XXII puntata
Da Mosca "La Voce della Russia"!
"1812.
La Bufera napoleonica" . XXII puntata del ciclo a cura di Dmitrij Mincenok. Era il secondo mese di guerra.
A fine luglio le truppe napoleoniche assediarono l'antica Vitebsk ove Napoleone contava di poter metter fine al conflitto. Da un punto di vista tattico anche per i russi rappresentava il posto più adatto per respingere l'offensiva.
Inoltre le spie confermavano a Napoleone che l'imperatore Alessandro si nascondeva proprio a Vitebsk, facendo nascere in lui la speranza di poterlo fare prigioniero. In realtà Alessandro, aveva lasciato l'esercito già da alcuni giorni, a Polozk, cedendo alle pressioni di Arakceev secondo cui la sua presenza disorientava i generali, in quanto nessuno sapeva a chi obbedire, all'imperatore o a Barklai.
Al comando francese si dava una spiegazione diversa e si riteneva che l'imperatore russo aveva voluto così dissociarsi dalla continua ritirata del suo esercito per riversarne tutta la responsabilità proprio su Barklai.
Spinto dal desiderio di accelerare i tempi Napoleone ordinò a tutti i corpi di armata e alle riserve di artiglieria di avanzare più rapidamente su Luces, il piccolo fiume di Vitebsk che confluiva nella Dvina, convinto che le truppe russe si trovassero al di là del fiume.
Si fece di tutto nella speranza che entro pochi giorni vi sarebbe stata la battaglia generale, tanto agognata da Napoleone.
Alla vigilia, per buona parte della notte, l'imperatore era rimasto in sella al suo cavallo per incitare rincuorare le truppe, già animate da forte spirito bellicoso.
Il re di Napoli, Murat, si diceva sicuro che le manovre compiute da Barklai davano ad intendere che si preparava alla battaglia.
E prima dell'alba Napoleone era di nuovo a cavallo... Ma una tremenda delusione attendeva i francesi.
L'esercito russo aveva lasciato Vitebsk e non si sapeva dove fosse. Non fu possibile inoltre interrogare nessuno per sapere quale direzione avesse preso. Sembrava che un enorme esercito fosse riuscito a volatizzarsi. Napoleone ordinò di entrare in città.
Secondo le tradizioni di quei tempi, nella consegna al nemico di una città, esisteva tutto un cerimoniale.
Alle porte i maggiorenti accoglievano il comandante in campo per consegnargli le chiavi simboliche. Ma in quella pagina di Vitebsk gli storici non vi fanno cenno. L'autore del nostro programma, rovistando negli archivi della città, ha scoperto che quelle chiavi però c'erano state. Napoleone quindi entrò a Vitebsk all'alba dopo che gli fu confermato che una delegazione di maggiorenti lo attendeva.
È probabile che quella delegazione fosse composta da soli mercanti polacchi, perché i russi, come ricordano i contemporanei, avevano tutti abbandonato la città.
Su ordine venuto dalla capitale. Le città russe, non solo quelle di provincia, ma anche i capoluoghi di Governatorato, rappresentavano una delusione per i francesi.
Nemmeno da fare un confronto con le più piccole cittadine tedesche. I francesi avevano sempre trovato in Europa grandi provviste di ogni bene e quindi contavano che anche in Russia sarebbe stato lo stesso. Invece no. E in più nemmeno una farmacia normale, nemmeno un medicinale... Mancava finanche l'acqua.
A Vitebsk, infatti nelle case abbandonate dalla popolazione, tutti i pozzi erano stati otturati.L'estate era torrida e i cavalli, sfiancati, morivano a migliaia, abbandonati sul ciglio della strada. Se Bonaparte avesse avuto i moderni automezzi, quella guerra forse sarebbe finita in modo diverso.
Il caldo e la mancanza di mezzi per muoversi più rapidamente, furono invece fatali. Napoleone non aveva preso in considerazione la resistenza dei cavalli.
I russi in ritirata lasciavano dietro di se il deserto.
Non era mai successa una cosa simile in Europa. Secondo gli storici, autore di questa strategia sarebbe stato il tedesco Barklai De Tolli. Ed ecco una testimonianza di Armand de Caulaincourt: "I cavalleggeri del maresciallo Murat non erano in grado di curarsi dei cavalli e li guardavano morire senza rimpianto pensando che così erano finiti i loro tormenti".
Napoleone era tenuto all'oscuro e Murat ogni giorno gli diceva che stava per raggiungere i russi.
Ancor gli storici si interrogano su come fosse stato possibile per un esercito lasciare Vitebsk senza che nessuno se ne accorgesse.
Per ore i ricognitori francesi avanzarono in tutte le direzioni senza mai trovare nessuna traccia di cavalli.Dove erano andati i russi?
A nord in direzione di Pietroburgo?O ad est verso Mosca? Oppure a sud. Nessuna delle spie mandate da Murat riuscì a fare ritorno.
Nel diario di Ivan Puscin, un nobile ufficiale che nel 1825 avrebbe partecipato alla sommossa di dicembre, troviamo una annotazione curiosa.
"Al seguito del nostro corpo di armata c'era una donna vestita di panno blu.
A chi le chiedeva chi fosse rispondeva che era la lavandaia del generale Lavrov. Oppure che era la moglie di un soldato... Ma l'inganno fu scoperto. Un cosacco in vena di corteggiamento le tolse lo scialle dalla testa per baciarla... e scoprì la faccia di un uomo... Gli tolsero il vestito e quasi nudo lo portarono al comando.
Era un polacco, un ragazzino ancora, che dopo un breve interrogatorio, fu mandato a Pietroburgo. Fecero la stessa fine tutte le altre spie di Murat". A Vitebsk Napoleone si fermò due settimane.Dette ordine di erigere nuove fortificazioni intorno alla città e di costruire un grosso panificio.
I ricognitori russi annunciavano che egli aveva scelto quella città come centro di tutta la linea di difesa dell' Armata francese.
Barklai non ci credeva.
Non era nelle abitudini di Napoleone concludere una campagna estiva al secondo mese di guerra e senza nemmeno essere entrato in contatto con il nemico. Ed in effetti con quella sosta di due settimane Napoleone aveva voluto soltanto dare un periodo di riposo ai suoi soldati.
La sua stella volgeva al tramonto. Alla battaglia di Borodinò mancavano poco più di trenta giorni.
Avete ascoltato la XXII puntata del ciclo "1812.
La bufera napoleonica" a cura di Dmitrij Mincenok.