27. IL PALLONETTO
Il pallonetto saliva come un ascensore senza fine: cinque, dieci, trenta, cento piani di cielo.
Non è ricordato per l'altezza raggiunta, né per la traiettoria, ma per il tempo divorato. Un pallonetto leggero in volo per anni. Francesco Vettori aveva attaccato con un rovescio lungolinea. Giorgio Drago, a fondo campo, ebbe il tempo di riflettere. Perdeva 7-5, 5-2, 30-15. Pensò al punto più lontano dove avrebbe potuto spedire la pallina. Fra le nuvole, si disse. E colpì.
La Tretorn gialla scattò rapida, e in aria fece il resto. Dopo le prime ore e i primi giorni in cui si alternarono sconcerto e incredulità, sia il pubblico, sia i giocatori capirono che l'attesa si sarebbe prolungata. E potevano approfittarne. Cominciarono a sbrigare le incombenze quotidiane. Prima furtivamente, poi con tranquillità.
Si accordarono sui turni per presidiare il campo e controllare il destino del pallonetto.
Scienziati e giornalisti studiarono e raccontarono il caso, ma con il passare del tempo si erano stufati: non se ne ricavava nulla se non attesa.
Ogni tanto Vettori ritorna sul campo e si prepara. Stessa racchetta, stesse corde ingiallite. Il braccio destro piegato dietro il capo, l'indice della mano sinistra puntato sull'attesa all'orizzonte. Elegante. Lo smash è uno dei suoi colpi migliori.