate
riduciamo il monte di pensioni per favorire
i vostri nipoti perché poi
dopo quello che succede
succede che i nonni danno un
sussidio ai propri nipoti
perché non ce la fanno
e questo ovviamente dal punto di vista
delle scelte politiche è un prezzo
molto elevato
che non so se saremmo in grado
di dirgli
nel vostro libro
per esempio un passaggio
da me ha molto colpito che
l'investimento sulla laurea
nei paesi Ocse
è il 50% più elevato
che in Italia che tra l'altro
ricordiamo ha un numero di laureati
credo nell'Unione
Europea tra i più bassi
forse non i più bassi
ma forse ci batte
soltanto la Romania se non
ricordo male
però qui c'è al di là
diciamo di quelle che sono le politiche
per la scuola, l'università, la formazione
necessaria c'è anche una considerazione
di carattere culturale
medio
è anche vero che
se i laureati italiani sono
sottopagati
ciò non dà la dimostrazione
tangibile
che studiare rende
no? oppure
spinge questi laureati
alcuni sono di straordinaria qualità
perché le medie poi ingannano
qualche volta ad andare all'estero
se poi le aziende
anche quelle
che si fanno vanto di essere
assolutamente sostenibili
e quindi di rispettare tutti i
fattori ISG
di cui parliamo
poi trattano i giovani
come un problema e non come una risorsa
io a volte
vi dico con molta sincerità
sono scandalizzato
quando un imprenditore dice
datemi un incentivo
per assumere un giovane
detassatemi
allora quel giovane cosa viene?
assunto perché costa poco?
anche se è una laurea?
io penso che l'imprenditore dovrebbe dire
no, io vado alla ricerca
dei giovani migliori
e se hanno dei problemi di formazione
io investo nella loro formazione
ma non do la sensazione
al pubblico
al paese, alla gente
che io assumo dei giovani semplicemente
perché costano poco
perché allora a questo punto quel giovane che viene assunto
non si sente scelto per quello che vale
ma scelto per quello che costa
cioè poco
e questo purtroppo, vedete, è il fior di imprenditori
anche di imprenditori
che conosco, che apprezzo
che però cascano in questa trappola
il che vuol dire che la società non percepisce
l'importanza dell'investimento
nel capitale umano e nella formazione
allora finisco di darti
questa risposta e ti chiedo
scusa per se ho
rubato un po' di tempo
io sono rimasto molto colpito
che per esempio nel PNR
alla parte che
riguarda il cosiddetto
reskill o upskill
si dice che
entro il 2025 almeno il 70%
della fascia di età
tra i 16 e i 74 anni
dovrà possedere conoscenze digitali di base
con l'ultimo rapporto
d'esi abbiamo migliorato
in pandemia un po' la nostra posizione
però siamo sempre gli ultimi posti
no? ma ne parlavo di questo
no, non ne parlavo
poi c'è un'altra cosa
che riguarda una politica europea
che noi abbiamo sottoscritto
entro il 2030 almeno il 60%
della popolazione adulta
dovrà partecipare ogni anno a corsi di formazione
e aggiornamento
cioè due settimane all'anno
nelle quali
il 60% della popolazione adulta
anziché andare in vacanza
torna idealmente
sui banchi di scuola
io penso che una cosa di questo genere
accade non domani ma dopodomani
dovrebbe essere al centro delle preoccupazioni
del paese
se voi andate in giro a chiedere a qualcuno
sai di questo aspetto che riguarda
il futuro tuo forse
certamente tuo non soltanto quello
dei tuoi figli, dei tuoi nipoti
non ne sa niente nessuno
noi abbiamo
questo continuiamo a dircelo
il maggior numero di NIT
in Europa tra 15-29 anni
che non studiano, non lavorano
ma questa è un'immensa discarica
di talenti
di cui noi dovremmo vergognarci
civilmente come italiani
ma perché non facciamo qualcosa
perché non
tra l'altro con un capitale sociale
straordinario di gente
generosa, solidale
che si immobiliterebbe
per far sì che
queste persone possano essere recuperate
secondo percorsi
di formazione e di avviamento al lavoro
rivalutando il lavoro
anche
fisico, anche il lavoro
materiale, non soltanto il lavoro
intellettuale
ma al di là di quelli che sono
pensate, piccola notizia
visto che citavamo l'attualità
la truffa
sui sussidi per il
covid che è stata scoperta
che ha coinvolto tante persone
nel nord est apponta
400 milioni di euro che è la metà
di quanto è previsto
nel G di bilancio del 2020
per la scuola e per l'università
allora
questo poi tocca quel tema
dell'evasione fiscale di cui parlavamo
ecco allora non è soltanto un problema
di politiche
ma è un problema anche di coscienza civile
e di consapevolezza
dell'opinione pubblica
io mi auguro che adesso Draghi
che non c'è più la presidenza
della Repubblica
si ricordi quello che ha scritto
nelle considerazioni finali della Banca d'Italia
e ponga questo punto
all'ordine del giorno
dell'azione di governo
eh sì
del resto sai
tutte queste considerazioni amare
si parla sempre di fuga dei cervelli
il discorso era questo
dal punto di vista
se tendo i cervelli in fuga
loro dicono proprio questo
guarda in Italia non riusciamo a farci valere
a farci qualificarci, a farci valorizzare
per quello che noi siamo disponibili a lavorare
tantissimi, appunto i migliori talenti
e manca questa realtà
professore di stagione pensa
che è un tema centralissimo in tutta la partita
a me sembra che tutto quanto
è stato detto nell'intervento di Carruccio De Portoli
sia assolutamente condivisibile
cioè non c'è una parola
che non sia condivisibile quindi su questo
ha già sostanzialmente risposto
posso dire due o tre cose in più forse
che non riguardano tanto l'istruzione
in sé quanto altre
come dire altre condizioni
che servono a garantire
l'uguaglianza di opportunità intergenerazionale
per i giovani
è vero che
abbiamo investito come paese
in Italia poco in istruzione
perché l'istruzione forse è uno di quei classici
beni che genera
benefici a lungo termine
benefici
collettivi mentre ci sono
altre politiche che invece danno dei benefici
a brevi di consenso elettorale
e concentrati su alcuni gruppi che evidentemente
nel gioco politico hanno più peso
quindi è vero che c'è un problema
di sotto investimento nella quantità
e nella qualità dell'istruzione
però se pensiamo
a cosa serve per
favorire la
crescita dei ragazzi e delle ragazze
già che
condivido tutto quello che è stato detto
sull'istruzione e dico qualche cosa in più
penso che dobbiamo vedere anche qualche
cosa in più
dobbiamo occuparci anche di politica
nel contesto, c'è il bel lavoro
di Chetti ad esempio che ci fa vedere
come Chetti e altri
e Anderson eccetera
opportunity project
che ci fa vedere questo riguardo agli Stati Uniti
ma lì avevano dei bei dati perché avevano
un esperimento naturale
da utilizzare
avevano dato un voucher
a delle famiglie povere per cambiare
il luogo di residenza e quello
che è venuto fuori è che la stessa famiglia
se si muoveva da un contesto
molto svantaggiato
a un contesto migliore
che dava il contesto stesso come
opportunità di lavoro e così via
dove c'era anche meno disuguaglianza
e meno povertà, un contesto migliore
quella famiglia, i ragazzi e le ragazze
che avevano
cambiato residenza avevano
nel corso della vita più probabilità
di migliorare e di avere
come dire
di fruire di opportunità
migliori e la cosa interessante
è che questo vantaggio era assolutamente
proporzionale all'anno
di cambiamento, un ragazzino che è un bambino
andava via un anno aveva
molto più possibilità di godere
di buona opportunità rispetto a uno che andava via
15 anni, quindi interventi
nel contesto contano e
il libro parla di molte disuguaglianze
ma anche le disuguaglianze territoriali
dove abbiamo concentrazione
di posti completamente abbandonati
dove c'è poca speranza, dove i ragazzi stessi
e le ragazze non hanno speranza
sono luoghi che anche in presenza
di una buona istruzione rischiano
comunque di renderla meno
efficace perché non hai quasi la
possibilità, come ci ha detto anche
un'autrice che è stata tradotta dalla terza
di Flo
perché non hai quasi la
possibilità per
formarti aspettativa e per impegnarti
per pensare, quindi il
contesto conta insieme a
la politica per l'istruzione
conta anche la
distribuzione più complessiva del reddito
della ricchezza, è solo una
correlazione, la grande famosa furba
del grande Gatsby, è solo una correlazione
c'ha problemi, bla bla bla, tutto quello che vogliamo
però una cosa interessante che ci fa
vedere è che contro una certa
retorica secondo la quale non dobbiamo
occuparci di disuguaglianze di risultati
di reddito di ricchezza ma soltanto di
opportunità, laddove
come nei paesi scandinavi c'è più
c'è minore disuguaglianza
anche se adesso la tendenza è per la crescita ma il livello
è ancora più basso, lì c'è più
disuguaglianza di opportunità intergenerazionale
nonostante appunto l'aristocrazia
del 1% anche lì, ma lasciamo perdere
comunque c'è più possibilità per i giovani
e ultimo punto, questo l'ha già fatto
ne ha già parlato
Ferruccio De Bortoli prima
e vorrei però riprenderlo e richiamarmi
anche al vostro libro e con questo terminare
conta moltissimo
la qualità dei lavori che vengono
offerti, se noi abbiamo, voi nel
libro giustamente fate un bel pezzo
tra i vari bei pezzi fate
un inciso interessante
sulla caratteristica delle piccole
imprese in Italia, noi abbiamo
un numero di piccole imprese che non è
così diverso da quello della Germania
ma abbiamo una differenza fondamentale
nel management, in Italia
abbiamo una
trasmissione familiare anche del
governo di queste imprese, in Germania
non è così e vediamo anche i risultati
a parte che appunto queste imprese non
vanno sul mercato a prendere i giovani
che ci sono formati migliori perché essendo
i giovani sono i giovani che prendono i parenti
dei parenti e così via
e questo è un bel lavoro anche di schivarvi
su tutto questo tema e in questa prospettiva
mi è piaciuto anche
il termine con questo
l'accenno che voi avete fatto
all'importanza della tassazione
di successione, la tassa di successione
lo dico anche con la proposta del forum
Disuguaglianze e Diversità
nel senso che uno degli effetti possibili
potrebbe anche essere quello
di dinamizzare un po' l'economia
e far sì che ci possa essere anche
nella parte di queste piccole imprese
una forma di maggior dinamismo
per cui le imprese vengano anche poi date
anche se questo forse è un po' ottimistico
ma comunque una possibilità
alcune basi, impiri che ci sono
vengano date
in gestione a chi sa renderle
più produttive. Quindi
l'importanza sì dell'istruzione
ma anche interventi più complessivi
su questi altri per prendere
sul serio la
mobilità che ha sia un aspetto peraltro
relativo ma che dipende anche
dal contesto
e dal mercato del lavoro. E finisco
con la citazione che voi ricordate di Stiglitz
In Equality is a Love Man
nel vostro libro riprendendo
un pezzo di una lezione di Stiglitz a Roma
di alcuni anni fa e quindi
questo tipo di disuguaglianza danno
di opportunità
ai giovani che sembra quella che dovrebbe
essere a prima vista quella su cui siamo tutti
d'accordo. Perché la lotteria sociale
mentre possiamo magari
più disquisire anche visto che qua siamo
tutti d'accordo
sulla poca giustificabilità
di queste enormi discrepanze
nelle disuguaglianze, nelle retribuzioni che si sono
avute in questi anni. Però quelle possono essere
un po' più, come dire, ci può essere
più discussione su questo anche se evidentemente
il legame con la produttività lì è molto basso
e il potere è contro. Ma garantire
contro la lotteria sociale
sembra l'obiettivo più, come dire, che dovrebbe
essere più condiviso e invece
non ci riusciamo. E questo
è molto grave.
Però ben fa il vostro libro
a dare una sferzata
ancora una volta. Scusi. Grazie.
Grazie professoressa.
Allora Stefano, siamo
alle conclusioni. Si è parlato
molto di ascensore sociale, la professoressa
citava Stiglitz, io ricordo invece un'altra
battuta di Stiglitz che raccontava
a Trento questa volta
che i ragazzi, la prima cosa che devono fare è
scegliersi bene la famiglia in cui nascere.
Se vogliono.
Se vogliono.
La scensore sociale, sì esatto, la scensore sociale
pare che sia inevitabilmente inceppato.
È così Stefano?
Sì, ma i dati ce lo dicono
chiaramente. C'è l'idea, appunto
anche come ricordava Elena Granaglia
per cui non ci occupiamo delle diseguaglianze
in un momento dato perché quelli
più meritevoli riusciranno comunque ad andare avanti
e migliorare la loro situazione. In realtà
è solo una correlazione, ma c'è una
correlazione abbastanza chiara fra
i livelli di diseguaglianza e mobilità sociale
cioè per chi sta in basso a investire
in quelle cose fondamentali
che il capitale umano è sempre più difficile
quindi pensare che la meritocrazia
di cui c'è moltissimo bisogno in Italia
sia sufficiente ad affrontare
i problemi di diseguaglianza secondo me è un po'
illusorio. Soltanto alcune osservazioni
perché gli spunti sono tantissimi.
Sono d'accordo con Ferruccio De Bortoli
quando dice la transizione
verde così come la transizione digitale
rischia di portare a una
pressione per ulteriori diseguaglianze
lo vediamo già non soltanto in Canada
ma un po' dappertutto, anche con l'aumento
dei prezzi di energia che colpiscono le fasce
più deboli. C'è un
cambiamento di prospettiva rispetto alle
diseguaglianze? Se ne occupano anche i governi
ma anche poi con le grandi imprese?
Non lo so, domanda credo che ci sia. Davos
il tema principale, il nome di Davos
era proprio diseguaglianza. E perché?
Forse perché siamo arrivati a un punto
tale di diseguaglianza e mancanza di
mobilità sociale che ha un impatto negativo
sul potenziale di crescita economica. Cioè
lasciamo da parte per un momento la coesione sociale
ma certi livelli di diseguaglianza
in alcuni paesi
riducono il potenziale di crescita
economica. Perché? Perché non
permettono a chi sta in basso investire
una delle variabili fondamentali per la crescita economica
che è giustamente il capitale umano e l'istruzione.
Quindi questo è un elemento
che mi porterebbe a pensare che forse
c'è una percezione del
problema di diseguaglianza che non è soltanto
di chi si occupa di politiche sociali.
Tra altre cose, i grandi multinazionali
non è che sono dei beneficiatori, però hanno bisogno
anche di consumatori e questi consumatori
devono avere anche un potere di acquisto per poter acquistare
i loro beni e servizi.
Quindi questo è un punto che volevo sottolineare.
Se ricordavo la minimum tax, avremmo tutti
voluto il 20%. Ci abbiamo messo 10 anni
grazie anche all'amministrazione
Biden e siamo riusciti comunque a avere
una minimum tax del 15% a livello
globale che è il risultato stratosferico.
In volta a pensare possiamo
basarci soltanto sulle politiche internazionali
o sugli accordi internazionali, assolutamente no.
Molte delle politiche per affrontare
i problemi di diseguaglianza sono politiche
nazionali. E qui mi porta
al punto che
condivido con Ferruccio De Borti.
Ogni volta che noi presentiamo i dati Pisa
negli altri paesi, succede un
finimondo. Per giorni se ne parla
sui giornali, ci sono interrogazioni parlamentari.
In Italia i risultati Pisa, che non sono
assolutamente incoraggianti,
hanno qualche articoletto nella stampa
del giorno in cui escono e poi non se ne parla.
Non siamo più capaci neanche
in qualche modo di indignarci rispetto a dati
che sono preoccupanti, quelli di Pisa, quelli
dell'Imbalzi che ricordate. Però vi
permetto di dire che il problema del capitale umano
in generale o dell'istruzione in Italia non è soltanto
un problema di offerta, cioè che investiamo
poco nell'istruzione e soprattutto
non ci occupiamo di quei problemi, di quelle sacche
di povertà educativa che sono purtroppo
drammatici in buona parte del Sud Italia.
Ma c'è anche uno scarso
livello di domanda di
capitale umano e di istruzione. E quello
ricordavo la professoressa Gramaglia, perché
comunque anche i nostri manager di tante piccole
e medie imprese hanno livelli
di istruzione relativamente bassi e non
vogliono assumere
giovani con livelli di istruzione elevati.
Per cui bisogna affrontare, da un
lato, il problema dell'investimento formativo
assolutamente, ma dall'altro
lato forse c'è bisogno anche di rinnovare
il tessuto produttivo italiano e
fare sì che quelle tante potenzialità,
quei tanti imprenditori potenziali o meno
possano avere un'opportunità
di emergere e di fare
impresa, perché così si può creare anche
quella domanda che deve andare insieme
all'offerta, all'investimento formativo.
Il ritorno nell'investimento del capitale
umano, c'è il riferimento Ferruccio De Bottoli,
è uno dei più bassi, perché
molti imprenditori non pagano
un salario adeguato a livello di istruzione
di quei giovani che assumono e li
sottoutilizzano, perché non sanno
sostanzialmente di cosa farsene di quel livello di
competenze superiori che hanno acquisito.
Quindi siamo in un equilibrio basso,
come lo chiamiamo nel libro, con basso
investimenti e formazione, ma anche scarsa
domanda di formazione. Per affrontarlo
a mio avviso c'è bisogno di lavorare su due fronti,
ma anche dare un po' di energia, un po'
di dinamismo al settore produttivo,
incentivare quelle piccole e meno imprese, ce ne sono
tantissime che hanno potenzialità di crescita
e permettergli di espandersi, cosa che
in Italia è molto difficile. Si può fare
imprese, si può entrare sul mercato, ma diventare
un'impresa media, non parliamo di un'impresa
grande, in Italia è molto difficile. Accesso
a risorse finanziarie, accesso a
infrastrutture, problemi di corruzione
e di altre nature. Quindi effettivamente sono assolutamente
d'accordo, c'è bisogno di
politica d'ampio spettro. Il PNR ci dà
un'opportunità unica. Dopo la
crisi finanziaria siamo passati
direttamente alla fase di austerità. Adesso
ci sono 41,5 miliardi
a disposizione per la riforma
del welfare. Sono tantissimi soldi, non li abbiamo mai visti.
Il problema è che vi ricordo che in Italia
dal 2014 al 2020 l'Italia
è riuscita a spendere solo il 50%
dei fondi strutturali, cioè le risorse
che andavano all'Italia, le regioni più svantaggiate
per fare quegli investimenti strutturali.
Parliamo di una cifra
minima rispetto ai
oltre 200 miliardi che sono a disposizione
del PNR. Quindi abbiamo
bisogno di traghi, abbiamo bisogno di un governo, abbiamo bisogno
di un'amministrazione che sappia
investire quelle risorse che adesso ci sono e che
prima non c'erano. Questa è un'opportunità unica.
È un luogo comune, non si ripete sempre, ma
a mio avviso è veramente un'opportunità
eccezionale per il nostro paese.
Sì,
purché oltre a ripeterci, l'invento
continua a passare e
le scadenze si approssimano e
purché il governo a questo punto
governi. Sai, questo fatto del
livello tecnologico
o culturale, diciamo, dei piccoli
impenditori italiani è un problema
centrale. Del resto anche
la citavi Davos, Stefano,
anche la ministra del tesoro
Yellen, americana,
a pari da Davos pochissimi giorni fa, ha detto
che la tecnologia può diventare un fattore
ancora una volta di
disuguaglianze, perché
i ragazzi che non sono
adeguati e non sono abbastanza
in materia tecnologica rischiano di restare
indietro. Quindi è ancora una
volta, con tutto che abbiamo detto, un po' più importante
curare la loro formazione
e affinarla.
Bene, a questo punto direi che forse
possiamo chiudere. Che cosa abbiamo fatto? Direi che siamo stati
nei tempi. Grazie a tutti, davvero
grazie Ferruccio, grazie professoressa Granaglia,
grazie Stefano, mia mentore
guida in questo lungo cammino.
Grazie a voi.
Ci vediamo presto. Grazie a tutti.
Grazie.