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Podcast in Italia, La pazzia di Odisseo

La pazzia di Odisseo

Questo che stai ascoltando è mitologia, le meravigliose storie del mondo antico.

Sono Alessandro Gelain, insegnante di filosofia, psicologia e scienze umane.

Se vorrai stare in mia compagnia ti offrirò le storie più interessanti della mitologia greca e romana.

Il mito ha ancora molto da insegnarci e talvolta, come uno specchio, è capace di mostrare meglio

a noi stessi quello che siamo.

Nessun marito potrà più dormire sonni tranquilli se quest'otroce crimine non riceverà una severa punizione.

Quale offesa è stata recata alla sacra ospitalità?

È inaudita la sfrontatezza del principe troiano che si fa beffe e non si cura di un dovere fondamentale.

Potrà visitare domani le vostre corti un altro paride?

Volete rinchiudere mogli e figlie e seppellire i vostri tesori nel pozzo

e arrivare a vivere come foste prigionieri nella più cupacella?

Non per me, amici, seguitemi a Troia. Non per me, quanto per voi stessi.

Con parole forse come queste, Menelao ha cercato di accendere nei petti dei suoi alleati il fuoco di Ares.

Alcuni agitano le loro lance in segno di approvazione, ma altri rimangono dubbiosi.

Un discorso come questo può infiammare soldati e truppe addestrate di contadini assoldati alla bisogna,

ovvero coloro che sognano la vittoria e i saccheggi.

Ma generali e reachei conoscono bene la fama di Troia, quella città arroccata e pressoché inattaccabile,

la pianura che essa sovrasta non offre rifugi o opportunità di riuscire a cogliere di sorpresa i difensori.

Aggiungiamo alla lista delle difficoltà il fatto che le mura di Troia sono state erette da Apollo e Poseidone in persona.

La presa di Troia nelle menti di molti è un sogno irrealizzabile,

che verrebbe pagato a caro prezzo da battaglie e assedi interminabili.

E come ben sai, costoro hanno ragione di dire.

Troia non verrà presa con la forza delle truppe.

Troia cadrà grazie all'ingegno del meno appariscente tra i re greci, Odisseo.

Egli è re di una piccola isola, Itaca, e ama la propria sposa, Penelope.

Ha con lei un'idea di un'esercitazione, ma non è così.

Il re è un po' più bravo che il re di Troia, ma non è così.

Il re è un po' più bravo che il re di Troia, ma non è così.

Il re è un po' più bravo che il re di Troia, ma non è così.

Come ricorderai da qualche puntata fa, Odisseo vanta un credito nei confronti di Tindaro, re di Sparta.

Dietro il suo consiglio, infatti, il re della guerresca città è riuscito a dare in esposa a Elena Menelao,

che nel tempo stesso ce l'ha fatta anche a mantenere i rapporti di amicizia con le terre limitrofe.

Per questo servizio, Tindaro assicura ad Odisseo il suo aiuto,

nel fare in modo che re Icario, suo fratello, accetti di concedergli la mano della figlia

e lasciarla diventare regina del suo piccolo regno.

Odisseo è una figura complessa, per niente cristallina, come molti amano invece pensare.

Nel corso della guerra si produce in azioni anche meschine,

ma oramai siamo ben consapevoli come l'essere un eroe greco significhi anche a volte

eccedere e trascendere quello che un essere umano normale considera il corretto comportamento.

E questa caratteristica Odisseo ce l'ha nel sangue.

Egli infatti è nipote di Autolico, figlio di Hermes.

Autolico è un abile ingannatore e ha un dono particolare,

riesce a cambiare il vello e le corna del bestiame che ruba

in modo da renderlo irriconoscibile dal legittimo proprietario.

Il suo grande antagonista è stato a suo tempo Sisifo, altissimo,

che attraverso uno stratagemma riesce a smascherare l'odioso ladro di Armenti.

Sospettando che proprio Autolico sia l'autore delle razzie,

Sisifo si prende cura di incidere sotto agli zoccoli di diversi capi,

belli più degli altri, perciò diciamo più appetitosi per un qualsiasi ladro di bestiame,

una frase accusatoria.

Autolico, che non pensa a mutare gli zoccoli ai capi rubati,

viene in fretta smascherato da Sisifo e da una folla di mandiriani inferrociti.

Il lestofante ha il suo bel da fare a difendersi.

Sisifo non può più riuscire a rinforzare le sue razze,

e per questo ha scelto di portare in giro un'altra.

Sisifo, non contento, corre a casa del suo avversario,

dove si trova affacendata la bella Anticlea, la figlia,

che è stata promessa alla Erte, re di Itaca.

I due, mentre Autolico riesce a sfuggire a malapena dei suoi accusatori,

si avvinghiano in un focoso abbraccio.

Alcuni affermano che senza vergogna Sisifo prende l'amore di Anticlea con la forza,

ma per quanto mi riguarda sono più incline ad accogliere le versioni

che raccontano di come Anticlea si sia intrattenuta più di una volta con quel malandrino,

cedendo al suo maschio fascino.

No, non storcere il naso, non si tratta di maschilismo.

Trovo più coerente con il personaggio di Sisifo il riuscire ad avere per sé

gli abbracci della figlia del proprio avversario attraverso un'opera di seduzione,

piuttosto che rapinarli con un'azione di forza.

In ogni caso, grazie al fascino o alla violenza, Sisifo riesce a giacere con lei.

Da questa unione la bella Anticlea concepirà un figlio,

che ufficialmente sarà figlio di la Erte.

Tornata la calma nelle terre di Autolico, Anticlea sposa infine la Erte, re di Itaca.

E così, nella piccola isola, qualche mese dopo, si svolge un banchetto in onore del nuovo venuto.

Al nonno Autolico, che ignora che sia il reale padre del bimbo di Anticlea,

viene chiesto di imporre il nome al nipote.

In tutta la mia vita, non ho perso occasione di entrare in lotta con molti principi e molti uomini

per scoprire come si farà con la vita di un bambino.

Ma, per me, la vita di un bambino è una vita di un'esperienza.

E' una vita di un'esperienza,

una vita di un'esperienza,

una vita di un'esperienza,

una vita di un'esperienza,

una vita di un'esperienza.

Questo mio nipote avrà perciò nome odisseo, che significa il rabbioso,

perché sulla sua testa ricadrà il peso dell'odio verso le mie azioni.

Tutti lo ricorderanno come il nipote dell'odioso Autolico.

Se un giorno questo mio nipote vorrà salire fino al Parnaso per improverarmi delle mie azioni,

gli chiederò scusa volentieri

e se vorrà placare la sua ira verso di me,

gli cederò una parte dei miei averi.

Raggiunta la maggiorità, Odisseo scala il Parnaso per andare a parlare proprio con il nonno.

In una battuta di caccia in quelle valli, in compagnia degli zii che lo accompagnano,

Odisseo viene ferito alla coscia dalle zanne di un feroce cinghiale.

Questa spaventosa ferita viene curata e Odisseo guarisce,

ma la cicatrice non scomparirà più e rimarrà come marchio sulla sua coscia.

Grazie a questa giovanile cicatrice,

vivremo fra qualche tempo uno tra i più commoventi episodi della vita del grande re.

Autolico copre di doni il nipote ferito e lo rimanda a Itaca, certo di essersi rapacificato con lui.

Divenuto adulto, Odisseo sposa Penelope, figlia della naia de Peribea

e di re Icario, fratello di re Tindero.

Penelope è una bella principessa, certo, ma quale principessa può essere definita bella

o anche solo graziosa se come cugina si ritrova proprio Elena di Sparta?

Eppure la sua, diciamo, limitata bellezza fa breccia nel cuore di Odisseo,

come abbiamo saputo qualche puntata fa.

Quello che sappiamo su di lei è che la naia de Peribea mette al mondo questa figlia semidivina

e poi pare scordarsene. Non pare un buon inizio.

Come successivo evento della sua vita a corte c'è il suo tentato infanticidio per annegamento.

Il padre Icario, forse a causa di un vaticinio malinterpretato,

l'ha gettata in mare poco più che neonata.

Questo oracolo si suppone vaticinasse come lei sarebbe stata destinata a tessere il sudario di un re.

Re Icario, forse pensando ingenuamente che se avesse ucciso la tessitericia del suo sudario

magari sarebbe riuscito a sfuggire alla morte o chissà che, per non avere dubbi,

insomma decide di provare a guadagnarsi un po' di vita in più

facendo gettare la figlia da una rupe a strapiombe.

La piccola, figlia di una naide, non è destinata ad essere sommersa dai flutti

e nemmeno è destinata ad affogare.

Delle anatre dalle piume estriate di rosso, premurose, si precipitano in volo tra le onde,

la raccolgono e le tolgono in un'altra parte.

Icario non può che accettare questo prodigio e non attenta più alla vita della giovane figlia.

Il nome però è deciso, Penelope, che significa appunto Anatrocola.

Re Icario guarderà in attesa la sua figlia, ma non può riuscire a farlo.

Il suo amico, il re Icario, si è messo a guardare in attesa.

Il suo amico, Anatrocola.

Re Icario guarderà sempre con sospetto la figlia per la questione del sudario,

ma non sarà il suo lenzuolo funebre che Penelope è destinata a tessere.

La famosa tela che la regina di Itaca tesserà di giorno e disferà di notte

è il sudario per la Erte, re di Itaca e padre di Odisseo.

La giovane cresce silenziosa e quieta. Fatalmente cade nell'occhio del re di Itaca che la vuole per sé.

Ma c'è una gara da vincere.

Grazie alla sua maesteria nel guidare il cocchio e a una posizione di partenza casualmente favorevole

su una via di sparta chiamata Afeta, Odisseo riesce a vincere la corsa.

Tindaro restituisce il favore a Odisseo, come avrei capito,

facendo in modo che il caso gli rivolga un sorriso nella estrazione della corsia di partenza.

Stranamente Icario vuole aver vicina la figlia anche dopo averla data in esposa a questo re poco appariscente.

Chiede a Odisseo di rimanere a Sparta e addirittura insegue la coppia che si allontana di lui

implorando la figlia di non abbandonarlo.

Odisseo, infastidito dalla scena, si rivolge alla fresca sposa.

Seguimi a Itaca di tua spontanea volontà.

Se a me preferisci tuo padre, rimani qui con lui, ma senza di me.

Penelope non dice una parola, si gira verso il padre e come risponde,

Ha deciso. Con quel gesto di pudore Penelope dice addio al padre

e segue il suo sposo nella loro nuova vita insieme.

Icario in risposta a questo gesto così potente da avvertire,

si rivolge a Icario e gli chiede di non rivolgere la figlia.

Icario in risposta a questo gesto così potente da avergli fatto tirare le redini

e fermare il suo cocchio, fa innalzare proprio in quel luogo una statua ad Aidos,

la divinità della modestia.

Sulla vita familiare di Penelope Odisseo torneremo a parlare a tempo debito,

ma facciamo un salto in avanti di qualche anno.

Alla notizia del rapimento di Elena Odisseo si reca a farsi predire il futuro da un oracolo.

Anche lui, pure se non mirava alla conquista di Elena,

anche lui ha giurato di prestare soccorso al marito della principessa d'Esparta.

Odisseo, che non è un ingenuo, è certo che presto ci sarà una guerra

e che lui sarà chiamato a partire.

Ecco dunque l'esigenza di avere una voce che gli possa dare qualche informazione

riguardo questa impresa.

SETI RECHERAI A TROIA

Seti recherai a Troia, è tuo destino tornare dopo venti anni, solitario e in miseria.

Come fare? Come evitare di prendere amici e compagni di tante battaglie,

caricarli sulle navi e portarli a morte certa.

Chi partirà con lui, Odisseo lo sa, non farà ritorno a casa con ori, armature o schiavi.

Nessuno di loro tornerà.

Solo lui, meschino e reietto, senza alcuna ricchezza, farà ritorno alla sua isola.

A PERCHÈ IMPARCARSI IN UNA IMPRESA DEL GENERE?

Meglio fingersi temporaneamente pazzo, far spargere la voce di questa malattia

e inscenare un bello spettacolo quando arriveranno, perché arriveranno Menelao e Agamemnon

a vedere come stanno le cose.

Immagina la scena.

Odisseo che canta a squarciagola, ridendo, con un cappellaccio a forma di mezzo uovo sul capo.

Con le mani regge un aratro e pungola un bue e un asino che insieme lo tirano.

Odisseo, senza traccia, senza legge, senza cattura, senza ristretto, senza farlo vedere.

Con le mani regge un aratro e pungola un bue e un asino che insieme lo tirano.

Sta arando un campo e accuratamente getta nei solchi del sale marino.

Penelope lo guarda preoccupata, con il figlioletto neonato in braccio.

Vicino a lei Menelao e Agamemnon scuotono la testa.

La grande mente di Odisseo, il più astuto tra tutti loro, è irrimediabilmente perduta.

Odisseo ce l'avrebbe certamente fatta se assieme ai due non fosse arrivato a dita che anche Palamede,

uno dei più saggi, se non il più saggio tra i nobili Achei.

Di questa figura avremo modo di parlare.

Per adesso basti sapere che la faccenda della pazzia di Odisseo pare troppo tempestiva a Palamede, per essere credibile.

Palamede decide di mettere alla prova la pazzia del re di Itaca.

Strappa dalle mani di Penelope il piccolo e lo depone a un metro dall'aratro di Odisseo.

Se il re è davvero pazzo gli sarà indifferente l'uccidere il proprio figlio.

Odisseo pungola il bue e finge che l'animale scartando abbia fatto cambiare percorso alla grande lama.

Palamede sposta di nuovo il piccolo e poi un'altra volta ancora.

Odisseo si arrende.

Palamede lo ha sconfitto.

Un acuto rancore pervade la mente del re di Itaca verso questo saggio e nobile suo antagonista, nella lungimiranza e nell'astuzia.

«Saprò vendicarmi di te, Palamede, che mi costringi a venti anni di esilio».

Questo pensa tra sé uno sconsolato Odisseo che dopo aver abbracciato la cara sposa e aver dato un bacio al piccolo telemaco

arma le sue navi e parte con i suoi compagni di guerra.

Il viaggio verso Sparta necessita di una breve pausa sull'isola di Sciro.

C'è un altro eroe che è scomparso improvvisamente dalla scena di tutti coloro che sono pronti a partire per Troia.

Non si hanno più notizie di Achille, l'invincibile figlio di Peleo e della divinità delle acque Teti.

Il giovane eroe, esperto come nessun altro nell'arte della battaglia, pare essersi volatilizzato nel nulla.

Se questo podcast ti piace, lascia un commento. Condividi con i tuoi amici gli episodi che ti piacciono di più.

È il modo più bello e sincero di aiutarmi a far conoscere questo canale.

Se non l'hai ancora fatto, iscriviti. In questo modo non perderai nessun nuovo episodio.

E infine puoi sostenere questo progetto acquistando o regalando Il Re degli Dei,

il libro nato proprio qui, che racchiude le storie più belle della mitologia greca,

dall'origine dell'universo alla salita al trono di Zeus.

Lo trovi sugli scaffali di tutte le librerie e anche in quelle online.

Buona lettura!

Hai appena ascoltato un episodio del podcast Mitologia, le meravigliose storie del mondo antico,

raccontate da me, Alessandro Gelain. Grazie per esserti sintonizzato.

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La pazzia di Odisseo Der Wahnsinn des Odysseus The madness of Odysseus La locura de Odiseo A loucura de Odisseu Odysseus galenskap

Questo che stai ascoltando è mitologia, le meravigliose storie del mondo antico.

Sono Alessandro Gelain, insegnante di filosofia, psicologia e scienze umane.

Se vorrai stare in mia compagnia ti offrirò le storie più interessanti della mitologia greca e romana.

Il mito ha ancora molto da insegnarci e talvolta, come uno specchio, è capace di mostrare meglio

a noi stessi quello che siamo.

Nessun marito potrà più dormire sonni tranquilli se quest'otroce crimine non riceverà una severa punizione.

Quale offesa è stata recata alla sacra ospitalità?

È inaudita la sfrontatezza del principe troiano che si fa beffe e non si cura di un dovere fondamentale.

Potrà visitare domani le vostre corti un altro paride?

Volete rinchiudere mogli e figlie e seppellire i vostri tesori nel pozzo

e arrivare a vivere come foste prigionieri nella più cupacella?

Non per me, amici, seguitemi a Troia. Non per me, quanto per voi stessi.

Con parole forse come queste, Menelao ha cercato di accendere nei petti dei suoi alleati il fuoco di Ares.

Alcuni agitano le loro lance in segno di approvazione, ma altri rimangono dubbiosi.

Un discorso come questo può infiammare soldati e truppe addestrate di contadini assoldati alla bisogna,

ovvero coloro che sognano la vittoria e i saccheggi.

Ma generali e reachei conoscono bene la fama di Troia, quella città arroccata e pressoché inattaccabile,

la pianura che essa sovrasta non offre rifugi o opportunità di riuscire a cogliere di sorpresa i difensori.

Aggiungiamo alla lista delle difficoltà il fatto che le mura di Troia sono state erette da Apollo e Poseidone in persona.

La presa di Troia nelle menti di molti è un sogno irrealizzabile,

che verrebbe pagato a caro prezzo da battaglie e assedi interminabili.

E come ben sai, costoro hanno ragione di dire.

Troia non verrà presa con la forza delle truppe.

Troia cadrà grazie all'ingegno del meno appariscente tra i re greci, Odisseo.

Egli è re di una piccola isola, Itaca, e ama la propria sposa, Penelope.

Ha con lei un'idea di un'esercitazione, ma non è così.

Il re è un po' più bravo che il re di Troia, ma non è così.

Il re è un po' più bravo che il re di Troia, ma non è così.

Il re è un po' più bravo che il re di Troia, ma non è così.

Come ricorderai da qualche puntata fa, Odisseo vanta un credito nei confronti di Tindaro, re di Sparta.

Dietro il suo consiglio, infatti, il re della guerresca città è riuscito a dare in esposa a Elena Menelao,

che nel tempo stesso ce l'ha fatta anche a mantenere i rapporti di amicizia con le terre limitrofe.

Per questo servizio, Tindaro assicura ad Odisseo il suo aiuto,

nel fare in modo che re Icario, suo fratello, accetti di concedergli la mano della figlia

e lasciarla diventare regina del suo piccolo regno.

Odisseo è una figura complessa, per niente cristallina, come molti amano invece pensare.

Nel corso della guerra si produce in azioni anche meschine,

ma oramai siamo ben consapevoli come l'essere un eroe greco significhi anche a volte

eccedere e trascendere quello che un essere umano normale considera il corretto comportamento.

E questa caratteristica Odisseo ce l'ha nel sangue.

Egli infatti è nipote di Autolico, figlio di Hermes.

Autolico è un abile ingannatore e ha un dono particolare,

riesce a cambiare il vello e le corna del bestiame che ruba

in modo da renderlo irriconoscibile dal legittimo proprietario.

Il suo grande antagonista è stato a suo tempo Sisifo, altissimo,

che attraverso uno stratagemma riesce a smascherare l'odioso ladro di Armenti.

Sospettando che proprio Autolico sia l'autore delle razzie,

Sisifo si prende cura di incidere sotto agli zoccoli di diversi capi,

belli più degli altri, perciò diciamo più appetitosi per un qualsiasi ladro di bestiame,

una frase accusatoria.

Autolico, che non pensa a mutare gli zoccoli ai capi rubati,

viene in fretta smascherato da Sisifo e da una folla di mandiriani inferrociti.

Il lestofante ha il suo bel da fare a difendersi.

Sisifo non può più riuscire a rinforzare le sue razze,

e per questo ha scelto di portare in giro un'altra.

Sisifo, non contento, corre a casa del suo avversario,

dove si trova affacendata la bella Anticlea, la figlia,

che è stata promessa alla Erte, re di Itaca.

I due, mentre Autolico riesce a sfuggire a malapena dei suoi accusatori,

si avvinghiano in un focoso abbraccio.

Alcuni affermano che senza vergogna Sisifo prende l'amore di Anticlea con la forza,

ma per quanto mi riguarda sono più incline ad accogliere le versioni

che raccontano di come Anticlea si sia intrattenuta più di una volta con quel malandrino,

cedendo al suo maschio fascino.

No, non storcere il naso, non si tratta di maschilismo.

Trovo più coerente con il personaggio di Sisifo il riuscire ad avere per sé

gli abbracci della figlia del proprio avversario attraverso un'opera di seduzione,

piuttosto che rapinarli con un'azione di forza.

In ogni caso, grazie al fascino o alla violenza, Sisifo riesce a giacere con lei.

Da questa unione la bella Anticlea concepirà un figlio,

che ufficialmente sarà figlio di la Erte.

Tornata la calma nelle terre di Autolico, Anticlea sposa infine la Erte, re di Itaca.

E così, nella piccola isola, qualche mese dopo, si svolge un banchetto in onore del nuovo venuto.

Al nonno Autolico, che ignora che sia il reale padre del bimbo di Anticlea,

viene chiesto di imporre il nome al nipote.

In tutta la mia vita, non ho perso occasione di entrare in lotta con molti principi e molti uomini

per scoprire come si farà con la vita di un bambino.

Ma, per me, la vita di un bambino è una vita di un'esperienza.

E' una vita di un'esperienza,

una vita di un'esperienza,

una vita di un'esperienza,

una vita di un'esperienza,

una vita di un'esperienza.

Questo mio nipote avrà perciò nome odisseo, che significa il rabbioso,

perché sulla sua testa ricadrà il peso dell'odio verso le mie azioni.

Tutti lo ricorderanno come il nipote dell'odioso Autolico.

Se un giorno questo mio nipote vorrà salire fino al Parnaso per improverarmi delle mie azioni,

gli chiederò scusa volentieri

e se vorrà placare la sua ira verso di me,

gli cederò una parte dei miei averi.

Raggiunta la maggiorità, Odisseo scala il Parnaso per andare a parlare proprio con il nonno.

In una battuta di caccia in quelle valli, in compagnia degli zii che lo accompagnano,

Odisseo viene ferito alla coscia dalle zanne di un feroce cinghiale.

Questa spaventosa ferita viene curata e Odisseo guarisce,

ma la cicatrice non scomparirà più e rimarrà come marchio sulla sua coscia.

Grazie a questa giovanile cicatrice,

vivremo fra qualche tempo uno tra i più commoventi episodi della vita del grande re.

Autolico copre di doni il nipote ferito e lo rimanda a Itaca, certo di essersi rapacificato con lui.

Divenuto adulto, Odisseo sposa Penelope, figlia della naia de Peribea

e di re Icario, fratello di re Tindero.

Penelope è una bella principessa, certo, ma quale principessa può essere definita bella

o anche solo graziosa se come cugina si ritrova proprio Elena di Sparta?

Eppure la sua, diciamo, limitata bellezza fa breccia nel cuore di Odisseo,

come abbiamo saputo qualche puntata fa.

Quello che sappiamo su di lei è che la naia de Peribea mette al mondo questa figlia semidivina

e poi pare scordarsene. Non pare un buon inizio.

Come successivo evento della sua vita a corte c'è il suo tentato infanticidio per annegamento.

Il padre Icario, forse a causa di un vaticinio malinterpretato,

l'ha gettata in mare poco più che neonata.

Questo oracolo si suppone vaticinasse come lei sarebbe stata destinata a tessere il sudario di un re.

Re Icario, forse pensando ingenuamente che se avesse ucciso la tessitericia del suo sudario

magari sarebbe riuscito a sfuggire alla morte o chissà che, per non avere dubbi,

insomma decide di provare a guadagnarsi un po' di vita in più

facendo gettare la figlia da una rupe a strapiombe.

La piccola, figlia di una naide, non è destinata ad essere sommersa dai flutti

e nemmeno è destinata ad affogare.

Delle anatre dalle piume estriate di rosso, premurose, si precipitano in volo tra le onde,

la raccolgono e le tolgono in un'altra parte.

Icario non può che accettare questo prodigio e non attenta più alla vita della giovane figlia.

Il nome però è deciso, Penelope, che significa appunto Anatrocola.

Re Icario guarderà in attesa la sua figlia, ma non può riuscire a farlo.

Il suo amico, il re Icario, si è messo a guardare in attesa.

Il suo amico, Anatrocola.

Re Icario guarderà sempre con sospetto la figlia per la questione del sudario,

ma non sarà il suo lenzuolo funebre che Penelope è destinata a tessere.

La famosa tela che la regina di Itaca tesserà di giorno e disferà di notte

è il sudario per la Erte, re di Itaca e padre di Odisseo.

La giovane cresce silenziosa e quieta. Fatalmente cade nell'occhio del re di Itaca che la vuole per sé.

Ma c'è una gara da vincere.

Grazie alla sua maesteria nel guidare il cocchio e a una posizione di partenza casualmente favorevole

su una via di sparta chiamata Afeta, Odisseo riesce a vincere la corsa.

Tindaro restituisce il favore a Odisseo, come avrei capito,

facendo in modo che il caso gli rivolga un sorriso nella estrazione della corsia di partenza.

Stranamente Icario vuole aver vicina la figlia anche dopo averla data in esposa a questo re poco appariscente.

Chiede a Odisseo di rimanere a Sparta e addirittura insegue la coppia che si allontana di lui

implorando la figlia di non abbandonarlo.

Odisseo, infastidito dalla scena, si rivolge alla fresca sposa.

Seguimi a Itaca di tua spontanea volontà.

Se a me preferisci tuo padre, rimani qui con lui, ma senza di me.

Penelope non dice una parola, si gira verso il padre e come risponde,

Ha deciso. Con quel gesto di pudore Penelope dice addio al padre

e segue il suo sposo nella loro nuova vita insieme.

Icario in risposta a questo gesto così potente da avvertire,

si rivolge a Icario e gli chiede di non rivolgere la figlia.

Icario in risposta a questo gesto così potente da avergli fatto tirare le redini

e fermare il suo cocchio, fa innalzare proprio in quel luogo una statua ad Aidos,

la divinità della modestia.

Sulla vita familiare di Penelope Odisseo torneremo a parlare a tempo debito,

ma facciamo un salto in avanti di qualche anno.

Alla notizia del rapimento di Elena Odisseo si reca a farsi predire il futuro da un oracolo.

Anche lui, pure se non mirava alla conquista di Elena,

anche lui ha giurato di prestare soccorso al marito della principessa d'Esparta.

Odisseo, che non è un ingenuo, è certo che presto ci sarà una guerra

e che lui sarà chiamato a partire.

Ecco dunque l'esigenza di avere una voce che gli possa dare qualche informazione

riguardo questa impresa.

SETI RECHERAI A TROIA

Seti recherai a Troia, è tuo destino tornare dopo venti anni, solitario e in miseria.

Come fare? Come evitare di prendere amici e compagni di tante battaglie,

caricarli sulle navi e portarli a morte certa.

Chi partirà con lui, Odisseo lo sa, non farà ritorno a casa con ori, armature o schiavi.

Nessuno di loro tornerà.

Solo lui, meschino e reietto, senza alcuna ricchezza, farà ritorno alla sua isola.

A PERCHÈ IMPARCARSI IN UNA IMPRESA DEL GENERE?

Meglio fingersi temporaneamente pazzo, far spargere la voce di questa malattia

e inscenare un bello spettacolo quando arriveranno, perché arriveranno Menelao e Agamemnon

a vedere come stanno le cose.

Immagina la scena.

Odisseo che canta a squarciagola, ridendo, con un cappellaccio a forma di mezzo uovo sul capo.

Con le mani regge un aratro e pungola un bue e un asino che insieme lo tirano.

Odisseo, senza traccia, senza legge, senza cattura, senza ristretto, senza farlo vedere.

Con le mani regge un aratro e pungola un bue e un asino che insieme lo tirano.

Sta arando un campo e accuratamente getta nei solchi del sale marino.

Penelope lo guarda preoccupata, con il figlioletto neonato in braccio.

Vicino a lei Menelao e Agamemnon scuotono la testa.

La grande mente di Odisseo, il più astuto tra tutti loro, è irrimediabilmente perduta.

Odisseo ce l'avrebbe certamente fatta se assieme ai due non fosse arrivato a dita che anche Palamede,

uno dei più saggi, se non il più saggio tra i nobili Achei.

Di questa figura avremo modo di parlare.

Per adesso basti sapere che la faccenda della pazzia di Odisseo pare troppo tempestiva a Palamede, per essere credibile.

Palamede decide di mettere alla prova la pazzia del re di Itaca.

Strappa dalle mani di Penelope il piccolo e lo depone a un metro dall'aratro di Odisseo.

Se il re è davvero pazzo gli sarà indifferente l'uccidere il proprio figlio.

Odisseo pungola il bue e finge che l'animale scartando abbia fatto cambiare percorso alla grande lama.

Palamede sposta di nuovo il piccolo e poi un'altra volta ancora.

Odisseo si arrende.

Palamede lo ha sconfitto.

Un acuto rancore pervade la mente del re di Itaca verso questo saggio e nobile suo antagonista, nella lungimiranza e nell'astuzia.

«Saprò vendicarmi di te, Palamede, che mi costringi a venti anni di esilio».

Questo pensa tra sé uno sconsolato Odisseo che dopo aver abbracciato la cara sposa e aver dato un bacio al piccolo telemaco

arma le sue navi e parte con i suoi compagni di guerra.

Il viaggio verso Sparta necessita di una breve pausa sull'isola di Sciro.

C'è un altro eroe che è scomparso improvvisamente dalla scena di tutti coloro che sono pronti a partire per Troia.

Non si hanno più notizie di Achille, l'invincibile figlio di Peleo e della divinità delle acque Teti.

Il giovane eroe, esperto come nessun altro nell'arte della battaglia, pare essersi volatilizzato nel nulla.

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il libro nato proprio qui, che racchiude le storie più belle della mitologia greca,

dall'origine dell'universo alla salita al trono di Zeus.

Lo trovi sugli scaffali di tutte le librerie e anche in quelle online.

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