4. Pignolo (Racconti romani)
Adesso, quando m'incontra per strada, Peppino va avanti senza salutarmi, ma c'era stato un tempo in cui eravamo amici [...].
Peppino è un piccoletto con le spalle larghe e le gambe corte che cammina tutto preciso, senza muovere il busto e la testa, che sembrano fatti di legno. [...] Anche a non conoscerlo, lo porta scritto in fronte quello che è: pignolo. [...] Ma oltre che pignolo, Peppino ha un altro piccolo difetto, la vanità. I pignoli, di solito, non sono vanitosi, al contrario: modesti, discreti, chiusi, seri, non danno fastidio a nessuno. Invece Peppino è un pignolo vanitoso. [...]
Un giorno, al bar, Peppino ha annunciato con solennità, quattro mesi prima di riceverla, che aveva ordinato la macchina ad una fabbrica di Torino. Gli amici, tutta gente che non è nata ieri, di macchine ne hanno vedute e discusse a centinaia. [...].
– ... ma la mia macchina sarà una cosa proprio speciale.
– Perché – ha domandato uno che al banco stava bevendo un aperitivo,
– forse avrà cinque ruote?
Peppino ha un'altra particolarità: non capisce lo scherzo. – Ne avrà cinque sicuro... quattro e una di ricambio... no, sarà speciale perché ha un tipo nuovo di carrozzeria... a Torino sono anni che la studiano, e io sarò il primo ad averla, figurati.
E giù spiegazioni lunghe, senza fine [...]. Lui si è voltato verso gli amici e ha continuato: – Ho promesso a Cesare, appena avrò la macchina, di portarlo in gita... [...]. Io allora ho avuto compassione di lui e gli ho detto che appena la macchina sarebbe arrivata, avremmo fatto una bella gita insieme, vicino a Roma.
Non credevo che se ne sarebbe ricordato; ma i pignoli, si sa, hanno una buona memoria. Quattro mesi dopo, una mattina, ecco che mi telefona: – È arrivata! [...]
Mi sono preparato e, poco dopo, ecco che arriva una comune automobiletta, come se ne vedono migliaia a Roma. [...] prendendomi per un braccio mi ha portato verso la macchina e ha cominciato la spiegazione. Ho fatto finta di ascoltarlo un dieci minuti e poi l'ho interrotto: – A proposito, Peppino... è proprio impossibile per me venire oggi a Bracciano... ci ho da fare.
Lui ha fatto un viso triste: – Me l'avevi promesso...
Insomma alla fine, [...] siamo partiti. Abbiamo lasciato Roma e abbiamo preso per la via Cassia. Peppino guidava piano, quasi trenta all'ora e [...] ha cominciato naturalmente a parlarmi della macchina: per questo mi aveva portato. Per chi non lo sa, Peppino ha una voce monotona [...] che ti porta sonno. E così è successo anche a me. [...]
Siamo arrivati ad Anguillara quasi alle tre e siamo andati subito alla trattoria che sta sul lago. Faceva un caldo terribile [...]. Peppino continuava a parlare della sua macchina con quel tono monotono che portava sonno, e io che dalla noia e dal caldo avevo perduto anche l'appetito, ho iniziato a bere il vino che almeno era fresco [...]. Ho bevuto un primo mezzo litro, poi un secondo e poi un terzo e Peppino sempre mi parlava della macchina. Dopo un'ora e più di silenzio e di vino, ho detto la prima parola: – Allora, andiamo? Peppino ha risposto dispiaciuto: – Sì, andiamo... vuoi che facciamo il giro lungo per il lago di Vico?
– Per carità... facciamo la strada più breve... debbo tornare a Roma.
[...]
Lui parlando e io dormicchiando, siamo arrivati a Roma.
[...]
Ad un tratto, una macchina con la targa francese, davanti a noi, fa una brusca frenata, e Peppino che era dietro fi nisce con il paraurti dentro la parte posteriore di quella macchina. Subito è sceso, si è avvicinato, ha esaminato le due macchine e poi è andato allo sportello della macchina francese. C'era una signora sola, giovane e graziosa, bionda, le mani posate sul volante.
– Signora, mi dia la patente, il numero della macchina, il nome [...]. Ho avuto la macchina proprio stamattina, nuova nuova, non l'ho presa per farmela rovinare da lei.
Si capiva che in quell'incidente, lui, ci si trovava bene; era quello che ci voleva per la sua pignoleria.
– Ma prima prova a staccare le due macchine –, ha gridato con molto buon senso un giovanotto, dalla gente che già ci circondava.
Aveva ragione, era una cosa da nulla, ma Peppino non era d'accordo.
[...]
Peppino insisteva: – Signora, prego, prego, il suo nome, la sua patente, il numero della macchina.
– Ma prova a staccare la macchina –, gridava quello di prima.
E Peppino, off ensivo: – Glielo ho già detto, me la stacchi lei...
Quello, allora, si è avvicinato, minaccioso, un omaccione alto, grande e grosso, e con il pugno chiuso sotto il naso [...].
Le cose si sarebbero messe male per Peppino se, ad un tratto, non intervenivo gridando: – Forza, ragazzi... solleviamola... è una cosa da nulla –.
Detto e fatto [...]. Però, subito dopo, mi sono voltato a Peppino e gli ho detto: – Ora prendi il taccuino e scrivi [...]: io sono un pignolo, uno scocciatore, e un rompiscatole... scrivi, su.
Tutti si sono messi a ridere; Peppino, con il taccuino in mano, è rimasto confuso.
Ho aggiunto: – E ora sali sulla tua macchina e vattene.
Questa volta ha ubbidito, è salito sulla macchina ed è partito, in gran fretta. La gente gli ha urlato dietro. La signora francese, intanto, se ne era andata anche lei.
Io ho attraversato la strada e sono andato in un bar a prendere l'aperitivo.