Italia troppo pochi laureati e troppi laureati disoccupati
Allora, ragioniamo su un punto. Se la scuola, l'educazione fosse un'industria, o meglio, un'azienda, oggi sarebbe fallita.
Roberto Ferrari, da piccolo sognavi di lavorare in banca oppure immaginavi per il tuo futuro un lavoro diverso?
Io, quando ho iniziato a pensare cosa fare da grande, il mio, che più o meno quando sei adolescente,
il mio sogno era quello di fare il giornalista, devo dire la verità. Volevo fare il giornalista.
Pensavo che volevi lavorare in banca.
Mi ho fatto un cambio.
Come mai?
Ma me lo sono chiesto anch'io. Diciamo, uno, che è una cosa che poi mi sono portato dietro alla vita professionale, è la curiosità, secondo me.
Una forte curiosità su tutto quello che succede.
E secondo, il fatto un po' di avere
una vista dall'alto, cioè di essere consapevole, di essere parte di un sistema,
cioè di non fare una cosa solo per te stesso. Non posso
non ricordare di mamma Procter. Io sono professionalmente nato in Procter & Gamble ormai un po' di anni fa.
E dal marketing.
Io vengo dal marketing a Procter, ed è ancora una scuola bellissima, un'azienda bellissima, dove ti insegnano a fare marketing, però
ti insegnano soprattutto a essere manager, che
comunque è una skill importante, cioè non è la stessa cosa, cioè non è solo fare marketing. E capire
come agire in certi in certi modi e come far andare avanti le aziende.
Sono andato a Londra nel 97, ho vissuto cinque anni all'estero, lì ho avuto la mia prima figlia.
E andare all'estero, lavorare all'estero ti apre ancora di più il cervello, devo dire, è proprio un'altra cosa. Devo dire,
lo raccomando a chiunque, perché ti dà una prospettiva molto molto più ampia.
Quando è arrivata la telefonata, Roberto ti va di prendere in mano CheBanca!, di traghettarla verso
la vera industrializzazione, poi la messa al regime del mercato.
Cos'è che è la prima cosa che hai pensato in quel momento? Oddio!
L'entusiasmo, il smarrimento, paura.
Non era una telefonata, è una persona, l'attuale amministratore del grado di CheBanca!, che mi
venne nella mia stanza e mi disse, senti, noi stiamo pensando di...
io stiamo pensando di portarti a fare il direttore generale di CheBanca!. E io ho rimasto proprio
A, basito, sorpreso, perché non me lo aspettavo, onestamente, e B, estremamente contento, perché CheBanca! veramente,
al di là della mia carriera, CheBanca! è veramente un bel gioiellino, ha un'anima dentro.
E l'hai anche posizionata con un payoff particolare, The Human Digital Bank.
The Human Digital Bank, sì sì. Noi siamo, io sono un alfiere della digitalizzazione,
però non
dimentico che
innanzitutto noi siamo esseri umani
e quindi le due cose vanno insieme, si devono integrare insieme, non c'è uno che prevale sull'altro, al fine il futuro sarà così.
Se tu torni indietro, ti ricordi degli ATM, gli ATM sono quelli che hanno inventato il banco, c'è una net che l'ha inventato
qualcun altro, fanno parte del periodo di...
Quelli che noi più comunemente chiamiamo il Bancomat, con il nome della carta.
Quelli che noi chiamiamo il Bancomat, una vecchia storia, poi il nome nacque in realtà in Scandinavia.
Sì, noi li chiamiamo Bancomat, tecnicamente si chiamano gli ATM, dove andiamo a prelevare i soldi dalla macchinetta.
Questa parte del FinTech che sta arrivando adesso, che è arrivata,
secondo me non è altro che una prosecuzione molto più forte,
molto più, come dire, invasiva, pervasiva,
su un percorso che è iniziato già parecchi decenni, die decenni fa.
Ed è molto più forte perché adesso lo sviluppo delle tecnologie
è tale da essere molto più impattante rispetto a quello che si poteva fare prima.
Quindi oggi si possono fare molte più cose, molto più velocemente, molto più anche in contemporanea.
Cioè, come dire, i flussi di sviluppo sono moltissimi,
dalla blockchain al mobile, all'intelligenza artificiale, cognitive computing,
i pagamenti real time, cioè sta cambiando il mondo.
Ci sono 10.000 frontiere che sono aperte contemporaneamente per le banche.
Cioè, io penso che il sistema bancario, non solo italiano, ma in generale,
tra 10-15 anni sarà molto diverso.
Noi con che banca abbiamo fatto il primo robot advisor?
La prima banca europea a fare un robot advisor è in Europa, siamo stati con che banca?
Ma non è che ce lo siamo inventati partendo da zero,
ce lo siamo inventati avendo visto cosa facevano le money farm in Italia,
piuttosto che Bettermen o Wealthfront negli Stati Uniti.
Quindi abbiamo preso degli spunti, abbiamo preso degli esempi, se tu vuoi,
e abbiamo provato a realizzarli alla nostra maniera all'interno di una banca.
Ed è questo il ruolo del manager innovativo da questo punto di vista.
Tu com'è che hai formato?
Noi sappiamo che c'è un nome preciso anche di una squadra che hai creato dentro che banca.
Hai preso anche ragazzi poco più che ventenni.
È un po' il modello che di fatto molte, non solo banche,
molte aziende ormai seguono per cercare di generare innovazione dall'interno.
Prendi una serie di persone e cerchi di focalizzarle.
Alla fine questo poi arriva all'estremo, può arrivare all'estremo,
che invece è il modo in cui lavorano le start up e che adesso si sta iniziando
a portare all'interno delle aziende, che è quello di lavorare in maniera agile.
Lavorare in maniera agile alla fine che significa?
Prendi un team di persone multifunzionale, questo è importante,
e decidi di dedicarli a un determinato.
Com'è il team?
Diciamo le skills all'interno come si distribuiscono?
Devi avere i tre angoli, quelli del business che ti dovrebbe portare.
Qual è la customer view?
Cioè come portare?
... che bisogno voglio soddisfare,
che bisogno voglio soddisfare con la soluzione,
che è la parte più tecnologica,
che di solito ti porta anche a dire potresti fare anche di più di quello che pensi,
perché normalmente è così.
E poi c'è la parte più di compliance, che ti dice potresti fare anche meno di quello che pensi,
perché poi devi stare attento a questi fattori.
E invece riguardo il fintech, c'è una domanda abbastanza simpatica
che mi piace fare, sei stato il primo al quale l'ho fatta.
Come che lo spiegheresti alla zia anziana, alla mamma, alla nonna?
Ecco, questo mondo c'è anche spesso,
è un mondo che non è conosciuto, però è anche utilizzato.
Banalmente oggi si vanno a ritirare le pensioni,
hai dovuto associare una carta insomma con un codice digitale, eccetera.
È un po' come hai detto tu, come ho provato a dire anche io prima,
cioè il fintech alla fine è un'evoluzione.
Fintech sta per finanza e tecnologia, no?
Quindi è come applicare la tecnologia al mondo finanziario.
Come spiegarlo, è una persona come dire di strada, che non fa il nostro mestiere,
come spiegarlo? Spiegarlo poi alla fine come hai fatto tu, cioè con i casi specifici.
Quindi è quella cosa, secondo me, che rende una serie di servizi finanziari
più facili da usare, più accessibili per più persone,
più semplici e che ti portano del valore.
Ti portano del valore all'utente finale.
Quindi oggi se tu prima per pagare il parcheggio dovevi andare
e prendere il gratta&vinci e farti il gratta&vinci,
oggi con un'app puoi pagare il tuo parcheggio.
Quello è fintech.
Se prima dovevi andare necessariamente in banca
e chiedere una piccola azienda, chiedere un prestito
e aspettare magari anche mesi di istruttoria,
oggi hai la possibilità, l'opportunità di farlo online
chiedendo un prestito online su una serie di piattaforme
e avere una risposta in 48 ore.
In quel caso, tra l'altro, distribuendo il rischio di insolvenza su tante persone
te lo concedono più facilmente di una banca.
Esatto, secondo una modalità e secondo dei processi che poi
se uno va a guardare come lavorano, da dietro queste fintech,
i processi dietro non è che poi sono tanto diversi
da quelli che utilizza la banca,
solo che la banca li utilizza magari mettendoci molto più tempo
rispetto a quello che ci mette invece una startup costruita bene.
C'è un consiglio che ti sentiresti di dare a un giovane
che magari vuole fare imprese in questo mondo
e avviare magari una startup di digital payments?
Allora, uno di avere sempre una curiosità fortissima.
Due, il consiglio che do a tutte le startup che ho incontrato
e io ne avrei incontrate centinaia di startup,
è quello di non limitare mai lo sguardo all'Italia.
Se posso dire questo è un difetto che hanno molte delle startup italiane.
Anche imprese, non solo startup.
Anche imprese che guardano molto solo all'Italia.
Noi ormai viviamo in un mondo globale,
non voglio essere la fiera della globalizzazione,
però come minimo viviamo in un mondo europeo.
Quindi questo è il consiglio che vi do.
Sempre curiosi, aperti all'estero
e ragazzi, dovete sapere bene l'inglese.
Una cosa che aiuta moltissimo, molto banale,
è invece di guardare la partita o il telefilm
o andare su Netflix,
è magari vedersi delle cose che sono in lingua originale.
Quindi, le cose su Netflix che sono in lingua originale,
anche su Skype che sono in lingua originale
e alla fine l'inglese è il listening.
Cioè, il vero problema di una persona che non parla bene inglese
è capire cosa ti dicono perché è tutto basato sulle...
Cioè, la difficoltà è sulle pronunce, sulla grammatica.
Se dovessi tracciare degli scenari in tre campi,
per esempio quello dell'economia e della finanza,
ma anche quello del lavoro e dell'educazione
e anche in questo caso scenari di proattività,
nel senso che creare quali sono le condizioni
che oggi dobbiamo mettere in campo
per far sì che quella auspicata situazione si possa verificare.
Ecco, proviamo a tracciarli.
Allora, io partirei dall'aspetto umano,
che poi è quello basilare.
Secondo me, al contrario di quello che si può pensare,
guardando solo l'ultimo milione,
secondo me ci sarà una forte rivalutazione
delle nozioni umanistiche.
Perché?
Perché noi andremo moltissimo avanti
con il cognitive computing, con l'intelligenza artificiale
e onestamente ci sarà molta più ibridizzazione,
come si dice, tra due mondi.
Però ibridizzazione significa anche che
adesso noi dobbiamo insegnare alle macchine,
che non è banale come cosa.
E chi insegna alle macchine
se non uno che è preparato a insegnare alle macchine?
Non solo dal punto di vista tecnico,
cioè so fare il coding, la banalizzo,
ma anche proprio dal punto di vista di che cos'è l'uomo.
Quindi la macchina deve anche rispettare
quelli che sono i nostri valori,
che non è banale.
Veramente noi stiamo andando verso una frontiera
molto particolare.
E non solo l'alfabetizzazione,
non solo la tecnologia,
ma dare le regole e le chiavi alle macchine.
Allora, noi guardando l'Italia pensiamo che,
e questo è vero,
dobbiamo assolutamente migliorare
le nostre competenze dal punto di vista digitale.
E questo si deve partire dall'elementare.
Noi oggi abbiamo un sistema scolastico
che finisce fino all'università,
onestamente secondo me che non funziona più.
Quindi l'industria scolastica.
Esatto, bravo, è stato il termine giusto.
Allora, ragioniamo su un punto.
Se la scuola, l'educazione fosse un'industria,
o meglio un'azienda,
oggi sarebbe fallita l'italiana.
Se ragioniamo sul fatto che noi abbiamo
in Occidente, rispetto ai paesi simili al nostro,
abbiamo il minor numero di laureati,
di persone che si laureano,
e allo stesso tempo questi laureati
abbiamo il maggior numero di disoccupati tra i laureati.
E il maggior numero di disoccupati giovani.
Allora, questi dati significano
che questo è come se tu avessi un'industria
che produce, perché noi mandiamo i figli a scuola,
quindi c'è un input fortissimo.
Ognuno di noi manda i figli a scuola
che fanno il loro percorso, anni e anni
di produzione, come se fosse un vino invecchiato,
un whisky invecchiato per tanti anni,
e poi alla fine non produce nulla,
cioè non si vende nulla.
Resta in cantina.
L'output non serve. Ci sono laureati pochi,
primo punto,
e secondo, che non trovano neanche lavoro.
Forse perché sono laureati
anche nella maniera sbagliata,
cioè nelle discipline sbagliate.
Questo secondo me deve far riflettere tantissimo.
Tantissimo.
Cioè, bisogna pensare all'istruzione
come se fosse una macroazienda
che deve produrre dell'output.
E l'output deve servire
alle persone che devono vivere
e si devono guadagnare uno stipendio
e alla società che deve progredire.
Questo oggi, secondo me,
noi non lo stiamo facendo.
Come Italia, come paese.
Non abbiamo ancora capito.
Stiamo ancora guardando indietro invece di guardare avanti.
Ed è un ragionamento che va avanti.
Non è politica, insomma.
È proprio sistemico.
Nel senso che ci sono delle
eccezioni, per fortuna.
Il paese è molto ...
Ci sono delle punte di eccellenza in Italia.
Onestamente ci sono.
Ma se io guardo all'intero sistema
educativo in Italia,
c'è moltissimo da fare, a partire dall'elementare.
Le medie sappiamo tutti
che sono un percorso accidentale.
C'è un buco
tra l'elementare e il liceo.
Non si capisce bene le medie a che cosa servono.
Infatti sarebbe bene anticipare l'ingresso al liceo,
forse, di qualche anno.
Come fanno all'estero.
Poi bisogna discutere
del perché studiamo...
Io ho fatto il classico.
Qualcuno mi deve spiegare perché studiamo
ancora oggi gli egizi
alle elementari, alle medie, al liceo.
E normalmente nessun programma scolastico
riesce ad arrivare ai tempi moderni,
ai tempi attuali oggi.
Nessuno, in ultima di liceo, riesce a parlare
di effettivamente che cosa sta succedendo oggi.
Tempo fa in un'altra intervista
ti avevo chiesto chi butti giù dalla torre
bitcoin o blockchain, invece si è buttato giù
il bitcoin. Oggi pensi la stessa cosa?
Allora, se avessi investito nel bitcoin
quando l'ho detto, penso che
insomma, sarebbe stato meglio.
Però, al di là delle battute,
io continuo a pensare che il bitcoin
cioè, tra le due,
alla fine la blockchain è molto più importante.
La tecnologia.
E la tecnologia che sta sotto. Poi la puoi usare
in tanti modi. Uno dei modi che è stato
il primo è quello del bitcoin. E sicuramente
il bitcoin ha il valore enorme
di aver lasciato
due legacy, ... di aver fatto ricchi
un po' di persone.
Vedremo come andrà a finire.
C'è una domanda banale, in particolare
tra tante domande banali che ci vengono fatte
ogni giorno, che ricordi, non è senza citare
da parte di chi è arrivata.
C'è una in particolare che ricordi.
La domanda tipica di questo periodo è
ma secondo te devo comprare il bitcoin
o no? Ormai non so quanta gente
ci ha. Piuttosto che, ma
invece del bitcoin c'è qualche altra
cryptocurrency, che poi non la chiamano cryptocurrency
ma qualche altra moneta
che è giusto
chiamarla così, alla fine, che posso
comprare, no? Quando si parla di
digitalizzazione,
il digitale, la robotica,
l'automatizzazione, che sono parole che un po'
spaventano, alla fine non è altro, se
le usiamo bene, che
aumentare le capacità che ha l'essere
umano. Cioè noi stiamo diventando
cioè il cellulare
inizia a essere un appendice della mano
tra un po' il cellulare finirà nella mano
piuttosto che in qualche altra parte
e viceversa. Come le macchine
si, tra virgolette, si umanizzeranno
no? I robot, tutti quanti
parliamo del robot vero, quello fisico, non quello
virtuale, quello fisico
ci saranno i robot. Gli androidi
gli androidi, ci saranno, non è che
non ci saranno già, quindi ci saranno. Quindi
secondo me, siccome dobbiamo insegnare
alle macchine, è vero che dobbiamo
capire cosa significa il digitale
ma è vero che ci sarà anche una richiesta
di, quasi
di filosofi, secondo me, cioè di
filosofi tecnologici, no?
Cioè questi due mondi devono vivere, secondo me,
molto più vicini di quanto oggi
sembri.
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