×

We use cookies to help make LingQ better. By visiting the site, you agree to our cookie policy.


image

I nomi fanno il mondo - Gian Luca Favetto, 6. IN QUESTO PRECISO MOMENTO

6. IN QUESTO PRECISO MOMENTO

C'era una volta una ragazza che leggeva. Leggeva ad alta voce, in una sala, in piedi, in un pomeriggio che si stava facendo sera. E leggendo, leggendo diceva, alzando qualche volta gli occhi, più di qualche volta, sulle donne e sugli uomini che l'ascoltavano fino là in fondo, dalle prime file alla parete di fondo, seduti, composti, quasi tutti attenti. Non molti anni or sono come fosse adesso, diceva: “Quello che io vorrei, in questo preciso momento, con il tempo davanti, è tutti i luoghi del mondo che riesco a pensare, che almeno una volta ho immaginato. Per abbracciarli. Non vorrei abbracciarli soltanto con lo sguardo, ma con le mani finalmente, non per tenerli stretti, ma come fosse una carezza: per ascoltarli meglio. Vorrei farli sentire al caldo, perché altrimenti muoiono: gli uomini li dimenticano e loro muoiono. Ecco, io non vorrei che la morte portasse via le cose che ho vissuto, visto, le città, gli orizzonti, le banchine, nemmeno le persone”.

Anna Prosperi in Memoria, grazie al matrimonio, vanamente cercava di crescere distendersi allungarsi per accogliere fra le braccia il mondo e tutte le persone, tutte. La chiamavano puttana.

6. IN QUESTO PRECISO MOMENTO 6. AT THIS VERY MOMENT.

C'era una volta una ragazza che leggeva. Leggeva ad alta voce, in una sala, in piedi, in un pomeriggio che si stava facendo sera. E leggendo, leggendo diceva, alzando qualche volta gli occhi, più di qualche volta, sulle donne e sugli uomini che l'ascoltavano fino là in fondo, dalle prime file alla parete di fondo, seduti, composti, quasi tutti attenti. Non molti anni or sono come fosse adesso, diceva: “Quello che io vorrei, in questo preciso momento, con il tempo davanti, è tutti i luoghi del mondo che riesco a pensare, che almeno una volta ho immaginato. Per abbracciarli. Non vorrei abbracciarli soltanto con lo sguardo, ma con le mani finalmente, non per tenerli stretti, ma come fosse una carezza: per ascoltarli meglio. Vorrei farli sentire al caldo, perché altrimenti muoiono: gli uomini li dimenticano e loro muoiono. Ecco, io non vorrei che la morte portasse via le cose che ho vissuto, visto, le città, gli orizzonti, le banchine, nemmeno le persone”.

Anna Prosperi in Memoria, grazie al matrimonio, vanamente cercava di crescere distendersi allungarsi per accogliere fra le braccia il mondo e tutte le persone, tutte. La chiamavano puttana.