Brand Reputation: Come Gestirla e Come Difenderla - YouTube
Pronte per un nuovissimo episodio di Impact Girl?
Oggi parliamo di Brand Reputation, come gestirla e come difenderla. A guidarci sarà Miriam
Frigerio, responsabile del brand management per Sorgenia, uno dei principali operatori
energetici e la prima Digital Energy Company in Italia.
Per usare le parole di Miriam: ogni brand ha un'identità, proprio come una persona.
E proprio come una persona la sua identità resta la stessa, che sia in abito da sera,
che sia in tenuta sportiva, che sia seduta sul divano o che stia tenendo un discorso
ma chi la conosce, anche solo un po', immagina quali sono le sue letture preferite, intuisce
i suoi sogni, sa quali cose non farebbe mai. Insomma sa come valorizzarsi senza danneggiarsi
e come proteggersi. Ed è proprio questo che andremo ad imparare
come fare nella puntata di oggi! 3-2-1 si parte!
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per non perderti i Biz Confidential, Biz pillole che condivido soltanto via mail, soltanto
nel sito Biz-academy.it/podcast con spunti pratici per aiutarti a far crescere la tua
attività. E ora bando alle ciance si parte con la nostra brand reputation [Musica]
C: Brand identity and brand reputation, cosa sono, come gestirle, come difenderle. Miriam
aiutaci a fare un po' di chiarezza mettiamoci nei panni di una piccola azienda o di una
piccola imprenditrice che appena avviato il proprio progetto si sta barcamenando tra mille
cose si sente dire “ma a che punto è la tua brand identity? E come siamo messi a brand
reputation?” e le viene il panico! Che cosa che che cosa possiamo fare per semplificare
questi concetti e renderli un pochino più alla portata di chi non ha un team di marketing
e di brand reputation appunto che gestisca da solo tutto questo.
M: Allora prima di pensare alla brand reputation dobbiamo pensare alla brand identity, che
è una cosa che si pensa essere soltanto di grandi aziende, complicata, di marketing,
in realtà è una cosa semplicissima. La brand identity e la tua identità. Io a volte dico
questa cosa anche alle persone che incontro che mi chiedono “ma cosa fai e cosa vuol
dire occuparsi della brend identity?” lo dico ma tu prova a pensare a quello che
tu vorresti fosse scritto sulla tua carta d'identità se fossi una persona. Tu se dovessi
dire o immaginarti quello che vorresti che le persone pensassero di te, ecco quella tua
brand identity, che è una cosa molto più semplice di quanto si pensi. È quella cosa
che fa sì che tu sia quello che sei, diverso dagli altri anche dalle altre aziende o dagli
altri professionisti che fanno il tuo mestiere. Un esempio banale: un negozio di fiori. La
fiorista Gisella di Brera a Milano. Che cosa avrà scritto sulla sua carta d'identità?
Avrà scritto fiorista Gisella, nata e fondata nel 1961-62 sta a Brera. Poi nei suoi segni
particolari, nella sua foto la cosa potrà avere? Potrà avere magari una bellissima
composizione fiori frutta. Queste cose, apparentemente banali, sono la sua brend identity. Il suo
nome essendo un nome significa probabilmente c'è una persona dietro. Il fatto che ci sia
una persona e non ci sia un'azienda avvicina, rispetto al suo target o alle persone con
le vuole parlare, il fatto che sta a Milano e non in periferia, il fatto che stia a Brera
e non stia ad esempio in un centro commerciale.. da tutta una serie di caratteristiche che
fanno parte della sua brand identity. In cosa lei è diversa poi? Il fatto che sia del 61,
invece che dell 80 significa che probabilmente è un marchio storico, significa che se adesso
non c'è lei c'è qualcuno che ha preso le redini di un azienda “tradizionale” e
ha un vissuto che fa parte della sua brand identity. Il fatto che lei si presenti con
una composizione di fiori e frutta significa che automaticamente potrà andare bene, noi
penseremo a lei sì dobbiamo andare a cena da qualcuno e portare un centro tavola, magari
se dobbiamo andare al cimitero piuttosto che, non può non andremo da lei, andremo dalla
fiorista Pinuccia che ha un negozio un'altra parte. E questa secondo me è la brand identity,
è quello che ti fa diverso da tutti gli altri. E l'esempio della fiorista vicino a norma
pensiamo a marchi famosi Nutella, Swatch. Swatch non è un orologio come gli altri,
evoca dei mondi degli universi nelle persone che sono specifiche di una certa identità.
E secondo me è molto importante, mi piace che tu insista sul fatto della brand identity
anche per imprenditrici e piccole realtà, perché ci sono, io credo lavorando un po'
in questo settore da un po di anni alcuni falsi miti sulla brand identity. Il primo
che riguardano soltanto i grandi marchi, che non è vero. I grandi marchi sono un esempio
ma ci sono tanti piccoli marchi che si confrontano anche in situazioni complicate, come può
essere la GDO supermercato che hanno costruito una loro brand identity. Ciascuno di noi si
pensa al supermercato ha in mente alcune linee di prodotti, quelli biscotti piuttosto che
ci sono dei marchi, dei brand appunto che producono semilavorati pasta fresca, eccetera..
allora loro a agganciano l'ingresso in quel caso è un prodotto in genere un prodotto
qualitativamente elevato. Poi c'è una straordinaria coerenza io non ti so dire non li conosco
abbastanza si è voluta, ricercata o frutto di un grande fiuto o semplicemente della natura
del vantaggio però c'è una straordinaria coerenza ad esempio di packaging nel modo
di presentarsi mi verrebbe da dire di posizionamento. C'è la linea dei ravioli tra virgolette BIO
piuttosto che legati a un tema di benessere quindi con cereali, legumi e tutte le varie
e io una volta che ho provato un prodotto di quel brand, che si chiama “Pluto” avrò
avuto un'esperienza positiva ma sarà il fatto che io troverò coerenza in tutte le altre
cose che quello stesso brand mi proporrà che mi spingerà a una fedeltà rispetto a
un marchio o a un brand che non sta facendo pubblicità. Quindi secondo me è la prima
cosa è la coerenza. L'altra cosa, secondo un altro falso mito,
è quello per cui un grande brand, è che se sei un bel brand, vai bene sempre. Non
è vero. La stessa Nutella che ha un awerness, una notorietà, un gradimento del 90 e più,
non piace a tutti. Ci saranno i dietisti che non l'ameranno. Lo stesso Swatch che abbiamo
citato prima non va bene per tutti, cioè va bene in certi contesti, la stessa persona
a seconda del contesto può scegliere una soluzione piuttosto che l'altra. Quindi un
brand non va sempre bene. Qua quindi secondo me c'è un tema fondamentale di target. Alla
nostra imprenditrice amica io direi prima di tutto pensa a quello che tu sei fare ma
pensa a chi vuoi parlare. Non tutto va bene a tutti, fa parte della vita e anche nei prodotti
non tutto va bene a tutti. Il terzo grandissimo tema, a cui io tengo
in modo particolare, che è un po' una mia fissa, sai tutti hanno le fisse, questa è
una delle mie.. è che il brand abbia bisogno di un prodotto. Non è così, non è così
perché abbiamo esempi clamorosi di brand straordinari Google, Facebook, Skype ma anche
brand tradizionali svincolati da un prodotto. Io mi ricordo ancora quando studiavo marketing
ormai un po' di anni fa che era molto famosa veniva spesso citata quando si parlava di
marketing esperienziale una citazione di realizzatore delegato della Disney che diceva rispetto
ai parchi di divertimenti “noi vendiamo ricordi” quella un'esperienza, non è un
prodotto però nell'evoluzione della società attuale anche i prodotti stanno sempre più
diventando servizi. Mi spiego meglio nessuno di noi ormai ha più bisogno dell'oggetto
fisico legato a sostentamento reale, tutti abbiamo abbastanza da mangiare almeno nella
nostra società, abbastanza vestiti abbastanza oggetti fisici quando cerchiamo qualcosa abbiamo
sempre un valore in più a questo oggetto e questo valore è il servizio. Abbiamo esempi
banalissimo io vado al sud all'ipermercato o al negozio sotto casa per comprare un litro
di latte un pacchetto di pasta, vado da una parte o dall'altra per il servizio che ho
collegato, perché se vado all'ipermercato troverò tutto e spenderò nemmeno se vado
al negozio sotto casa de rossi niente servizio cosa sarà, che faccio prima, che magari c'è
la signora che mi dà una mano e che c'è un altro tipo di contesto. Altrettanto evidente,
secondo me, se rimaniamo nell'ambito alimentare “food” è il caso del ristorante. Io non
vado al ristorante per il bisogno primario del prodotto cibo vado al ristorante è una
scelta il ristorante legata a un servizio che io mi aspetto. Quindi andrò, esperienza
personale, al ristorante napoletano dove fanno la pizza con le orecchie da coniglio per i
bambini, se devo andare coi bambini, che si divertono familiare. Vado al ristorante io
sono lombardissima, non so cucinare la cucina della tradizione lombarda perché ci vuole
troppo tempo perché mi vengono i sensi di colpa perché troppo grassa. Se voglio andare
coi miei amici pugliesi a far provare loro l'esperienza della mia infanzia, li porta
al ristorante lombardo sotto casa. Se voglio uscire con mio marito perché è l'anniversario
e vogliamo farci un'esperienza diversa andremo magari un ristorante in centro, un pochino
più originale, diverso dal solito. Quindi anche in questo caso è il servizio che fa
la differenza. In questo secondo me è emblematico e ci avviciniamo al tema anche della reputazione
e come ci si lega la reputazione è il caso, almeno in Italia, dei bar il caffè al bar.
Allora il caffè al bar è una commodity. Io vengo da un mondo commodity, ci veniamo
energia elettrica e gas più uguale di così è uguale per tutti neanche sito che non è
neanche tanto è ben lungi dall'esperienza ma anche il caffè alla fine in Italia una
commodity. Il caffè più o meno, apparte i pessimi, lasciamo perdere gli estremi, stiamo
sulla cosiddetta curva della gaussiana, mediamente un caffè buono mediamente costa un euro,
se costa tanto di più costa un euro e dieci, quindi dieci centesimi sono 50 e 70 centesimi
alla settimana. affordable, mi verrebbe da dire..
Però perché io a prendere il caffè al mattino vado in un bar piuttosto che in un altro?
Perché lì oltre al caffè entrano in gioco degli elementi di servizio: la comodità,
il fatto che uno mi da il giornale, che mi da il giornale con il quale io mi ci ritrovo.
Cioè il fatto di avere Repubblica, Il Giornale, Il Corriere piuttosto che Dove o Confidenze
mi setta mentalmente su un mondo diverso, cioè mi ci ritrovo e quello è un servizio.
Piuttosto che il fatto che oltre al caffè mi trovo un servizio orientamento tendenzialmente
bio, piuttosto che il classico Bar Sport che ancora c'è magari evoluto in tantissimi luoghi
in Italia e fa sì che io mi aggancio la scusa come dire è un prodotto bio mi aggancio mondo
a un servizio in un luogo dove io mi sento mio e questo sentirmi mi occupassi sentirmi
parte di un tutto, poter stabilire una relazione che non è soltanto col prodotto ma anche
col mondo, crea un rapporto di fiducia che poi sostanzialmente è alla base dell'alto
grande tema che tu ponevi cioè la reputazione.
C: Ti fermo un secondo, perché stiamo toccando un sacco di punti pieni di “ciccia” che
dobbiamo ricordare.. allora l'aspetto del dire “la brand identity non è qualcosa
che riguarda solo le grandi aziende e ha molto a che vedere col target”, credo sia importantissimo
ri-sottolinearlo perché una delle difficoltà e dei dubbi che vedono sorgere nelle menti
di chi appunto ha una piccola attività è quello di dire “oddio se restringo troppo
e la mia audience inevitabilmente perdo una fetta di mercato”. Ora è chiaro che oltre
un certo limite non vogliamo restringere, nel senso che se il nostro mercato è fatto
di due persone chiaramente c'è un problema di statistica alla base e dobbiamo ampliarlo.
Detto questo però, soprattutto nel digitale, tu hai fatto molti esempi di di business offline
vero è che comunque che anche se sei un ristorante, un bar oppure un negozio è chiaro che ad
oggi se non utilizzi il web comunque stai abbandonando una fonte di comunicazione importante.
Quindi soprattutto nel digitale c'è questa illusione di poter parlare a tutti quando
in realtà il risultato è non parlare a nessuno. Quindi la spesso il discorso della brand identity
viene un pochino lasciato da parte nella speranza di poter vendere a tutti di poter rivolgersi
a tutti, cosa che è impensabile proprio perché come ben detto tu non si può piacere a tutti
e non si può rispondere alle esigenze di tutti. Quindi riassumendo secondo me è un
punto importante che non voglio sfugga direi non abbiamo paura di identificare il target
preciso a cui vogliamo rivolgerci che poi ci aiuta anche a capire qual è esperienza
che vogliamo fornire a quel target. Mi sono piaciute molto gli esempi appunto del giornale
al bar, non ci avevo mai pensato però è vero ci sono bari in cui il giornale a disposizione
ci sono bar in cui non c'è e in effetti l'esperienza è diversa. Quindi poi diventa anche una reazione
inconsapevole del consumatore quella di sceglierne uno piuttosto che un altro perché appunto
è una questione esperienziale. Io vado a ricordo del posto che mi ha fatto sentire
meglio in rapporto all'esigenza che avevo in quel momento. E poi un'altra cosa che ha
detto è appunto che non è solo per le grandi aziende questa cosa, quindi c'è spazio per
tutti e anzi, hai sottolineato come spesso in termini esperienziali, di un certo tipo
di emozioni e di un certo tipo di esperienza, le realtà più piccole abbiano probabilmente
più opportunità di concentrarsi su aspetti che possono in qualche modo lasciare il segno
nella piccola esperienza di ciascun consumatore, giusto?
M: Assolutamente ti guardano a due punti mi verrebbe da sottolineare uno fondamentale
quello che tu dicevi rispetto ai canali digitali. Non si può piacere a tutti è molto vero
nella vita fisica e nel canale digitale, io poi essendo come dire, non essendo narrativa
digitale tendo molto anche a considerare come il digitale abbia scardinato determinati tipi
di meccanismi, soprattutto di canale e di contatto, ma come alla fine alcuni fondamentali
siano sempre validi e siano quelli di sempre perché la fine mettono in contatto persone.
Allora tu hai detto una cosa molto giusta cioè quel digitale si pensa di poter raggiungere
tutti, che per alcuni versi è vero, nel senso che se io sono a Milano se sono piccola fino
a prima senza il digitale avrei potuto raggiungere al massimo la Lombardia adesso posso raggiungere
di fatto tutto il mondo. Questo significa che allargo enormemente in qualche modo il
mio raggio e questo è un grande vantaggio, nel senso che nel mio raggio posso permettermi
di fare il cherry picking o la selezione delle persone che all'interno di quel raggio sono
interessanti per me. Quindi prenderò la persona a fine a me il mio modo di vedere, al mio
modo di ragionare e a quello che sto offrendo che stia a Milano, a Bari piuttosto che a
Timbuctu ma non prenderò ma dargli il mio vicino di casa che è tanto vicino a me fisicamente
ma mentalmente sta da un'altra parte. Quindi in realtà come dire è secondo me il digitale
offre più possibilità, cioè puoi fare delle cose che prima non potevi fare. L'importante
se poi non mi metto io a discutere perché in realtà ci sono persone prima di me che
l'hanno fatto molto meglio, in realtà l'importante è considerare sempre che quando si va a parlare,
si va a selezionare tramite i canali che siano social o che siano altri canali digitali,
abbiamo degli strumenti per selezionare la nostra audience il nostro target e le persone
affini a noi e lo dobbiamo fare con la consapevolezza di coloro per i quali noi siamo più appunto
affini, questo punto dicevamo, anche se siamo piccoli. Allora gestire la reputazione in
aziende grandi molto grandi o anche il solo medie è una cosa oggettivamente abbastanza
complicata, allargata, richiede ricerche analisi statistiche, una numerosità di casi sufficienti
per avere una valenza appunto statistica eccetera. Chiaramente sono cose che difficilmente possono
essere accessibili non avrebbero neanche molto senso per realtà più piccole. Questo non
significa che un piccolo imprenditore, un'imprenditrice che si muova online o offline debba dimenticarsi
della sua reputazione. Quindi secondo me la prima cosa che bisogna fare è capire, veramente
fare un po' un esercito di autoanalisi, quasi psicanalitico, cioè chi sono chi voglio essere
e che cosa voglio fare. E poi cercare di tenere le antenne al attente le antenne alzate nel
guardarsi fuori e vedere quello che in qualche maniera si sta dicendo di me. Allora i sacri
testi della reputazione ti dicono che la reputazione è una cosa il social listening è un'altra.
Perché? Perché in rete, sui social in particolare, di solito parlano gli estremi cioè le persone
può che ti amano tanto o che ti detestano. Quelli che stanno nel mezzo tendenzialmente
non si espongono e fa anche un po' parte di tanti meccanismi dalle elezioni eccetera.
Però è una buona proxy, cioè se io vedo che googlando banalmente il mio nome e il
mio servizio trovo dei dati i risultati e delle informazioni che sono vicini a quello
che io volevo dire apposto, andiamo avanti in quella direzione. Se trovo dei commenti
negativi, anche qua, secondo me la prima grande regola è don't panic capiamo perché. Intanto
sono statisticamente rilevanti, si no. Se non sono statisticamente rilevanti li gestisco
va bene sempre rispondere ma dare sempre l'impressione che dietro una realtà ci sia una persona,
soprattutto online, questo siccome è un dato fondamentale. Mai lasciare un commento abbandonato
perché l'idea è quella che appunto tu sei distante invece in realtà il digitale deve
avvicinare le persone, quindi rispondere sempre oppure vediamo, invece magari possono darci
in alcuni casi anche a volte dei suggerimenti di cose a cui non aveamo pensato o evidenziarci
dei dettagli o degli aspetti che avevamo trascurato, perché uno non può pensare a tutto soprattutto
quando un imprenditore deve fare tutto da solo magari gli sfuggono degli aspetti, invece
in questo modo ci sono grandissimi elementi per trovare degli agganci per migliorare costantemente.
Poi, chiaramente quanti più persone tu riesci a creare, a portare intorno a te, tanto maggiore
può essere la reputazione, le community sostengono la reputazione, le community sono una cosa
che anche qua esisteva prima del digital, pensiamo all'Harley Davidson esiste dagli
anni cinquanta credo insomma è una grandissima community il digitale facilità di nuovo come
dicevo prima facilità il fatto che persone che si fanno nei luoghi fisicamente diversi
ma si riconoscono negli stessi valori, nelle stesse impressioni e la stessa visione della
vita si possano mettere insieme. E può essere un brand un brand o un brand appunto che ripeto,
non deve essere il grande brand, può essere quella realtà che è affine a loro perché
ad esempio offre un servizio ma che quella community cerca, piuttosto che offre un'interpretazione
o una visione del mondo o magari semplicemente da uno spazio di incontro digitale che queste
persone non farebbero. Ecco, se dovessi dire che cosa muovendosi su digitare una piccola
realtà può fare per mantenere la propria reputazione è capire presso chi vuole avere
una buona reputazione, cioè da chi vuole essere apprezzato e amato, e fare parte del
gruppo, mettersi in gioco, entrare. Entrare facendosi percepire come una parte, una persona
che fa parte del gruppo e può essere accettata e fondamentale però, per mantenere una corretta
reputazione, essere coerenti e non tradire. “Il tradimento della fiducia” nella vita
reale e online (che viene sgamato subito) è una delle principali cause della distruzione
della reputazione.
C: E tra l'altro immagino così come sulla base, adesso mi vengono in mente esempi prettamente
digitali, sicuramente i tuoi degli esempi anche più più ampi di tradimento della fiducia,
però così come il digitale ti eleva un pochino più rapidamente, perché chiaramente i costi
sono un pochino più bassi, perché appunto riesce a raggiungere un'audience più ampio
più velocemente ad un certo livello di reputazione, così però nel momento in cui tira la zappa
sui piedi perché non presti attenzione oppure non sei stato diciamo trasparente fin dall'inizio
e i nodi arrivano al pettine la caduta poi è ancora più rovinosa.
M: Assolutamente. Allora io dovessi fare un esempio anche qua abbia parlavamo prima di
food perché è abbastanza facile da capire. Se io una persona, e quindi un brand, al di
là delle di quello che è legalmente o moralmente non accettabile, tutto sommato può essere
tante cose. Non siamo tutti uguali grazie a Dio quindi può essere vegano o carnivoro.
È poco credibile che un vegano apra una macelleria, così come è poco credibile che un negozio
bio-vegan-eco-friendly eccetera poi alla fine magari sostenga perché poi ci sono relazioni
familiari parentali amicizia che sto l'associazione venatoria locale perché a quel punto cosa
sei? Stai tradendo la fiducia di qualcuno. Online queste cose le trovi subito, cioè
se io mi posiziono come un'azienda o una realtà che è particolarmente attenta ad alcune...
ci sono quegli esempi clamorosi appunto per rimanere nel caso del veganesimo di queste
influencer vegane, crudiste beccate a mangiare la bistecca, loro avevano un brand e il brand
è stato distrutto. Il digitale ovviamente,questi sono estremi clamorosi, ma ce ne sono tanti
nel mezzo. Se tu ti posizioni come una realtà attenta socialmente socialmente sostenibile,
attenta alle persone e poi in realtà si scopre in rete si scopre in un nanosecondo perché
c'è sempre qualcuno che ti può fotografare da una parte c'è sempre un commento che hai
lasciato trent'anni fa che può ritornare, se qualcuno scopre che tu non sei veramente
compliant o coerente con quello che dici è nulla distruggere la tua reputazione. E ti
dirò tanto maggiore e più rovinosa è la caduta quanto maggiore è il grado di fiducia
costruito, è un po' come nelle relazioni. Da chi è che uno si sente ferito? Dall'amico
più caro, o dalla persona che ama di più. Sai se il mio vicino di casa mi dice una cosa
poi non lo è proprio, vabbè la nostra relazione è finita con un ciao sulle scale o un buongiorno.
Se invece una persona nella confronti della quale ho depositato la mia fiducia fa qualcosa
neanche esagerato io mi sento tradita e con le marche è fatta e finita, e nelle relazioni
anche imprenditoriali e è così. Detto questo però secondo me ci sono poi delle straordinarie
possibilità di costruirsi una reputazione in settori che magari invece una reputazione
così alta non ce l'hanno. E questo è un secondo suggerimento che darei a un imprenditore
o l'imprenditrice cioè cerca di capire quanto il settore nel quale tutti stai muovendo e
stimato oppure no. Ci sono dei settori che automaticamente portano adesione emotiva,
empatia, stima, altri che un po' meno senza pensare a classici esempi che sono quelli
dei servizi quindi strutture bancario piuttosto che, che non sono amatissimi. Pensiamo a un
settore come quello immobiliare. Il settore immobiliare e gli operatori settore immobiliare
per varie ragioni storiche indipendente dai professionisti non hanno una reputazione altissima,
quando però tu trovi quella persona che per differenza valorizza i suoi punti di forza
che in qualche modo sono quelli che nel settore mancano automaticamente diventa il faro, la
guida, quello da cui tu vai per qualunque esigenza anche più banale. E secondo me nell'infinito
mondo delle nicchie che si possono praticare in ambito digital, queste possibilità sono
molto alte. L'importante ecco secondo me nel creare reputazione è: essere coerenti, coerenza
che ti dirò studiata, una coerenza che viene dall'analisi di dove mi sto muovendo, dall'analisi
delle persone con le quali voglio parlare ma anche dall'analisi mia, dei miei valori.
Assolutamente cioè mai cercare di posizionarsi per una cosa che non si è difficile e si
crolla abbastanza facilmente. Essere coerenti, studiare molto, cioè analizzare quello che
c'è intorno a noi e il contesto nel quale ci muoviamo per appunto stabilire quegli elementi
di differenza che a volte sono anche giocare a nostro vantaggio, elementi potenzialmente
di limite o di criticità o di debolezza del settore nel quale lavoro e poi sostanziale
su queste basi creare una relazione, una relazione che sia una relazione di fiducia. La reputazione
è testa e pancia cioè razionalità. I classici modelli della reputazione fatta su grandi
gruppi eccetera incrociano incrociano cerchi concentrici, item, settori diversi che variamente
lavorano ma in estrema sintesi la reputazione dimostrazione di saper fare una cosa. Quindi
in questo intendevo dire analizza il tuo settore e dimostra come tu sei meglio della media,
competenza ed eccellenza e pancia cioè capacità di raccontare di entrare in empatia di essere
creduti con chi è chi spesso viene veicolato da una analoga visione del mondo, e quindi
dal fatto di raccontarsi un po' nello stesso modo. Quindi le principali minacce alla reputazione
vengono dal fatto di infrangere questi aspetti soprattutto di infrangere la fiducia cioè
io tradisco la fiducia e la reputazione viene meno. E per contro la principale secondo me
antidoto alla una crisi reputazionale è la reputazione stessa. Ti faccio un esempio offline
stupido. Moncler ha avuto un momento di crisi reputazionale devastante, è uscito dopo alcuni
mesi se uno guardano indicatore molto hard come la capitalizzazione in borsa era tornato
ai livelli di prima, ma perché? Perché aveva una reputazione tale prima che comunque quello
che aveva messo in atto in gioco era tale da costituire una rete di rimbalzo, per cui
si ha capitombolato perché c'è stata una più dell'imputazione alema rimbalzato un
po ed è tornato ai livelli di prima. Oppure sempre per uscire dalla rete ma citare degli
esempi secondo me comprensibili e accessibilissimi a tutti di modi intelligente di gestire un
tema reputazionale Nutella con l'olio di palma. Esplode il caso dell'olio di palma quindi
tutti i marchi sostanzialmente molto legati anche a un tema se vuoi di adesione emotiva
cioè cose dolci comfort food, spesso legati esperienze dell'infanzia e della giovinezza,
sentirsi a casa, la tradizione.. questo olio di palma chi fa male che devasta l'ambiente
che ha delle conseguenze terribili sulle persone e gli animali, cosa fanno tutti? Tutti corrono
a cambiare e a modificare radicalmente le proprie strutture produttive e a scrivere
su tutte le confezioni “senza olio di palma”. Nutella cosa fa? Nutella esce con una campagna
dove dice: “tutti i nostri prodotti sono di altissima qualità, certificati, controllati
nella filiera, anche l'olio di palma”, e torna e sta il brand più amato dagli italiani
non solo. Cioè loro sono stati in grado, non tutti possono permettersi di fare quello
che ha fatto Ferrero, però è emblematico secondo me due cose: il primo è che una straordinaria
reputa reputazione alle spalle di tutela anche in circostanze in cui se tu non ce l'avresti
saresti distrutto come a volte è avvenuto. 2 niente panico. 3 cerca di valorizza laddove
non può eliminare l'elemento di che causa la crisi reputazionale, lavoraci, trasformalo
in un tuo elemento di forza. Quindi tornando al nostro esempio della nostra un esempio
banale offline ho un ristorante e mi rendo conto che i miei clienti dicono che sono trattati
male beh c'è il cameriere che manda al diavolo le persone magari lo accompagno, oppure faccio
un corso di gentilezza. Se sono un'imprenditrice che ho puntato tutto su un servizio online
di qualità eccezionale e poi ho un problema perché quando arrivo al momento finendo gli
mando la thank you mail corretta e le persone rimangono appese perché io non ci ho pensato
perché in tutte le cose a thank you page è l'ultima cosa che ho pensato, ma le persone
si lamentano perché dicono non ho capito mi hanno preso i soldi dalla carta di credito,
non so quando arriverà, non so se il tutto è andato a buon fine. Quella cosa lì può
essere una fonte di criticità reputazionale, allora intervengo la metto a posto subito.
A volte però non posso e allora cosa faccio? Non posso dirti quando avverrà la consegna
tornando nel nostro caso di un ecommerce divertito perché in realtà non la gestisco direttamente,
mi appoggio a determinati tipi di fornitori. A questo punto la valorizza questa cosa e
ti dico guarda io non posso dirti esattamente quando che consegnerò un prodotto che può
essere che ne so un cosmetico bio la prima cosa che viene in mente perché? Perché in
realtà non è una cosa sita andar da una cosa fatta per te io non so quanto tempo ci
vorrà per fare questa cosa che è solo per te quindi io trasforma un potenziale elemento
critico in un elemento di valore. Teniamo le antenne alte capiamo quello che le persone
dicono di noi.
C: E continuiamo anche a ricevere feedback senza fastidio, senza prenderla sul personale.
Ci sono delle situazioni in cui soprattutto nel digitale, dove praticamente io sguazzo
dalla mattina alla sera, inevitabilmente poi rendere le cose migliori e a volte come tu
hai fatto l'esempio della thank you page ma ce ne sono altri mille che ha una persona
non pensa perché anche all'interno di un team strutturato, le cose da gestire sono
talmente tante che quel singolo dettaglio ti sfugge e però quel singolo dettaglio avrebbe
campo completamente l'esperienza dell'utente che ti scrive dice ma insomma com'è possibile
queste cose quest'altra cosa. Allora lì io lo chiamo l'aikido effect nel senso che ovviamente
non si attacca mai il customer o la persona che ci sono pero ma si ringrazia innanzitutto
per il feedback perché è fondamentale. Molte delle migliorie che noi facciamo continuamente
perché ha un continuo work in progress nascono proprio dall'ascolto di questi feedback. Magari
non sono immediate e quindi a volte diciamo questa è una cosa effettivamente molto importante
richiede un po di lavoro tecnico il nostro team è al lavoro e ti aggiorneremo quando
sarà fatto, e devo dire che è bellissimo perché diventa una co creazione anche di
esperienza e quando il cliente se si sente ascoltato e sente che ha contribuito a creare
qualcosa con te di cui lui fa parte diventa un vero e proprio fan.
M: E in questo secondo me si aggiunge, verissimo d'accordissimo su tutto ciò che hai detto,
e si aggiunge secondo me un altro elemento che è trattato nei libri di marketing classico
ma esploso secondo me col mondo digitale che è il word of mouth. Cioè allora il te io
mi fido di più nella psicologia delle persone mi fido di più di quello che dice una persona
che sento vicina a me dell'acqua che conosco piuttosto, che di quello che posso ovviamente
leggere in modo più strutturato e scientifico e quello che mi sento raccontare. Allora nel
momento in cui io ho fatto mio, pensiamo sempre alla nostra imprenditrice che ha un mini ecommerce
della qualunque, nel momento in cui ho fatto mio il suggerimento
che magari veniva da una critica di un mio cliente e l'ho ringraziato e gli dimostro
di aver colto le sue indicazioni, questo diventerà il mio principale ambassador e il fatto di
avere una rete di ambassador, quelli che appunto, nelle teorie scientifiche ampie della reputazione
sono i supporter, fa sì che avrò un gruppo di persone che parla bene di me, che mi difende
nel momento in cui altri dovessero dire “mah non sono così bravi” e che laddove dovessi
io incorrere in qualche altro piccolo incidente sarò disposta a concedermi il cosiddetto
beneficio del dubbio dirà cioè “si, ma siamo sicuri? Aspetta magari lo mettono a
posto” oppure “ma sei sicuro? in realtà guarda che io mi sono sempre trovato bene”,
che è il caso di Moncler citato prima. Queste cose avvengono a tutti i livelli e quindi
crearsi e si torna da un altro punto che abbiamo toccato prima cioè dalla community. La community
che io mi creo con persone che si sentono vicino a me ma anche con persone con le quali
ho creo una relazione e non c'è niente di più importante di più forti nel creare una
relazione con qualcuno che risolverli un problema, anche se in apparenza un problema che ho creato
io. Quindi è un gioco creativo di flussi che vanno e rivanno ma tutto ovviamente coerente
col punto da cui siamo partiti cioè con quello che io voglio essere e con la mia identità
perché se faccio una roba che è completamente diversa da meno non ce la faccio proprio fisicamente
a reggere con questo gioco di scambi.
C: Senti Miriam, qual'è una donna che ammiri moltissimo e che pensi dovremmo intervistare
dopo di te?
M: Donne che ammiro moltissimo ce ne sono un sacco, per varie ragioni poi così insomma
noi cerchiamo, io cerco anche se presto di lavorare con donne per attività di tipo sociale
eccetera. Nell'ambito specificatamente digital io intervisterei Manuela Colombini, che è
una giovane e straordinaria esperta e consulente strategica in ambito digitale. È una persona
che ha grande esperienza nella comunicazione tradizionale che però insomma riesce anche
molto a dare suggerimenti spesso anche a donne su come stabilire relazioni, trasformare i
dati in azioni concrete e uscire e unire la dimensione razionale con quella empatica che
è fondamentale.
C: praticamente questa è la chiusa perfetta a tutta la nostra conversazione.
M: Poi le donne secondo su ste robe sono un filo più brave.
C: Ascolta Miriam.. io ti ringrazio so che oggi e come ogni giorno hai pienissime! Quindi
io ti ringrazio moltissimo del tempo che c'hai regalato. Ricordo alle nostre Biz girls in
ascolto che troverete il video della puntata nel sito Biz-academy.it/podcast oppure su
Spreaker, Itunes, Spotify e il sito stesso troverete anche la versione audio, quindi
potete scegliere se ascoltare, se guardare e naturalmente all'interno del sito troverete
anche i punti salienti della puntata suddivisi minuto per minuto, così da poter ripassare
quello che volete, quando volete. Miriam c'è un'ultima cosa che vuoi dire prima
di lasciarci?
M: Vorrei dire a tutte le donne che sono imprenditrici che mediamente hanno una marcia in più, di
guardare alto, anche se hanno un'attività piccola, apparentemente piccola, le regole
del pensare in grande valgono sempre e la differenza la si vede poi nei fatti. Prima
cosa. Seconda cosa di avere fiducia in quello che sono nella propria identità.
C: Grazie mille Miriam davveo!
M: A te, un abbraccio a presto. ciao
Questo è tutto per la puntata di oggi, spero di aver ti dato qualche utile spunto che potrai
implementare sin da subito. Se crescere un business in cui credi sul web in modo autentico
e proficuo è parte dei tuoi piani e non sei ancora entrata a Biz-academy puoi farlo visitando
il sito Biz-academy.it Noi, come sempre, ci sentiamo o vediamo alla
prossima puntata di ImpactGirl [Musica]