'Vaccini in Africa: il ruolo dell'Europa'
e benvenuti a Casa La Terza. Io sono Lia Di Trapani e sono un editor della Casa Editrice.
Normalmente in questo spazio di incontro noi presentiamo delle nostre novità editoriali,
discutiamo con i nostri autori dei temi legati a libri in uscita o appena usciti. Questa sera
abbiamo organizzato un incontro di segno in parte diverso, dico in parte perché abbiamo
la fortuna di avere tra i nostri ospiti, che ora vi presenterò, dei nostri autori e quindi come dire
siamo di nuovo in famiglia, in casa con persone appunto che hanno contribuito ad arricchire il
catalogo della Casa Editrice, ma stasera non presenteremo un libro, presenteremo invece un
appello. Il titolo di questo incontro, come sapete, è Vaccini in Africa, il ruolo dell'Europa e questa
discussione nasce da una proposta che è stata lanciata una settimana fa sulle pagine del Corriere
della Sera con il supporto anche della Casa Editrice e attraverso la possibilità appunto
di aderire all'appello sulle pagine del sito change.org da parte del professor Massimo Florio
e del professor Giuseppe Remuzzi che ringrazio in primo luogo, grazie di essere qui. Questo
appello ha avuto già una qualche circolazione, è stato accolto con grande favore, abbiamo raggiunto
quasi 3.000 firme e hanno aderito insieme a moltissimi altri cittadini e cittadine evidentemente
interessati ai temi, anche persone competenti a vario titolo sugli argomenti di cui tratta
l'appello e di cui tratteremo stasera. Voglio nominare tra gli economisti Andrea Boitani,
Enocenzo Cipolletta, voglio nominare Silvio Grattini, Presidente dell'Istituto Mario Negri,
ma hanno firmato anche il premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi, Saviano appunto tra i
protagonisti della discussione pubblica. Questa sera presenteremo i punti salienti di questo
appello che è la proposta di un fondo di solidarietà fra Unione Europea ed Africa
per un programma urgente sui vaccini Covid-19, non solo grazie appunto ai professori Florio
Eremuzzi che si sono fatti parte attiva in questa mobilitazione, ma anche grazie al contributo
degli altri nostri due ospiti che sono Don Dante Carraro e il dottor Giovanni Putoto,
che pure ringrazio e che sono come dire grandissimi conoscitori del continente africano
e dei problemi che il continente africano affronta quotidianamente sul versante sanitario. Don Dante
Carraro e il dottor Putoto sono rispettivamente il direttore responsabile di programmazione
dell'ONG QAM che probabilmente molti di voi conoscono, QAM medici con l'Africa,
che è una realtà che da oltre 70 anni opera in moltissimi paesi africani per promuovere
lo sviluppo del diritto alla salute e la possibilità di accesso alle cure sanitarie.
Presento velocissimamente gli altri due ospiti che in realtà non avrebbero bisogno di presentazione,
il professor Eremuzzi è un medico, nefrologo, direttore del Mario Negri, editorialista del
Corriere della Sera, autore di molte pubblicazioni. L'ultima uscita non con noi,
ahimè, ma con l'editore Solferino, è un libro che ha un bellissimo titolo, si intitola
L'impronte del signor Neandertal, come la scienza ricostruisce il passato e disegna il futuro,
ed è un libro che sta riscuotendo grande successo. Il professor Massimo Florio è invece un economista,
insegna scienza delle finanze all'Università Statale di Milano e le sue ricerche vertono,
fra gli altri temi, sul rapporto che c'è tra la scienza intesa come bene pubblico e la
privatizzazione che spesso finisce per trovarsi a valle dei processi di ricerca. Il professor
Florio ha scritto molto su questo argomento, da ultimo nello scorso autunno è uscito con
I tipi la terza, questo volume che non a caso si intitola La privatizzazione della
conoscenza. Ne ringrazio di nuovo tutti voi per essere qui, io darei la parola in prima
battuta proprio al professor Florio chiedendogli a grandi linee di spiegarci come è nato questo
appello e quali sono i punti salienti su cui appunto volevate sollevare l'attenzione pubblica,
grazie. Grazie, grazie non solo per aver organizzato questo incontro ma anche
il preditore la terza per essere stati in questo caso un soggetto culturale che ci aiuta a
discutere, che ci aiuta a confrontarci. Io qui sono l'unico economista con tre medici quindi
devo parlare con rispetto, poi due di questi hanno una conoscenza di Africa in cui se io
avessi in questo momento un cappello me lo leverei per dire che un po' già sapevo QAM,
mi sono documentato ulteriormente e quindi ascolterò con grandissimo rispetto i commenti
che avranno da fare sul nostro appello. Dico subito che io non ne faccio mai, anzi forse
questa è la prima volta che io faccio un appello e avrei preferito non doverlo fare perché se i
dati che avessi letto sull'Africa, così avessero detto che le cose stanno procedendo, non ci
sarebbe bisogno di entrare nella pubblica arena con questa discussione. Invece i dati sono quelli
che abbiamo messo in premessa dell'appello, cioè una situazione in cui in molti dei paesi africani
il percentuale di persone che hanno ricevuto anche soltanto una dose non arriva nemmeno alle
cinque dita di una mano, cioè è una situazione in cui semplicemente la campagna vaccinale in
alcuni paesi non copre nemmeno gli operatori sanitari quando delle strutture sanitarie ci
siano. Quindi la situazione è veramente critica, a me sembra, ma ce lo diranno meglio gli interlocutori
di QAN, ma soprattutto mi sembra, con questo ci siamo trovati, con Beppe Remuzzi, che se ne parli
veramente troppo poco. Stiamo discutendo come se nulla fosse del problema della quarta dose in
autunno e di molti altri dettagli, la riapertura delle discoteche eccetera, e c'è un continente
intero, un miliardo e 300 milioni di persone a pochi chilometri da casa nostra che invece è in
una situazione in cui la campagna vaccinale in alcuni paesi o non è partita o arranca. Ora,
il senso della proposta è quello di sostanzialmente proporre uno stanziamento straordinario da parte
dell'Unione Europea su tre assi, cioè la creazione di un fondo che dovrebbe finanziare direttamente
i piani vaccinali dei paesi dell'Africa su tre assi. Vorrei sottolineare questo punto, finanziare
direttamente i piani vaccinali dei paesi dell'Africa su tre assi, che non è la stessa cosa
che donare delle dosi, perché donare delle dosi comprate da qualcun altro, in questo caso dai
paesi europei, non è la stessa cosa di sostenere un piano vaccinale, perché uno le dosi le può
comprare e poi le spedisce, e poi se non arrivano a destinazione cosa abbiamo fatto? Niente. Inoltre,
diciamo, c'è veramente una discresia enorme tra gli effetti annuncio, cioè vengono annunciate la
sottoscrizione di miliardi all'interno del fondo COVAX e ciò che veramente sta arrivando. Allora,
i tre assi che noi proponiamo sono, in primo luogo, aumentare molto la disponibilità di vaccini,
ma privilegiando la strada se percorribile di vaccini prodotti in Africa. Questo è assolutamente
un punto per noi importante, avremo forse modo di parlarne meglio, ma c'è una dimostrazione
recente con questo studio di Peter Hotez e di Maria Elena Bottazzi che non è necessario avere
la proprietà intellettuale, i brevetti per fare innovazioni di enorme importanza. Il vaccino
COVAX approvato in India non è solo un progetto, è qualcosa di cui è già cominciata la produzione.
Ora, ce ne possono essere altri dieci, ma certamente l'idea che l'Europa, siccome si è
vincolata a dei contratti con Pfizer e Moderna, l'unica cosa su cui riesce a ragionare è Pfizer
e Moderna, anche quando sono i meno adatti possibili a un contesto come quello africano,
ci sembra molto limitativo. Quindi il problema sono i piani vaccinali e privilegiando vaccini
adatti a essere prodotti in sicurezza nei paesi emergenti, in particolare in Africa,
su una gamma tipologica di vaccini ampi. Il secondo punto è l'infrastruttura. Come dicevo
prima, far arrivare un contenitore a bassa temperatura su una pista di atterraggio di un
aeroporto in un paese africano e poi non realizzare tutto ciò che c'è fra quell'aeroporto
e l'insediamento dove le persone vivono, che in molti casi va raggiunto su strade di
sestate, in certi casi a piedi o per vie fluviali, significa non realizzare che c'è tutta una
questione di supporto alla logistica, alla distribuzione capillare, in cui forse servono
anche risorse umane per aiutare le risorse locali, che sono fondamentali per fare questo
tipo di lavoro. Terzo, c'è appunto il tema della campagna di informazioni. L'abbiamo visto
persino da noi, vaccinare le persone è anche un'operazione culturale, di cultura della salute.
Queste operazioni vanno gestite insieme alle comunità locali creando una linea di finanziamento
che vada anche in questa direzione di coinvolgimento delle comunità locali. Questo è il senso,
questa è l'idea. Grazie professore per avere con questa sintesi e questa chiarezza appunto
illustrato i tre punti principali dell'appello. Io credo che tutti noi, questa sera, come dire
con noi appunto molti degli amici e molte delle amiche che ci stanno ascoltando sono
assolutamente d'accordo nel condividere la preoccupazione da cui questo appello ha avuto
avvio. Il professor Florio ha ricordato poco fa qualche dato, qualche percentuale. Nel testo di
questa proposta si aggiunge che i dati sulla diffusione della pandemia in Africa sono incerti
e quelli disponibili ad oggi potrebbero essere sottostimati per mancanza di sistematicità in
molti paesi, di diagnosi, tracciamento dei contagi, sequenziamento delle varianti. Quindi
come dire c'è anche l'ipotesi che i numeri che prima ha ricordato il professore non siano del
tutto rispondenti al vero che la situazione sia ancora più grave. Aggiungete in questo testo non
si può escludere che una bomba ad orologeria pandemica possa esplodere dalle coste del
Mediterraneo fino all'Africa australe per quanto l'età media giovane possa essere un fattore
protettivo dalla malattia grave. Allora siamo senz'altro tutti d'accordo nella preoccupazione,
siamo senz'altro tutti d'accordo su un altro punto che sottolineava il professor Florio, cioè il fatto
che troppo poco si parli e troppo poco ci si preoccupi di quello che succede fuori dai nostri
confini o fuori dal nostro continente. Chiederei però a Don Dante Carraro se a fronte di questa
comune preoccupazione ci sia, come dire, sintonia da parte sua sulle tre linee appunto a cui ha
fatto ceno il professor Florio o se sulla base della vostra esperienza che è molto radicata
in paesi peraltro diversissimi dell'Africa altre come dire ipotesi operative vi sembrano più
facilmente praticabili. Sì sentite sì, grazie e credo che l'esposizione fatta da professor Florio
sia stata più chiara. La prima osservazione è che si va a toccare un elemento fondamentale,
cioè che adesso visto che del 75% dei quasi 10 miliardi di dosi che sono state inoculate,
75% è concentrato in 10 paesi, quelli più diciamo così benestanti, e l'altro 25% a tutto
il resto del pianeta, dica come noi dobbiamo mettere assolutamente attenzione e spinta proprio
verso l'Africa perché è il continente che come ci siamo ripetuti, cito solo ad esempio uno dei
paesi dove stiamo lavorando che è il Sud Sudan, che a settembre-ottobre del 2021 aveva l'1% della
popolazione che aveva ricevuto almeno una dose e che a gennaio del 2022 è arrivato al 2.6,
quindi siamo a numeri estremamente bassi, per fortuna non tutti i paesi sono così,
ecco ma non c'è dubbio che porre l'attenzione della comunità, in questo caso della comunità
europea attorno alla necessità di fare di più a supporto dei paesi africani in particolare,
questo voglio dire è un merito, ecco è un dovere che dobbiamo fare e da questo punto di vista
questi sono per esempio due aspetti del comunicato che sono fortemente positivi,
richiamare l'attenzione dell'Unione Europea su questo impegno da una parte e dall'altra il
tema dell'Africa specificamente dell'Africa perché l'Africa è molto diversa da altri paesi emergenti,
penso all'India che anche l'India ha i problemi, ma per esempio l'India è in grado di produrre dei
vaccini, l'Africa purtroppo no, per dire quindi porre l'attenzione ecco da una parte all'Unione
Europea con la responsabilità che può avere e dall'altra sul continente africano credo che
siano due grandi meriti che questo comunicato pone. Le due osservazioni magari dialogiche
voglio mettere sul tavolo è l'idea di costituire un fondo perché noi sul terreno vediamo la
difficoltà di come dire, che tante volte questi fondi che sono stati creati diventano facilmente
per necessità mi viene da dire, necessità legate all'organizzazione perché un fondo mette i soldi
ma dopo ci vuole qualcuno che questi fondi li gestisca, ci vuole trasparenza, ci vuole criteri
con cui vengono attribuiti e controllati, quindi è una macchina che per quanto snella l'esperienza
che noi stiamo avendo ho in mente insomma tanti fondi che sono stati costituiti con tanta anche
buona determinazione, buona volontà proprio ad aiutare. Pensiamo al fondo per l'HIV, per la
malaria, per la tubercolosi, sono fondi che insomma laboriosi che dopo vanno gestiti compresi
in loco con processi che proprio perché sono fondi pubblici devono essere fatti in una certa maniera.
Allora una prima domanda ecco ai nostri interlocutori, ai professor Massimo Florio,
ecco su questa idea del fondo perché porto allora l'altro aspetto, noi quello che abbiamo visto
sul campo è che da novembre quando è stato fatto a Roma il G20 con una pressione forte su la campagna
vaccinale in Africa e l'impegno dei paesi sviluppati a sostenere poderosamente questo
aspetto, devo dire che mentre prima parlo di novembre e dicembre, le singole dosi nei paesi
di fatto non arrivavano, non c'erano, pochissime arrivavano in maniera assolutamente scordinata,
non pianificata, arrivavano dosi sull'orlo della scadenza e quindi non venevano utilizzate,
devo dire che è un segnale da quando c'è stato il G20, tempo un mese dopo, voglio dire da dicembre
e anche a gennaio, insomma a gennaio, abbiamo visto che queste dosi hanno cominciato ad arrivare,
ad arrivare in maniera più diciamo strutturata e in termini numerici anche adeguata. Abbiamo
risolto il problema? No, problemi ce ne sono e continuano a rimanere, però il fatto che le
dosi almeno in capitale ci siano fa sì che noi che siamo sul terreno, parlando con i ministeri
locali, le possiamo recuperare insieme al sistema sanitario locale, insieme alle autorità locali,
possiamo usufruirne e con una spinta relativamente leggera ad aiutare a far sì che queste dosi
diventino poi vaccinazione. Questo lo dico perché secondo me allora forse se dobbiamo fare un
appello facciamolo perché i meccanismi in essere, parlo anche del meccanismo del COVAX, che ripeto
sta dando qualche segnale di riattivazione rispetto alla stagnazione precedente al G20,
probabilmente se lo aiutiamo, se si accelera sulla macchina che c'è qualche segnale, forse
riusciamo ad accelerare quel processo di arrivo delle dosi vaccinali nel paese e poi anche della
distribuzione. Questo è un primo punto. Il secondo punto è benissimo, fa il comunicato a
sottolineare il tema della logistica perché i temi adesso sono che le dosi arrivano e la logistica è
carente. Ecco dove il comunicato pone un punto secondo me molto importante che è quello della
logistica in loco. Sistemi di distribuzione, soldi per comprare pick up, soldi per comprare motorini,
soldi per comprare barche in Sud Sudan. Il Nilo è sonda e hai bisogno di barche ma devono essere
disponibili. La catena del freddo, i generatori, quando nelle zone rurali hai bisogno di arrivare
i vaccini però devi attivare un frigorifero. Il frigorifero funziona se c'è il generatore,
se c'è il personale che mette dentro il gasolio. Quindi benissimo il documento fa e allora dire su
questo che questi soldi dovrebbero aiutare questi aspetti. Faccio un'ultima cosa e chiedo l'aiuto
anche a Giovanni eventualmente dopo e cioè che l'idea per esempio di un vaccino open source,
questo va a toccare il tema dei brevetti, non c'è dubbio che noi dobbiamo aumentare la capacità
anche produttiva dei vaccini. Quindi noi siamo ben disponibili, ben felici se ci fossero altri
vaccini disponibili, altre dosi, anche open source in modo che siano svincolati dalla necessità dei
brevetti. Un'osservazione l'abbiamo fatta sul fatto che per esempio la dose di vaccini,
l'Unione Europea mette come vincolo la necessità di spendere i soldi che ha su vaccini che siano
stati approvati dall'Operazione Mondiale della Sanità. Da quel che mi risulta, ma io mi abbasso
qui, quello che ho chiesto a livello europeo, voi la conoscete meglio di me, il Corbevax non ha
questo accreditamento e da quello che sappiamo noi, ma ripeto posso essere smentito e sarei ben
felice anche di questo. L'ultima osservazione, molto bene fa il documento a insistere sulla
campagna vaccinale, sulla campagna di informazione rispetto ai vaccini delle comunità che è esattamente
quello che stiamo facendo sul territorio assieme alla formazione del personale locale. Non
dimentichiamo che anche il personale locale va formato e va sostenuto perché sono già
sovraccaricati, sono sistemi sanitari debolissimi e allora la campagna di informazione delle
comunità, del coinvolgimento delle comunità, e sono tornato da Luganda, per esempio devo dire
che all'uscita della messa nei mercati sotto gli alberi quando ci sono le comunità che si
raccolgono con i megafoni in motorette e si gira a sensibilizzare le comunità, questa roba viene
fatta, va potenziata perché non c'è dubbio che molto deve essere fatto, ma qui ritorniamo su come
questi fondi possono arrivare nei paesi. Spero di essere stato sufficientemente chiaro. Grazie
don Dante, è stato chiarissimo e grazie davvero per gli spunti di discussione e di approfondimento
molto molto molto fecondi. Io mettrei al momento tra parentesi la questione legata ai processi di
informazione e di sensibilizzazione dell'opinione pubblica nei paesi africani, su cui poi chiederò
un coinvolgimento più specifico del dottor Putoto. Vorrei adesso dare la parola al professor Remozzi,
a cui voglio fare in prima battuta una domanda che forse vi sembrerà un po' ingenua, vi chiedo
scusa ma credo sia importante. Quanto è pericoloso per noi tutti sottovalutare la situazione della
pandemia in Africa? Partirei da questo elemento che è legato al fatto che troppo poco se ne parla
e è il motivo per cui ne stiamo parlando questa sera. Poi chiederei al professor Remozzi di
rispondere a una delle sollecitazioni che ha lanciato don Dante, quella legata al quale
mi sembra come dire argomento centrale. Grazie professore.
Allora, se voi vedete tutti parlano adesso, io ho partecipato stamattina a una, non partecipio più
a dibattiti televisivi perché sono dibattiti di cose che non ci sono, il Green Pass, lo stadio,
la mascherina dentro, fuori, davanti, dietro. Ha visto che non abbiamo nominato nessuno di
questi punti qui stasera. Invece nessuno parla del vero problema, tutti vogliono sapere quando
finisce la pandemia e l'idea è quando finisce la pandemia da noi, ma non è così, la pandemia o
finisce dappertutto o non finisce mai. E allora c'è un bellissimo titolo di questi giorni del
Lancet che dice il virus rimarrà con noi per tanto tempo ma la pandemia sta per finire, però sta per
finire se noi lavoriamo molto intensamente, molto rapidamente, al di là delle carte, al di là dei
proclami, al di là delle buone intenzioni, al di là delle grandi organizzazioni per vaccinare chi non
è stato vaccinato. Tra l'altro Don Carraro faceva riferimento a una dose, vorrei ricordarvi che una
dose non è esattamente come non farla, ma è molto poco e rispetto a Omicron due dosi non bastano
mentre tre sono estremamente efficaci. Quindi dobbiamo entrare anche in quest'ordine di idee,
quindi adesso che le cose da noi stanno andando meglio, anche in termini di ricovere dei morti,
le persone non sono più così stressate, gli ospedali possono respirare, credo che abbiamo
il tempo di occuparci degli altri, ma non in senso caritatevole, ma in senso che è un assoluto dovere
della medicina dei paesi avanzati quello di occuparsi degli altri. Non c'è più il sovranismo,
se avete notato, questa pandemia secondo me ha lasciato un insegnamento importante. Non c'è più
il mio paese, non c'è più il tuo paese, c'è solo che la mia salute dipende dalla tua. Allora,
se entriamo in quest'ordine di idee inquadriamo questo appello nella sua giusta dimensione.
Forse c'è anche un'ingenuità in questo appello, perché come diceva giustamente Don Carraro,
perché ha un fondo in più quando ce ne sono già tanti altri. Però qui ci sono alcuni spunti che
ha illustrato molto bene Massimo Florio che potrebbero essere originali. Prima cosa,
noi pensiamo a Corbevax o a qualcosa di simile, cioè a un vaccino open source, come diceva
giustamente Don Dante. Secondo, che non abbia bisogno della catena del freddo,
quindi escludiamo i vaccini su cui ha impostato tutta la campagna l'Europa,
che sia disponibile indipendentemente dal brevetto e la questione dell'OMS sta per essere
affrontata. A me risulta che l'OMS sta cominciando a occuparsi di questo problema,
quindi noi prepariamoci perché poi non vorrei che l'OMS fosse pronta e non siano pronti noi.
E poi ci sono ancora due cose. Una, no, lei non mi ha chiesto altro, quindi ho già risposto,
forse mi fermo qua. Naturalmente Corbevax non è l'unica soluzione, ce ne sono tante altre,
ce ne saranno molte. Sappiamo che ci sono 150 vaccini in sviluppo e ci sono anche vaccini che
probabilmente non avranno più bisogno di essere targati rispetto alla variante. L'importante è
che noi siamo pronti, che abbiamo un vaccino open source, che non abbia bisogno di brevetto,
che non sia coperto di brevetto, che sia fatto da qualcuno che è disponibile a rinunciare al
brevetto, perché in teoria ci dicono che il brevetto in realtà non c'è perché nessuno
vuole brevettare, però questo è un limite per esempio per Covax, cioè non c'è trasparenza
né da parte delle industrie che daranno vaccini a Covax né da parte dei governi,
perché per esempio non c'è trasparenza sul prezzo, l'industria comunque privilegia,
ha una priorità e la priorità è quella dei paesi che possono pagare di più.
L'altra cosa di questo appello che io trovo originale è che va verso i tre punti che in
un articolo di Washington Post di tre giorni fa sono considerati i più importanti perché
l'Africa possa essere vaccinata, perdonatemi i termini un po' barali. Il primo è leadership
and coordination, quello che manca, ma ha già accennato molto bene Don Carraro,
quando arrivano queste dosi è che ci sia una leadership, qualcuno che governa questo sistema.
Il secondo è la mancanza, in un altro campo si direbbe mano d'opera, ma insomma di persone che
lavorino intorno a questo vaccino, di medici, di infermieri, di assistenti sociali e la terza è
quello che in inglese si chiama esitazione rispetto al vaccino che è ancora più forte che da noi e
secondo me l'originalità di questo appello, anche se è brutto che lo dica io, ma in realtà
il merito del professor Florio è di dire investiamo in comunicazione, non credo che
nessuno abbia mai detto mettiamo il fondo per formare in Africa delle persone che comunicano
con le persone dell'Africa e tra l'altro che comunicino nei diversi paesi dell'Africa come
si comunica in quel paese lì, perché in Uganda non si comunica come in Tanzania e allora lo sforzo
è proprio quello di entrare in un clima culturale completamente diverso dal quale noi siamo
lontanissimi, quindi io credo che non ci sia niente più lontano da questo appello che,
proprio come diceva giustamente Don Carraro, pensare che il problema si dissolve dando le
dosi, forse questo è il più piccolo dei problemi. Grazie professore è stato chiarissimo come sempre,
io poi interpellerò di nuovo il professor Florio che essendo l'unico economista come lui stesso ha
ricordato in questo nostro panel, avrà l'onere di rispondere alla questione perché un nuovo fondo
invece che utilizzare i fondi precedenti, ma prima di tornare da lei professore volevo invece
coinvolgere in questa nostra discussione il dottor Putotto su questi ultimi aspetti che sono stati
menzionati e che già erano stati evocati da Don Dante pochi minuti fa, cioè aspetti legati
all'informazione, alla comunicazione e vorrei allargare il discorso con il suo aiuto anche a
come dire la cornice culturale in cui le campagne di vaccinazione necessariamente si inseriscono.
Ora resistenze verso la vaccinazione non sono solo legate ad altri continenti, lo sappiamo bene,
volevo però chiederle di farci un quadro appunto di quella che è la percezione diffusa nei paesi
africani con cui avete più dimestichezza e esperienza sulla gravità della situazione
pandemia in primo luogo sulla necessità di ricorrere a delle misure di vaccinazione e
su come dire ritardi, difficoltà e invece al contrario come dire opportunità e possibili
invece vie come dire di felice attuazione di pratiche positive in questo senso, grazie.
Grazie, grazie dell'opportunità che ci date di partecipare. Per quanto riguarda la gravità
della pandemia in Africa è già stato detto, non siamo certi dei pochi dati che abbiamo,
se riflettono veramente la realtà. Il numero dei casi e delle morti attribuibili a Covid
dalle fonti ufficiali dell'OMS, Africa CDC eccetera, varia tra il 3 e il 4 per cento circa
di tutti i casi notificati di tutte le morti rilevate. Uno può dire che è pochissimo rispetto
ai paesi occidentali, in Africa sarà guardata, sì, però le diagnosi sono pochissime, è stato già
detto, i sequenziamenti anche, solo 6-7 paesi su 54 hanno un sistema di notifica delle morti
paragonabile al nostro ISPA, quindi Covid come per tante altre patologie non riesce,
i sistemi locali non riescono a intercettare e a registrare questo. Quindi anche in Africa,
questo lo dico come elemento di riflessione, uno dei pochi paesi che misura la mortalità in
eccesso è il Sudafrica. Ad oggi, da quando è stato registrato l'andamento dell'epidemia e
parallelamente ai picchi epidemici di Covid, il Sudafrica, il Ministero della Salute, ha registrato
un eccesso di 300.000 morti, parlo solo di un paese su 54. Quindi vanno evitati da un lato,
come c'erano agli inizi, le immagini e le raffigurazioni di tipo catastrofico,
catastrofistico, da un lato, ma bisogna evitare anche il minimalismo che sembra emergere anche
sui mezzi di stampa negli ultimi periodi. Quindi il problema è serio, la questione
della vaccinazione in Africa. Qua una reiterazione, cioè nelle nostre missioni che facciamo regolarmente,
che abbiamo continuato a fare anche in questo periodo, l'accesso ai vaccini è stato per molti
mesi il problema principale, semplicemente i vaccini non c'erano. Ora ci stiamo accorgendo
che i vaccini stanno arrivando. In Africa ad oggi sono arrivate circa 600 milioni di dosi e,
però, quello che stiamo rilevando è l'utilizzo e il sottutilizzo di queste dose, perché vediamo
dei delta tra le dosi che sono date e le dosi che sono effettivamente somministrate. Quindi non c'è
quel passaggio fondamentale tra vaccino e vaccinazione. E questo richiama uno dei temi
fondamentali, che è quello dei sistemi sanitari. Le nostre riserve non sono sulle ragioni fondamentali,
cioè la diagnosi è assolutamente condivisibile. E' che questa diagnosi poi propone delle soluzioni,
degli approcci, sia per gli interventi a brevissimo termine, sia per gli interventi fondamentali,
capito? Cioè tutti i problemi strutturali che sono stati ben evidenziati dal professor Florio
Muzica sono quelli della produzione indigena autotona africana dei vaccini e della loro
tra virgolette libertà anche da parte dei condizionamenti commerciali, col tema delle
licenze obbligatorie e così via. Però torniamo a questo punto qui. Oggi e così pure anche nel
passato, avere un fondo che è finalizzato lodevolmente, diciamo, a questi fatti qua,
dimentica che è sul campo che si gioca la partita oggi fondamentale, che è quella anche proprio
effettivamente logistica, è quella dei sistemi sanitari, della capacità di trasportare questo
vaccino in condizioni di sicurezza e di efficacia nei luoghi più remoti. Ma anche di farlo,
e questa è un'altra solita legnatura che vorrei aggiungere, guardate che gli impatti indiretti in
Africa sono stati più importanti e più nocivi probabilmente dall'impatto diretto del Covid.
Cosa intendo dire? Che a causa del Covid sono diminuiti i tassi di copertura delle vaccinazioni
ordinarie, sono diminuiti i parti assistiti. Quindi se si può e secondo noi si dovrebbe
intervenire in questa fase di emergenza, bisognerebbe intervenire sulla vaccinazione,
ma anche sostenendo il sistema sanitario locale e i servizi essenziali. Siamo tornati dalla
Repubblica Centrale Africana al tasso di copertura in alcune aree dove lavoriamo,
copertura vaccinale per i bambini sotto i 5 anni, è intorno al 20%. Allora combinare la
campagna vaccinale Covid con la riattivazione o il potenziamento delle campagne vaccinali per i
bambini sotto i 5 anni aiuterebbe il sistema. Questo nel breve, quindi c'è un'emergenza che
va sfruttata adesso e istituire un fondo con quelle caratteristiche che abbiamo potuto vedere
nel passato di altri fondi con questo intervento ci lascia un po' perplessi, perché forse è meglio
utilizzare le vie che ci sono, rendere più spedite, è il COVAX, è l'utilizzo delle linee,
delle agenzie. Noi vediamo in Africa per esempio ECO che si è fatto carico di sostenere le campagne
vaccinali come pure l'unice FECETA per non ritardare ulteriormente l'impegno di vaccinare
il 70%, questo è il target che ci si è dato entro la fine dell'anno. Quindi è un problema del come
piuttosto del perché e del che cosa. A medio termine è assolutamente sottoscrivibile perché
l'Africa che ha il 99% di importazione dei vaccini deve diventare autonoma. I capi di
Stato la primavera scorsa si sono dati come target in 20 anni di produrre il 60%. Di qualche giorno
fa la notizia che Sudafrica ha cominciato a produrre, seppur in quantità molto contenute,
un vaccino che si richiama quello dell'mRNA di Minerva e potrebbe farlo. Quindi gli investimenti
per sostenere le capacità indigene e autonome e ci sono già dei paesi che avrebbero un minimo
di piattaforma, il Sudafrica, il Ghana, il Rwanda, il Kenya, l'Egitto eccetera, questi sono investimenti
dovuti, fondamentali per il benessere degli africani e di riflesso anche delle altre popolazioni del
mondo. Rimane un altro elemento che è stato sottolineato, che stiamo affrontando, che è
presente in Africa, che è quello dell'esitazione, che è particolarmente evidente per tutta una serie
di motivi. Primo perché si è corso moltissimo per produrre questi vaccini, perché nel correre
moltissimo l'Africa non è stata coinvolta per mancanza di organismi di governance e di tempi
o di voglia, di volontà di fare anche il trial in Africa coinvolgendo di più e meglio i governi,
i ministeri, gli istituti di ricerca e gli operatori sanitari africani. C'è anche un
atteggiamento molto forte da parte degli africani che hanno visto le reazioni degli
occidentali nei confronti di AstraZeneca, per cui con tutte le riserve che ci sono state,
noi anche italiani, in parte forse l'abbiamo anche contribuito in questo, hanno di fatto
insomma capito che l'atteggiamento è cambiato, ci si è rivolti verso i vaccini più avanzati,
quelli a tecnologia mRNA piuttosto che ad altre tipologie. Quindi c'è il sospetto più o meno
fondato, se volete, che all'Africa si dia un vaccino di seconda classe standard con degli
effetti collaterali non noti eccetera. Questa è una esitazione che è molto presente anche negli
operatori sanitari, i nostri padri, i nostri amici anche ce lo dicono espressamente. Poi ci
sono altre valenze che stanno alla base dell'esitazione, cioè oggi c'è un uso massiccio
dei media, cioè l'infedemia insomma in Africa, dove le teorie conflottistiche trovano diffusione,
purtroppo abbiamo avuto anche alcuni paesi africani, la Tanzania, all'inizio anche il
Madagascar, che hanno sposato delle posizioni negazionistiche e quindi poi hanno utilizzato
anche i media locali per influenzare l'opinione pubblica e far accettare queste posizioni. Questo
spiega perché un paese che non è sicuramente un paese, uno stato fragile, la Tanzania,
abbia un tasso di copertura del 2% al pari del sud sudana, perché c'è da recuperare un tema
fondamentale che abbiamo visto nella nostra esperienza in Sierra Leone nel 2000, fatto
durante l'epidemia di Ewa, che abbiamo attraversato interamente, che è la fiducia, la fiducia tra la
popolazione e gli operatori sanitari, l'ingrediente fondamentale dappertutto, dappertutto e sempre mi
dovrebbe dar giunto. Dunque, ecco, ci sono tutti questi aspetti, le campagne sono fondamentali,
devono andare proprio a toccare questi aspetti e devono utilizzare al meglio le politiche vaccinali,
ma anche i testimonial, gli operatori sanitari, coloro che possono veicolare, per esempio,
e per capacità, e devono essere africani, non bianchi, devono veicolare un messaggio basato
sulle evidenze e che coinvolga la popolazione ad accettare i benefici della campagna vaccinale.
Però tutto questo in un contesto che dobbiamo fare presto. Grazie, grazie dottor Putotto per
aver aperto su altre questioni e per avere parlato di fiducia, che è un tema fondamentale,
non solo in Africa, ma anche da noi, ed è un tema che ci richiama anche alle nostre responsabilità
di contribuire attivamente a una discussione pubblica, seria e che permetta a tutti, come dire,
di farsi un'opinione sulla base di elementi concreti e fondati. Tra l'altro, professor Remuzzi,
mi permette di anticipare alle persone che ci stanno ascoltando, che tra un mese uscirà il
suo nuovo libro con noi, che si intitola Anche i medici sbagliano ed è giusto discuterne in pubblico,
che tratta tra gli altri temi anche proprio appunto di questa necessità di un maturo confronto appunto
tra scienziati, operatori della sanità e operatori dell'informazione e pubblico. Quindi,
tema della fiducia sicuramente centrale anche per il successo di tutte le iniziative di cui
stiamo parlando. Vorrei dare un'ultima battuta, siamo veramente in chiusura e ci tenevo a leggere
poi un contributo che era arrivato da una delle persone che ci sta seguendo, al professor Florio
sulla questione del fondo. Fondo nuovo o fondi già esistenti? Io, mentre con grandissimo merito
QAM esplorava i problemi dell'Africa, io per 30 anni mi sono occupato di fondi strutturali
dell'Unione Europea. Mi sono fatto largo non a colpi di macete, ma a volte avrei avuto voglia
di avere colpi di macete nella burocrazia di Bruxelles. Quindi capisco molto bene quello
che viene detto. Allora, non mi voglio attaccare alle parole, però il punto è questo. La proposta
dice un fondo straordinario, in sostanza addizionale per l'Africa. La parola chiave è
addizionale. Significa, l'abbiamo anche quantificato perché questo aiuta per esempio i parlamentari
europei o la Commissione Europea, aiuta con un numero. Cioè diciamo 10 miliardi in più con uno
stanziamento ad hoc. Questo non vuol dire necessariamente creare un'agenzia ad hoc che
gestisca quel fondo, perché se è addizionale è addizionale. Quindi questo non vorrei che fosse
un tema di equivoco. Non stiamo pensando di aggiungere un'altra burocrazia, però il dire
fondo specifico per l'Africa ha un significato molto puntuale, perché COVAX è un meccanismo
fondamentalmente Nazioni Unite e le istituzioni hanno una loro logica. Quindi l'altra parola
chiave che noi diciamo è gestito direttamente dalla Commissione Europea, che significa in
sostanza un'assunzione di responsabilità dell'Unione Europea nei confronti dell'Africa.
E siccome fra alcuni giorni c'è il summit Unione Europea-Unione Africana, dire un fondo speciale
straordinario per l'Africa di 10 miliardi è qualcosa che la commissaria finlandese ai
partenariati internazionali nel gergo di Bruxelles capisce molto bene che cosa vuol dire. Se avessimo
messo nell'appello aumentiamo le risorse per COVAX, cioè per un meccanismo Nazioni Unite,
direi che la cosa non avrebbe avuto lo stesso impatto, lo stesso significato. Detto questo,
ripeto, non si tratta di aggiungere burocrazia. E le cose che diceva il dottor Putotto un momento
fa, mi sembra, insomma, si capisce la persona che ha esperienza e ce la porta. Su Nature è uscito,
hanno ripreso un articolo di PLOS ONE che dice che nell'Africa centrale la diffidenza vaccinale
è al 67%. Cioè hanno fatto un sondaggio su 4 o 5 mila persone, la diffidenza vaccinale è così.
Questa è la ragione per cui noi, anche se parliamo di 2 miliardi di dosi in più,
però attenzione, 2 miliardi di dosi in più, se fossero con i vaccini costosi dei contratti
della commissione non ci si arriva mai, perché stiamo parlando di 20 dollari. AstraZeneca 4
dollari, però voi sapete in questo momento come sono i rapporti tra Commissione Europea e AstraZeneca,
cioè sono praticamente ai tribunali per le cause eccetera. Quindi in questo momento la Commissione
Europea, quello che ha in conto, sono i rapporti fondamentalmente con Pfizer e con Moderna. Però
c'è tutto un altro mondo. Adesso se non sarà Corbevax ce n'è un altro. La lista Organizzazione
Mondiale della Sanità è in fase di evoluzione. Questa roba non dura purtroppo qualche settimana
o qualche mese, ma minimo avremo un paio d'anni per arrivare. Si dice che il 70% dell'Africa entro
è, ma dottor Putoto, dottor Carraro, ci crediamo al 70% dell'Africa entro pochi mesi? No, lo sappiamo
che dura di più questa cosa. Quindi bisogna creare le risorse finanziarie e il range non solo di
vaccini, ma soprattutto dire che il problema non è avere delle dosi ma fare le vaccinazioni. Per fare
le vaccinazioni servono gli altri due ingredienti, sostenendo i sistemi sanitari locali. La cosa che
ha appena detto dottor Putoto. Tutto questo poi in un contesto come quello africano ha impatto
sulle vaccinazioni ordinarie, insomma quelle della poliomedita e di tutte le malattie trasmissibili
e anche sulla sanità normale. Succede da noi, figuriamoci lì. Il problema è avere risorse per
una strategia complessiva. Grazie professor Florio. Volevo leggere una sintesi di un contributo
piuttosto articolato che ci è arrivato a firma di Jacopo Rovarini che lavora per Amrev che è un'altra
ONG che opera nel settore sanitario in Africa ed è interessante che ci sia questo confronto tra
attori diversi che operano per le stesse finalità. Ci scrive Rovarini che Amrev è assolutamente
d'accordo con l'appello e aggiunge che gli interventi sostenuti da questo fondo dovrebbero
essere integrati all'interno dei sistemi sanitari locali potenziando quanto già esistente,
cosa che è stata anche sottolineata fin qui. Bisognerebbe ricorrere a risorse umane qualificate
in loco, adeguatamente formate e remunerate ed evitare di dispiegare operatori esterni rispetto
ai contesti di intervento, evitare strategie e approcci predefiniti per tutto il continente,
anche questo della diversificazione interna al continente è un aspetto che abbiamo sottolineato
e bisognerebbe fare affidamento sui ministeri della sanità e sulla società civile africani,
assicurare che questi soggetti siano liberi di disegnare gli interventi sulla base delle
proprie conoscenze e del proprio radicamento territoriale. Mi pare che ci sia una certa
sintonia rispetto alla complessità che abbiamo cercato di illustrare fin qui questa sera. Mi
pare che alla base dell'appello e delle cose che ci siamo detti fin qui ci sia comunque la
consapevolezza e lascerei su questo una battuta finale al professor Remuzzi ringraziando ovviamente
tutti gli altri ospiti sul fatto che questa pandemia di cui avremmo fatto volentieri a meno
ci ha lasciato però una grande lezione che è quella dell'interdipendenza. Lei, professor Remuzzi,
spesso ha scritto nei suoi interventi, nei suoi editoriali sul Corriere che non solo la nostra
salute di noi italiani europei e occidentali è legata a quella delle persone che abitano in altri
continenti ma ha sottolineato quanto ci sia un'interdipendenza ancora più estesa tra animali,
piante, insomma quanto il pianeta intero ci sta ricordando che come dire ci si deve prendere cura
di molti aspetti contemporaneamente. Sì, io penso che si potrebbe sintetizzare quello che lei sta
dicendo con quello che ha detto recentemente un professore cinese non poi neanche tanto
recentemente, i pipistrelli sono indispensabili per la nostra sopravvivenza perché uno potrebbe
dire covid viene dai pipistrelli, eliminiamo i pipistrelli abbiamo risolto il problema,
in realtà i pipistrelli sono indispensabili se no saremmo immersi nelle zanzare e non
riusciremo più a difenderci però lui conclude lasciate stare i pipistrelli e uno potrebbe dire
lasciate stare le piante, lasciate stare le foreste, lasciate stare i mammiferi di grande
dimensione. Tenete conto che l'uomo dovunque è arrivato l'uomo ha fatto peggio delle glaciazioni
perché ha fatto restringere i mammiferi di grande dimensione, sono spariti ed erano invece
indispensabili per l'equilibrio del pianeta. Certamente il covid ci ha insegnato questo,
le cose che abbiamo appreso stasera dai nostri interlocutori il dottor Putotto e il dottor
Carraro ci hanno aiutato tantissimo a focalizzare il nostro appello e orientarlo, mi pareva fosse
già abbastanza orientato verso qualcosa che non sia l'Europa che aiuta l'Africa ma è una
sinergia tra l'Europa e l'Africa per fare in modo che l'Africa abbia la possibilità di raggiungere
quelli che sono esitanti attraverso le persone dell'Africa che spiegano ai loro concittadini
che cosa sta succedendo, i dottori dell'Africa che aiutano con le vaccinazioni e noi però
dobbiamo metterli in condizioni di essere retribuiti, di poterlo fare, di poterlo fare
con entusiasmo, questo è il nostro compito, è un compito non di dare qualcosa ma è una
sinergia che viene fuori in un certo senso da questo appello che riguarda anche il problema
della leadership e della governance, dobbiamo fare in modo che i governi dell'Africa abbiano
la leadership di questa attività rispetto ai loro sistemi sanitari nazionali, il nostro
devo essere soltanto un lavoro di catalizzare questa cosa che esiste, che è forte. Io vorrei
lasciarvi solo con un ricordo che non so, non dimenticatevi che il primo trappianto di cuore
è stato fatto in Sudafrica, quindi l'Africa ha delle capacità tecniche meravigliose anche
in campo di genetica perché alla fine Omicron viene da lì, l'abbiamo imparato da lì e l'abbiamo
sequenziato noi dopo che l'hanno sequenziato loro. Non dimenticatevi che noi abbiamo fatto
con una grandissima risonanza il primo trappianto di cuore in Italia vent'anni dopo che era stato
fatto in Sudafrica e ci sembrava di aver toccato il cielo con un dito, in realtà vent'anni prima
Chris Barnard l'aveva già fatto e non è che l'ha fatto lui da solo, l'ha fatto lui, i suoi infermieri,
le sue persone di salo ospedatorio, i suoi tecnici. Se voi andate a vedere il museo che c'è nel suo
ospedale vedete che mobilizzazione straordinaria c'era in Sudafrica nel 68, quindi parliamo di un
paese che ha risorse meravigliose per poter risolvere il problema, salvo che noi funzioniamo
come catalesi di una cosa che effettivamente esiste e deve essere potenziata. Grazie professor
Remuzzi anche per averci rinfrescato la memoria su questo punto perché la memoria spesso è troppo
breve. Io ci tenevo a dire un grazie speciale a Don Dante Carraro e al dottor Putotto per avere
arricchito la discussione e per avere approfondito i temi che già erano presenti nell'appello e un
grazie anche per il lavoro che fanno quotidianamente in Africa da molti anni. Grazie
al professor Florio e al professor Remuzzi per essersi fatti parte attiva con questo appello
che vi ricordo può essere sottoscritto sia dalla pagina del sito della Casa Elitrice sia
direttamente su change.org e speriamo che anche questo appello e questa discussione di questa
sera siano un piccolo strumento, dei piccoli strumenti utili a gettare un fascio di luce
su una questione enorme che è appunto l'interdipendenza di tutti noi da tutti gli
altri e quindi come dire facciamo attenzione all'Africa anche perché ci riguarda. Grazie a
tutti e buona serata. Grazie a tutti, grazie. Grazie mille.