#4 | Enrico Mattei, l'uomo del miracolo italiano
A Bascapè, un piccolo comune del pavese immerso tra il fiume Lambro e le Risaie, la sera del
27 ottobre 1962 sembra come tutte le altre. L'estate è lontana, il cielo è ancora carico
di nuvole dopo la pioggia del pomeriggio, quando all'improvviso una luce e un boato
squarciano il cielo. Non è stato un tuono e nemmeno un fulmine, non è un temporale
che vuole ricominciare, ma è un aereo, un aereo che cade. Su quell'aereo ci sono tre
persone, Irnerio Bertuzzi, un pilota di lunga esperienza, William McHale, un giornalista
americano e l'uomo più potente d'Italia. Su quell'aereo c'è il presidente dell'ENI,
Enrico Mattei. Eccoci, abbiamo voluto partire con l'inizio
della puntata di Qui si fa l'Italia dedicata a Enrico Mattei, dedicata anche alla stagione
che Mattei ha assegnato al mistero della sua morte e a molti aspetti, molti momenti che
ci parlano però anche dell'oggi. Buonasera di nuovo a tutti, grazie Lorenzo Baravalle,
Francesco Magni che è uno degli autori del podcast e tra l'altro più tardi ci raggiungeranno
qui sul palco, vedete queste due sedie vuote che presto si riempiranno, ci raggiungeranno
sul palco Jacopo Penso e Olimpia Manzoni di Spotify Italia. Abbiamo pensato di coinvolgerli
per parlare anche un po' del dietro le quinte di un podcast, come si crea un podcast, che
differenza ha con altri mezzi di comunicazione. Quindi oggi faremo questa narrazione del caso
Mattei e del boom economico italiano ma avremo anche la possibilità di ascoltare e di confrontarci
con Jacopo e Olimpia. Quindi il programma è finire a mezzanotte, mezzanotte e mezza. Saremo
severissimi sui tempi. Speriamo che abbiate mangiato così almeno siamo tranquilli. La storia di Mattei
parte a Bascapè, siamo a pochissimi chilometri da Linate, l'aereo stava per atterrare e appena
succede questo incidente, dopo pochissimo tempo, attorno al luogo dell'incidente cominciano a
radunarsi un sacco di persone. Ci sono dei curiosi, ci sono i contadini del posto, ma poi arrivano
anche la polizia naturalmente e dei giornalisti. Ad esempio c'è Mario Ronchi, che è un contadino
di Bascapè, che racconta all'inviato del Tg che ha visto un'enorme esplosione, una palla di fuoco
in cielo e poi un'esplosione. La sera al Tg quel servizio andrà in onda e quando Mario Ronchi
comincerà a descrivere di questa palla di fuoco nel cielo ci sarà un buco nell'audio. Cioè il servizio
andrà avanti, lui muoverà le labbra ma non c'è audio. C'è anche un uomo particolare, un uomo che
incuriosisce, vestito scuro, guida una Jaguar, non si capisce bene che cosa faccia lì, incuriosisce un
giornalista del Corriere della Sera. Questo giornalista del Corriere della Sera decide di
seguirlo, seguire questa Jaguar che guida verso nord da Bascapè per raggiungere Milano, ma si
ferma un po' prima e parcheggia davanti alla sede dell'ente nazionale idrocarburi, dell'ENI, e
quell'uomo in vestito scuro entra all'ENI. Per capire però il mistero legato alla morte di Enrico
Mattei, per capire Enrico Mattei e come diceva Lorenzo, per capire anche quella stagione incredibile
dell'immediato secondo dopoguerra italiano, è importante fare un salto indietro e raccontare
chi era Enrico Mattei. Enrico Mattei viene da una famiglia modesta, è nato nel 1906 ad Acqualagna,
nelle Marche, e figlio di un carabiniere e di una casalinga. Quando ha 13 anni la famiglia si
trasferisce a Matelica, poco lontano da Acqualagna. Il giovane Mattei non ama la scuola, ad eccezione
della matematica. La famiglia è numerosa, in casa i soldi che entrano sono pochi. Per questo comincia
a lavorare prestissimo, operaio verniciatore in una fabbrica di letti, poi alla conceria Fiore,
dove diventa direttore tecnico. L'indole è ribelle, discute col padre, che vorrebbe che
restasse a Matelica, mentre lui vuole andare in città. Ha solo 27 anni quando avvia l'industria
chimica Lombarda a Milano. Siamo nel 1933, alla vigilia della stagione, che porterà alla seconda
guerra mondiale. Francesco, hai ricercato, hai scritto insieme a noi queste altre puntate di cui
si fa l'Italia. In un certo senso la storia di Mattei non è solo la storia di un industriale,
è anche la storia di una figura della resistenza italiana. C'è un'immagine che ovviamente nel
podcast non abbiamo potuto mostrare, l'abbiamo descritta, ma che vi possiamo mostrare adesso.
Questa fotografia, che immagine è? Che giorno è? Siamo a Milano, 25 aprile, Mattei sfila alla
testa del corteo dopo che la città è stata liberata. Ci sono alcuni personaggi fondamentali
della resistenza, in modo particolare Luigi Longo, che lì a breve, dopo un po', nel 1964,
dopo la morte di Palmero Togliatti, diverrà il segretario del Partito Comunista Italiano,
che traghetterà il partito fino alla forse più nota segreteria di Enrico Berlinguer.
Lungo che sarà una di quelle persone non facenti parte del partito di Mattei e dell'area di governo,
ma con la quale Mattei intratterrà a lungo dei rapporti molto stretti durante questa sua
avventura da presidente dell'ENI, soprattutto perché in quella tela tessuta con i Paesi Arabi
e con l'Unione Sovietica, Mattei riuscirà a intrattenere dei rapporti molto molto intensi.
E c'è un'altra figura molto importante in questa foto, tra l'altro sono i tre davanti,
sono questi tre qua. L'altra figura a destra, se non sbaglio, è un altro personaggio importante
della resistenza, Ferruccio Parri, che fu anche uno dei primi presidenti del Consiglio.
Vedo che poi più tardi lo ascolteremo.
Più tardi lo ascolteremo. Senti, abbiamo detto che Mattei è una figura della resistenza,
partigiano cattolico, democristiano, sarà poi la democrazia cristiana il suo partito,
un grande organizzatore, e combina diverse cose nel corso della lotta di liberazione.
Ma sì, diciamo che Mattei, che ha fatto anche vita di clandestinità durante la resistenza,
più che il partigiano dell'immaginario classico con il fucile in spalla, è stato sin da subito
un grande organizzatore. Si vantava di aver ampliato a dismisura, con numeri ovviamente
un po' così spannometrici, diciamo, non confermati dalla questura, ormai confermati soprattutto
all'epoca, le fila dei partigiani cattolici. Ma durante quella guerra di liberazione imparerà
a organizzare, imparerà a utilizzare i fondi e le risorse a disposizione, umane non solo,
imparerà ad avere rapporti con chi combatte dalla sua parte pur non essendo esattamente
nella sua squadra. C'è un episodio veramente rocambolesco, possiamo dire da film, se vuoi
raccontarlo. Si, merita, è uno di quei classici episodi in cui se avessimo un podcast su Mattei
ci dovresti dedicare almeno una puntata, perché lui a un certo punto evade dal carcere di Como,
provocando un blackout a tutto l'impianto elettrico. E provate a immaginare questo uomo,
che comunque è un ragazzo, è un ragazzo che arriva dalle Marche, abbiamo visto,
si trasferisce a Milano, via la sua azienda chimica, poi passa partigiano e lascia l'azienda
nelle mani del fratello, perché crede fortemente nella lotta di liberazione. E quindi è un
personaggio, come dice Francesco giustamente, non propriamente quello che ti immagini come
il partigiano con il fucile in spalla. Eppure riesce ad architettare questa evasione incredibile,
e viene da dire ad un elemento così importante gli viene affidata, giustamente dopo la guerra,
una cosa importante. Sì, perché esattamente, penso pochi giorni dopo questa foto, quindi 1945,
l'Italia appena liberata, accade che Enrico Mattei riceve un incarico, un compito. Riceve
un incarico di cui non è proprio contentissimo. Io prima ero abbastanza ironico, perché mentre
ad altri vengono affidati degli incarichi importanti, a lui viene affidato l'incarico di liquidare
l'Agip. Cioè non aveva un'altra mission, si direbbe oggi. Prendi l'Agip, l'azienda generale
italiana Petroli, mi viene sempre in mente l'altro acronimo. Perché doveva liquidarla?
Perché era azienda gerarchi in pensione. Era l'azienda nata sotto il fascismo, perché
il fascismo era convinto di trovare pozzi di petrolio in tutto lo stivale. Non è andata
propriamente così. Però appunto lui aveva il compito di chiuderla. Ma qui vedi il destino
di un uomo, il destino di un uomo insito nelle azioni. Lui entra nell'Agip, studia le carte
e capisce che lì c'è qualcosa. Capisce che sì, forse davvero non c'è petrolio e non
ci sono tante risorse, tante materie prime in Italia. Ma capisce che c'è qualcosa e quindi
comincia a temporeggiare. Temporeggia per prendere tempo con gli alleati, perché in buona sostanza
erano loro che volevano che si liquidasse l'Agip. Va proprio dal suo amico Ruccio Parri e gli chiede
di non liquidarla. Cosa che non fa. Parri decide di seguire il consiglio dell'amico e lo lascia
alla guida dell'Agip. Quindi in un certo senso la storia di Enrico Mattei all'Agip, che poi
insomma diventerà rifatto Eni o verrà così conglomerata nell'Eni, è una storia che parte
da una ribellione. Lui dice di no al compito che gli è stato affidato, dice che questo è un paese
che ha bisogno di rilanciarsi e Agip può essere uno strumento per rilanciarlo. E quindi da questo
rifiuto nasce poi la sua la sua storia. E quelli che anni erano? Ve lo dico subito perché siamo
subito dopo la seconda guerra mondiale. E qui una cosa che dobbiamo dire è che nel 1947 accade un
passaggio molto importante. Si rompe l'unità delle forze antifasciste. Comunisti e socialisti
sono estromessi dal governo. Lo stesso anno il partito socialista italiano, il PSI, subisce
l'ascissione a destra dei moderati guidati da Saragat, che si chiameranno poi socialdemocratici.
L'uomo simbolo della politica italiana di questi anni, che sono chiamati gli anni del centrismo,
è Alcide De Gasperi, che era stato l'ultimo presidente del consiglio del regno d'Italia e
sarebbe poi stato il primo presidente del consiglio della repubblica italiana, uomo di frontiera. Lo
vediamo qui Alcide De Gasperi ed è lui in un momento molto delicato per la storia del nostro
paese nel 1946, subito dopo la seconda guerra mondiale, subito dopo la sconfitta, che a Parigi
si trova a difendere la dignità dell'Italia di fronte ai paesi vincitori, ai paesi che la guerra
l'avevano vinta, che ci avevano sconfitto. Abbiamo un video di quel momento del 1946.
Prendendo la parola in questo consesso mondiale sento che tutto tranne la vostra
personale cortesia è contro di me. Ecco quello che dice De Gasperi è rimasto scolpito nella
nostra storia perché lui si rende conto che è davanti un pubblico ostile, perché l'Italia è
un paese che la guerra l'ha persa, è un paese che ha contribuito alla devastazione del conflitto,
paese alleato della Germania nazista, insomma lo sappiamo. E quindi De Gasperi,
che pure era antifascista quasi da subito, che pure era stato di fatto emarginato dal fascismo,
si trova a dover in un certo senso chiedere scusa ai paesi che hanno sconfitto l'Italia
nella guerra e per questo dice sento che tutto al di là della vostra personale cortesia è contro
di me. In quell'intervento però poi dice una cosa molto importante, dice riconoscetemi comunque come
espressione di una nuova Italia, di un'Italia antifascista e democratica. Questi sono anni molto
importanti diciamo anche per il contesto internazionale se vogliamo, perché io vi ho detto
che nel 47 vengono estromessi i comunisti e i socialisti dal governo italiano, fino al 1963 di
fatto staranno fuori i socialisti e poi i comunisti fino al 76 in un certo senso,
no? Staranno fuori dalla maggioranza di governi. Bene, il nodo qual era? Che c'era un nuovo mondo,
a livello internazionale erano cambiate tante cose dopo la fine della guerra. Nasce la Nato
più o meno in quegli anni, De Gasperi è il protagonista del collocamento, del riposizionamento
dell'Italia sullo scacchiere internazionale, nella Nato ma anche nella nascente Unione,
quella che poi sarà Unione Europea che all'epoca così non si chiamava. E che Italia c'era in quegli
anni? C'era un'Italia che stava proprio lì sulla faglia tra est e ovest, tra blocco comunista e
blocco occidentale. A livello geografico oggi non ce ne accorgiamo così tanto ma all'epoca
sostanzialmente la linea di Gorizia, la linea dell'Adriatico segnava il confine tra diciamo
il mondo libero, il mondo occidentale guidato dagli Stati Uniti e il blocco sovietico,
il blocco comunista e che viene composto anche dai paesi satellite dell'Unione Sovietica. Quindi
l'Italia stava lì e tantissime cose dei nostri decenni successivi si spiegano con questa posizione
atipica. Mattei si muove su questa faglia, si muove su questo confine delicatissimo tra occidente
e blocco comunista e questo come vedremo gli creerà anche qualche problema, qualche complessità.
L'Italia oltre che sullo scacchiere internazionale era un paese in grande movimento anche sul fronte
interno. Gli anni 50, gli anni di Mattei, sono gli anni in cui l'economia italiana ma più in
generale la società, i consumi, le abitudini cambiano con una rapidità che non si era mai
vista. Sono gli anni del miracolo economico. Qui vediamo una 500 che è uno dei simboli di quegli
anni perché una cosa importante da dire è che l'Italia che si ricostruisce, l'Italia che comincia
a correre non è solo un fatto economico, è anche un grande investimento emotivo, è un investimento
di sentimenti collettivi, di passione, riguarda prima ancora delle statistiche economiche che pure
sono importanti, riguarda cambiamenti dell'immaginario, della vita quotidiana non di pochi
ma di decine di milioni di italiani. Inizia a cambiare per esempio anche se lentamente in quegli
anni tra 50 e 60 il ruolo sociale delle donne. Le donne iniziano a entrare nel mercato del lavoro
più che in passato e in settori diversi e questo trasforma anche la percezione collettiva proprio
del ruolo delle donne. Quindi gli anni 50 sono anni in cui, come dire, cambiano i consumi,
certamente sì, vi dicevo dell'automobile che è un pezzo della trasformazione del boom ma potremmo
citare gli elettrodomestici, insomma qua vedete una, credo sia una lavatrice con carica dall'alto
dell'Ignis più o meno di quegli anni. Ci sono altre innovazioni che oggi, come dire,
diamo più che per scontate, la televisione per esempio ma anche i supermercati. Prima di quegli
anni i supermercati in Italia non esistevano, è un'innovazione che arriva dagli Stati Uniti
e vi faccio vedere un servizio televisivo che mostra come viene accolto, non so se questo è
uno dei primi supermercati in Italia, il primo apre a Milano e questo forse è uno a Roma, ma
insomma siamo in una fase in cui veramente cambia il paradigma e cambia il modello di
interpretazione del mondo a partire dal come si acquistano i generi alimentari e non solo.
Tutti i generi alimentari lusingano il palato del consumatore con la loro suggezione pubblicitaria,
si va dagli antipasti e si finisce alla frutta e al dolce, ma il bello è che il cliente va tutto da
sé, si rovina gioè con le mani sue, è semplice come un ruoco e questo piace anche ai bambini.
Finito il rifornimento non resta che passare alla cassa, sì pagare si paga come da noi,
questo è l'unico inconveniente del supermercato. Questo comunque è un tutorial. Ci dà l'idea di
una cosa esotica, all'epoca l'idea di un posto così grande, così fornito di tutti i generi
merceologici era dirompente, non esisteva e quando vi dicevo prima della macchina,
degli elettrodomestici, della televisione, in realtà non sono innovazioni isolate l'una
dall'altra, sono innovazioni molto collegate, che ci dicono davvero di quanto si trasforma in pochi
anni la vita e l'immaginario del paese. Perché questo? Perché il supermercato presupponeva che
le spese fossero più corpose, più cospicue, si compravano più cose, se si compravano più cose
serviva un frigorifero a casa, che non c'era fino a pochi anni prima, se servivano più cose io le
dovevo portare a casa queste cose e quindi l'automobile. È una sorta di ciclo, di circolo
di innovazioni che trasformano i consumi, trasformano le abitudini e naturalmente,
prima citavamo la televisione, che diventa nei libri degli storici che si occupa in questo
periodo, si dice che la televisione sia un frutto, sia un acceleratore del consumismo degli anni 50
e 60, perché è acceleratore, perché la televisione è il luogo anche della pubblicità e di lì a poco,
in realtà leggermente dopo, si diffonde per esempio un format abbastanza tipico direi,
che ci fa quasi sorridere oggi, che è quello dei caroselli, che erano gli spot televisivi
dell'epoca. Praticamente tu immagini di andare su youtube e hai solo pubblicità,
che praticamente è youtube oggi. Non se sei abbonato. Però sì, è bello, ci mettiamo davanti
alla tv e guardiamo pubblicità eppure è un format di enorme successo che ha segnato
l'immaginario estetico anche di moltissimi oggetti che ancora oggi utilizziamo. E la cosa
curiosa del carosello sicuramente lo conoscete e adesso che parte la musica lo riconoscerete
certamente.
La cosa interessante del carosello è che in realtà nasce per aggirare una norma che non
consentiva gli spot televisivi in una certa ora, se non sbaglio, e quindi si inventa questo
formato serale che non è solo pubblicitario ma è anche un'opera diciamo così di arte
cinematografica. Lo dimostra il fatto che a dirigere i caroselli ci sono stati alcuni dei
più grandi registi italiani da Ermanno Olmi a Fellini e molti altri. Lo stesso Pasolini che
poi si scagliò spesso il consumismo. Francesco una cosa che ti chiedo è legata alla percezione,
cioè prima ci dicevamo, prima di cominciare, chi oggi ha 20, 30 ma anche di più anni non si rende
conto della trasformazione rappresentata dal miracolo economico?
Ma sì un po' perché essendo un periodo che si studia poco a scuola si ha un po' l'impressione
che l'Italia passi dalla resistenza, dalla lotta di liberazione, dalla costituzione agli anni di
piombo, cioè forse periodi più famosi della storia relativamente recente, solo che in mezzo ci sono
due decenni e un po' di importantissime trasformazioni sociali e socio economiche di
cui stiamo parlando adesso e a cui noi poi di fatto dedichiamo due puntate dell'ultima stagione,
perché anche quella sul piano solo è dedicata a quello. Ma l'idea che nelle case degli italiani
non ci fosse il salotto, che era lo spazio dei ricchi o comunque dei benestanti, perché era
spazio sprecato, quindi soldi inutili sia per gli affitti che per le case di proprietà che non
erano tantissime, ma anche perché per chi viveva di lavoro e di riposo il salotto non serve,
perché la casa serve per dormire, serve per preparare da mangiare e laddove ci sono magari
delle famiglie numerose, in quello che noi oggi potremmo identificare come la sala da pranzo,
in realtà c'erano uno, due, tre letti e questa è una cosa che forse è ancora più difficile da
immaginare, perché bene o male tutti sappiamo che un tempo le automobili non c'erano,
il frigorifero non c'era, però c'è una trasformazione fondamentale anche nella vita
degli spazi domestici che cambierà anche l'approccio nei confronti della cosa pubblica di lì a poco.
Queste enormi trasformazioni si legano alla figura di Enrico Mattei, non solo perché gli anni sono
quelli e vi do due dati, tra il 1951 e il 1961 gli italiani che lavorano nell'agricoltura passano
dal 42% al 29%, 42% nell'agricoltura è impressionante visto con gli occhi di oggi,
e l'altro dato è che il prodotto interno lordo tra il 51 e 63, quindi in poco più di 10 anni,
aumenta mediamente del 6% all'anno, che è un ritmo da Cina se vogliamo, oggi,
e forse neanche la Cina adesso, nell'ultimo anno ci sta dietro. Mattei, cosa c'entra con tutto
questo? Lui dice, io sono ossessionato dall'idea di rendere l'Italia un paese moderno economicamente,
e per rendere un paese moderno cosa serve? L'energia. Indubbiamente serve l'energia,
ma indubbiamente un cambiamento di paradigma così grosso ha più di un protagonista, però senza ombra
di dubbio e senza smentita Mattei è uno di quei protagonisti di questo cambiamento epocale di
incredibile. Qui vedete una copertina che gli ha dedicato il Der Spiegel, che lo descrive,
molto piccolo, come l'italiano più importante dai tempi di Augusto. Ecco capite, tu Lorenzo hai detto
una cosa, l'ossessione per l'indipendenza energetica, a me questa cosa della storia di
Mattei affascina da morire, era letteralmente ossessionato dal rendere l'Italia, il suo paese,
una potenza sullo scacchiere internazionale. Per farlo aveva bisogno di, appunto, cambiare il
paradigma da agricolo a farlo diventare una potenza industriale. E lo fa in diversi modi,
con diversi strumenti di pressione, anche in maniera piuttosto spregiudicata a livello politico,
perché lui entra comunque in Parlamento, ci entra con la democrazia cristiana, ma intrattiene dei
rapporti un po' con tutti. Uso i partiti come un taxi, salgo pago la corsa e scendo, una frase che
viene attribuita a lui. Quello che è certo è che avversari e alleati gli riconoscono di essere un
uomo molto intelligente, in grado di circondarsi di persone intelligenti, e questo non è una cosa
banale, soprattutto in un leader, penso sia una qualità piuttosto importante. E poi lo fa, prima
abbiamo visto un'immagine in una maniera molto moderna. Tenete presente, siamo negli anni 50,
siamo a cavallo con gli anni 60, lo fa con la propaganda, perché queste ragazzi sono pubblicità
della benzina. Oggi parliamo tanto di benzina, ma va bene, per un'altra roba. Qui abbiamo
Raffaella Carrà come testimonial, quindi lui capisce di aver bisogno dell'opinione pubblica
della gente, del popolo, che gli venga dietro in questa sua marcia verso l'indipendenza energetica.
L'indipendenza energetica che si ottiene guardando alle materie prime. Non fa solo questo, però,
lui trasforma l'Ajip in Eni. Ed eccolo qua, il famoso cane a sei zampe. E Mattei che lo vuole,
che vuole questo cambio di logo, vuole dare un'immagine completamente diversa all'Ajip
e la trasforma in Eni, ente nazionale idrocarburi. E dicevo che è importante capire che lui però fa
anche qualcosa di un po' diverso, non spinge solo sull'acceleratore dell'opinione pubblica,
non spinge solo sulla comunicazione, ma Francesco cerca di fare qualcosa di un po' più politico anche.
Sì perché in un paese che poi in realtà di petrolio ne era poco,
ottenere l'indipendenza energetica, perseguire il sogno dell'indipendenza energetica vuol dire
anche sfruttare la situazione internazionale, lo dicevamo prima. Mattei continua a perseguire
questo sogno per l'Italia e decide di provare a scardinare questo sistema. Sfida le grandi
multinazionali del petrolio, soprattutto americane. Colossi come Standard Oil, ESO, Texaco, Royal
Dutch Shell. Le chiama le sette sorelle perché dominano il mercato internazionale dell'energia
con una sorta di oligopolio senza farsi davvero concorrenza. Lui ha un'intuizione,
anziché sperare nella benevolenza delle sette sorelle, perché non andare a trattare direttamente
coi paesi produttori? Perché non competere con i colossi internazionali offrendo condizioni
migliori. La sua è una visione, stiamo parlando di un uomo che ha una visione per un paese,
non è un politico, non è un primo ministro, è un uomo di industria, sì statale, ma è un uomo
di industria, è una visione che parla della nostra dignità nazionale. Come spiega lo stesso Mattei
in un racconto che parla di due cani e un gattino. Estate attenti perché anche dove fa questo racconto
è importante, abbiamo parlato della comunicazione, abbiamo parlato dell'importanza che dà Mattei alla
forma. Non è una tribuna politica, è un salotto di casa. Mattei, il presidente dell'ENI, vi sta
entrando in casa e vi sta spiegando la politica dell'ENI con questa storia. In questa casa di
contadini dove ci riunivamo la sera, la prima cosa che veniva fatta veniva da dare da mangiare
ai cani e veniva preparato un grande gattino di zuppa per questi cani e io mi stavo togliendo
uno stivale e vedevo questi due cani che erano dentro con la testa nel catino e seguivano a
mangiare con voracità. Era una zuppa che forse bastava per cinque cani, non per due. In quel
momento in un angolo sentivo un miagolino e vedi arrivare un gattino grande così, uno di quei gattini
dei contadini, magri, affamati, deboli. Aveva una gran paura, si vedeva perché vedeva i cani, però aveva
anche una gran paura e si avvicinò piano piano, miagolando, guardando i cani e siccome i cani erano
immersi con la testa nel catino, il gattino seguiva ad avanzare. Arrivò sotto il catino, guardò ancora
i cani e c'è un miagolino, i cani erano dentro che mangiava e con lo zampino lo appoggiò all'orlo
del catino. Il bracco tedesco gli diede un colpo lanciando questo gattino a tre o quattro metri di
distanza con la spina dorsale rocca. Il gattino visse qualche minuto e morì. Questo episodio mi
fece una grande impressione, l'ho sempre ricordato, specialmente in questi anni. E siamo stati il
gattino per i primi anni, avendo contro una massa di interessi paurosi. Contro di noi ci ha sollevato
una polemica terribile e abbiamo seguito ad lavorare, a rafforzarci, cercando di non farci
colpire. L'intentativo era o di soffocarci o di lasciarci deboli. È una storia contadina, è una
storia di vita che tutti possono capire, che tutti capiscono. Parla ai bambini, parla agli adulti,
parla agli analfabeti, c'era un tasso di analfabetismo molto alto in quegli anni,
parla a tutti e parla con un linguaggio semplicissimo. Poi subito dopo, è divertente
perché dice comunque tutti devono essere orgogliosi del Leni perché vale mille miliardi di lire ed è
un'azienda statale, quindi è di tutti. Perciò riporta tutti come proprietari del Leni. Due
parole su come fa queste contrattazioni, perché d'accordo va bene avere una visione, d'accordo
avere un obiettivo, un'ossessione, però lui concretamente riesce a tradurla questa visione.
Va dai paesi produttori, paesi come lo Shah di Persia, va in Iraq, va in Libia e va in Algeria,
lo vedremo tra poco. Mentre le Sette Sorelle offrivano il 50% dei guadagni al paese da cui
estraevano le materie prime, lui offre il 75%, non solo, offre il 75%, offre uomini altamente
specializzati, cioè manda del personale altamente specializzato a formare le popolazioni locali da
cui estraggono e offre di costruire scuole e centri di formazione per le popolazioni locali.
Soft power, abbiamo imparato dagli americani a fare questa roba qua, abbiamo imparato dagli
americani col piano Marshall, solo che c'è un problema, in Algeria succede qualcosa.
Ma diciamo che Mattei capì perfettamente nell'ambito della sua grande intuizione non
soltanto in che modo poter vivere ballando sulla soglia di Gorizia, ma anche quale potessero
essere le prospettive di una potenza nascente, come lui immaginava l'Italia, nel periodo della
decolonizzazione. In 1960, quindi parliamo di due anni prima della morte di Mattei, è noto
nella storia dell'Africa come l'anno della decolonizzazione perché la stragrande maggioranza
dei paesi vennero liberati, si liberarono proprio in quegli anni. In modo particolare,
nella parte d'Africa che si affaccia sul Mediterraneo, lui intravedeva una grande
prospettiva, una grande possibilità per l'Italia e in modo particolare l'Algeria e la Tunisia,
oltre che i paesi di cui parlava prima Lorenzo, sono i paesi su cui Mattei punta molto
nel noto film di Francesco Rosi, c'è una scena durante una colazione molto importante con uno
degli amministratori delegati di una compagnia petrolifera americana e Mattei si alza sdegnato
perché lui gli vorrebbe impedire di costruire un gasdotto in Tunisia e in modo particolare
l'Algeria sta combattendo la sua lotta di liberazione, di nuovo consiglio cinematografico
alla battaglia di Algeria e finanzia economicamente il fronte di liberazione nazionale.
Dobbiamo dire appunto che l'Algeria era una colonia francese, si stava liberando da un
dominio che durava da più di un secolo, dal 1830, e di tutta risposta gli ambienti più
oltransisti della Francia formarono l'OAS, una organizzazione, potete vedere plasticamente
che cosa stesse accadendo, Mattei non solo contrattava con i governi locali ma finanziava
espressamente e dichiaratamente senza neanche nasconderlo il fronte di liberazione al pari
di quello che faceva in Italia il partito comunista per cui questo lo poneva in un'ottica
non propriamente delle migliori. Lì ci arriviamo perché poi si apre l'ultimo capitolo che è quello
della morte, dei motivi possibili, però noi stiamo vedendo un'immagine che è molto attuale,
che è l'immagine di un gasdotto, di un metanodotto che connette il cuore dell'Algeria all'Italia,
arriva a Mazzara in Sicilia dopo essersi in abissato nel Mediterraneo e poi sale fino
al nord Italia. E' un'opera importantissima perché Mattei capisce l'importanza del gas,
questa è una cosa anche qui che oggi diamo per scontata anche se c'è stata ricordata direi
nell'ultimo anno, ma Mattei capisce che il gas è importante, che ci vuole una fonte di energia
a basso costo per un paese che vuole rialzarsi, che vuole ricostruirsi come l'Italia e quindi
diciamo questo metanodotto che Mattei non vide perché è successivo, il suo completamento è
successivo, questo metanodotto che oggi porta in Italia un bel po' di gas e da ieri forse un po'
di più, esatto, ieri il presidente del consiglio come sapete ha visitato proprio l'Algeria con
l'amministratore delegato dell'ENI, con il successore di Mattei Claudio Descalzi. Ecco
questo metanodotto qui che vediamo si chiama Enrico Mattei, è un amico dell'Algeria e della
sua indipendenza e arriviamo però all'ultimo capitolo, cioè perché è morto Enrico Mattei.
Perché è morto Enrico Mattei? È stato davvero un incidente?
Vi ho detto prima che per capire la sua storia dovevamo capire il paese in cui si muove,
la sua storia dovevamo capire lui, adesso però dobbiamo invece tornare al punto da cui siamo
partiti, da quell'aereo che cade da Bascapè e ai tanti misteri che alcuni collegano al mistero
dei misteri. Nel 1972 il regista Francesco Rosi porta al cinema il caso Mattei che sposa
l'ipotesi dell'attentato. Per reperire informazioni e preparare il film nel luglio del 70 Rosi ha
chiamato il giornalista dell'Ora di Palermo Mauro De Mauro, fratello del linguista e futuro ministro
dell'istruzione Tullio De Mauro. Due mesi dopo, nel periodo in cui sta ancora lavorando alla
sceneggiatura, De Mauro viene rapito sotto casa. Nessuno sa che fine abbia fatto ancora oggi,
perché il suo corpo non è mai stato ritrovato. Nel 1975 Pier Paolo Pasolini, scrittore, poeta,
regista, muore in circostanze poco chiare all'idroscalo di Ostia. La sua ultima opera,
ancora incompiuta e pubblicata soltanto nel 1992, si intitola Petrolio. È un'indagine sul potere
italiano, incentrata proprio sull'Eni e sulla figura di Eugenio Cefis, personaggio tanto potente
quanto riservato, un passato da partigiano monarchico nella Val Dossola, poi braccio di
ferro di Mattei all'Eni, da cui si dimette a gennaio del 1962 per tornare dopo la tragedia
di Bascapè. La verità è che non c'è una risposta giudiziaria alla morte di Enrico Mattei. C'è stata
un'inchiesta recente, no? Sì, perché subito dopo l'incidente di Bascapè i resti dell'aereo
Morin-Solnier, un piccolo bimotore su cui viaggiava Enrico Mattei, vengono lavati,
vengono stoccati e questa prima inchiesta degli anni 60 viene archiviata. Quando viene archiviata,
con causa incidente, errore del pilota, i resti dell'aereo vengono distrutti. Una cosa particolare.
Allora un pubblico ministero, un PM, Vincenzo Calia, riapre l'inchiesta, i faldoni che va a
cercare sono completamente vuoti. Allora prende delle nuove sonde, nuove tecnologie e le passa
sul terreno di Bascapè e rileva dei resti ancora lì dell'aereo del Morin-Solnier, dei resti,
dei corpi dei tre morti e degli oggetti personali. Ora della favola la scientifica trova su questi
resti del tritolo, dei resti di tritolo, che localizza 120 centimetri sotto l'abitacolo
del pilota Ernario Bertuzzi. La bomba si è attivata quando ha aperto il carrello per la
discesa. C'erano delle minacce, si parlava, la moglie di Mattei dice che lui sapeva di essere
un uomo nel mirino ed è per questo che viaggiava sempre con due aerei. Erano perfettamente
identici, sceglieva poi all'ultimo prima di salire quale avrebbe preso. Purtroppo però anche
l'inchiesta di Calìa viene chiusa con l'archiviazione. Non sappiamo chi è che ha ucciso Enrico Mattei.
Non sapremo appunto veramente mai che cosa è accaduto in quel ottobre del 1962, non sapremo
al cento per cento se è stato un incidente come si diceva inizialmente o se come sembra più
probabile oggi è stato un attentato. Quello che sappiamo è che l'Italia in quel 1962 ha perso
un alfiere, un eccezionale direi alfiere dell'interesse nazionale. E poi abbiamo veramente
chiuso. Nel terreno fangoso di un campo di barbabietole a Bascapè, sotto la pioggia
l'Italia ha perso un personaggio a cui è difficile dare un aggettivo solo. Potente,
ingombrante, visionario, abile, spregiudicato, intuitivo, ribelle. Un uomo che pensava che
l'Italia non potesse essere condannata a un'eterna miseria, che la ricchezza non stava
solo nelle risorse naturali ma nella capacità e nella volontà delle persone. Ferruccio Parri,
l'abbiamo nominato prima, in un'intervista a Zavoli di Enrico Mattei parlò così.
Quest'uomo che aveva tante capacità, che se fosse stato o andato in America era di quelli
che sarebbero destinati a diventare i re di qualche cosa. E qui in Italia preferì il servizio dello
Stato, della collettività, del popolo, del bene comune. Questo è il suo grande merito che non è
sempre apprezzato. E mi permette ancora di aggiungere che è veramente stata una delle
energie migliori, più utili che la resistenza abbia dato al Paese. Un uomo che in una stagione
in cui ce n'era bisogno aveva coscienza di essere un personaggio nuovo. Politico, imprenditore,
manager, funzionario pubblico. Al vice primo ministro sovietico, che in un incontro aveva
definito Leni una grande impresa capitalistica, Mattei rispose se lei mi vuole chiamare in qualche
modo deve inventare un nome nuovo, oppure se non vuole inventarlo mi chiami semplicemente Enrico.
Grazie