Episodio 7 - Il mare si allontana (4)
Live giudice: … vuoi stare in braccio alla Valeria?
La psicologa gli ricorda: “C'è un mare azzurro lì…”
Live psicologa: C'è un mare azzurro lì…
E il giudice aggiunge: “Però prima devi darmi una mano, eh, se no…”
Live giudice: Però prima devi darmi una mano, eh, se no…
Dario a quel punto comincia a rispondere alle domande e ripete i racconti che ha fatto settimane prima alle psicologhe: gli abusi in famiglia, il padre, il fratello Igor.
Per aiutarlo lo fanno disegnare e giocare. Ma continua a distrarsi. E a quel punto una psicologa suggerisce di farlo riposare per un minuto.
Quando riprendono, la donna gli dice: “Forza, tira fuori i muscoletti!”.
E poi: “Se riesci a dire tutto quello che è capitato davvero, quando vai fuori da quella porta, ti godi di più la pallavolo, il mare, tutto quello che fai”.
Live psicologa: Se riesci a dire tutto quello che è capitato davvero, quando vai fuori da quella porta, ti godi di più la pallavolo, il mare, tutto quello che fai...
E poi aggiunge: “Guardando i tuoi muscoli penserai: però, sono stato proprio forte!”
Live psicologa: … e guardando i tuoi muscoli penserai: però, sono stato proprio forte!
Dario risponde, ma poi si interrompe, e dice: “Non capisco niente!”.
I suoi racconti, a tratti, diventano incoerenti.
Cade più volte dalla sedia, si copre la faccia con le mani, gioca con il microfono.
È evidente che non ha nessuna voglia di stare lì, e non collabora più.
Le psicologhe, in difficoltà, cercano di contenerlo fisicamente per catturare la sua attenzione.
Lui chiede: “Dobbiamo stare ancora qui?” e il giudice “Più rispondi, meno ci
stai”.
Poi la psicologa: “Non stai ascoltando, non stai ascoltando! E questo non ti è utile, non ti è utile, altrimenti stiamo qui tanto tanto!”
Live psicologa: Non stai ascoltando, non stai ascoltando! E questo non ti è utile, non è utile, altrimenti stiamo qui tanto tanto! E vai dopo...
Ma a quel punto, dopo più di un'ora, gli adulti intorno a lui si arrendono e chiudono il colloquio.
Nel corso delle settimane e dei mesi successivi ce ne saranno parecchi altri.
Abbiamo mostrato questo video, o letto la sua trascrizione ad alcuni degli esperti che avete sentito nel corso di questa serie, e hanno avuto un parere unanime.
In questo colloquio sono state ignorate le indicazioni dei protocolli internazionali per l'ascolto di un minore, che esistevano già da prima del 1997.
Dario è stato fortemente pressato.
Gli hanno permesso di giocare, o di disegnare mentre raccontava un'esperienza traumatica. Una scelta molto pericolosa, perché può far confondere realtà e fantasia.
Dario non andava preso in braccio, e non gli si doveva accarezzare la schiena mentre raccontava, perché gli si è fatto credere che a dire certe cose corrispondeva una gratificazione fisica.
E' stato illuso che se avesse raccontato si sarebbe sentito più bravo e più forte.
Nella testa aveva una promessa che suonava quasi come un ricatto “prima parli e prima te ne puoi andare”.
Il suo desiderio di andare in vacanza si è trasformato in un'arma in mano agli adulti.
La parola ‘mare' gli viene ricordata 11 volte.
“Se non racconti, il mare si allontana”...
Avremmo voluto dare a Dario l'opportunità di scegliere se guardare questo video, per cercare di calmare i demoni che si porta dentro, e fargli capire che tutte quelle cose potrebbe averle dette solo perché in fondo era un bambino spaventato, che si sentiva abbandonato, sballottato, confuso e messo sotto pressione di continuo.
Tutto è cominciato da lì. E ha distorto in maniera ormai irreversibile questa storia che negli ultimi tre anni ha fatto venire gli incubi anche a noi.
Se dovessimo dare un'immagine a Veleno, sarebbe quella di un bicchiere d'acqua in cui qualcuno versa dell'inchiostro.
Tutto si confonde e diventa scuro.
Tutto diventa cattivo.
Tutti diventano colpevoli.
Ma quanti lo sono davvero?
Quell'inchiostro è fatto di paura, paranoia e pregiudizio, che hanno offuscato la ragione di chi doveva indagare, e la memoria di 16 bambini che non sono più tornati a casa.
Quello che rimane del bambino zero, che un giorno di fine settembre del 1993 è finito per strada con i genitori e i fratelli dopo lo sfratto, è una mail, che ci ha scritto poche ore dopo il nostro unico incontro, in quella fredda mattina di gennaio.
Veleno inizia e finisce con lui.
“Per forza un bambino parla di fantasie, dopo 8 ore di stress, e pressione vorresti solo andare a dormire. Mi dispiace per tutta la gente buona che è stata arrestata. Fino a 3 anni fa credevo ancora a tutto quanto. O dentro magari non capisci se è vero o no. Ma se molte cose non si riescono a ricordare dopo ci arrivi a capire che ti hanno usato come volevano, o per i loro scopi. E me ne do una colpa, perché potevo essere allontanato, ok, ma senza mettere in mezzo gente che non ci è mai c'entrata nulla in una storia montata e rimontata da mille bambini, solo con nomi differenti. E più vai avanti e più speri solo che nessuno ti venga a dare la lezione che meriti. Io è da un anno e qualcosa che ho seri dubbi su tutto. E cerco di vivere senza darci un peso eccessivo. Ma con rabbia verso la gente che mi ha usato”.
Veleno è il frutto dell'impegno corale di un gruppo di professionisti che hanno lavorato giorno e notte a questa storia.
Lo hanno fatto con grande passione e dedizione.
Voglio ringraziarli personalmente.
Grazie a Repubblica per la fiducia che ci ha dato.
E grazie a tutti voi che ci avete ascoltato.
VELENO FINISCE QUI