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Conversazioni d'autore, 'I paradossi del lavoro: Tra smart working e schiavismo'

'I paradossi del lavoro: Tra smart working e schiavismo'

Buonasera a tutti, buonasera a Valentina Furlanetto, autrice di Noi schiavisti come siamo diventati

compici dello sfruttamento di massa e buonasera a Sabino Balsano autore di Contro Smart Working,

un giornalista, un sindacalista, due libri di La Terza che sono tenuti insieme dall'oggetto

che è quello di indagare, come l'abbiamo chiamato questo incontro, i paradossi del

lavoro moderno, dal neoschiavismo alle magnifiche sorti progressive che ci dovrebbero essere

regalate, secondo una vulgata abbastanza semplicistica, dallo smart working. Parleranno loro gli

autori e io mi limiterò, dopo aver letto entrambi i libri, a punzecchiarli, a provocarli,

a far sì che questa conversazione mediata dallo schermo, quindi fatalmente meno entusiasmante

di quelle che si fanno dal vivo, non prenda il volo possibilmente. Inizio da Valentina

Furlanetto che ha scritto un bel libro classico, un'inchiesta giornalistica di tante cose di

cui mi sono occupato nella mia carriera, con un effetto gerovital quando scrive degli scalpellini

cinesi, della pietra luserna, Bagnolo e Temonte, in cui avevo scritto un libro sui cinesi e

tante altre cose di cui sono occupato, di varie forme di sfruttamento, con parti interi

che funzionano sulla fondamenta dello sfruttamento. Ho imparato anche delle cose che non sapevo

molto interessanti, come che la carne dei civilissimi tedeschi costa il 20% in meno della nostra

e che è ancora più sorprendente in quel grande magma che è l'industria della carne,

quasi un terzo dei macelli cinesi è fatta, tendenzialmente si regge sui subappalti, cosa

piuttosto sorprendente perché siamo abituati a guardare ai tedeschi come campioni in civiltà,

ma su questo terreno non lo sapevo affatto e la ringrazio per le altre cose che ho imparato

in questo libro. Un'altra cosa molto interessante, fondamentale, sulle RSA, sulle residenze assistenziali,

con una media oxe di 50 ogni 1000 abitanti, l'Italia è a 19 ogni 1000 abitanti. Questa

cosa qua, fra le tante cose che si imparano, fa capire la differenza tra dove dovremmo

essere e dove siamo. Io partirei con una domanda che è pari pari, diciamo così, il sottotitolo

del libro, come siamo diventati conosci dello sfruttamento di mazzelli. Quello lo spiega

benissimo Valentina nel libro e basta comprarlo e leggerlo per scoprirlo. Io le chiedo subito,

ma anche lì onesta, non si tira fuori da questa complicità, anche io compro su Amazon

come qui presente e come tanti altri, ma io le chiederei di iniziare da lì, ma come si

smette di essere complici? Intanto grazie Riccardo e grazie alla terza e a tutti voi

che siete collegati perché è un'occasione, sempre un'occasione importante, parlare dei

propri libri e soprattutto da una persona attenta come Riccardo. Come si esce da questa

complicità? Io credo che non sia sufficiente una consapevolezza dei consumi, che è il

primo step, molto spesso nelle presentazioni che faccio e negli incontri che ho con i lettori

o nelle interviste, diciamo che la prima cosa che mi dicono è che si sentono in colpa,

si sentono in colpa perché le abitudini di consumo, quelle che tu citavi e che mi coinvolgono

come consumatrice quando vado al supermercato, quando ordino un libro o una merce su Amazon

invece che su altre piattaforme, sono sicuramente il primo passo di consapevolezza verso un

lavoro sostenibile, però credo che bisognerebbe fare un gradino in più, un salto di qualità,

perché credo che sia molto, che sia uno degli, anche degli obiettivi di chi alla fine ci

guadagna su questo sfruttamento, quello di far pensare che dipende tutto dai consumatori.

C'è proprio qualcosa che dipende dai consumatori, ma in realtà molto poco, perché poi abbiamo

visto anche che c'è Amazon e quindi ci sono ad esempio i libri che vengono portati a domicilio

attraverso questa piattaforma, questa multinazionale, quindi con difficoltà delle librerie, ma

poi c'è anche Ceva Logistics, dove c'è un sistema di logistica molto italiano, anche

se si basa poi in realtà Ceva Italia fa parte di una multinazionale, ma comunque molto lontano

da Amazon, che però dove si intraprendono forme di sfruttamento molto simili. Io credo

che si esca dalla logica della complicità, quando si diventa consapevoli che ci sono

leggi italiane ed europee che permettono questo sfruttamento, quando ad esempio, per esempio

come elettori e come opinione pubblica si contrasta il subappalto, come viene fatto

adesso in tanti settori, perché in realtà il subappalto di cui si è parlato qualche

settimana fa a livello politico, è una forma di frammentazione del processo produttivo

sana, quando viene subappaltato a una ditta una parte del lavoro che la ditta madre non

fa, oppure non comunque per soltanto abbassare il costo del lavoro, che è quello invece

che avviene molto spesso, almeno nei racconti che ho incontrato, nelle testimonianze che

ho raccolto, questi dipendenti in subappalto sono pagati la metà dei dipendenti della

ditta madre e fanno lo stesso identico lavoro, hanno le stesse mansioni, hanno gli stessi

turni, quindi un subappalto di questo tipo è solo un modo per aggirare lo statuto dei

lavoratori. Quindi ad esempio spingere dal punto di vista dell'opinione pubblica e poi

come elettori, la politica a cambiare queste leggi, a cambiare queste norme che permettono

un uso sfrenato e selvaggio del subappalto, che sia del 30, del 40, del 50% non ha nessuna

importanza, non è la percentuale, è l'abuso, è l'utilizzo del subappalto per sfruttare

una mano d'opera che ha qualcosa di malato e viene molto utilizzato, come dicevi tu non

soltanto in Italia, in realtà nei macelli in Germania, in tantissimi cantieri navali

in tutta Europa e non solo e poi ancora in tutto il mondo dei braccianti agricoli in

Italia, in Francia, in Spagna, non sono situazioni soltanto italiane, cerco nel libro di spiegarlo

che l'Italia è uno dei casi, ma non è l'unico caso, a seconda dei settori ci troviamo in

situazioni simili in molti paesi in Europa, forse mi viene da dire l'unica eccezione è

quella del mondo della cura, sia per quanto riguarda le badanti, sia per quanto riguarda

il mondo degli infermieri, degli operatori sanitari, lì sì c'è un'eccezionalità italiana

abbastanza pesante, un po' perché i nostri infermieri, operatori sanitari e medici di

origine straniera che non hanno la cittadinanza non possono accedere ai concorsi pubblici e

questo nella maggior parte dei paesi in Europa non avviene e poi per questo mercato delle

badanti, mercato di braccia che è davvero un'eccezione italiana perché il welfare degli

altri paesi è strutturato in maniera diversa.

Non c'è dubbio, ti fermerei qui per le risposte non troppo lunghe, almeno ne facciamo tanti

giro, comunque sono assolutamente d'accordo che non si può solo demandare la soluzione

al consumatore perché è troppo facile, è troppo deresponsabilizzante dire che la gente

non deve più comprare su Amazon.

Riccardo scusa se ti interrompo, è deresponsabilizzante e poi è come fermare il mare con le mani,

questo è un mondo nuovo che difficilmente riusciamo a fermare, non serve neanche giusto,

sono anche tanti posti di lavoro, forse è il caso di pagarli semplicemente di più,

queste persone pagarle il giusto anche perché sono…

Non c'è dubbio, poi vi racconterò di un piccolo episodio recente che mi è capitato

di dire, è stato la Spilabiberto dove sta per aprire un centro di sministramento di

Amazon, ma non anticipiamo, adesso vorrei subito girare una domanda a Sabino Balzano

che ha scritto un libro che forse per un breve momento ho pensato di scrivere anch'io,

non proprio con questo titolo così netto, ma era un argomento di quelli interessanti,

di quelli che sono all'indomani della parte più dura del lockdown, non me la sento proprio

di dire adesso che siamo fuori dalla pandemia, perché purtroppo non lo siamo.

E allora, questo libro contro lo smart working, scrive Sabino, lo smart working generalizzato

lo abbiamo visto implica una lunga serie di trasformazioni tutte da indagare, dare per

scontato che siano positive in sé, sarebbe in genero, una frase con la quale sono al

100% d'accordo. E poi dice un'altra cosa che mi trova totalmente d'accordo, ovvero

quando parla della propaganda, dice la propaganda che si affanna a dipingere lavoratori intenti

a lavorare sulla spiaggia o al banco, di questi articoli io ne ho letti a dozzine, a carrettate,

cioè sembra che adesso la gente, praticamente quelli che lavoravano nei cubicoli adesso invece

si sono trasferiti a bordo piscina e d'incanto le loro vite hanno preso tutto un altro allure,

il travé è diventato James Bond a bordo piscina con una bionda d'ordinanza.

Ora purtroppo non è così, però se su queste due affermazioni cardine del libro di Sabino

Bazzano sono al 100% d'accordo sulla retorica che io ho un'oristica ancora più semplice

della sua, cioè quando io sento ormai delle parole inglesi facilmente traducibili applicate

in ambito giuslaboristico metto mano alla pistola, cioè vuol dire c'è una fregatura,

c'è quasi sempre una fregatura. Quindi su questo io e Sabino Bazzano siamo d'accordissimo,

ma guarda, ti invito a fare solo perché sei giovanissima, ci diamo del tu, qui siamo

in tre, guarda però Valentina, bella abbronzata, reduce da una settimana di lavoro al mare

o qualche giorno di lavoro al mare, è la prova evidente del fatto che forse nella tua

critica, giustissima in quel part, non tieni conto di tutti gli aspetti o no? A te la parola.

Allora, anzitutto, mi sentite vero? Sì sì. Ecco io proprio perché siamo in Smart diffido

profondamente della tecnologia e quindi verifico che vada tutto bene e che non sia in corso

un sabotaggio. Allora detto questo io colgo l'occasione per unirmi a quello che diceva

Valentina, io ringrazio l'editore per aver organizzato questo incontro, la terza si sta

dimostrando davvero attenta a certi temi e credo veramente sia un momento importante

per cui è fondamentale parlare di lavoro. Ringrazio profondamente Riccardo per essere

qui con noi, è una persona che stimo molto quindi sono veramente contento di potermi

confrontare con lui e approfitto anche davvero sinceramente per congratularmi con Valentina

Furlanetto che ha scritto un libro che io ho letto da cima a fondo, consiglio a tutti

di leggere perché davvero è uno spaccato di vita reale, come giustamente diceva Riccardo,

che a volte produce molta rabbia, molta amarezza, in alcuni passaggi anche commozione, però

è giusto essere consapevole di ciò che accade. Detto questo, io credo che Riccardo con questa

domanda abbia colto proprio il punto di quello che era il mio sentimento quando ho iniziato

a scrivere questo libro, perché davvero lo smart working è oggetto di una propaganda spaventosa.

Voi andate su google, cercate smart working, cliccate nella sezione immagini e avete una

fotografia appunto visiva di che cosa sia la propaganda attorno allo smart working. Vedrete

gente dal cottage in montagna col vin brulee, vedrete gente a bordo piscina con i Ray-Ban

e il Long Island, vedrete gente nel bosco, gente al parco e tutte le volte che io mi confronto

con dei sostenitori legittimamente accaniti dello smart working, io domando appunto di

introdurre questa nuova disciplina olympionica, cioè il salto dello smart worker sulla spiaggia.

Voi andate sulla spiaggia a correre e saltate tutti gli smart worker felici che incontrate

sulla spiaggia. A me non è mai, e ve lo dico veramente sinceramente, non è mai capitato

di incontrare uno smart worker sulla spiaggia. Spero che prima o poi possa anche io provare

il brivido di questo incontro. Quindi sì, lo smart working è stato oggetto di propaganda e

questo rende, a mio avviso, questo libro necessario. Tant'è vero che anche Riccardo aveva avuto l'idea

di scriverlo. Perché è necessario? Perché se noi crediamo che attorno al lavoro debba declinarsi

una discussione plurale e quindi democratica, è fondamentale che si sviluppi una voce,

che la pensi in maniera differente, chiaro, convintamente, ma è necessario e fondamentale

che si sviluppi una una voce differente. Quindi io il primo attributo che riferirei a questo libro,

lo faccio sempre, è necessario. Questo era un libro necessario, perché serviva per sparigliare

un pochino le carte. Tanto è vero, e giustamente veniva notato, che è stato scelto un titolo netto,

provocatorio, volutamente provocatorio, perché dinanzi ad una valanga di informazioni e di

immagini assolutamente unidirezionali, abbiamo ritenuto poco opportuno dire ma sì ok però.

Abbiamo ritenuto invece più opportuno provare a tirar su una diga e dire ok fermi tutti,

contro, noi siamo contro e quindi parliamone. Che questa è stata un po' l'idea che ci ha animato.

Giustamente Riccardo mi diceva... E' tutto inutile la domanda, tu devi spiegare. Valentina

diceva che doveva stare in reddito su e non in mano. Guarda, ci stavo entrando nel merito,

proprio in questo istante, e aggiungo un carico da 90. Per esempio, una delle critiche che è stata

rivolta a me è, vabbè hai scritto un libro contro lo smart working e l'hai fatto in smart

working, perché lo confesso pubblicamente, lo confesso pubblicamente, io ho scritto contro

lo smart working in smart working. Quindi veramente può apparire un cortocircuito,

una contraddizione in termini. Però io domando quanti siano i lavoratori che hanno la fortuna,

che hanno il privilegio di svolgere attività che siano in qualche modo paragonabili alla scrittura

di un libro o che siano in qualche modo paragonabili al bellissimo lavoro che svolge

Valentina. Cioè un conto è scrivere contro lo smart working e smart working. Io per esempio parte

di questo libro l'ho scritto nella mia casetta in campagna in Puglia, è stato bellissimo,

anche delle foto in cui scrivevo questo libro. Un conto è far questo però, un conto invece è essere

un addetto al contact center di una grande azienda che da solo all'interno della sua

stanzetta svolge attività di contact center in smart working. Sono attività completamente diverse,

cioè un conto svolge in smart working attività tipicamente creative, un conto o creativo,

che abbiano determinate caratteristiche, che siano edificanti, che siano tutelate,

che siano garantite. Un conto è svolgere un'attività che era di per sé precaria,

era di per sé alienante, era di per sé iper misurata. Anche Valentina nel suo libro fa notare

come moltissime attività oggi siano oggetto di una misurazione quantitativa veramente ficcante,

pericace, penetrante, alienante. Ora immaginatevi tutto questo declinato in un'attività in smart

working che assuma però la connotazione di paradigma ordinario e generalizzato di prestazione

lavorativa, cioè te lavori solo da casa. Ecco questo è il punto e secondo me questi casi

rappresentano la stessa grande maggioranza dei lavoratori che declinano la loro attività da

remoto. Allora lascia tintura un paio di secondi e poi dopo ricrediamo subito la parola a Valentina,

che dall'alto ha la sua esperienza di vita in smart working e può commentare come crede.

Una domanda secca, che richiede una risposta abbastanza secca. Tu che problematizzi molto

molto bene i rischi, fai confronti col tuo lavoro e dici che il lavoro agile ha gli obiettivi

ma non le tutele del tuo lavoro. La gente deve comprarlo il tuo libro, quindi non vogliamo

neanche spoilerare troppo. Però la domanda secca è questa, tu non rischi di buttare via,

come si dice, come espressione abusata, il bambino con la sua sforca? Hai totalmente

ragione che qui noi tre possiamo fare lo smart working con grande profitto. Non tutti possono

farlo. Però tu vuoi, diciamo così, complessivamente impedire a me e a Valentina di fare il lavoro

agile? O allora potessimo ancora farlo perché c'è qualcuno che non può farlo?

Assolutamente no. Assolutamente no. Però attenzione, perché lo smart working prima

di tutto ha due vite, pre e post pandemia. Sono due cose completamente diverse. Tanto è vero che

lo smart working dal 2017, anno di introduzione della legge fino alla pandemia, come fenomeno non

è esploso. Se davvero era quella innovazione ineluttabile che il mondo del lavoro aspettava

da tempo, il fenomeno sarebbe esploso prima. Non è esploso proprio perché quello che abbiamo visto

durante la pandemia è uno smart working completamente diverso. Già lo smart working del

2017 aveva delle, come dire, si prestava delle problematiche che andrebbero comunque affrontate,

ad esempio salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Però se lo smart working rimanesse

un paradigma residuale rispetto all'ordinaria attività lavorativa e se quei problemi già

presenti nel 2017 fossero approntati e risolti, allora l'attività in smart working può essere

un'opportunità, certo. Il punto è che dal mio punto di vista, Riccardo, si sta andando in una

direzione completamente diversa. Questo che mi spaventa. Ti fermo lì. Sono parzialmente d'accordo,

ma adesso diamo la parola a Valentina, che se crede può dire qualcosa perché ne ha tutti i

titoli, anche come lavoratrice. E poi, quando avrai detto quella cosa, voglio farti parlare

un secondo di una cosa di cui racconti nel libro, ovvero i rider, una delle categorie di cui ti

occupi, con una piccola provocazione. Ma prima di quello che pensi, di quello che sei detto sulle

prospettive della smart working? Credo che il libro di Savino sia veramente, come ha detto lui,

probabilmente un libro necessario. Anche il titolo provocatorio io lo apprezzo, nel senso che in

questa retorica di quanto è bello e facile lavorare da casa è un po' stupevole. L'abbiamo

letto un po' tutti e non rappresenta la realtà. Se posso aggiungere una cosa, sono d'accordo con

Riccardo quando dice che siamo attenti a buttare tutto il pacchetto, perché noi come giornalisti,

ad esempio Radio 24, avevamo fatto una lotta per la pandemia per lo smart working e l'avevamo

ottenuto con grande fatica, cercando di dimostrare che anche tecnologicamente la radio si poteva fare

da casa. Poi con la pandemia tutto è stato accelerato, quindi adesso tecnicamente lo sanno,

perché io lavoro nel smart working per l'80%, compresa la mia prospettiva, che riesco a fare

per conto mio. E questa è un'ottima cosa. Sicuramente ci sono dei rischi. Uno dei rischi

che io vedo ad esempio è il rischio per le donne. È una questione che tu affronti e che

secondo me è molto interessante. Nel senso che ancora adesso io credo che sia molto pericoloso

per le donne, per le mamme, perché viene dato questo contatto che si possa gestire i bambini

e fare lo smart working contemporaneamente. Lo si è visto con i bonus baby-sitter,

che non venivano dati agli lavoratori che erano in smart working. Perché? Io dovrei,

secondo loro, lavorare, mandare dei testi, fare delle interviste contemporaneamente,

fortunatamente dei bambini che sono dei ragazzini. Però comunque hanno diritto di avere una persona

in casa che si dedichi a loro. Questo è davvero rischioso. Poi si rischia davvero di non essere

dei lavoratori a pieno, dei genitori a pieno. E questo sappiamo che si riversa purtroppo molto

spesso più sulle donne che sui papà. Alzo il dito per confruttare parzialmente

quello che hai detto. Adesso senza entrare troppo nelle dinamiche complesse, nella geometria variabile

della mia vita privata, ma quello che posso dire è che frequento intensamente una bambina di due

anni che ha una mamma che fa la freelance. Per lei è stata una svolta pazzesca, perché invece di

uscire a fare una prestazione che durava mezz'ora, e andare nel posto di lavoro, tornare indietro,

una bambina di due anni, anzi neanche due anni, a due anni a settembre, e questa cosa

ha esemplificato la vita in maniera radicale. Se noi la invitassimo qui in trasmissione e le

dicessero allora senti, da un'ora in poi a fare questa cosa alla radio ci vai fisicamente,

torni indietro, lei metterebbe mano alla pistola. Una piccola testimonianza di una neomamma molto

contente. Sono d'accordo Riccardo, per me è una sorpresa che io vivo a Como e lavoro a Milano,

per me è stata una svolta decisamente. Quell'ora in più di strada la utilizzo in un'altra maniera,

magari anche semplicemente leggendo il giornale bene. Non sto dicendo, sono favorevolissima,

io ero nel CDR quando ci siamo battuti per avere lo smart working, quindi io sono favorevole al

smart working, però va normato, insomma, bisogna fare un lavoro su tante cose in Italia, tra cui

anche su questo. Quindi credo che il titolo sia provocatorio e sia interessante dibattere anche

di queste cose. Poi c'è una parte del libro di Savino che riguarda l'allontanamento fisico

dei dipendenti, che secondo me è molto interessante e mi faceva venire in mente quella app che era

messa in atto, che era stata utilizzata da Amazon a Piacenza, che è Proxemics. Esatto,

il distanziamento sociale causa pandemia, che però, che quindi prevedeva che avendo con te

quello scanner che ti serve a conteggiare e a muovere tutti i pacchi, allo stesso tempo questo

scanner ti dica che tu non sei abbastanza distante dal tuo vicino collega e che quindi ti deve

allontanare. Questo distanziamento sociale che ha giustificato la pandemia, come scrivo nel libro,

e come mi hanno detto molti lavoratori, è anche stato involontariamente, a pensar male invece

volontariamente, utilizzato per far sì che i lavoratori si parlassero meno e quando ci si

parla di meno ci si organizza di meno, si parla meno dei problemi in comune e quindi sì, anche

nello smart working c'è questo effetto, ci si vede di meno, si bevono meno caffè assieme nella pausa

e si discute di meno dei temi comuni e quindi anche dei problemi comuni e anche delle rivendicazioni

comuni. Questo secondo me un po' esiste come problema. Riccardo mi consenti soltanto una

cosa? Ti stavo per passare la parola, questa cosa qua è un assist, poi ci teniamo per dopo la domanda

che volevo farti su Rider, è un assist troppo perfetto per ripassare la palla a Solino e prima

di farlo, però gli voglio leggere una cosa che mi ero messo da parte, che mi è venuto in mente

leggendo il suo libro, che è la quarta di copertina di un altro libro, il giochino è Scuola l'intruso,

io ti leggo questa cosa e tu, che sei un ragazzo molto sveglio, forse indovinerai,

dalla quarta di un libro che si occupa di una materia molto simile alla tua, cioè della tua

materia, in realtà si legge parlando dello smart working ovviamente, si tratta di un processo,

dalla quarta di copertina, di innovazione dell'impresa e dell'organizzazione del lavoro,

della città, della vita, per questo è importante che coinvolga tutti per andare insieme a un

cambiamento culturale prima che organizzativo, l'autore mette in luce i vantaggi del lavoro agile

senza però trascurare i pericoli, questa guida pratica offre un percorso per realizzare le

organizzazioni e indicazioni utili per regolare meglio i diritti e i doveri dello smart working,

il messaggio è, questo è il passaggio fondamentale, che lo smart working è un lavoro intelligente

perché valorizza la reciprocità e trasferisce vuote di responsabilità e libertà alle persone

favorendo il loro benessere e la produttività. La domanda è, vuoi indovinare chi ha scritto

queste cose, chi è l'attore di cui stiamo parlando? Potrebbe essere il professor De Masi ad esempio,

no no e invece? Ce la puoi fare però, con la seconda cartucetta ce la puoi fare, te lo dico io,

Marco Bentivogli, che ha scritto un libro come una peana dello smart working, ma allora questa era

un po' una gag, volevo sapere come reagite, perché insomma fino a poco tempo fa Marco Bentivogli

faceva il tuo lavoro, che in effetti fa questa ultima frase, diciamo, il messaggio è che lo smart

working è un lavoro intelligente perché valorizza la reciprocità e trasferisce vuote di responsabilità

e libertà alle persone favorendo il loro benessere e la produttività. Allora diciamo che di carne al

fuoco ce n'è davvero tantissima quindi devo provare ad orientarmi, allora anzitutto provato

organizzarmi dicendo questo, è vero non dobbiamo correre il rischio di buttare il bambino con

l'acqua sporca, giusto? Allo stesso tempo però attenzione a non pensare di poter risolvere tutti

i bonus del nostro stato sociale ricorrendo allo smart working, perché sarebbe un errore. L'assenza

di servizi, l'assenza di servizi alla famiglia, l'assenza di servizi di assistenza ai più fragili

non può essere compensata tenendo la gente a casa, il problema della congestione delle nostre

città e del traffico non può essere risolto tenendo la gente in casa, l'abbattimento

dell'inquinamento non può essere risolto tenendo la gente in casa. Quindi attenzione dal mio punto

di vista a non confondere quelle che sono delle esternalità legate all'attività in lavoro agile

con quelle che invece dovrebbero essere, con quello che invece dovrebbe essere il frutto di

una politica attiva appunto in capo a chi ci governa e a chi dovrebbe fare delle scelte di un

certo tipo. Cioè io ho come la sensazione che oggi se tu avanzi delle critiche contro lo smart

working a gioco facile chi ti risponde? Allora se sei contro lo smart working è perché vuoi città

inquinate, perché poi il sillogismo è anche abbastanza semplice se non fosse altro che non

è particolarmente onesto, nel senso che secondo me non dobbiamo correre il rischio di individuare

nel lavoro agile la risoluzione a dei problemi che sono dei problemi annosi delle società in

Italia, poi in particolar modo, che non possono essere risolte in questo modo, è una scorciatoia.

Allora i problemi legati al lavoro agile sono tantissimi, veramente tanti. Il fatto che il

lavoro agile, qual era la parola che utilizzava a venti vogli? Benessere se non sbaglio. Benessere

si. Ma questo può valere per chi fa determinati tipi di attività. Il fatto che nel nostro paese,

ad esempio, ci sia, ma io ne dico una, ma si possono fare tanti esempi, il semplice fatto

che il datore di lavoro in smart working non è tenuto a darti una sedia ergonomica, già questo

mette in discussione il tema del benessere. Che la tua casa magari è un monolocale affollato,

già questo mette in discussione il tema del benessere. Però io vorrei parlare d'altro,

ad esempio sulla quantità di lavoro. Lo smart working è un lavoro più povero, perché già,

soprattutto nel mondo impiegatizio, tutta l'Europa, ma il nostro paese in particolar modo,

è afflitta dal problema del lavoro gratuito. Noi abbiamo tanti, tanti settori, probabilmente lo

fate anche voi, di lavoratori che dovrebbero lavorare ad ore e invece fanno una, due ore di

stare ordinario, ogni giorno non retribuito. È un fenomeno di un, ne parla addirittura Demasi

all'interno del suo libro, lo dice, tutti gli impiegati per attaccamento all'azienda, dice lui,

io troverei altre spiegazioni, diciamo, lavorano una, due ore al giorno gratuitamente all'interno

dell'azienda. Questa tipologia di, questa patologia in realtà, nella dinamica del lavoro dipendente,

si accentua enormemente in smart working, enormemente, perché addirittura c'è l'argomento

del datore di lavoro che dice, vabbè, ma tanto sei a casa, gestiscila questa cosa,

rispondi a questa mail. Il tema della disconnessione nell'ambito delle relazioni

sindagali è tanto ricorrente, e in tema di smart working lo è enormemente, perché aumenta in

maniera spropositata il lavoro gratuito. Allora vi bastano già…

Un secondo, al secondo tuo enormemente devo intervenire, perché hai detto che… ti cito

un bel libro di un giovane santecalista che si chiama Balzano, non so se lo conosci.

Vagamente.

Cita per esempio, Balzano, alcuni studi, uno di Banca Italia e uno di IDP, che dicono due cose.

Quello di Banca Italia l'ho contestato su un solo 24 ore però.

Sì, però lo citi nel libro, diciamo, ai nostri ascoltatori, perché se no…

Certamente.

Il libro è uno studio di Banca Italia e quello di IDP che dicono di fatto che sono,

quello di Banca Italia conta anche le ore in più che lavorerebbero i lavoratori smart working e

ne calcola in due ore in più. A stimare. Mentre quello di IDP, che è la soluzione dei direttori

del personale, dice che i smart working sono molto soddisfatti. Allora, perché ti dico queste cose?

Perché una cosa che mi ha un po' sorpreso del libro è che, appunto, essendo tu evidentemente

una persona onesta, citi gli studi così come sono, non è che li travisi. Però, e qui diciamo

che fuori da un vecchio ricordo liceale ma molto netto nella mia memoria, che è quello del giovane

Hegel quando fa la tesi di abilitazione. Allora, lui aveva studiato che c'erano sette pianeti e

i suoi, diciamo, quelli che gli devono dare l'abilitazione, l'insegnamento, nel frattempo

avevano scoperto che c'era un ottavo pianeta. Allora, a questa confrontazione, cioè fattuale,

che nel frattempo erano sette finché aveva studiato Hegel, ma poi ne avevano scoperto un ottavo,

il giovane Hegel risponde, se i fatti e la teoria non vanno d'accordo, tanto peggio per loro,

tanto peggio per i fatti. Allora, questa ovviamente è una provocazione, ma come risponde questo

giovane Hegel? Che tu stesso citi degli studi che non dicono che sono molte ore in più o la

gente è insoddisfatta, ma che i lavoratori, i smart workers, sono tendenzialmente più soddisfatti e

lavorano un po' di ore in più, però diciamo così, hanno anche delle ore più vicine alla famiglia.

Allora, chiaramente ho cercato di dar voce a tutti, quindi anche a studi che hanno posizioni

positive, ma ci sono tanti studi che recentemente ne è stato pubblicato uno, se non sbaglio,

proprio dal Corriere della Sera, che tra l'altro muove da un'iniziativa della CISL, che evidenzia

come molti lavoratori, francamente, hanno delle perplessità in merito allo smart working. Ho

citato anche qualche studio di questo tipo. Per quanto riguarda Banca Italia, io lo cito perché

Banca Italia, ma in notalo contesto, se ricordo bene, Banca Italia sostiene che l'aumento,

a fronte di un aumento di due ore settimanale, ha aumentato la retribuzione, se non sbaglio,

del 6%. Io contesto questo punto, cioè io contesto il fatto che lo studio di Banca Italia,

che peraltro è uno studio di pochissime pagine, si legge in dieci minuti, dia per scontato il

fatto che le ore effettivamente aumentate siano due. Io questo contesto all'interno del libro.

Quelle sono le ore registrate in più, ma io lavoro come sindacalista del mondo impiegatizio. Voi non

avete idea della gente che conosco io che beggia, beggia l'uscita dal luogo di lavoro e poi rientra

in azienda senza beggiare e lavora gratuitamente. Voi non avete idea di quanta gente io conosco che

pone in esse le comportamenti di questo tipo. E questo è un elemento che secondo me accomuna

anche questa analisi. A questo scrive anche Valentina, perché in alcuni punti lei lo dice,

perché la gente non si ribella, perché la gente accetta di porre in esse determinati comportamenti,

perché il filo rosso che poi fa emergere tutti i problemi legati alle modalità di prestazione

lavorativa, qualsiasi modalità, e sia nello smart working, secondo me, l'accentua, è la precarietà.

Laddove il lavoratore è posto in una condizione di subalternità, accetta l'inaccettabile,

quindi le dinamiche politiche e collettive cui induce lo smart working, disgregando la

comunità del lavoro, accentueranno questi meccanismi. Vedi, Stefano, guarda, veramente,

l'unica cosa che voglio dire, io non nego il fatto che se tu la mattina non devi fare due ore di

traffico per andare in ufficio sei più contento. Io questo non lo nego assolutamente, perché sarebbe

una posizione irrazionale. È chiaro che se uno non deve affrontare le due ore di traffico al

giorno, allora io provo a ragionare per paradossi. Quando all'iscelo si dovevano dimostrare determinati

teoremi di geometria, si lavorava per paradossi. Nel senso che la gente dice, io accetto degli

svantaggi perché non faccio le due ore di traffico. Allora immaginatevi chi lavorava a 50 metri

dall'azienda, che viene posto in smart working, che prima ci metteva due minuti ad arrivare in

azienda e ora si becca tutti gli svantaggi e non ne hai vantaggi invece. Cioè dobbiamo disgiungere,

secondo me, le esternalità positive da ciò che è strettamente collegato all'attività lavorativa.

Va bene, non mi hai convinto completamente, ma poi ritorniamo nel senso che...

Fatto del mio meglio!

...le esternalità... Allora, io non beggio, non ho mai beggiato da quando sono assunto,

da vent'anni. Lavoro tanto di più perché mi piace. A me lo smart working non mi ha danneggiato in

niente. Io pago al giornale perché mi fa piacere parlare come mi capi ogni tanto e vedere la mia

stazzetta. Ma è vero che io sono una categoria assolutamente privilegiata, neanche più ultra

privilegiata. Però, secondo me, l'analisi va articolata in maniera molto tridimensionale.

Valentina, la cosa che volevo... ovviamente puoi intervenire su tutto questo... è un bel

capitolo dei Writer che mi sta molto a cuore perché qualche anno fa ho scritto un libro che

si chiamava Lavoretti, che si occupava proprio di queste cose. E citi, aggiornando il libro,

evidentemente era forse poco prima della chiusura, anche il caso dell'eccezione Just It, per così

dire. A un certo punto il fronte di Assault Delivery è stato rotto da Just It, che ha deciso,

lasciando gli altri grossi, di assumere i propri Writer. Io ti chiedo, e lo chiedo come se lo

chiedesse a me stesso, perché di recente un ascoltatore con cui avevo dibattuto abbastanza

animatamente in una trasmissione Fahrenheit sui Writer, in cui gli avevo detto che ero uno che

piaceva il Cotti. Io ho cercato di dirgli che non era forse un'ottima idea. E allora, dopo un po',

dopo mesi, quando è entrato in essere questo contratto Just It, ha mandato una mail lunghissima,

piuttosto intelligente, che diceva che ero quello che faceva il paladino della soluzione,

e io gli ho risposto che prima guadagnavo TOT e adesso guadagno molto meno di TOT.

Come la mettiamo? Ti giro pari pari questa obiezione che mi ha fatto, io l'ho risposto

lungamente, privatamente, forse anche ne scriverò. Secondo te, l'unica soluzione è la soluzione o è

più complicato di così? Allora, è complicato innanzitutto. E come tu hai intuito, ho dovuto

aggiornare quel capitolo più volte, perché io ho consegnato il libro a fine dicembre e in maniera

molto... Beh, queste cose stanno cambiando velocissimamente, penso che se rifacessimo

collegamento fra tre mesi sarebbero diverse nuovamente. Quindi a fine dicembre erano una

cosa, poi quando è andato in stampa, mesi dopo, perché ci sono state diverse letture, tra cui

una lettura legale, eccetera, sono cambiate le cose e l'ho aggiornato. E c'è stato questo accordo,

un accordo un po' imbarazzante, come tu hai notato, perché a SoDelivery, diciamo,

si tratta comunque di una categoria che si autocontrolla e questo non va bene. Maurezzo

Landini ha detto uno scempio, uno scempio, diciamo, di quel contratto giallo. Però ci

sono molte differenze tra piattaforma e piattaforma e quindi sicuramente io lo scrivo

dentro che ci sono situazioni molto diverse, no? Perché è così, è così e bisogna riconoscerlo,

non bisogna parlare del Food Delivery come se fosse un unicum, non è mai un unicum in nessuna

situazione, né giornalisti, né sindacalisti, né Food Delivery. Quindi ognuno ha le sue regole.

Quello è accordo, è stato un accordo a ribasso, uno scempio ha detto Landini e in effetti lo è.

Quel rider che ti ha scritto, beh, ha sicuramente delle ragioni, non è che io credo che l'assunzione

a tutti i costi sia la soluzione. Il problema è tra il Far West e una situazione in cui c'è

un'assunzione ma si guadagna anche di meno. Allora, normare questo Far West, penso che sia

arrivato il tempo, no? Perché per come era la situazione non solo un anno fa, ma pensiamo a

prima. I rider avevano avuto delle promesse dall'attuale Ministro degli Esteri Di Maio,

quando Di Maio era entrato in politica. Nel frattempo Di Maio è migliorato molto come

politico secondo me, ma la situazione dei rider non è molto migliorata e quindi è una categoria

che ha avuto tantissime promesse e pochi fatti. Partono da una posizione in cui non hanno neppure

il mezzo che è omologato, che viene controllato, non vengono considerate le condizioni climatiche

nelle quali lavorano, non viene considerata l'assicurazione sanitaria di infortunio. Cioè,

veramente è una situazione che tra l'assunzione da dipendente e questa situazione qui ci sono

tante vie di mezzo. Quindi adesso io non so questo rider di cui tu parli, che situazione lavorativa

avesse prima o dopo, però a me facevano abbastanza ridere quegli articoli, ne è uscito uno in

particolare qualche mese fa su un giornale italiano in cui un commercialista o sedicente

tale aveva lasciato il posto... Non è mai stato commercialista, vuole di cui parli,

mai è stato commercialista. Ma certo, ma certo, ma certo. Anche qui c'è la ritorica dei commercialisti

che lasciano posti di lavoro perché da rider guadagnano molto di più. Allora, insomma,

anche no. Cioè questa retorica alimentata tra l'altro da giornali molto seri è pericolosa

perché comunque poi tu vai per strada, ci parli con queste persone e sono persone moltissimi

stranieri perché... Ecco, prima io vi sentivo parlare dello smart working, è un dibattito

interessantissimo. Sicuramente stiamo parlando di professioni che hanno la possibilità di fare

lo smart working. I lavoratori di cui mi sono occupata io nel mio libro sono persone per le

quali davvero la romanticizzazione della quarantena era una questione classica, come è stato scritto

in un muro di un ponte spagnolo durante il lockdown. Perché sono persone che nei loro

settori, la catena del freddo, della carne, i rider, le badanti, gli operatori sanitari,

le donne delle pulizie, non avevano la possibilità di fare lo smart working. Stiamo parlando di

categorie di persone davvero che hanno... diceva Savino prima, dipende che margini di sfruttamento

ci sono. Ecco, nella categoria di persone che ho ascoltato io ci sono margini di sfruttamento

molto grandi anche perché molto spesso sono stranieri e non hanno i documenti, oppure li

hanno ma il fatto di perdere il lavoro determina la perdita dei documenti, quindi per loro è un

rischio doppio, non solo il loro salario. Per il proposito, vogliamo ripassare la palla a Savino.

La cosa che volevo dirti all'inizio che poi mi sono perso, diciamo così, io sono andato abbastanza

di recente a Spilambento, in provincia di Motena, vicino a Maranello, dove aprirà un nuovo centro

smestamento Amazon. E allora ero andato a capire come una piccola comunità dava più o meno il

benvenuto, qual era l'impatto di una multinazionale del genere in una comunità così piccola,

diciamo così, immaginando ci fossero state delle barricate e quant'altro, il che non era così,

perché poi la cosa che mi ha spiegato, diciamo così, una piccola un'obiezione che volevo farti,

che mi ero dimenticato, sennò sempre che faccia solo le persone a Savino non vorrei mai che fosse

così. A un certo punto tu dici, no, tu non dici, ma tu citi, quindi la responsabilità è ovviamente,

diciamo così, di chi la dice. Una persona che lavora, una donna che lavora in un magazzino

Amazon, dice che non poteva andare in bagno due volte in un turno. Ora, io mi sono molto occupato

di Amazon e due libri fa, diciamo, ho fatto un libro praticamente quasi tutto anti-Amazon,

diciamo, quindi ho le credenziali, mi sento apposto per la scienza per dire la cosa che sto per dire.

Questa cosa non esiste, non esiste, è una cosa che esiste negli Stati Uniti, esiste in altri

paesi, ma in Italia questa cosa che non si può andare due volte in bagno in un turno è una cosa,

è stata molto ripetuta, ma se ci vai sei volte devi spiegare perché, diciamo, perché è successo

un caso di una donna che aveva un problema al ciclo piuttosto importante, allora lì,

cioè, se ci vai sei volte qualcuno ti chiede qualcosa, ma questa cosa qua, che è una specie

di meme, diciamo, molto ripetuta, del non poter andare al bagno in due volte, cioè, almeno che

io ho chiesto 60 volte. Invece esiste perché tu forse parli di Amazon, io parlo delle società

in subappalto che lavorano per Amazon. Ma lei però parlava di quella che tu intervisti,

parlava di Amazon, cioè una di queste, a Castel San Giovanni, diciamo, questa cosa,

ma mica perché sono buoni, solo perché hanno un'immagine da perdere piuttosto grossa. Sì,

loro sono attenti a questa cosa. Non solo lei me l'ha detto, io la maggior parte,

lei, ho capito a chi ti riferisci, era una donna che poi ha lasciato per una

giornata con il marito, sì, lei non è l'unica persona che me l'ha detto,

lei no, ma la maggior parte delle persone che io ho sentito erano in subappalto e tutte le

regole che Amazon sventola, anche per marketing, le bypassa quando prende il lavoratore in subappalto.

Sì, ma quindi, dentro, scusa, non voglio, adesso poi non è così interessante, ma quelli che

lavorano nel perimetro di Castel San Giovanni, che hanno il badge azzurro-verde, ovvero che sia

un tempo determinato, sia in subappalto, questa cosa qua, lo dico solo perché ci sono mille

buoni motivi per criticare Amazon, l'importante è che siano quelli giusti, perché molto spesso

i racconti su Amazon si sovrappongono i piani su Amazon America, per dire, e Amazon Italia,

per esempio, giornalisti anche bravi su altri settori, ho sentito dire delle cose tipo,

ah perché Amazon Italia non c'è il sindacato, non è vero, a Castel San Giovanni c'è il sindacato,

da molto tempo, infatti fanno gli shop, lo sappiamo, insomma, quello che è vero per gli

finiti non è vero per l'Italia, in molti casi. Sì, in molti, allora, lei mi ha raccontato questo,

io l'ho riportato col suo virgolettato, detto questo, è una, questo del non riuscire ad andare

in bagno o altre cose, perché poi questa è una cosa, è un particolare, sicuramente importante,

è una cosa che mi hanno raccontato in tanti di questi tempi stringenti, però io la maggior

parte di quelli che ho sentito, tranne appunto lei, erano i sub appalto, quindi il sub appalto

consente a questa società di aggirare tutte le norme o anche le piccole, questa non è che è

quella del bagno, ovviamente è una norma, è la possibilità data al lavoratore, come è normale

che sia, di andare in bagno quando ne ha bisogno. E ci mancherebbe altro. Ci mancherebbe, però il

sub appalto ha norme molto diverse, per cui lei mi ha detto così, io l'ho virgolettato,

e se tu mi dici così io non ho motivo di dubitare che all'interno dei magazzini,

vadano in bagno almeno due volte o quando non hanno bisogno. Detto questo, io ho sentito più

di una persona e alcune, lei mi ha dato il nome e altri no, ovviamente, che mi raccontavano tempi

stringenti, controllati. Tempi stringenti e controllati, pausa di mezz'ora molto stretta,

che poi risulta dentro un giorno. Come dice Tarik, l'ingegnere che interviste, lui dice

questa è la fabbrica, cioè questo è il tipo di fabbrica di oggi, che richiede questo tipo di

tempi e lui è parte del meccanismo, diventa parte del meccanismo e quindi forse è il meccanismo che

ha sbagliato. Detto questo, a volte loro vengono assunti da Amazon e quindi Amazon si attiene a

quello che dice, a volte vengono assunti da altre società che sono delle scatole, ma non soltanto

Amazon, assolutamente, cioè questa cosa del subappalto viene utilizzata da CEVA, Logistic,

molti altri, per mettere le regole che vogliono. Alla fine chi controlla la società del subappalto?

Scusami, non voglio andare oltre a questa cosa perché voglio passare subito la parola a Sabino,

ma quando lavorano dentro, una cosa è se tu parli, quando parli del capitolo di Monfalcone, Fincantieri,

quella è una costellazione di società in cui Fincantieri può dire ma io non lo so cosa succede,

ma quando... E lavorano dentro Fincantieri? Sì, però sono stato anche lì, è molto più difficile

controllare quello che succede dentro Fincantieri di come è facile controllare quello che succede

in quel rettangolo, che è il grande rettangolo che è Castel San Giovanni. Poi ci possiamo dare

appuntamento a Roma Chiano, se tu mi trovi altri casi di gente che proprio ti dimostra questa

cosa, io ci faccio un'apertura del verde. Detto questo, non importa, siamo d'accordissimo sul

fatto che le condizioni sono terribili, passo Amazon come giustamente racconti,

io avevo una bisogno molto specifica sul bagno, perché siccome è un meme che viene molto spesso

utilizzato, io credo che dentro Amazon questa cosa non sia... Si può fare la pipì due volte.

Sì, a nostri fondamentali mi sento di crederci. Sabino, abbiamo già spiagato il nostro tempo.

Posso andare un attimo in contropiede? Voglio provare a provocarvi io, visto che... Perché

io riflettevo, adesso ascoltavo anche voi, c'è una espressione che durante questa discussione

è stata abbastanza di corrente. Noi ci siamo più volte detti che va regolamentato e l'abbiamo detto

in merito a diverse questioni. Non l'abbiamo detto soltanto in merito allo smart working,

certo in merito allo smart working l'abbiamo detto insistentemente, ma sono tante le questioni che

secondo noi, e siamo tutti e tre d'accordo, vanno regolamentate. E questa cosa, mentre la dicevamo,

mi faceva venire in mente una discussione che io ho avuto sempre qui in Casa la Terza con Cesare

Damiano, ex ministro del lavoro, con il quale dialogavo e questa cosa la dicevo anch'io,

dobbiamo rivedere la legge del 2017 in materia di smart working, perché se sistemiamo alcune cose,

e lui, che è persona diciamo di esperienza, di saggezza, giustamente mi ha fatto notare,

ma savi, facciamo una nuova legge, va regolamentato e chi lo regolamenta, chi la fa questa nuova legge?

E' del nuovo di Colombo, perché in effetti noi dobbiamo guardare quelli che sono i soggetti che

sono in campo e anche rispetto a questo noi assistiamo ad una propaganda che fa quasi

impressione, cioè noi abbiamo, io ho letto articoli di giornali importanti che attribuiscono

la vittoria del campionato europeo all'effetto Draghi, io ho letto questo sui giornali,

articoli che non erano l'ercio, erano articoli di giornali che parlavano di effetto Draghi e

parlavano del... però è strano che non si riconduca all'effetto Draghi lo sblocco dei

licenziamenti e le centinaia di licenziamenti che abbiamo avuto in queste settimane, magari

notificati tramite mail, oppure che non si riconduca all'effetto Draghi la modifica del

decreto dignità, di cui è vero che qualcuno ha parlato, ma si è parlato pochissimo di questa

vicenda, cioè la modifica del decreto dignità che ha anche una portata politica di dimensioni

assai rilevanti è passata quasi in sordina e invece introduce un meccanismo che la delega

alla contrattazione collettiva di disciplinare i contratti atibici, i contratti a termine,

che ha una portata rilevante, giustamente anche Valentina nel suo libro parla della

contrattazione pirata e io immagino cosa possa accadere in merito a questa materia se noi

deleghiamo alla contrattazione collettiva soprattutto quella più debole, quella più

fragile, la disciplina del contratto a termine. E allora ecco, va regolamentato e lo regolamenta

chi? Perché se noi guardiamo gli ultimi trent'anni di riforme in materia di lavoro, io vedo soltanto

belle parole, flessibilità, un tempo si parlava di flex security, poi fortunatamente si è avuto

il buon gusto di abbandonare la parola security perché ormai era diventato quasi improponibile

come mantra. Però ecco, io non temo che i problemi che noi abbiamo tenderanno ad acuirsi

perché gli attori che sono oggi in campo non mi sembrano particolarmente propensi ad introdurre...

Ecco, un esempio, scusami, concludo davvero, perché è concreto sulla mia materia, perché

me l'ho anche segnato, poi dimentico sempre di dire le cose. Il 10 marzo scorso è stato

sottoscritto un importantissimo accordo sindacale in materia di pubblica amministrazione e in

quell'accordo si parla di smart working e in quell'accordo si dice che bisogna evitare

l'iperregolamentazione dello smart working, cioè dobbiamo avere uno smart working che di per sé è

già flessibile, ancora più flessibile, cioè uno strumento che oggi è visto, nonostante tutti gli

effetti negativi che racconto, come eccessivamente imbrigliante. Quindi ok, lo smart working non lo

dobbiamo buttare con l'acqua sporca ma lo dobbiamo regolamentare. Il punto è che se

fossimo noi tre a regolamentarlo avremmo risolto il problema, ma temo che i soggetti che lo andranno

a regolamentare siano altri. Ho capito, però questa è un'obiezione di scuola, perché chi

lo regolamenta è il Parlamento che c'è in quel momento. Ma ricade sulla vita? Certamente,

però i rischi che vedo sono... Ma certo, ma questo vale sempre, cioè come dire, purtroppo

chi regolamenta è la maggioranza che è in Parlamento in quel momento, cioè le stesse

leggi che tu, a mio modo di vedere, giustamente critichi molto nel tuo libro, parlo del Jobs Act

per esempio, sono leggi che sono state fatte in una fase storica e adesso c'è un'altra fase storica.

Io non sto qui a dire se questa fase storica è migliore di quella precedente, ma mi sembra

un'obiezione un po' così, appunto di scuola, perché chi lo regolamenta? Lo regolamenta il

Parlamento, il Parlamento che è la fotografia in quel momento delle forze politiche in campo.

Voglio dire, io non lo so... Allora qual è l'alternativa? Io voglio dire una cosa semplice

prima di dare la parola per far chiudere a Valentina, diciamo ovviamente. Allora,

io dico questa, una cosa molto semplice di cui mi sono convinto anche dopo essere stato a fare un

servizio a Milano, un servizio che si chiamava Il Vuoto Verticale, cioè sui grandi uffici,

grandi aziende, Allianz, Banche Intesa, grattacieli completamente vuoti, cioè smart working al 80-90%,

e però Allianz mi spiegava, il direttore generale di Allianz mi spiegava che allora avevamo iniziato

dal 2017 a fare il smart working, quello vero, gente che lavora nell'Interland milanese,

a Seregno, che invece di farsi un'ora, cioè lì era su base totalmente, due caratteristiche,

base totalmente volontaria, cioè di addizione allo smart working e sempre reversibile. Allora,

lì la gente si è tuffata a pesce perché io, ai tempi del scuola di giornalismo che ho fatto a

Milano, c'erano dei miei amici che stavano a Desio, a Seregno, in quei posti lì, e mi ricordo

le bestemmie del mio amico quando arrivava da Desio a Seregno, a volte ci metteva 45 minuti,

a volte ci metteva un'ora, e non lo so, cioè gente che poi, quando è venuta a lavorare a Milano,

ci metteva un sacco di tempo. Allora, se le caratteristiche sono di volontarietà e di

reversibilità, perché a un certo punto tu capisci che quel tipo di lavoro lì ti sembra terribile,

a casa non puoi più distarci, puoi, hai detto, andare indietro. Questa mi sembra una grande

garanzia, ma non lo so. Però, però, ecco, rispetto a quello che dicevi, due cose. Primo,

è vero, gli atti del Parlamento sono legittimi, ma ciò non significa che non si debbano criticare,

come le sentenze, dopotutto. Però, però, però, un altro elemento che voglio far notare,

visto che tu citi il ruolo del Parlamento, vorrei far notare che quasi tutte le più

importanti riforme in materia del lavoro hanno visto un ruolo del Parlamento assolutamente

marginale. Il JobSec è un insieme di decreti legislativi, quindi ha adottato tutto il Governo

con una legge quadro del Parlamento. Sì, ma l'ho capito, ma cosa vuoi? Chi le vote

questa volta, se non il Parlamento? Le politiche? Ma io non sto criticando la legittimità giuridica

degli atti, io sto criticando il loro contenuto, io non sto dicendo che... Va bene, va bene,

quindi... Va bene, qui il punto. Valentina, siamo un'ora e quarantamila. Valentina, su

cosa vuoi, diciamo, per chiudere? Ah, una domanda a piacere? No, no, un argomento a piacere.

Un argomento a piacere. Non me l'aspettavo. Se volevi intervenire anche solo su questo.

Su questo, sul smart working, intendi? Sì. Sì. Ma guarda, io penso che sia legittimo e,

come dicevo prima, la provocazione ci sta, a me piacciono un sacco le provocazioni. Ho

scritto un libro, L'Industria della Carità, diciamo che era un po' contro il non profit,

amandolo moltissimo. Quindi figurati se non sono a favore, perché trovo che sia giusto parlare

delle cose che non vanno di una cosa, invece che è virtuosa. Credo che lo smart working sia virtuoso,

assolutamente. Che però ci siano dentro molte problematiche, moltissime problematiche. Si

tratta comunque, come dicevo prima, di lavoratori privilegiati. Privilegiati che giustamente devono

discutere dei loro privilegi e di come tutelare i loro diritti. Privilegiati nel senso che fanno

un lavoro, attenzione, non in quanto lavoratori in smart working, ma che fanno dei lavori

privilegiati. I lavori intellettuali per i quali, tra l'altro, abbiamo studiato, ci siamo spesi,

quindi ce li siamo guadagnati tutti. Però diciamo che fanno dei lavori tali che si possono fare a

distanza. Lo dico perché, riferendomi al mio libro, poi consideriamo tutta la massa di lavoratori che,

invece, nei mesi in cui stavamo chiusi dentro, ci portavano il cibo a domicilio, invece che

pulivano gli ospedali, le case, le scuole. Insomma, tutto quello che sappiamo, braccianti

agricoli e quant'altro, ecco, io a quel punto mi sento una privilegiata. Allo stesso tempo,

è tutto vero quello che dice Savino o meglio, sono vere le sue provocazioni? Poi bisogna vedere

un eccesso di sindacalizzazione. Io, ad esempio, sulla sedia ergonomica, non lo so, per carità,

va bene, lui è un sindacalista, capisco il suo punto. Da lavoratrice non starei a preoccuparmi

di questo quando risparmio un'ora di strada. Ecco, però il suo punto è il punto di un

sindacalista, capisco il suo punto di vista, lui fa il suo lavoro. Io, da giornalista,

insomma, in questo caso ho fatto un'inchiesta, ho raccolto delle storie, ho cercato di metterle

insieme a dei dati in nove settori che sono gironi danteschi, in cui, ad esempio, con la pandemia,

certe cose sono esplose, certe criticità a certe situazioni che in realtà permangono anche,

adesso che la pandemia c'è ancora, ma è una situazione per fortuna leggermente migliore,

quindi mi sento di dire che sono due libri che parlano tutti e due di lavoro, ma di lavoratori

di categorie molto diverse, molto distanti. E su questo mi sento che si possa da tutti

concordare e anche chiudere. Ringrazio Valentina Forlanetto, autrice di Noi schiavisti, ringrazio

Sabino Barzano, autore di Contro la smart walking e ci diamo appuntamento magari tra un anno o due

per vedere che sarà, se ancora sarà la smart walking, perché non è affatto detto in che forma,

o in che percentuale, e se la gente sarà allora a seconda della loro ricordo. Ma se ci sarà ancora

il lavoro, guarda! Grazie Riccardo, grazie a tutti, grazie Valentina. Grazie, grazie anche a te.

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'I paradossi del lavoro: Tra smart working e schiavismo' 'The Paradoxes of Work: Between Smart Working and Slavery' Las paradojas del trabajo: entre el trabajo inteligente y la esclavitud". 仕事のパラドックス:スマートな働き方と奴隷制の間」。 Paradoksy pracy: między inteligentną pracą a niewolnictwem". Os Paradoxos do Trabalho: Entre o Trabalho Inteligente e a Escravatura". Парадоксы труда: между умным трудом и рабством". “工作的悖论:聪明工作与奴役之间”

Buonasera a tutti, buonasera a Valentina Furlanetto, autrice di Noi schiavisti come siamo diventati

compici dello sfruttamento di massa e buonasera a Sabino Balsano autore di Contro Smart Working,

un giornalista, un sindacalista, due libri di La Terza che sono tenuti insieme dall'oggetto

che è quello di indagare, come l'abbiamo chiamato questo incontro, i paradossi del

lavoro moderno, dal neoschiavismo alle magnifiche sorti progressive che ci dovrebbero essere

regalate, secondo una vulgata abbastanza semplicistica, dallo smart working. Parleranno loro gli

autori e io mi limiterò, dopo aver letto entrambi i libri, a punzecchiarli, a provocarli,

a far sì che questa conversazione mediata dallo schermo, quindi fatalmente meno entusiasmante

di quelle che si fanno dal vivo, non prenda il volo possibilmente. Inizio da Valentina

Furlanetto che ha scritto un bel libro classico, un'inchiesta giornalistica di tante cose di

cui mi sono occupato nella mia carriera, con un effetto gerovital quando scrive degli scalpellini

cinesi, della pietra luserna, Bagnolo e Temonte, in cui avevo scritto un libro sui cinesi e

tante altre cose di cui sono occupato, di varie forme di sfruttamento, con parti interi

che funzionano sulla fondamenta dello sfruttamento. Ho imparato anche delle cose che non sapevo

molto interessanti, come che la carne dei civilissimi tedeschi costa il 20% in meno della nostra

e che è ancora più sorprendente in quel grande magma che è l'industria della carne,

quasi un terzo dei macelli cinesi è fatta, tendenzialmente si regge sui subappalti, cosa

piuttosto sorprendente perché siamo abituati a guardare ai tedeschi come campioni in civiltà,

ma su questo terreno non lo sapevo affatto e la ringrazio per le altre cose che ho imparato

in questo libro. Un'altra cosa molto interessante, fondamentale, sulle RSA, sulle residenze assistenziali,

con una media oxe di 50 ogni 1000 abitanti, l'Italia è a 19 ogni 1000 abitanti. Questa

cosa qua, fra le tante cose che si imparano, fa capire la differenza tra dove dovremmo

essere e dove siamo. Io partirei con una domanda che è pari pari, diciamo così, il sottotitolo

del libro, come siamo diventati conosci dello sfruttamento di mazzelli. Quello lo spiega

benissimo Valentina nel libro e basta comprarlo e leggerlo per scoprirlo. Io le chiedo subito,

ma anche lì onesta, non si tira fuori da questa complicità, anche io compro su Amazon

come qui presente e come tanti altri, ma io le chiederei di iniziare da lì, ma come si

smette di essere complici? Intanto grazie Riccardo e grazie alla terza e a tutti voi

che siete collegati perché è un'occasione, sempre un'occasione importante, parlare dei

propri libri e soprattutto da una persona attenta come Riccardo. Come si esce da questa

complicità? Io credo che non sia sufficiente una consapevolezza dei consumi, che è il

primo step, molto spesso nelle presentazioni che faccio e negli incontri che ho con i lettori

o nelle interviste, diciamo che la prima cosa che mi dicono è che si sentono in colpa,

si sentono in colpa perché le abitudini di consumo, quelle che tu citavi e che mi coinvolgono

come consumatrice quando vado al supermercato, quando ordino un libro o una merce su Amazon

invece che su altre piattaforme, sono sicuramente il primo passo di consapevolezza verso un

lavoro sostenibile, però credo che bisognerebbe fare un gradino in più, un salto di qualità,

perché credo che sia molto, che sia uno degli, anche degli obiettivi di chi alla fine ci

guadagna su questo sfruttamento, quello di far pensare che dipende tutto dai consumatori.

C'è proprio qualcosa che dipende dai consumatori, ma in realtà molto poco, perché poi abbiamo

visto anche che c'è Amazon e quindi ci sono ad esempio i libri che vengono portati a domicilio

attraverso questa piattaforma, questa multinazionale, quindi con difficoltà delle librerie, ma

poi c'è anche Ceva Logistics, dove c'è un sistema di logistica molto italiano, anche

se si basa poi in realtà Ceva Italia fa parte di una multinazionale, ma comunque molto lontano

da Amazon, che però dove si intraprendono forme di sfruttamento molto simili. Io credo

che si esca dalla logica della complicità, quando si diventa consapevoli che ci sono

leggi italiane ed europee che permettono questo sfruttamento, quando ad esempio, per esempio

come elettori e come opinione pubblica si contrasta il subappalto, come viene fatto

adesso in tanti settori, perché in realtà il subappalto di cui si è parlato qualche

settimana fa a livello politico, è una forma di frammentazione del processo produttivo

sana, quando viene subappaltato a una ditta una parte del lavoro che la ditta madre non

fa, oppure non comunque per soltanto abbassare il costo del lavoro, che è quello invece

che avviene molto spesso, almeno nei racconti che ho incontrato, nelle testimonianze che

ho raccolto, questi dipendenti in subappalto sono pagati la metà dei dipendenti della

ditta madre e fanno lo stesso identico lavoro, hanno le stesse mansioni, hanno gli stessi

turni, quindi un subappalto di questo tipo è solo un modo per aggirare lo statuto dei

lavoratori. Quindi ad esempio spingere dal punto di vista dell'opinione pubblica e poi

come elettori, la politica a cambiare queste leggi, a cambiare queste norme che permettono

un uso sfrenato e selvaggio del subappalto, che sia del 30, del 40, del 50% non ha nessuna

importanza, non è la percentuale, è l'abuso, è l'utilizzo del subappalto per sfruttare

una mano d'opera che ha qualcosa di malato e viene molto utilizzato, come dicevi tu non

soltanto in Italia, in realtà nei macelli in Germania, in tantissimi cantieri navali

in tutta Europa e non solo e poi ancora in tutto il mondo dei braccianti agricoli in

Italia, in Francia, in Spagna, non sono situazioni soltanto italiane, cerco nel libro di spiegarlo

che l'Italia è uno dei casi, ma non è l'unico caso, a seconda dei settori ci troviamo in

situazioni simili in molti paesi in Europa, forse mi viene da dire l'unica eccezione è

quella del mondo della cura, sia per quanto riguarda le badanti, sia per quanto riguarda

il mondo degli infermieri, degli operatori sanitari, lì sì c'è un'eccezionalità italiana

abbastanza pesante, un po' perché i nostri infermieri, operatori sanitari e medici di

origine straniera che non hanno la cittadinanza non possono accedere ai concorsi pubblici e

questo nella maggior parte dei paesi in Europa non avviene e poi per questo mercato delle

badanti, mercato di braccia che è davvero un'eccezione italiana perché il welfare degli

altri paesi è strutturato in maniera diversa.

Non c'è dubbio, ti fermerei qui per le risposte non troppo lunghe, almeno ne facciamo tanti

giro, comunque sono assolutamente d'accordo che non si può solo demandare la soluzione

al consumatore perché è troppo facile, è troppo deresponsabilizzante dire che la gente

non deve più comprare su Amazon.

Riccardo scusa se ti interrompo, è deresponsabilizzante e poi è come fermare il mare con le mani,

questo è un mondo nuovo che difficilmente riusciamo a fermare, non serve neanche giusto,

sono anche tanti posti di lavoro, forse è il caso di pagarli semplicemente di più,

queste persone pagarle il giusto anche perché sono…

Non c'è dubbio, poi vi racconterò di un piccolo episodio recente che mi è capitato

di dire, è stato la Spilabiberto dove sta per aprire un centro di sministramento di

Amazon, ma non anticipiamo, adesso vorrei subito girare una domanda a Sabino Balzano

che ha scritto un libro che forse per un breve momento ho pensato di scrivere anch'io,

non proprio con questo titolo così netto, ma era un argomento di quelli interessanti,

di quelli che sono all'indomani della parte più dura del lockdown, non me la sento proprio

di dire adesso che siamo fuori dalla pandemia, perché purtroppo non lo siamo.

E allora, questo libro contro lo smart working, scrive Sabino, lo smart working generalizzato

lo abbiamo visto implica una lunga serie di trasformazioni tutte da indagare, dare per

scontato che siano positive in sé, sarebbe in genero, una frase con la quale sono al

100% d'accordo. E poi dice un'altra cosa che mi trova totalmente d'accordo, ovvero

quando parla della propaganda, dice la propaganda che si affanna a dipingere lavoratori intenti

a lavorare sulla spiaggia o al banco, di questi articoli io ne ho letti a dozzine, a carrettate,

cioè sembra che adesso la gente, praticamente quelli che lavoravano nei cubicoli adesso invece

si sono trasferiti a bordo piscina e d'incanto le loro vite hanno preso tutto un altro allure,

il travé è diventato James Bond a bordo piscina con una bionda d'ordinanza.

Ora purtroppo non è così, però se su queste due affermazioni cardine del libro di Sabino

Bazzano sono al 100% d'accordo sulla retorica che io ho un'oristica ancora più semplice

della sua, cioè quando io sento ormai delle parole inglesi facilmente traducibili applicate

in ambito giuslaboristico metto mano alla pistola, cioè vuol dire c'è una fregatura,

c'è quasi sempre una fregatura. Quindi su questo io e Sabino Bazzano siamo d'accordissimo,

ma guarda, ti invito a fare solo perché sei giovanissima, ci diamo del tu, qui siamo

in tre, guarda però Valentina, bella abbronzata, reduce da una settimana di lavoro al mare

o qualche giorno di lavoro al mare, è la prova evidente del fatto che forse nella tua

critica, giustissima in quel part, non tieni conto di tutti gli aspetti o no? A te la parola.

Allora, anzitutto, mi sentite vero? Sì sì. Ecco io proprio perché siamo in Smart diffido

profondamente della tecnologia e quindi verifico che vada tutto bene e che non sia in corso

un sabotaggio. Allora detto questo io colgo l'occasione per unirmi a quello che diceva

Valentina, io ringrazio l'editore per aver organizzato questo incontro, la terza si sta

dimostrando davvero attenta a certi temi e credo veramente sia un momento importante

per cui è fondamentale parlare di lavoro. Ringrazio profondamente Riccardo per essere

qui con noi, è una persona che stimo molto quindi sono veramente contento di potermi

confrontare con lui e approfitto anche davvero sinceramente per congratularmi con Valentina

Furlanetto che ha scritto un libro che io ho letto da cima a fondo, consiglio a tutti

di leggere perché davvero è uno spaccato di vita reale, come giustamente diceva Riccardo,

che a volte produce molta rabbia, molta amarezza, in alcuni passaggi anche commozione, però

è giusto essere consapevole di ciò che accade. Detto questo, io credo che Riccardo con questa

domanda abbia colto proprio il punto di quello che era il mio sentimento quando ho iniziato

a scrivere questo libro, perché davvero lo smart working è oggetto di una propaganda spaventosa.

Voi andate su google, cercate smart working, cliccate nella sezione immagini e avete una

fotografia appunto visiva di che cosa sia la propaganda attorno allo smart working. Vedrete

gente dal cottage in montagna col vin brulee, vedrete gente a bordo piscina con i Ray-Ban

e il Long Island, vedrete gente nel bosco, gente al parco e tutte le volte che io mi confronto

con dei sostenitori legittimamente accaniti dello smart working, io domando appunto di

introdurre questa nuova disciplina olympionica, cioè il salto dello smart worker sulla spiaggia.

Voi andate sulla spiaggia a correre e saltate tutti gli smart worker felici che incontrate

sulla spiaggia. A me non è mai, e ve lo dico veramente sinceramente, non è mai capitato

di incontrare uno smart worker sulla spiaggia. Spero che prima o poi possa anche io provare

il brivido di questo incontro. Quindi sì, lo smart working è stato oggetto di propaganda e

questo rende, a mio avviso, questo libro necessario. Tant'è vero che anche Riccardo aveva avuto l'idea

di scriverlo. Perché è necessario? Perché se noi crediamo che attorno al lavoro debba declinarsi

una discussione plurale e quindi democratica, è fondamentale che si sviluppi una voce,

che la pensi in maniera differente, chiaro, convintamente, ma è necessario e fondamentale

che si sviluppi una una voce differente. Quindi io il primo attributo che riferirei a questo libro,

lo faccio sempre, è necessario. Questo era un libro necessario, perché serviva per sparigliare

un pochino le carte. Tanto è vero, e giustamente veniva notato, che è stato scelto un titolo netto,

provocatorio, volutamente provocatorio, perché dinanzi ad una valanga di informazioni e di

immagini assolutamente unidirezionali, abbiamo ritenuto poco opportuno dire ma sì ok però.

Abbiamo ritenuto invece più opportuno provare a tirar su una diga e dire ok fermi tutti,

contro, noi siamo contro e quindi parliamone. Che questa è stata un po' l'idea che ci ha animato.

Giustamente Riccardo mi diceva... E' tutto inutile la domanda, tu devi spiegare. Valentina

diceva che doveva stare in reddito su e non in mano. Guarda, ci stavo entrando nel merito,

proprio in questo istante, e aggiungo un carico da 90. Per esempio, una delle critiche che è stata

rivolta a me è, vabbè hai scritto un libro contro lo smart working e l'hai fatto in smart

working, perché lo confesso pubblicamente, lo confesso pubblicamente, io ho scritto contro

lo smart working in smart working. Quindi veramente può apparire un cortocircuito,

una contraddizione in termini. Però io domando quanti siano i lavoratori che hanno la fortuna,

che hanno il privilegio di svolgere attività che siano in qualche modo paragonabili alla scrittura

di un libro o che siano in qualche modo paragonabili al bellissimo lavoro che svolge

Valentina. Cioè un conto è scrivere contro lo smart working e smart working. Io per esempio parte

di questo libro l'ho scritto nella mia casetta in campagna in Puglia, è stato bellissimo,

anche delle foto in cui scrivevo questo libro. Un conto è far questo però, un conto invece è essere

un addetto al contact center di una grande azienda che da solo all'interno della sua

stanzetta svolge attività di contact center in smart working. Sono attività completamente diverse,

cioè un conto svolge in smart working attività tipicamente creative, un conto o creativo,

che abbiano determinate caratteristiche, che siano edificanti, che siano tutelate,

che siano garantite. Un conto è svolgere un'attività che era di per sé precaria,

era di per sé alienante, era di per sé iper misurata. Anche Valentina nel suo libro fa notare

come moltissime attività oggi siano oggetto di una misurazione quantitativa veramente ficcante,

pericace, penetrante, alienante. Ora immaginatevi tutto questo declinato in un'attività in smart

working che assuma però la connotazione di paradigma ordinario e generalizzato di prestazione

lavorativa, cioè te lavori solo da casa. Ecco questo è il punto e secondo me questi casi

rappresentano la stessa grande maggioranza dei lavoratori che declinano la loro attività da

remoto. Allora lascia tintura un paio di secondi e poi dopo ricrediamo subito la parola a Valentina,

che dall'alto ha la sua esperienza di vita in smart working e può commentare come crede.

Una domanda secca, che richiede una risposta abbastanza secca. Tu che problematizzi molto

molto bene i rischi, fai confronti col tuo lavoro e dici che il lavoro agile ha gli obiettivi

ma non le tutele del tuo lavoro. La gente deve comprarlo il tuo libro, quindi non vogliamo

neanche spoilerare troppo. Però la domanda secca è questa, tu non rischi di buttare via,

come si dice, come espressione abusata, il bambino con la sua sforca? Hai totalmente

ragione che qui noi tre possiamo fare lo smart working con grande profitto. Non tutti possono

farlo. Però tu vuoi, diciamo così, complessivamente impedire a me e a Valentina di fare il lavoro

agile? O allora potessimo ancora farlo perché c'è qualcuno che non può farlo?

Assolutamente no. Assolutamente no. Però attenzione, perché lo smart working prima

di tutto ha due vite, pre e post pandemia. Sono due cose completamente diverse. Tanto è vero che

lo smart working dal 2017, anno di introduzione della legge fino alla pandemia, come fenomeno non

è esploso. Se davvero era quella innovazione ineluttabile che il mondo del lavoro aspettava

da tempo, il fenomeno sarebbe esploso prima. Non è esploso proprio perché quello che abbiamo visto

durante la pandemia è uno smart working completamente diverso. Già lo smart working del

2017 aveva delle, come dire, si prestava delle problematiche che andrebbero comunque affrontate,

ad esempio salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Però se lo smart working rimanesse

un paradigma residuale rispetto all'ordinaria attività lavorativa e se quei problemi già

presenti nel 2017 fossero approntati e risolti, allora l'attività in smart working può essere

un'opportunità, certo. Il punto è che dal mio punto di vista, Riccardo, si sta andando in una

direzione completamente diversa. Questo che mi spaventa. Ti fermo lì. Sono parzialmente d'accordo,

ma adesso diamo la parola a Valentina, che se crede può dire qualcosa perché ne ha tutti i

titoli, anche come lavoratrice. E poi, quando avrai detto quella cosa, voglio farti parlare

un secondo di una cosa di cui racconti nel libro, ovvero i rider, una delle categorie di cui ti

occupi, con una piccola provocazione. Ma prima di quello che pensi, di quello che sei detto sulle

prospettive della smart working? Credo che il libro di Savino sia veramente, come ha detto lui,

probabilmente un libro necessario. Anche il titolo provocatorio io lo apprezzo, nel senso che in

questa retorica di quanto è bello e facile lavorare da casa è un po' stupevole. L'abbiamo

letto un po' tutti e non rappresenta la realtà. Se posso aggiungere una cosa, sono d'accordo con

Riccardo quando dice che siamo attenti a buttare tutto il pacchetto, perché noi come giornalisti,

ad esempio Radio 24, avevamo fatto una lotta per la pandemia per lo smart working e l'avevamo

ottenuto con grande fatica, cercando di dimostrare che anche tecnologicamente la radio si poteva fare

da casa. Poi con la pandemia tutto è stato accelerato, quindi adesso tecnicamente lo sanno,

perché io lavoro nel smart working per l'80%, compresa la mia prospettiva, che riesco a fare

per conto mio. E questa è un'ottima cosa. Sicuramente ci sono dei rischi. Uno dei rischi

che io vedo ad esempio è il rischio per le donne. È una questione che tu affronti e che

secondo me è molto interessante. Nel senso che ancora adesso io credo che sia molto pericoloso

per le donne, per le mamme, perché viene dato questo contatto che si possa gestire i bambini

e fare lo smart working contemporaneamente. Lo si è visto con i bonus baby-sitter,

che non venivano dati agli lavoratori che erano in smart working. Perché? Io dovrei,

secondo loro, lavorare, mandare dei testi, fare delle interviste contemporaneamente,

fortunatamente dei bambini che sono dei ragazzini. Però comunque hanno diritto di avere una persona

in casa che si dedichi a loro. Questo è davvero rischioso. Poi si rischia davvero di non essere

dei lavoratori a pieno, dei genitori a pieno. E questo sappiamo che si riversa purtroppo molto

spesso più sulle donne che sui papà. Alzo il dito per confruttare parzialmente

quello che hai detto. Adesso senza entrare troppo nelle dinamiche complesse, nella geometria variabile

della mia vita privata, ma quello che posso dire è che frequento intensamente una bambina di due

anni che ha una mamma che fa la freelance. Per lei è stata una svolta pazzesca, perché invece di

uscire a fare una prestazione che durava mezz'ora, e andare nel posto di lavoro, tornare indietro,

una bambina di due anni, anzi neanche due anni, a due anni a settembre, e questa cosa

ha esemplificato la vita in maniera radicale. Se noi la invitassimo qui in trasmissione e le

dicessero allora senti, da un'ora in poi a fare questa cosa alla radio ci vai fisicamente,

torni indietro, lei metterebbe mano alla pistola. Una piccola testimonianza di una neomamma molto

contente. Sono d'accordo Riccardo, per me è una sorpresa che io vivo a Como e lavoro a Milano,

per me è stata una svolta decisamente. Quell'ora in più di strada la utilizzo in un'altra maniera,

magari anche semplicemente leggendo il giornale bene. Non sto dicendo, sono favorevolissima,

io ero nel CDR quando ci siamo battuti per avere lo smart working, quindi io sono favorevole al

smart working, però va normato, insomma, bisogna fare un lavoro su tante cose in Italia, tra cui

anche su questo. Quindi credo che il titolo sia provocatorio e sia interessante dibattere anche

di queste cose. Poi c'è una parte del libro di Savino che riguarda l'allontanamento fisico

dei dipendenti, che secondo me è molto interessante e mi faceva venire in mente quella app che era

messa in atto, che era stata utilizzata da Amazon a Piacenza, che è Proxemics. Esatto,

il distanziamento sociale causa pandemia, che però, che quindi prevedeva che avendo con te

quello scanner che ti serve a conteggiare e a muovere tutti i pacchi, allo stesso tempo questo

scanner ti dica che tu non sei abbastanza distante dal tuo vicino collega e che quindi ti deve

allontanare. Questo distanziamento sociale che ha giustificato la pandemia, come scrivo nel libro,

e come mi hanno detto molti lavoratori, è anche stato involontariamente, a pensar male invece

volontariamente, utilizzato per far sì che i lavoratori si parlassero meno e quando ci si

parla di meno ci si organizza di meno, si parla meno dei problemi in comune e quindi sì, anche

nello smart working c'è questo effetto, ci si vede di meno, si bevono meno caffè assieme nella pausa

e si discute di meno dei temi comuni e quindi anche dei problemi comuni e anche delle rivendicazioni

comuni. Questo secondo me un po' esiste come problema. Riccardo mi consenti soltanto una

cosa? Ti stavo per passare la parola, questa cosa qua è un assist, poi ci teniamo per dopo la domanda

che volevo farti su Rider, è un assist troppo perfetto per ripassare la palla a Solino e prima

di farlo, però gli voglio leggere una cosa che mi ero messo da parte, che mi è venuto in mente

leggendo il suo libro, che è la quarta di copertina di un altro libro, il giochino è Scuola l'intruso,

io ti leggo questa cosa e tu, che sei un ragazzo molto sveglio, forse indovinerai,

dalla quarta di un libro che si occupa di una materia molto simile alla tua, cioè della tua

materia, in realtà si legge parlando dello smart working ovviamente, si tratta di un processo,

dalla quarta di copertina, di innovazione dell'impresa e dell'organizzazione del lavoro,

della città, della vita, per questo è importante che coinvolga tutti per andare insieme a un

cambiamento culturale prima che organizzativo, l'autore mette in luce i vantaggi del lavoro agile

senza però trascurare i pericoli, questa guida pratica offre un percorso per realizzare le

organizzazioni e indicazioni utili per regolare meglio i diritti e i doveri dello smart working,

il messaggio è, questo è il passaggio fondamentale, che lo smart working è un lavoro intelligente

perché valorizza la reciprocità e trasferisce vuote di responsabilità e libertà alle persone

favorendo il loro benessere e la produttività. La domanda è, vuoi indovinare chi ha scritto

queste cose, chi è l'attore di cui stiamo parlando? Potrebbe essere il professor De Masi ad esempio,

no no e invece? Ce la puoi fare però, con la seconda cartucetta ce la puoi fare, te lo dico io,

Marco Bentivogli, che ha scritto un libro come una peana dello smart working, ma allora questa era

un po' una gag, volevo sapere come reagite, perché insomma fino a poco tempo fa Marco Bentivogli

faceva il tuo lavoro, che in effetti fa questa ultima frase, diciamo, il messaggio è che lo smart

working è un lavoro intelligente perché valorizza la reciprocità e trasferisce vuote di responsabilità

e libertà alle persone favorendo il loro benessere e la produttività. Allora diciamo che di carne al

fuoco ce n'è davvero tantissima quindi devo provare ad orientarmi, allora anzitutto provato

organizzarmi dicendo questo, è vero non dobbiamo correre il rischio di buttare il bambino con

l'acqua sporca, giusto? Allo stesso tempo però attenzione a non pensare di poter risolvere tutti

i bonus del nostro stato sociale ricorrendo allo smart working, perché sarebbe un errore. L'assenza

di servizi, l'assenza di servizi alla famiglia, l'assenza di servizi di assistenza ai più fragili

non può essere compensata tenendo la gente a casa, il problema della congestione delle nostre

città e del traffico non può essere risolto tenendo la gente in casa, l'abbattimento

dell'inquinamento non può essere risolto tenendo la gente in casa. Quindi attenzione dal mio punto

di vista a non confondere quelle che sono delle esternalità legate all'attività in lavoro agile

con quelle che invece dovrebbero essere, con quello che invece dovrebbe essere il frutto di

una politica attiva appunto in capo a chi ci governa e a chi dovrebbe fare delle scelte di un

certo tipo. Cioè io ho come la sensazione che oggi se tu avanzi delle critiche contro lo smart

working a gioco facile chi ti risponde? Allora se sei contro lo smart working è perché vuoi città

inquinate, perché poi il sillogismo è anche abbastanza semplice se non fosse altro che non

è particolarmente onesto, nel senso che secondo me non dobbiamo correre il rischio di individuare

nel lavoro agile la risoluzione a dei problemi che sono dei problemi annosi delle società in

Italia, poi in particolar modo, che non possono essere risolte in questo modo, è una scorciatoia.

Allora i problemi legati al lavoro agile sono tantissimi, veramente tanti. Il fatto che il

lavoro agile, qual era la parola che utilizzava a venti vogli? Benessere se non sbaglio. Benessere

si. Ma questo può valere per chi fa determinati tipi di attività. Il fatto che nel nostro paese,

ad esempio, ci sia, ma io ne dico una, ma si possono fare tanti esempi, il semplice fatto

che il datore di lavoro in smart working non è tenuto a darti una sedia ergonomica, già questo

mette in discussione il tema del benessere. Che la tua casa magari è un monolocale affollato,

già questo mette in discussione il tema del benessere. Però io vorrei parlare d'altro,

ad esempio sulla quantità di lavoro. Lo smart working è un lavoro più povero, perché già,

soprattutto nel mondo impiegatizio, tutta l'Europa, ma il nostro paese in particolar modo,

è afflitta dal problema del lavoro gratuito. Noi abbiamo tanti, tanti settori, probabilmente lo

fate anche voi, di lavoratori che dovrebbero lavorare ad ore e invece fanno una, due ore di

stare ordinario, ogni giorno non retribuito. È un fenomeno di un, ne parla addirittura Demasi

all'interno del suo libro, lo dice, tutti gli impiegati per attaccamento all'azienda, dice lui,

io troverei altre spiegazioni, diciamo, lavorano una, due ore al giorno gratuitamente all'interno

dell'azienda. Questa tipologia di, questa patologia in realtà, nella dinamica del lavoro dipendente,

si accentua enormemente in smart working, enormemente, perché addirittura c'è l'argomento

del datore di lavoro che dice, vabbè, ma tanto sei a casa, gestiscila questa cosa,

rispondi a questa mail. Il tema della disconnessione nell'ambito delle relazioni

sindagali è tanto ricorrente, e in tema di smart working lo è enormemente, perché aumenta in

maniera spropositata il lavoro gratuito. Allora vi bastano già…

Un secondo, al secondo tuo enormemente devo intervenire, perché hai detto che… ti cito

un bel libro di un giovane santecalista che si chiama Balzano, non so se lo conosci.

Vagamente.

Cita per esempio, Balzano, alcuni studi, uno di Banca Italia e uno di IDP, che dicono due cose.

Quello di Banca Italia l'ho contestato su un solo 24 ore però.

Sì, però lo citi nel libro, diciamo, ai nostri ascoltatori, perché se no…

Certamente.

Il libro è uno studio di Banca Italia e quello di IDP che dicono di fatto che sono,

quello di Banca Italia conta anche le ore in più che lavorerebbero i lavoratori smart working e

ne calcola in due ore in più. A stimare. Mentre quello di IDP, che è la soluzione dei direttori

del personale, dice che i smart working sono molto soddisfatti. Allora, perché ti dico queste cose?

Perché una cosa che mi ha un po' sorpreso del libro è che, appunto, essendo tu evidentemente

una persona onesta, citi gli studi così come sono, non è che li travisi. Però, e qui diciamo

che fuori da un vecchio ricordo liceale ma molto netto nella mia memoria, che è quello del giovane

Hegel quando fa la tesi di abilitazione. Allora, lui aveva studiato che c'erano sette pianeti e

i suoi, diciamo, quelli che gli devono dare l'abilitazione, l'insegnamento, nel frattempo

avevano scoperto che c'era un ottavo pianeta. Allora, a questa confrontazione, cioè fattuale,

che nel frattempo erano sette finché aveva studiato Hegel, ma poi ne avevano scoperto un ottavo,

il giovane Hegel risponde, se i fatti e la teoria non vanno d'accordo, tanto peggio per loro,

tanto peggio per i fatti. Allora, questa ovviamente è una provocazione, ma come risponde questo

giovane Hegel? Che tu stesso citi degli studi che non dicono che sono molte ore in più o la

gente è insoddisfatta, ma che i lavoratori, i smart workers, sono tendenzialmente più soddisfatti e

lavorano un po' di ore in più, però diciamo così, hanno anche delle ore più vicine alla famiglia.

Allora, chiaramente ho cercato di dar voce a tutti, quindi anche a studi che hanno posizioni

positive, ma ci sono tanti studi che recentemente ne è stato pubblicato uno, se non sbaglio,

proprio dal Corriere della Sera, che tra l'altro muove da un'iniziativa della CISL, che evidenzia

come molti lavoratori, francamente, hanno delle perplessità in merito allo smart working. Ho

citato anche qualche studio di questo tipo. Per quanto riguarda Banca Italia, io lo cito perché

Banca Italia, ma in notalo contesto, se ricordo bene, Banca Italia sostiene che l'aumento,

a fronte di un aumento di due ore settimanale, ha aumentato la retribuzione, se non sbaglio,

del 6%. Io contesto questo punto, cioè io contesto il fatto che lo studio di Banca Italia,

che peraltro è uno studio di pochissime pagine, si legge in dieci minuti, dia per scontato il

fatto che le ore effettivamente aumentate siano due. Io questo contesto all'interno del libro.

Quelle sono le ore registrate in più, ma io lavoro come sindacalista del mondo impiegatizio. Voi non

avete idea della gente che conosco io che beggia, beggia l'uscita dal luogo di lavoro e poi rientra

in azienda senza beggiare e lavora gratuitamente. Voi non avete idea di quanta gente io conosco che

pone in esse le comportamenti di questo tipo. E questo è un elemento che secondo me accomuna

anche questa analisi. A questo scrive anche Valentina, perché in alcuni punti lei lo dice,

perché la gente non si ribella, perché la gente accetta di porre in esse determinati comportamenti,

perché il filo rosso che poi fa emergere tutti i problemi legati alle modalità di prestazione

lavorativa, qualsiasi modalità, e sia nello smart working, secondo me, l'accentua, è la precarietà.

Laddove il lavoratore è posto in una condizione di subalternità, accetta l'inaccettabile,

quindi le dinamiche politiche e collettive cui induce lo smart working, disgregando la

comunità del lavoro, accentueranno questi meccanismi. Vedi, Stefano, guarda, veramente,

l'unica cosa che voglio dire, io non nego il fatto che se tu la mattina non devi fare due ore di

traffico per andare in ufficio sei più contento. Io questo non lo nego assolutamente, perché sarebbe

una posizione irrazionale. È chiaro che se uno non deve affrontare le due ore di traffico al

giorno, allora io provo a ragionare per paradossi. Quando all'iscelo si dovevano dimostrare determinati

teoremi di geometria, si lavorava per paradossi. Nel senso che la gente dice, io accetto degli

svantaggi perché non faccio le due ore di traffico. Allora immaginatevi chi lavorava a 50 metri

dall'azienda, che viene posto in smart working, che prima ci metteva due minuti ad arrivare in

azienda e ora si becca tutti gli svantaggi e non ne hai vantaggi invece. Cioè dobbiamo disgiungere,

secondo me, le esternalità positive da ciò che è strettamente collegato all'attività lavorativa.

Va bene, non mi hai convinto completamente, ma poi ritorniamo nel senso che...

Fatto del mio meglio!

...le esternalità... Allora, io non beggio, non ho mai beggiato da quando sono assunto,

da vent'anni. Lavoro tanto di più perché mi piace. A me lo smart working non mi ha danneggiato in

niente. Io pago al giornale perché mi fa piacere parlare come mi capi ogni tanto e vedere la mia

stazzetta. Ma è vero che io sono una categoria assolutamente privilegiata, neanche più ultra

privilegiata. Però, secondo me, l'analisi va articolata in maniera molto tridimensionale.

Valentina, la cosa che volevo... ovviamente puoi intervenire su tutto questo... è un bel

capitolo dei Writer che mi sta molto a cuore perché qualche anno fa ho scritto un libro che

si chiamava Lavoretti, che si occupava proprio di queste cose. E citi, aggiornando il libro,

evidentemente era forse poco prima della chiusura, anche il caso dell'eccezione Just It, per così

dire. A un certo punto il fronte di Assault Delivery è stato rotto da Just It, che ha deciso,

lasciando gli altri grossi, di assumere i propri Writer. Io ti chiedo, e lo chiedo come se lo

chiedesse a me stesso, perché di recente un ascoltatore con cui avevo dibattuto abbastanza

animatamente in una trasmissione Fahrenheit sui Writer, in cui gli avevo detto che ero uno che

piaceva il Cotti. Io ho cercato di dirgli che non era forse un'ottima idea. E allora, dopo un po',

dopo mesi, quando è entrato in essere questo contratto Just It, ha mandato una mail lunghissima,

piuttosto intelligente, che diceva che ero quello che faceva il paladino della soluzione,

e io gli ho risposto che prima guadagnavo TOT e adesso guadagno molto meno di TOT.

Come la mettiamo? Ti giro pari pari questa obiezione che mi ha fatto, io l'ho risposto

lungamente, privatamente, forse anche ne scriverò. Secondo te, l'unica soluzione è la soluzione o è

più complicato di così? Allora, è complicato innanzitutto. E come tu hai intuito, ho dovuto

aggiornare quel capitolo più volte, perché io ho consegnato il libro a fine dicembre e in maniera

molto... Beh, queste cose stanno cambiando velocissimamente, penso che se rifacessimo

collegamento fra tre mesi sarebbero diverse nuovamente. Quindi a fine dicembre erano una

cosa, poi quando è andato in stampa, mesi dopo, perché ci sono state diverse letture, tra cui

una lettura legale, eccetera, sono cambiate le cose e l'ho aggiornato. E c'è stato questo accordo,

un accordo un po' imbarazzante, come tu hai notato, perché a SoDelivery, diciamo,

si tratta comunque di una categoria che si autocontrolla e questo non va bene. Maurezzo

Landini ha detto uno scempio, uno scempio, diciamo, di quel contratto giallo. Però ci

sono molte differenze tra piattaforma e piattaforma e quindi sicuramente io lo scrivo

dentro che ci sono situazioni molto diverse, no? Perché è così, è così e bisogna riconoscerlo,

non bisogna parlare del Food Delivery come se fosse un unicum, non è mai un unicum in nessuna

situazione, né giornalisti, né sindacalisti, né Food Delivery. Quindi ognuno ha le sue regole.

Quello è accordo, è stato un accordo a ribasso, uno scempio ha detto Landini e in effetti lo è.

Quel rider che ti ha scritto, beh, ha sicuramente delle ragioni, non è che io credo che l'assunzione

a tutti i costi sia la soluzione. Il problema è tra il Far West e una situazione in cui c'è

un'assunzione ma si guadagna anche di meno. Allora, normare questo Far West, penso che sia

arrivato il tempo, no? Perché per come era la situazione non solo un anno fa, ma pensiamo a

prima. I rider avevano avuto delle promesse dall'attuale Ministro degli Esteri Di Maio,

quando Di Maio era entrato in politica. Nel frattempo Di Maio è migliorato molto come

politico secondo me, ma la situazione dei rider non è molto migliorata e quindi è una categoria

che ha avuto tantissime promesse e pochi fatti. Partono da una posizione in cui non hanno neppure

il mezzo che è omologato, che viene controllato, non vengono considerate le condizioni climatiche

nelle quali lavorano, non viene considerata l'assicurazione sanitaria di infortunio. Cioè,

veramente è una situazione che tra l'assunzione da dipendente e questa situazione qui ci sono

tante vie di mezzo. Quindi adesso io non so questo rider di cui tu parli, che situazione lavorativa

avesse prima o dopo, però a me facevano abbastanza ridere quegli articoli, ne è uscito uno in

particolare qualche mese fa su un giornale italiano in cui un commercialista o sedicente

tale aveva lasciato il posto... Non è mai stato commercialista, vuole di cui parli,

mai è stato commercialista. Ma certo, ma certo, ma certo. Anche qui c'è la ritorica dei commercialisti

che lasciano posti di lavoro perché da rider guadagnano molto di più. Allora, insomma,

anche no. Cioè questa retorica alimentata tra l'altro da giornali molto seri è pericolosa

perché comunque poi tu vai per strada, ci parli con queste persone e sono persone moltissimi

stranieri perché... Ecco, prima io vi sentivo parlare dello smart working, è un dibattito

interessantissimo. Sicuramente stiamo parlando di professioni che hanno la possibilità di fare

lo smart working. I lavoratori di cui mi sono occupata io nel mio libro sono persone per le

quali davvero la romanticizzazione della quarantena era una questione classica, come è stato scritto

in un muro di un ponte spagnolo durante il lockdown. Perché sono persone che nei loro

settori, la catena del freddo, della carne, i rider, le badanti, gli operatori sanitari,

le donne delle pulizie, non avevano la possibilità di fare lo smart working. Stiamo parlando di

categorie di persone davvero che hanno... diceva Savino prima, dipende che margini di sfruttamento

ci sono. Ecco, nella categoria di persone che ho ascoltato io ci sono margini di sfruttamento

molto grandi anche perché molto spesso sono stranieri e non hanno i documenti, oppure li

hanno ma il fatto di perdere il lavoro determina la perdita dei documenti, quindi per loro è un

rischio doppio, non solo il loro salario. Per il proposito, vogliamo ripassare la palla a Savino.

La cosa che volevo dirti all'inizio che poi mi sono perso, diciamo così, io sono andato abbastanza

di recente a Spilambento, in provincia di Motena, vicino a Maranello, dove aprirà un nuovo centro

smestamento Amazon. E allora ero andato a capire come una piccola comunità dava più o meno il

benvenuto, qual era l'impatto di una multinazionale del genere in una comunità così piccola,

diciamo così, immaginando ci fossero state delle barricate e quant'altro, il che non era così,

perché poi la cosa che mi ha spiegato, diciamo così, una piccola un'obiezione che volevo farti,

che mi ero dimenticato, sennò sempre che faccia solo le persone a Savino non vorrei mai che fosse

così. A un certo punto tu dici, no, tu non dici, ma tu citi, quindi la responsabilità è ovviamente,

diciamo così, di chi la dice. Una persona che lavora, una donna che lavora in un magazzino

Amazon, dice che non poteva andare in bagno due volte in un turno. Ora, io mi sono molto occupato

di Amazon e due libri fa, diciamo, ho fatto un libro praticamente quasi tutto anti-Amazon,

diciamo, quindi ho le credenziali, mi sento apposto per la scienza per dire la cosa che sto per dire.

Questa cosa non esiste, non esiste, è una cosa che esiste negli Stati Uniti, esiste in altri

paesi, ma in Italia questa cosa che non si può andare due volte in bagno in un turno è una cosa,

è stata molto ripetuta, ma se ci vai sei volte devi spiegare perché, diciamo, perché è successo

un caso di una donna che aveva un problema al ciclo piuttosto importante, allora lì,

cioè, se ci vai sei volte qualcuno ti chiede qualcosa, ma questa cosa qua, che è una specie

di meme, diciamo, molto ripetuta, del non poter andare al bagno in due volte, cioè, almeno che

io ho chiesto 60 volte. Invece esiste perché tu forse parli di Amazon, io parlo delle società

in subappalto che lavorano per Amazon. Ma lei però parlava di quella che tu intervisti,

parlava di Amazon, cioè una di queste, a Castel San Giovanni, diciamo, questa cosa,

ma mica perché sono buoni, solo perché hanno un'immagine da perdere piuttosto grossa. Sì,

loro sono attenti a questa cosa. Non solo lei me l'ha detto, io la maggior parte,

lei, ho capito a chi ti riferisci, era una donna che poi ha lasciato per una

giornata con il marito, sì, lei non è l'unica persona che me l'ha detto,

lei no, ma la maggior parte delle persone che io ho sentito erano in subappalto e tutte le

regole che Amazon sventola, anche per marketing, le bypassa quando prende il lavoratore in subappalto.

Sì, ma quindi, dentro, scusa, non voglio, adesso poi non è così interessante, ma quelli che

lavorano nel perimetro di Castel San Giovanni, che hanno il badge azzurro-verde, ovvero che sia

un tempo determinato, sia in subappalto, questa cosa qua, lo dico solo perché ci sono mille

buoni motivi per criticare Amazon, l'importante è che siano quelli giusti, perché molto spesso

i racconti su Amazon si sovrappongono i piani su Amazon America, per dire, e Amazon Italia,

per esempio, giornalisti anche bravi su altri settori, ho sentito dire delle cose tipo,

ah perché Amazon Italia non c'è il sindacato, non è vero, a Castel San Giovanni c'è il sindacato,

da molto tempo, infatti fanno gli shop, lo sappiamo, insomma, quello che è vero per gli

finiti non è vero per l'Italia, in molti casi. Sì, in molti, allora, lei mi ha raccontato questo,

io l'ho riportato col suo virgolettato, detto questo, è una, questo del non riuscire ad andare

in bagno o altre cose, perché poi questa è una cosa, è un particolare, sicuramente importante,

è una cosa che mi hanno raccontato in tanti di questi tempi stringenti, però io la maggior

parte di quelli che ho sentito, tranne appunto lei, erano i sub appalto, quindi il sub appalto

consente a questa società di aggirare tutte le norme o anche le piccole, questa non è che è

quella del bagno, ovviamente è una norma, è la possibilità data al lavoratore, come è normale

che sia, di andare in bagno quando ne ha bisogno. E ci mancherebbe altro. Ci mancherebbe, però il

sub appalto ha norme molto diverse, per cui lei mi ha detto così, io l'ho virgolettato,

e se tu mi dici così io non ho motivo di dubitare che all'interno dei magazzini,

vadano in bagno almeno due volte o quando non hanno bisogno. Detto questo, io ho sentito più

di una persona e alcune, lei mi ha dato il nome e altri no, ovviamente, che mi raccontavano tempi

stringenti, controllati. Tempi stringenti e controllati, pausa di mezz'ora molto stretta,

che poi risulta dentro un giorno. Come dice Tarik, l'ingegnere che interviste, lui dice

questa è la fabbrica, cioè questo è il tipo di fabbrica di oggi, che richiede questo tipo di

tempi e lui è parte del meccanismo, diventa parte del meccanismo e quindi forse è il meccanismo che

ha sbagliato. Detto questo, a volte loro vengono assunti da Amazon e quindi Amazon si attiene a

quello che dice, a volte vengono assunti da altre società che sono delle scatole, ma non soltanto

Amazon, assolutamente, cioè questa cosa del subappalto viene utilizzata da CEVA, Logistic,

molti altri, per mettere le regole che vogliono. Alla fine chi controlla la società del subappalto?

Scusami, non voglio andare oltre a questa cosa perché voglio passare subito la parola a Sabino,

ma quando lavorano dentro, una cosa è se tu parli, quando parli del capitolo di Monfalcone, Fincantieri,

quella è una costellazione di società in cui Fincantieri può dire ma io non lo so cosa succede,

ma quando... E lavorano dentro Fincantieri? Sì, però sono stato anche lì, è molto più difficile

controllare quello che succede dentro Fincantieri di come è facile controllare quello che succede

in quel rettangolo, che è il grande rettangolo che è Castel San Giovanni. Poi ci possiamo dare

appuntamento a Roma Chiano, se tu mi trovi altri casi di gente che proprio ti dimostra questa

cosa, io ci faccio un'apertura del verde. Detto questo, non importa, siamo d'accordissimo sul

fatto che le condizioni sono terribili, passo Amazon come giustamente racconti,

io avevo una bisogno molto specifica sul bagno, perché siccome è un meme che viene molto spesso

utilizzato, io credo che dentro Amazon questa cosa non sia... Si può fare la pipì due volte.

Sì, a nostri fondamentali mi sento di crederci. Sabino, abbiamo già spiagato il nostro tempo.

Posso andare un attimo in contropiede? Voglio provare a provocarvi io, visto che... Perché

io riflettevo, adesso ascoltavo anche voi, c'è una espressione che durante questa discussione

è stata abbastanza di corrente. Noi ci siamo più volte detti che va regolamentato e l'abbiamo detto

in merito a diverse questioni. Non l'abbiamo detto soltanto in merito allo smart working,

certo in merito allo smart working l'abbiamo detto insistentemente, ma sono tante le questioni che

secondo noi, e siamo tutti e tre d'accordo, vanno regolamentate. E questa cosa, mentre la dicevamo,

mi faceva venire in mente una discussione che io ho avuto sempre qui in Casa la Terza con Cesare

Damiano, ex ministro del lavoro, con il quale dialogavo e questa cosa la dicevo anch'io,

dobbiamo rivedere la legge del 2017 in materia di smart working, perché se sistemiamo alcune cose,

e lui, che è persona diciamo di esperienza, di saggezza, giustamente mi ha fatto notare,

ma savi, facciamo una nuova legge, va regolamentato e chi lo regolamenta, chi la fa questa nuova legge?

E' del nuovo di Colombo, perché in effetti noi dobbiamo guardare quelli che sono i soggetti che

sono in campo e anche rispetto a questo noi assistiamo ad una propaganda che fa quasi

impressione, cioè noi abbiamo, io ho letto articoli di giornali importanti che attribuiscono

la vittoria del campionato europeo all'effetto Draghi, io ho letto questo sui giornali,

articoli che non erano l'ercio, erano articoli di giornali che parlavano di effetto Draghi e

parlavano del... però è strano che non si riconduca all'effetto Draghi lo sblocco dei

licenziamenti e le centinaia di licenziamenti che abbiamo avuto in queste settimane, magari

notificati tramite mail, oppure che non si riconduca all'effetto Draghi la modifica del

decreto dignità, di cui è vero che qualcuno ha parlato, ma si è parlato pochissimo di questa

vicenda, cioè la modifica del decreto dignità che ha anche una portata politica di dimensioni

assai rilevanti è passata quasi in sordina e invece introduce un meccanismo che la delega

alla contrattazione collettiva di disciplinare i contratti atibici, i contratti a termine,

che ha una portata rilevante, giustamente anche Valentina nel suo libro parla della

contrattazione pirata e io immagino cosa possa accadere in merito a questa materia se noi

deleghiamo alla contrattazione collettiva soprattutto quella più debole, quella più

fragile, la disciplina del contratto a termine. E allora ecco, va regolamentato e lo regolamenta

chi? Perché se noi guardiamo gli ultimi trent'anni di riforme in materia di lavoro, io vedo soltanto

belle parole, flessibilità, un tempo si parlava di flex security, poi fortunatamente si è avuto

il buon gusto di abbandonare la parola security perché ormai era diventato quasi improponibile

come mantra. Però ecco, io non temo che i problemi che noi abbiamo tenderanno ad acuirsi

perché gli attori che sono oggi in campo non mi sembrano particolarmente propensi ad introdurre...

Ecco, un esempio, scusami, concludo davvero, perché è concreto sulla mia materia, perché

me l'ho anche segnato, poi dimentico sempre di dire le cose. Il 10 marzo scorso è stato

sottoscritto un importantissimo accordo sindacale in materia di pubblica amministrazione e in

quell'accordo si parla di smart working e in quell'accordo si dice che bisogna evitare

l'iperregolamentazione dello smart working, cioè dobbiamo avere uno smart working che di per sé è

già flessibile, ancora più flessibile, cioè uno strumento che oggi è visto, nonostante tutti gli

effetti negativi che racconto, come eccessivamente imbrigliante. Quindi ok, lo smart working non lo

dobbiamo buttare con l'acqua sporca ma lo dobbiamo regolamentare. Il punto è che se

fossimo noi tre a regolamentarlo avremmo risolto il problema, ma temo che i soggetti che lo andranno

a regolamentare siano altri. Ho capito, però questa è un'obiezione di scuola, perché chi

lo regolamenta è il Parlamento che c'è in quel momento. Ma ricade sulla vita? Certamente,

però i rischi che vedo sono... Ma certo, ma questo vale sempre, cioè come dire, purtroppo

chi regolamenta è la maggioranza che è in Parlamento in quel momento, cioè le stesse

leggi che tu, a mio modo di vedere, giustamente critichi molto nel tuo libro, parlo del Jobs Act

per esempio, sono leggi che sono state fatte in una fase storica e adesso c'è un'altra fase storica.

Io non sto qui a dire se questa fase storica è migliore di quella precedente, ma mi sembra

un'obiezione un po' così, appunto di scuola, perché chi lo regolamenta? Lo regolamenta il

Parlamento, il Parlamento che è la fotografia in quel momento delle forze politiche in campo.

Voglio dire, io non lo so... Allora qual è l'alternativa? Io voglio dire una cosa semplice

prima di dare la parola per far chiudere a Valentina, diciamo ovviamente. Allora,

io dico questa, una cosa molto semplice di cui mi sono convinto anche dopo essere stato a fare un

servizio a Milano, un servizio che si chiamava Il Vuoto Verticale, cioè sui grandi uffici,

grandi aziende, Allianz, Banche Intesa, grattacieli completamente vuoti, cioè smart working al 80-90%,

e però Allianz mi spiegava, il direttore generale di Allianz mi spiegava che allora avevamo iniziato

dal 2017 a fare il smart working, quello vero, gente che lavora nell'Interland milanese,

a Seregno, che invece di farsi un'ora, cioè lì era su base totalmente, due caratteristiche,

base totalmente volontaria, cioè di addizione allo smart working e sempre reversibile. Allora,

lì la gente si è tuffata a pesce perché io, ai tempi del scuola di giornalismo che ho fatto a

Milano, c'erano dei miei amici che stavano a Desio, a Seregno, in quei posti lì, e mi ricordo

le bestemmie del mio amico quando arrivava da Desio a Seregno, a volte ci metteva 45 minuti,

a volte ci metteva un'ora, e non lo so, cioè gente che poi, quando è venuta a lavorare a Milano,

ci metteva un sacco di tempo. Allora, se le caratteristiche sono di volontarietà e di

reversibilità, perché a un certo punto tu capisci che quel tipo di lavoro lì ti sembra terribile,

a casa non puoi più distarci, puoi, hai detto, andare indietro. Questa mi sembra una grande

garanzia, ma non lo so. Però, però, ecco, rispetto a quello che dicevi, due cose. Primo,

è vero, gli atti del Parlamento sono legittimi, ma ciò non significa che non si debbano criticare,

come le sentenze, dopotutto. Però, però, però, un altro elemento che voglio far notare,

visto che tu citi il ruolo del Parlamento, vorrei far notare che quasi tutte le più

importanti riforme in materia del lavoro hanno visto un ruolo del Parlamento assolutamente

marginale. Il JobSec è un insieme di decreti legislativi, quindi ha adottato tutto il Governo

con una legge quadro del Parlamento. Sì, ma l'ho capito, ma cosa vuoi? Chi le vote

questa volta, se non il Parlamento? Le politiche? Ma io non sto criticando la legittimità giuridica

degli atti, io sto criticando il loro contenuto, io non sto dicendo che... Va bene, va bene,

quindi... Va bene, qui il punto. Valentina, siamo un'ora e quarantamila. Valentina, su

cosa vuoi, diciamo, per chiudere? Ah, una domanda a piacere? No, no, un argomento a piacere.

Un argomento a piacere. Non me l'aspettavo. Se volevi intervenire anche solo su questo.

Su questo, sul smart working, intendi? Sì. Sì. Ma guarda, io penso che sia legittimo e,

come dicevo prima, la provocazione ci sta, a me piacciono un sacco le provocazioni. Ho

scritto un libro, L'Industria della Carità, diciamo che era un po' contro il non profit,

amandolo moltissimo. Quindi figurati se non sono a favore, perché trovo che sia giusto parlare

delle cose che non vanno di una cosa, invece che è virtuosa. Credo che lo smart working sia virtuoso,

assolutamente. Che però ci siano dentro molte problematiche, moltissime problematiche. Si

tratta comunque, come dicevo prima, di lavoratori privilegiati. Privilegiati che giustamente devono

discutere dei loro privilegi e di come tutelare i loro diritti. Privilegiati nel senso che fanno

un lavoro, attenzione, non in quanto lavoratori in smart working, ma che fanno dei lavori

privilegiati. I lavori intellettuali per i quali, tra l'altro, abbiamo studiato, ci siamo spesi,

quindi ce li siamo guadagnati tutti. Però diciamo che fanno dei lavori tali che si possono fare a

distanza. Lo dico perché, riferendomi al mio libro, poi consideriamo tutta la massa di lavoratori che,

invece, nei mesi in cui stavamo chiusi dentro, ci portavano il cibo a domicilio, invece che

pulivano gli ospedali, le case, le scuole. Insomma, tutto quello che sappiamo, braccianti

agricoli e quant'altro, ecco, io a quel punto mi sento una privilegiata. Allo stesso tempo,

è tutto vero quello che dice Savino o meglio, sono vere le sue provocazioni? Poi bisogna vedere

un eccesso di sindacalizzazione. Io, ad esempio, sulla sedia ergonomica, non lo so, per carità,

va bene, lui è un sindacalista, capisco il suo punto. Da lavoratrice non starei a preoccuparmi

di questo quando risparmio un'ora di strada. Ecco, però il suo punto è il punto di un

sindacalista, capisco il suo punto di vista, lui fa il suo lavoro. Io, da giornalista,

insomma, in questo caso ho fatto un'inchiesta, ho raccolto delle storie, ho cercato di metterle

insieme a dei dati in nove settori che sono gironi danteschi, in cui, ad esempio, con la pandemia,

certe cose sono esplose, certe criticità a certe situazioni che in realtà permangono anche,

adesso che la pandemia c'è ancora, ma è una situazione per fortuna leggermente migliore,

quindi mi sento di dire che sono due libri che parlano tutti e due di lavoro, ma di lavoratori

di categorie molto diverse, molto distanti. E su questo mi sento che si possa da tutti

concordare e anche chiudere. Ringrazio Valentina Forlanetto, autrice di Noi schiavisti, ringrazio

Sabino Barzano, autore di Contro la smart walking e ci diamo appuntamento magari tra un anno o due

per vedere che sarà, se ancora sarà la smart walking, perché non è affatto detto in che forma,

o in che percentuale, e se la gente sarà allora a seconda della loro ricordo. Ma se ci sarà ancora

il lavoro, guarda! Grazie Riccardo, grazie a tutti, grazie Valentina. Grazie, grazie anche a te.