‘La Chiesa brucia. Crisi e futuro del cristianesimo'
Buonasera, buonasera a tutti. Chiedo scusa per questi minuti di ritardo dovuti a qualche piccola
difficoltà tecnica ma eccoci qui e questa sera presenteremo un volume che è in libreria da meno
di due settimane, il volume di Andrea Riccardi che saluto. Buonasera professore, intitolato
buonasera, la chiesa brucia crisi e futuro del cristianesimo e ne discuteranno con l'autore due
ospiti autorevolissimi, due protagonisti della vita intellettuale pubblica del nostro paese
che non hanno bisogno di presentazioni che pure ringrazio Corrado Augas e Romano Prodi. Buonasera
dottor Augas, buonasera professor Prodi. Saluto anche le persone che ci stanno seguendo attraverso
i canali social della caseritrice, attraverso la pagina facebook di repubblica.it e attraverso la
pagina facebook della comunità di Sant'Egidio e ringrazio molto anche i partner che rendono
fruibile questo nostro incontro a un pubblico ancora più ampio rispetto a quello dei lettori
affezionati della caseritrice la terza. Abbiamo a disposizione un'ora al massimo, forse un pochino
meno visto che abbiamo cominciato con un po' di ritardo e io quindi ruberò solo un minuto
all'inizio per presentare brevemente l'autore e per dire due parole sul titolo così bello e così
evocativo di questo volume. Andrea Riccardi è uno storico contemporaneista che ha insegnato a
lungo in diverse università, da prima all'università di Bari poi a Roma sia la Sapienza sia l'università
di Roma 3. E' un studioso del fenomeno religioso nel suo complesso e in particolare si è occupato
della chiesa in età moderna e contemporanea. Andrea Riccardi non ha solo un profilo da ricercatore,
da studioso, è anche il fondatore della comunità di Sant'Egidio, una realtà molto importante del
nostro paese non solo che è attiva dal 1968 e è personalità molto attiva nella vita pubblica
del nostro paese. Ricordo tra le sue tante esperienze quella che l'ha visto coinvolto
dal novembre del 2011 alla primavera del 2013 come ministro della Repubblica, ministro per la
cooperazione internazionale e l'integrazione. Veniamo al libro. Allora la chiesa brucia ha
come oggetto la crisi profonda e di lungo periodo che attraversa la chiesa cristiana nel suo insieme.
Di questo parleremo questa sera e volevo partire, l'ho anticipato, dal titolo. Il titolo ovviamente
ha una valenza metaforica, è un'immagine molto efficace appunto di questa consunzione in atto da
molto tempo nelle comunità cristiane e nelle istituzioni ad esse legate ma è un'immagine
che ha anche un valore letterale perché il volume si apre proprio dalle sue prime righe con il ricordo
di un fatto molto rilevante che molti di noi conserveranno nella memoria ovvero il rogo di
cui è stato oggetto tra il 15 e il 16 aprile del 2019 la cattedrale di Notre Dame. Andrea Riccardi
parte proprio da questa immagine per ricordare lo sgomento che interessò appunto in quella notte di
primavera di quasi due anni fa non solo i cristiani, non solo i credenti ma una comunità
molto molto più ampia di persone che evidentemente nel rogo di quell'oggetto, di quel luogo così
simbolico e così evocativo in qualche modo come dire si sentirono chiamati in causa perché
evidentemente quello che riguarda la chiesa, quello che riguarda il cristianesimo appunto
ha un interesse che non riguarda solo chi è parte integrante di questo mondo. Dottor Augeas,
partirei esattamente da questo punto perché lei poi è chiamato in causa direttamente nel primo
capitolo del volume grazie a una sua citazione molto sintetica e molto efficace, una citazione
da un articolo uscito l'8 novembre del 2019 sull'osservatore romano in cui lei scriveva
abbiamo bisogno del cristianesimo perché lì fuori non c'è più altro. Ecco partirei esattamente da
qui ed è interessante il punto di vista di un uomo laico quale lei è per quanto come dire osservatore
attento appunto del mondo cristiano, dei fatti religiosi per capire perché dobbiamo essere tutti
preoccupati di questa crisi. Grazie, buonasera professor Prodi, sono onorato di essere a fianco
in un dibattito. Buonasera Andrea Riccardi. Prima di rispondere alla domanda che ha fatto la nostra
Lia di Trapani volevo mostrando la copertina del libro dire una cosa. Riccardi che è un cattolico
praticante e militante ha il coraggio in queste pagine di denunciare la crisi della Chiesa
Cattolica in tutta la sua ampiezza, non risparmia nulla, parla della crisi delle vocazioni, parla
delle chiese deserte, dei seminari vuoti, parla di tutto quello che sappia degli scandali all'interno
della Chiesa, della difficoltà per un pontefice di cercare di governare questa navicella eccetera
eccetera. Parla di tutto questo come solo un cattolico può fare, cioè vedendo questo dall'interno
e nello stesso tempo di quella Chiesa, nello stesso tempo cercando e lì si potrà discutere un po' di
vedere quali rimedi si possano opporre a questo declino dopo aver cercato di rispondere alla
domanda preliminare se si tratta di una delle tante crisi che la Chiesa Cattolica nel corso
dei secoli ha attraversato oppure se si tratta di un declino definitivo. Io ho detto quella fra,
io non sono laico gentile lì, io sono ateo nel senso che non appartengo a nessuna religione e
non credo in un dio trascendente, sono serenamente ateo, se mi devo avvicinare a qualcuno mi avvicino
a Spinozza tanto per dire, cioè una specie di pateismo spirituale che non mi dispiace. Dicevo
io ho scritto quella frase dunque da totalmente estraneo alla Chiesa perché so perfettamente per
avere studiato qualche letto, qualche libro, so perfettamente che ogni Chiesa è in primis quella
cattolica che ha così a lungo detenuto un potere politico, cioè temporale, forte, esteso, esteso
tanto per parole della penisola italiana dalla Repubblica di Venezia al confine con il Regno
delle due Sicilie, cioè un territorio molto ampio, la Chiesa cattolica ha anche avuto oltre
una funzione spirituale una funzione di aggregazione, ha dato a milioni di persone un senso alla vita,
uno scopo, una direzione nella quale guardare. C'è un capitolo che mi ha molto... Elia se sono
troppo lungo me lo dica io posso interrompermi in qualunque momento, basta che mi fa un cenno con
la mano io faccio. Il libro mi ha appassionato dunque c'è un capitolo dove per esempio Riccardi
parla dell'importanza del mondo rurale, ecco che cosa voleva dire per dei milioni di contadini che
facevano un lavoro se volete nobile però faticoso, ingrato, si spacca la schiena a fare il lavoro
dei campi soprattutto come si faceva una volta, che cosa voleva dire per loro la Chiesa? La Chiesa
era il faro al quale guardare oltre che al campanile dal quale sentire lo scoccare del
mezzogiorno. Ecco in questo senso io ho detto se noi aboliamo il cristianesimo e vedo con scomento
questi giovani persi sui telefonini e sulle discoteche, lo dico con pieno coscienza di
essere moralistico, se noi abbandoniamo il cristianesimo, se loro abbandonano il cristianesimo
quello che si apre non è un orizzonte alternativo, spesso è il vuoto, questo volevo dire. Chiarissimo
dottor Augast grazie per la precisazione, io ho usato il termine laico come dire letteralmente
nell'accezione di non religioso, ma grazie per la precisazione. Lei poi modestamente ha aggiunto
di aver letto dei libri sul cristianesimo, ora le persone che ci ascoltano lo sanno,
lei ha anche scritto parecchi libri importanti su questo argomento. Guidato da maestri illustri,
l'ultimo dei quali abbiamo fatto un libro sui Vangeli, trattati come romanzo bellissimo. Il
grande Mazzucchelli. Ha cominciato con Mauro Pesci. Mi fa piacere condividere anche questi
elementi che fanno parte anche dei temi di cui stiamo parlando. Mi fa piacere che lei abbia
sottolineato un aspetto del volume del professor Riccardi di cui noi in Casa elettrice siamo
veramente molto orgogliosi. Lei ha usato l'aggettivo coraggioso nella sua premessa,
in questa denuncia, in quest'analisi della crisi. Il libro di cui stiamo parlando questa sera è
davvero un libro coraggioso nel senso che non ha paura di usare termini molto forti. Nel sottotitolo
c'è la parola crisi, ma all'interno del libro si parla di agonia, si parla di fase terminale.
Veramente non si fanno sconti rispetto allo stato di cose che vengono analizzate. Volevo
chiedere al professor Prodi, dopo che con il dottor Augas abbiamo fatto una valutazione
anche esposta sulle conseguenze, se condivide la lettura del professor Riccardi. Questo quadro
che il dottor Augas ha sintetizzato, che ha a che fare con il calo delle vocazioni,
con le chiese vuote, con le difficoltà delle istituzioni, è un quadro che le sembra
convincente, le sembra pessimistica la lettura che emerge dal libro del professor Riccardi.
Che impressioni ha avuto? Ho preso tutto per ingrazio dell'invito. È un
dibattito molto impegnativo. Ho sentito già l'intervento interessantissimo di Augas che,
per la fine conoscenza del mondo cristiano, potrebbe definire un'afia praticante.
La domanda è che il libro è purtroppo una vera fotografia, corrisponde completamente
all'esperienza che si ha. Quando andate da un barro a otto parrocchi e ti dici ma io cosa
faccio? Faccio il tassista. Siamo arrivati veramente a un processo di scrittura. Devo
solo dire che Riccardi è molto raffidato nella sua analisi perché non la vede come un fatto di
oggi. La prende molto da lontano. Cita questo libro che sono andato a trovare, L'armonia
della chiesa, del Cardinal Suard. Questo libro è scritto nel 1947, quindi è un processo di
laicizzazione, chiamiamolo così, che ha degli alti e bassi e mi descrive molto bene Riccardi
perché non è un processo continuo, ma c'è dei momenti di consiglio, c'è dei momenti di ripresa
dei gruppi, c'è dei passaggi dalle strutture parocchiali ai movimenti, chiamiamoli così,
che sono di estremo interesse. Però c'è questa lunga glaciazione, per cui a me veniva un po'
ricerca la chiesa brucia, la chiesa si gela, io l'avei forse intitolato, perché è un processo
di lunga glaciazione. Riccardi non è disperato nella sua analisi, fa un'analisi giusta,
splendida, tra l'altro molto interessante, perché vale per tutti i paesi europei, ne distingue in
modo diverso le caratteristiche, molto diversa tra l'Italia e la Germania, intermedia la via
spagnola, ma nella stessa direzione, nella stessa direzione di un crollo, soprattutto il punto
centrale, è il crollo delle vocazioni sacerdotali, che diventa un fatto nuovo,
cioè descrive un paese, Riccardi, in cui uno può nascere, crescere e morire senza incontrare mai un
prete. Questo sociologicamente è una rivoluzione, non sono spesso fatti in un clima di questo genere,
ecco, è bene che ne abbiamo una coscienza completa, perché solo così si può prendere una reazione.
Tra l'altro è interessantissimo, perché è un movimento, come dicevi, di tutta l'Europa,
ma che è molto più forte sulle vocazioni femminili, cioè mentre sulle vocazioni maschili c'è una
caduta continua, salvo tra l'altro alcuni ordini molto severi, proprio monastici, molto duri,
ma di piccolo numero, nelle vocazioni femminili c'è un crollo. E' davvero impressionante la
velocità con cui avviene. Questo evidentemente induce a profonde riflessioni, almeno non mi è
servito questo libro solo per spassarmi le statistiche di come i matrimoni ormai non religiosi
siano di gran lunga superiori a quelli religiosi, ci sono tutti questi fatti, diciamo così,
più antitaticamente chiari ed evidenti, ma il discorso di come ad esempio la condizione femminile
si presenti oggi nell'ambito della chiesa attiva, chiamiamola così, è un fatto che è veramente
di un'importanza enorme. Quindi è bene che il quadro sia stato presentato per la prima volta
in modo così organico, così totale. Tra l'altro c'è anche tutto questo accendio alle vocazioni
extraeuropee, il problema della chiesa che è sempre più divento universale, però non è un
trend molto chiaro, quello come giustamente scrive Riccardi, perché poi convive con tutta
la frammentazione del cristianesimo, tra l'altro di un avvicinamento fra cristianesimo e media,
e l'evoluzione di tutte queste sette su cui bisogna anche riflettere. E soprattutto nell'ultimo
capitolo che riguarda la pandemia, che fa molto pensare se questa assenza dalla pratica diretta
cambierà finita la pandemia. Ho trovato sotto questo aspetto l'unica voce contrastante sull'ultimo
libro dell'Economist che dice in fondo che l'unico favorito tra le chiesaste è l'arcivesco di
Canterbury che ha detto che nelle sue prediche c'erano mille, due mille persone, all'ultima
predica c'erano due milioni e quindi tutto sommato non è un dato positivo. E' veramente
l'ironia britannica, il quadro invece, il punto interrogativo con cui finisce il libro è dove
andiamo a finire. Dove andiamo a finire, su questo interpelleremo l'autore naturalmente. Io la
ringrazio professor Prodi perché ha sottolineato alcuni aspetti che sono centrali nel volume del
professor Riccardi, sia il respiro storico, di lungo periodo appunto l'autore è uno storico e
non può che proporre una riflessione che guardi alle radici dei fenomeni e c'è un'attenzione che
parte la seconda dopoguerra direi ma in parte si va ancora più indietro perché ovviamente la crisi
di cui si tratta è una crisi che è anche legata ai fenomeni di secolarizzazione, insomma sono fenomeni
sociali appunto di lunga durata e c'è uno sguardo anche dal punto di vista geografico e ringrazio il
professor Prodi per avere sottolineato anche quest'aspetto perché nel libro si parla molto
d'Italia ovviamente e però c'è un'analisi comparata molto interessante che prende in
considerazione i principali paesi europei allargando anche lo sguardo poi al resto del
mondo e quindi come dire veramente un'analisi molto molto ampia e molto estesa. Volevo chiedere
sia al professor Prodi sia al dottor August prima di tornare all'autore come dire a cui
chiederei anche qualche cosa della PARS Construence perché nel libro come dire c'è un punto di domanda
finale ma ci sono anche alcune piste che vengono immaginate alcune strade che si immagina di
poter ricorrere per uscire da questa profonda crisi ma volevo chiedere appunto ai nostri ospiti se
ritengono che questa crisi anche della vita di comunità che è uno degli aspetti di cui tratta
il professor Riccardi è collegata e quanto si intrecci con la crisi di altre forme di vita
comunitaria mi viene da pensare alla vita dei partiti ad esempio la dimensione politica cioè
è questo della crisi che porta appunto alle parrocchie deserte per sintetizzare una cifra
del nostro tempo che ha conseguenze appunto più stese in cui si intrecciano i vari ambiti?
Se posso brevemente dire da un punto di vista sociologico certamente il discorso di noi stessi
ci stiamo trovando via rete insomma no? Quindi però qui c'è qualcosa perché quando Riccardi
riporta quella sigla francese che fa spavento, Adat, assemblea domenicale con l'assenza del prete.
Mi hanno detto francesi in attesa del prete.
Ma in attesa è la tua indignazione. La sigla vuol dire in assenza del prete. Allora questo
vuol dire una roba incredibile. Tre anni fa tornavo in automobile dal nord
ero stato in Polonia eccetera passo in Austria, un paesone di circa due anni,
a 14 anni in Austria, chiedo all'albergatore a che ora erano le messe e lui dice la messa è
alle nove e mezza, c'è la costa enorme, chiesa, paese no? Dico una sola. Poi vado,
il tedesco è limitato, vedo che ci sono 14 o 15 con la tonaca eccetera, vestite, poi dicono un
paternoster e tutto finisce. Dico ma cosa è successo? Dice qui la messa c'è solo due volte
all'anno. Allora vado a vedere, siccome sono curioso, 8.000 abitanti il paese, 4 supermercati,
è la chiesa due volte all'anno? La messa due volte all'anno? C'era parecchia gente,
non te ne diamoci, a questa preghiera. Non era deserci, erano state 100-150 persone.
Allora l'Adap è un problema serio, non è una sigla, capite? Perché noi impariamo fin da bambini
che il catechismo eccetera, che la parola, gli apostoli che dicono la parola, è la base
fondamentale del cristianesimo. Allora qui cambia tutto con l'Adap.
Sì, è un elemento che sottolinea di questo impoverimento della dimensione comunitaria.
Dottor Augusto, come la vede?
Non sono tanto d'accordo. Se parliamo di dimensione comunitaria sicuramente la chiesa
è ecclesia, come dice la parola originaria, cioè riunione, assemblea, Agape, ma non sono
tanto d'accordo sulla solitudine. Nel senso che prima ho citato dei giovani che vedo per strada
attaccati al telefonino con la testa piena di stupidaggini, però conosco anche altri giovani,
i quali, giovani ventenni, ne conosco per l'esattezza tre. Nessuno di loro è stato
battezzato, a nessuno di loro è stata impartita un'educazione di tipo religioso né ebraico né
cattolico. Sono tutti intorno ai vent'anni, ventiquattro così. Ebbene, tutti e tre hanno
sviluppato autonomamente, senza che nessuno glielo imponesse o suggerisse, hanno sviluppato
una loro spiritualità naturale che mi potrebbe chiedere il professor Prodi, ma come la esplicano
questa spiritualità? Ebbene, la esplicano rispettando la natura, facendo con scrupolo
la raccolta differenziata. Non vi mettete a ridere, per favore, perché sono cose socialmente
importantissime. Andando nei boschi, nei certi boschi dell'Umbria e cercando di sentire come
respira il bosco, allora voi mi potreste dire ma questo non è religione, questo è un panteismo
grossolano? Non lo so, perché questo è anche Francesco, Francesco quello, non questo, quello
là. Anche lui nel Cantico dei Cantici diceva queste cose, l'acqua, il sole, la morte. Voglio
dire loro hanno sviluppato autonomamente questa cosa la quale ha un difretto, non ha il prete,
non ha il vangenna, non ha la dottrina. Prima il professor Prodi ricordava il catechismo,
non ha il catechismo. Però io mi chiedo, e lo chiedo anche sia al professor Prodi che al
professor Riccardi, non è questa forse una nuova forma di religiosità che può avvicinare a Dio
quale che sia il significato che si vuole dare a questa parola, più che andare a catechismo a
imparare le risposte a memoria? Ma infatti dottor Augas, e ovviamente giro la domanda al professor
Riccardi, nel libro si dice esplicitamente che questa crisi del cristianesimo non equivale a
una crisi del religioso, tant'è che ad esempio si fa riferimento esplicito ai tanti gruppi
vangetici, ad esempio restando sempre in quest'ambito. Quello che lei dice, questa
dimensione di spiritualità viene assolutamente riconosciuta, ma do la parola con questo al
professor Riccardi a cui chiedo anche poi di darci qualche parola anche di speranza per il
futuro rispetto all'analisi da cui siamo partiti. Voleva aggiungere qualcosa dottor Augas,
no dicevo io mi riferivo proprio al cristianesimo, non a caso ho citato Francesco,
quel tipo di cristianesimo, ci sono tanti tipi di cristianesimo. Io ringrazio Corrado Augas e
Romano Prodi per la loro attenzione. Corrado Augas dice che è un libro coraggioso, ma è coraggioso
anche perché è molto preoccupato, non so se è coraggioso, ma è molto preoccupato per la
crisi della Chiesa e per quello che Augas dice, la crisi della Chiesa si porta dietro, che certo
si inquadra nella crisi di tutti i tessuti comunitari, sociali eccetera, ma è crisi della
Chiesa e bisogna chiamarla così e questa crisi sembra un declino, un declino a ragione Romano
Prodi che viene da lontano, ma un declino che ha passato fasi diverse perché dopo il concilio non
era un declino, anzi era un momento di grande entusiasmo, anche se era pure un periodo di crisi,
oggi è un declino in cui pezzi se ne vanno, in quanto della campagna, le religiose, e qui il
problema della Chiesa e della donna e di quello che sono le donne nella Chiesa, cioè la vita
parrocchiale si legge sulle donne ma ancora in un quadro estremamente verticista con la figura del
prete, un prete peraltro molto assente, quindi una situazione di grande complessità. E' un po',
io lo voglio dire, anche un grido d'amore, cioè accorgetevi di quello che sta succedendo,
perché tante volte, a me sembra, non ci si accorge nell'ambito della Chiesa stessa di
che sta succedendo. Dossetti diceva in un suo intervento che cito e che mi piace molto
smettetela di rabberciare il presente, la mia sensazione è che una parte del governo della
Chiesa che non si che non si confronta intellettualmente col problema sia per rabberciare
la crisi. In realtà che cosa succede? Secolarizzazione. Secolarizzazione sì,
ma si è parlato troppo di secolarizzazione perché poi non è vera la secolarizzazione,
non sono la secolarizzazione i tre giovani amici di August, non è secolarizzazione l'esplosione di
neocristianesimo, di neoprotestantesimo e poi nella nostra società non c'è anticlericalismo,
o c'è in maniera molto limitata, o anticristianismo come poteva essere 40-50 anni fa. In una certa
misura c'è anche un cristianesimo soffuso e diffuso, parlo dell'Italia e parlo dell'Europa.
Allora che cosa sta succedendo? Secondo me sono entrati in crisi certi riferimenti fondamentali.
Romano diceva si può vivere senza incontrare un prete. Allora cos'è il ruolo del sacerdotio
nella Chiesa oggi? Cosa vuol dire l'assenza dei preti? Ma anche qual è lo spazio delle
donne nella Chiesa oggi? E quello che c'è da fare secondo me è non avere paura della crisi.
Secondo me questa è la sfida positiva, non avere paura della crisi e vivere all'interno
di un contesto che è totalmente diverso, perché parlare di secolarizzazione è facile,
ma qui siamo davanti a una globalizzazione che travolge e confonde tutto. Per i cristiani,
con una speranza, per una speranza che vive nell'incontro, che vive nella costruzione delle
cose, in un cristianesimo che non sia un cristianesimo avvilito ma capace di entusiasmo,
e soprattutto capace di un incontro con un mondo vasto e vario, credente e non credente,
e soprattutto credente a modo suo. Però io direi che questo libro ha due parti,
forse tre. La prima è l'analisi della crisi, la seconda è il capitolo dedicato alla pandemia in
cui c'è stato un silenzio della Chiesa, ma non un silenzio colpevole, ma la fatica di dire parole,
e il Papa che si è assunto su di sé la supplenza di tanti silenzi e ha parlato a Piazza San Pietro
in quel modo che tutti ricordiamo. La terza parte, io non propongo una soluzione o dei
modelli ma propongo, diciamo, delle piassume della crisi da parte della Chiesa, si vive la
realtà in modo più fino e più costruttivo e aperto al futuro. Allora potrei continuare,
non voglio portare via la parola agli altri, però il coraggio di leggere a fondo la crisi fa
emergere degli elementi di speranza e di costruttività per il futuro. E' certo,
la Chiesa che Romano Prodi ha trovato in Austria, molto interessante perché capita,
io mi ricordo una volta, era nel Pirenei, andai in Chiesa la domenica e c'era scritto
la Messa Domenicale si celebra il primo giovedì di ogni mese. Per i funerali bisogna telefonare
alla parrocchia tal dei tali ricordandosi che per il prete bisogna pagare le spese di benzina. Ecco,
non è certo un tipo di Chiesa entusiasmante, è una Chiesa che si rabercia. La domanda di fondo è,
una Chiesa con dei quadri invecchiati avrà la forza di rispondere alla crisi e di muoversi,
diciamo, verso il suo futuro? In una qualche misura io credo che l'Europa,
il cristianesimo sia ammalato d'Europa, ma l'Europa ha bisogno del cristianesimo,
di un cristianesimo che non sarà più ciò che era prima. Ma mi fermo qui.
Grazie. Volevo approfittare per girarvi alcune domande tra le tante che arrivano
appunto ai canali social. Abbiamo persone collegate, molte fanno complimenti sulla
qualità del dibattito e quindi, come dire, porgo a voi questo omaggio, meritatissimo.
Un ascoltatore in particolare chiede, cosa pensate del lavoro e dei frutti del Concilio Vaticano
II? Secondo voi è stato un fallimento visti i frutti? Allora, capisco che ci sarebbe bisogno,
come dire, di una sessione dedicata, ma professor Riccardi, partirei da lei. Il
Concilio Vaticano II l'ha accennato anche poco fa, naturalmente.
Assolutamente no. Assolutamente no. Anche perché i tradizionalisti, che sono una componente della
realtà del cattolicesimo di oggi, non è che siano un movimento di massa o di rinascita.
Poi i tradizionalisti sono incarnazione della tradizione o sono una reinvenzione?
Io cito per esempio un colloquio tra Paolo VI e il leader Lefebvre dei tradizionalisti.
Il Papa gli chiede di rientrare nei ranghi e Lefebvre risponde che è una questione di coscienza.
Incredibile perché per i tradizionalisti la coscienza non esiste. Diceva la madre a Moriac,
preoccupato della condanna del Papa, contro l'Eglise mia padre coscienza. E che tradizionalista
è? Poi chiede la liturgia in latino. Paolo VI dice no e lui dice è una questione di pluralismo,
ma per i tradizionalisti il pluralismo non esiste. C'è una sola linea. Allora, voglio dire,
non è la soluzione tradizionalista. Il concilio ha recuperato tante dimensioni,
ha dato alla Chiesa una stagione di vitalità e soprattutto l'ha riconciliata con la storia. È il
cristianesimo nella storia quello che noi viviamo. Allora ci vuole una capacità di leggere questa
storia anche quando questa storia è una storia dolorosa. Chiarissimo, grazie professore. Volevo
tornare al dottor Augeas, ma poi anche al professor Prodi, sulla figura di Francesco,
non il primo, il pontefice attuale. Dal punto di vista, non di un laico, ma di un ateo,
questa volta sono più precisa. Un fiammo di uno spinoziano. Di uno spinoziano, mi sembra la
definizione più bella. Che ispirazione dà una figura come quella dell'attuale pontefice? E
chiederei poi anche al professor Prodi, dal punto di vista anche di idee molto forti e quasi
radicali che non si sentono dire da altri protagonisti della vita pubblica del nostro
paese. Un vostro giudizio dai vostri specifici punti di vista sulla figura del pontefice?
Io? Sì, grazie. Guardi, siccome qua si parla, e nel libro si parla molto, della capacità di
afferrare questi tempi e che la Chiesa Cattolica afferri questi tempi e cerchi il rinnovamento
che francamente le è mancato da molto tempo. Prima il professor Prodi ha tirato fuori un libro
del 47, si potrebbe risalire ancora più in là, mi ricordo le parole accorate del Cardinal Martini
sul mancato rinnovamento della Chiesa. Bene, relativamente a questo problema Francesco Papa
ha fatto il massimo che si poteva fare. Forse addirittura ha ecceduto nella sua... voglio dire
i barbieri sotto il colonnato del Bernini o dire, come ha detto pochi giorni fa, combattere la
ricchezza non è comunismo, è Vangelo. Sono frasi che possono essere condivise o no, ma non rientrano
esattamente in quella che è l'ortodossia dell'insegnamento ecclesiastico. Ora, l'obiezione
che si fa al Papa, e che io non dico che condivido perché sono un estraneo, però che mi colpisce,
è questa attenzione perché a forza di dire, di mettere i barbieri, lo dico a titolo di esempio,
sia chiaro, perdonatemi la volgarità, a forza di mettere i barbieri sotto il colonnato del Bernini
e di andare in giro con una tonaca tutta lisa, con i bordi tutti sfrangiati, si fa della sociologia
laddove l'insegnamento alto di una religione è per l'appunto un insegnamento che sconfina
in iperuranio, imprecisato, fatemi anche dire una parola misterioso dove tu ti senti chiamato
se ti senti chiamato in una maniera che non sapresti neanche spiegare. Ora la sociologia,
il rischio di diventare un sociologo, Papa Francesco lo corre. Allora la domanda che
io faccio ai due eminenti cattolici, Professor Prodi e Riccardi, è quella la strada del rinnovamento?
Professor Prodi, è questa una strada possibile di rinnovamento? No, questo esempio serve,
ma attenzione, il Papa non fabbrica solo questi discorsi di povertà, cioè ragazzi ha delle
finenze teologiche, dei discorsi di religione pura, profonda e queste sono azioni in cui vuole
dare a quest'umanità che è spaccata, che non è giusta, il senso di solidarietà, ma solo una
parte della sua evangelizzazione e, vediamoci spesso, sono usati proprio per diminuire l'aspetto
sacro e religioso. Questo lo trovo anche abbastanza strumentale il discorso di dire, ma il Papa
si concentra solo in queste cose. Quando parla la gente evidentemente deve entrare nel cuore,
nel dramma della vita quotidiana e allora non c'è solo il problema sociologico della povertà,
ma c'è il problema della sofferenza, c'è il problema delle famiglie divise. Però,
quando fa i discorsi sul Vangelo, il Papa è robusto. Il problema che solleva Riccardi è che
c'è proprio questa specie di schizofrenia nel mondo di oggi ed è interessantissimo perché era
descritto perfettamente dall'esempio di Augus, cioè persone che si dedicano al prossimo,
all'ambiente, ragazzi d'oro, che se Dio vuole ne abbiamo tanti. Il libro è sul discorso religioso,
è sul discorso della struttura della Chiesa e questo è indubitabile che la descrizione di
Riccardi purtroppo è perfetta, non c'è da fare. Giustamente da una speranza, perché in tantissimi
secoli, in tantissimi altri eventi la Chiesa ha avuto delle crisi simili a quelle che constatiamo
oggi, quindi la speranza non manca. Però, come riportava la frase di Dosetti, per avere speranza
a partire dalla constatazione di come stanno le cose, chiudere gli occhi di fronte a questo,
non ti aiuta ad andare avanti. Io credo che il Papa abbia proprio questa doppia faccia,
quando parla al cuore e quando parla al cervello, quando parla alla mente,
parla a tutti e due. Questo secondo me la Chiesa deve parlare a tutti e due.
Grazie. Professore, chiederei anche a lei un commento su questi ultimi aspetti,
ma approfitto, perdonatemi se mi inserisco di nuovo, per rivolgervi a alcune domande che ci
arrivano dalle persone che sono in ascolto. Una persona ci chiede se le Chiese riformate
vivono crisi analoghe a quella della Chiesa cattolica. Professore, mi perdonerà se rispondo
io in sua vece, avendo letto con passione il libro. Sì, il libro non parla solo della Chiesa
cattolica, ma come dicevamo prima ha uno sguardo ampio su tutta Europa e quindi anche sulle
confessioni che sono quelle più diffuse nei paesi del Nord Europa. Una domanda invece,
la giro a lei, professore Ricardi, e può essere forse collegata alle questioni di cui stavamo
parlando poc'anzi, una persona ci chiede se c'è una crisi dell'evangelizzazione, cioè se si è
rinunciato in qualche modo alla volontà di farsi portatori con più forza del messaggio del Vangelo.
Quindi ci colleghiamo appunto agli aspetti anche del Ponte di Giro. Io concludo il libro con una
poesia di Davide Turoldo che ho conosciuto e a cui ho voluto molto bene. Lui dice una poesia che
è una preghiera. Signore, salvami dal colore grigio dell'uomo adulto e fa che tutto il popolo
sia liberato da questa senilità dello spirito. Ridonaci la capacità di piangere e gioire e fa
che il popolo ritorni a cantare nelle chiese. Cioè Francesco è, non so se la risposta alla
preghiera di Turoldo, ma è sicuramente una liberazione da quella patina di grigio di una
struttura che sta vivendo tante volte in modo raberciato alle cui difficoltà non sia il coraggio,
la voglia, la forza di andare a fondo per una questione di senilità. Senilità che è un po'
una malattia europea, forse anche un problema della nostra demografia. Io credo che Francesco
non è un sindacalista argentino. Il pontificato di Francesco non va letto come riforma della Curia
Vaticana. Credo che Paolo VI la fece in un anno e la fece come un orologio. Paolo VI era nato
dentro la Curia e la conosceva. Il Papa ancora sta tirando avanti fin dall'inizio questa riforma,
ma credo che il valore di Francesco sia questo messaggio che è insieme, lo diceva Romano Provi,
un messaggio che parla al cuore e alla mente, un messaggio che ha messo i poveri al centro,
ma non in una visione umanitaristico-assistenzialista, ma ha messo i poveri al centro in una visione
tutta evangelica. L'idea che io leggo tante volte di un messaggio di Francesco politicizzato e
secolarizzato, ma dove? Francesco è un uomo del Vangelo, naturalmente vive la difficoltà di essere
il successore di Pietro e di voler essere il successore di Francesco D'Assisi, forse, e le due
personalità, come dire, cozzano in un certo modo, ma i discorsi di Francesco sul Vangelo sono
discorsi forti e religiosi e sono discorsi che parlano di fede, tanto che ha suscitato nel mondo
evangelico un grandissimo interesse proprio per il suo centro sul messaggio religioso e il messaggio
della parola di Dio. Ma il vero problema è la recezione del messaggio di Francesco e del modello
di Francesco da parte della Chiesa, perché in fondo noi qui ci siamo trovati, è giustissima la
domanda sull'evangelizzazione. Cosa vuol dire evangelizzazione? Evangelizzazione può voler
dire proselitismo, ma questo non ci interessa e almeno non interessa Francesco. Ma evangelizzazione
vuol dire togliere il grigio e rendere la Chiesa attrattiva, rendere la Chiesa attrattiva. Mi è
piaciuta quella citazione che Romano Prodi faceva Agonia del cristianesimo, dopo la guerra il
Carinal Suard già ne parlava in una Parigi di cui il proletariato era secolarizzato. Allora,
rendere la Chiesa attrattiva. Ma questa Chiesa attrattiva di Francesco non è una minoranza,
non è una Chiesa a chi si pone dei limiti. Quando lui parla di Chiesa di popolo è una Chiesa di
credenti, di fedeli, di fedeli a modo loro, di fedeli che seguono da lontano e da vicino.
Questa è la grande scommessa di Francesco. Riuscirà Francesco? Io credo che il suo messaggio
è un'interpretazione coerente del Concilio e poi è una testimonianza di un uomo che ci crede,
che è arrivato, come diceva Anna Arendt, è un cristiano seduto sul trono di Pietro.
A conforto, piccola postilla a quello che ha detto Riccardi, io ricordo che il primo
scritto pubblico destinato a un pubblico differenziato del Papa Francesco si chiamava
La gioia del Vangelo che è un libro che chiunque, compreso uno come me, poteva leggere con grande
partecipazione, grande anzi totale partecipazione. Tra l'altro spazzava via secoli di due cose.
Uno quella interpretazione lugubre del cattolicesimo a lungo conservata in Italia
dagli ambienti più reazionari che era una cosa che in un'epoca come questa se c'era un elemento
che poteva allontanare tutti dalla Chiesa era quella cosa lugubre. Due era quella interpretazione
di potere temporale. Quando Riccardi parla non di agonia ma di agonismo della Chiesa,
noi abbiamo avuto recentemente, non molti anni fa, un esempio di agonismo. Abbiamo avuto una
conferenza episcopale un po' di anni fa la quale cercava di intervenire pesantemente,
tra l'altro Romano Brodi ne sa qualche cosa, proprio lui personalmente, di quel tipo di
intervento della vita politica nel processo legislativo, nelle scelte referendarie degli
elettori. Quella era un tipo di intervento che voleva dimostrare la vitalità della Chiesa e in
realtà ne dimostrava la deviazione temporalistica della Chiesa che ha poco a che fare. Ecco quel
libro con il Vangelo, quel libro Evangeli Gaudium, come si chiamava, era la correzione a queste due
deviazioni. Sono quasi le sette. Mi piacerebbe che Romano Brodi rispondesse perché lui sa di che
cosa stiamo parlando. La sollecitiamo a una risposta. D'altra parte Riccardi, in quale
c'è il libro di Riccardi che risponde poi alla domanda di Augers? Dice che qui c'è decliso del
cristianesimo storico ma non fine della religione. Allora il problema è di correggere il cristianesimo
storico e non far finire la religione. Quello a cui alludeva Augers faceva parte di un cristianesimo
molto storico, immerso nella politica italiana e quindi quello è il declino. D'altra parte,
quando viene osservato che non c'è l'anticlericalismo, se non c'è il clericalismo
non può esercire l'anticlericalismo perché non si sa più con chi prendersi.
Giustissimo.
Però, ripeto, l'ultima parte poi ci sono dei interrogativi che pone perché è vero c'è questo
discorso della correlazione con il declino dell'Europa eccetera, ma è un cristianesimo
che è una crisi fortissima anche negli Stati Uniti. Andiamo ad agio a fare questa correlazione.
È un problema più profondo, è un problema più profondo che proprio deve toccare le radici
della reinterpretazione del cristianesimo nella storia. Prima avete toccato il Concilio Vaticano
II, ma nel Concilio Vaticano II, e qui lo dice chiaramente il libro, si erano creati degli
entusiasti forti, ma è mancata l'azione conseguente, è mancata quella di metterli
in pratica. Allora la gente si è sfiduciata, ma noi siamo pieni, se Dio vuole, di gente che va
ancora alla Caritas. In questi giorni lo vediamo, quanto le strutture di... Il problema è che oggi
parlavamo di qualcosa di particolare in quest'ambito, cioè della struttura ecclesiastica
e parlavamo del fatto che la parola può anche esserci, che ci sia, ma è un fatto molto più
legato alla religione. Il cattolicesimo, se non c'è la consacrazione, se non c'è il sacramento,
se non c'è la mente, allora evidentemente c'è davvero la crisi, la chiesa che brucia.
I fenomeni sono diversi, non stiamo discutendo sulla bontà dell'umanità,
stiamo discutendo sulla crisi della parte visibile del mondo cattolico. Questo è il
senso del libro. Io oltre a ringraziare per le cose dette, per la lettura, per il piacere di
aver avuto due interlocutori così diversi, ho detto croce, perché non possiamo non dirci cristiani?
Ho incontrato tanta gente, vedo tanta gente che si potrebbe dire cristiana, ma non è che uno la
vuole battezzare, ma sente che è naturalita e cristiana o sente che ha interesse per la religione,
per il Vangelo e via dicendo. Dall'altra c'è questa crisi di cui bisogna prendere coscienza
e prendere coscienza in fretta. Il cenno ai preti è un cenno importante perché sono la
sutura tra questo mondo, diciamo, vivo, complesso eccetera eccetera e la struttura della chiesa.
Qui c'è un problema di tempi. Se noi abbiamo vissuto il tempo di Francesco, se il tempo
della chiesa non diventa un tempo che si apre al futuro, allora sono problemi, perché c'è una
visione del resto del mondo. Guardiamo l'America Latina, l'America Latina era il continente
cattolico per eccellenza e oggi sta divenendo un continente con una presenza neoprotestante,
ma quando parlo di neoprotestante dico romano ha usato la parola sette, neopentecostale e via
dicendo che è tutto un altro discorso rispetto al cristianesimo storico. Questo accade poco in
Europa, accade molto negli Stati Uniti, ma c'è una grande trasformazione e la nascita di un'
alternativa che è un'alternativa religiosa, mi chiedo quanto sia un'alternativa cristiana.
Io posso fare una partuta conclusiva? Una battuta? Sì perché 19.02. Professor Riccardi, lei che è
così profondo conoscitore dell'ebraismo, non si dimentichi che quando nel 70 il Tempio venne
distrutto il giudaismo del Tempio e degli altri sacerdoti morì, ma non morì la giudaicità perché
subentrò il giudaismo arabbinico cioè il giudaismo dei maestri. Quella fu una trasformazione epocale,
chi dice che anche il cattolicesimo non la possa affrontare? Dottor Augas, posso fare un telegramma?
Nacque il periodo rabbinico concentrato sulla Torah. Professor Prolli, una parola? Riccardi ha
detto che non è un libro pessimista, allora io aspetto un altro libro che è proprio pessimista.
Direi casa la terza, se no domani sono già qui. No, professore io ero già pronta a chiamarla
alla fine della diretta, poi ci risentiamo. Allora io ringrazio davvero molto il dottor Augas,
il professor Prodi, ovviamente il professor Riccardi per il tempo che ci hanno dedicato
per questa discussione, devo dire, davvero molto interessante, cosa testimoniata anche
dalla quantità di interazioni, dalle domande che ci sono arrivate. Io mi scuso anche con le persone
come dire che non hanno avuto soddisfazione da questo punto di vista, non ho potuto rivolgere
tutte le domande che via via ci sono arrivate per non togliere spazio ai nostri ospiti. Molte
risposte sono contenute nel libro del professor Riccardi, ad ogni modo, quindi come dire, lascio
questa promessa. Volevo chiudere con un'ultima citazione, il dottor Augas ha ricordato prima
delle parole del cardinal Martini, c'è una frase molto celebre, mi perdonerete, la conoscerete
già tutti, ma che io amo molto, del cardinal Martini, che dice, io chiedevo non se siete
credenti o non credenti, ma se siete pensanti o non pensanti, l'importante è che impariate a
inquietarvi. Ecco, io spero che la discussione di questa sera abbia, come dire, offerto spunti
per alimentare pensieri e anche per tenere viva l'inquietudine, che è quello poi che in
Casa Elitrice cerchiamo di fare. La fate benissimo. La ringrazio e senz'altro con autori come il
professor Riccardi, appunto, è un lavoro che si fa molto bene. Grazie a tutti davvero. Arrivederci.