XV puntata
Da Mosca La Voce della Russia!
Vogliate ascoltare la XV puntata del ciclo "1812. La bufera napoleonica" a cura di Dmitrij Mincenok. Più a nord di Kaunas, sulle sponde dell'Esja, un piccolo fiume che confluisce nel Neman, si erge una vasta collina. Oggi da quell'altura i ragazzini lettoni lanciano nel cielo gli aquiloni. Ma duecento anni fa all'incirca Napoleone scelse proprio quel punto per attraversare il fiume. Alla vigilia, l'11 giugno secondo il calendario giuliano allora in vigore, egli aveva compiuto una attenta ricognizione. Ma già era noto che non avrebbe potuto trovare un posto migliore. Nell'ipotesi che il nemico occupasse l'altra sponda sarebbe bastato concentrare alcuni pezzi di artigliera sulla collina per garantire il successo dell'operazione. Ci è pervenuta questa testimonianza. "Al tramonto le armate del maresciallo Davout, che per prime sarebbero entrate in territorio russo, arrivarono al fiume e attesero in silenzio nell'ombre del bosco. Non fu acceso alcun fuoco e nulla faceva pensare che fra poche ore decine di migliaia di uomini si sarebbero attestati sulla sponda opposta. In quei posti imbrunisce presto e le operazioni di attraversamento iniziarono nella notte. Furono raccolte barconi e chiatte e un plotone di genieri attraversò il fiume A Napoleone fu annunciato che tutto procedeva secondo i piani. " Eppure un piccolo episodio gettò un'ombra sull'entusiasmo imperiale. La notte precedente, proprio durante la ricognizione compiuta insieme con i suoi aiutanti, ci fù un incidente che conosciamo dalle memorie di Armand De Caulaincourt, l'ex ambasciatore a Pietroburgo, l'unico folle, come si diceva, al quale Napoleone permetteva di polemizzare con lui. Nella buio della notte De Caulaincourt era dietro l'augusto sovrano, quando questi all'improvviso scomparve. Si levò sulle staffe e lo scorse in terra. Napoleone, che non era mai stato un buon cavallerizzo, era stato disarcionato. Quel fatto fu visto da molti del seguito come un segno di malaugurio. Napoleone risalì subito in sella come se niente fosse, tagliando corto ad ogni commento.
Ci si ricordò di quell'episodio sei mesi più tardi quando i francesi erano in ritirata. Gli ufficiali da campo dell'esercito russo erano al corrente dei movimenti nemici. Ecco la testimonianza di un protagonista di quella campagna.
" Appena i primi genieri francesi arrivarono sulla sponda russa del Neman subito si fece avanti una pattuglia di cosacchi. - Chi siete e cosa fate in territorio russo? - Siamo francesi e siamo venuti a farvi guerra, a conquistare Vilnus e liberare la Polonia. A queste parole la pattuglia si lanciò al galoppo nella boscaglia inseguita vanamente da alcune pallottole.
Furono quelli i primi spari della guerra.
In quel momento l'imperatore Alessandro era a Vilnus, al ballo del generale Benningsen. Nel mezzo di una quadriglia il padrone di casa si avvicinò al sovrano per bisbigliargli che Napoleone aveva attraversato il Neman.
Su quell'episodio vi sono diverse versioni, ma nella maggioranza delle memorie si afferma che l'imperatore avrebbe accolto la notizia dell'invasione con grande forza d'animo. Alcuni aggiungono che agli avrebbe chiesto la sua spada annunciando che andava a raggiungere l'esercito. La realtà era stata però alquanto differente.
La versione reale ci viene dal buffone di Platon Zubov, alto cortigiano di Caterina, cognato del maresciallo Suvorov.
Questo buffone, al servizio dei figli del marchese, ricorda che alla notizia l'imperatore era sbiancato in viso ed aveva subito abbandonato il salone delle feste. Nel vestibolo si era imbattuto nel nanerottolo al quale aveva chiesto di essere accompagnato in un posto dove non ci fosse gente. Il buffone lo aveva portato nei locali dei bambini. Ma anche là c'era confusione. Egli ricorda di aver sentito Alessandro esclamare: "Ma come ha potuto? " Purtroppo non sapremo mai a chi si riferisse, a Napoleone, ad uno dei suoi generali, o qualcuno più potente di tutti.
Sconvolto Alessandro abbandonò il ballo. Si accingeva a raggiungere l'esercito, ma il suo stato confusionale era così evidente che gli uomini a lui più vicini, come Arakceev e Benningsen, lo supplicarono di non presentarsi in quello stato per non demoralizzare gli ufficiali, ma di recarsi immediatamente a Mosca per poi raggiungere Pietroburgo. In seguito gli fu detto che nelle due capitali si faceva strada il panico e che la sua comparsa avrebbe calmato la popolazione.
Al mattino fu reso noto il suo proclama alle truppe in cui si annunciava lo scoppio della guerra. Il documento conteneva un indirizzo al maresciallo, marchese Saltikov, che teminava con queste parole: " La difesa della Patria, la salvaguardia dell'indipendenza e dell'onore del popolo ci costringono ad impugnare la spada. Non deporrò le armi fino a quando un un nemico solo rimarrà nel mio regno. " Il 13 giugno lo zar mandò da Napoleone il suo aiutante di campo, generale Balasciov, con una richiesta di pace e il giorno dopo partì per Pietroburgo.
Alla Battaglia di Borodinò mancavano 84 giorni.
Avete ascoltato la XV puntata del ciclo "1812.La bufera napoleonica" a cura di Dmitrij Mincenok.