10. La noia
Penso che, a questo punto, dovrei forse dire qualche parola sulla noia, un sentimento di cui mi accadrà di parlare spesso in queste pagine.
Dunque, se con la memoria vado indietro negli anni, ricordo di aver sempre sofferto a causa della noia.
Ma bisogna intendersi su questa parola.
Per molti la noia è il contrario del divertimento; e divertimento è distrazione, dimenticanza.
Per me, invece, la noia non è il contrario del divertimento; potrei dire, anzi, che per certi aspetti somiglia al divertimento perché provoca distrazione e dimenticanza, anche se di un genere molto particolare.
Per usare una metafora, la realtà, quando mi annoio, mi ha sempre fatto l'effetto che fa una coperta troppo corta, ad uno che dorme, in una notte d'inverno: la tira sui piedi e ha freddo al petto, la tira sul petto e ha freddo ai piedi; e così non riesce mai a prendersi sonno veramente.
Oppure, altro paragone, la mia noia somiglia all'interruzione frequente e misteriosa della corrente elettrica in una casa: un momento tutto è chiaro ed evidente, qui sono le poltrone, lì i divani, più in là gli armadi, le consolle, i quadri, i tendaggi, i tappeti, le finestre, le porte; un momento dopo non c'è più che buio e vuoto.
Ho detto che mi sono annoiato sempre; aggiungo che soltanto da poco tempo sono riuscito a capire con sufficiente chiarezza che cosa sia realmente la noia.
Durante l'infanzia e poi anche durante l'adolescenza e la prima giovinezza, ho sofferto della noia senza spiegarmela, come coloro che soffrono di continui mal di testa ma non si decidono mai a interrogare un medico.
Soprattutto quando ero bambino, la noia assumeva forme poco chiare a me stesso e agli altri, che io ero incapace di spiegare e che gli altri, nel caso di mia madre, attribuivano a disturbi della salute o altre simili cause; un po' come il malumore dei bimbi più piccoli viene attribuito allo spuntare dei denti.
Mi capitava, in quegli anni, di smettere improvvisamente di giocare e di restare ore intere, immobile.
Se in quei momenti mia madre entrava nella stanza e mi vedeva in silenzio, immobile e pallido per la sofferenza, mi domandava che cosa avevo, rispondevo sempre: “mi annoio”, spiegando così uno stato d'animo misterioso.
Mia madre, allora, credendo alle mie parole, mi abbracciava e poi mi prometteva di portarmi al cinema quel pomeriggio stesso, cioè mi proponeva un divertimento che, come sapevo ormai benissimo, non era il contrario della noia né il suo rimedio.
E io fingevo di accogliere con gioia la proposta, ma provavo quello stesso sentimento di noia.
Ma come avrei potuto spiegare a mia madre che il sentimento di noia di cui soffrivo non poteva essere alleviato in alcun modo?