'Le siciliane' di Gaetano Savatteri
Ciao ciao ciao ciao a tutti, con molta felicità che siamo qui, ognuno da una stanza diversa,
ma virtualmente insieme con Gaetano Savatteri per parlare del suo ultimo libro,
Le Siciliane, che è questo. Facciamo ben vedere anche la copertina, è una bella copertina,
libro che ho letto con moltissimo interesse perché molti anni fa, diversi, non diciamo quanti,
se vuoi lo dici tu Gaetano, ma quando ancora tra l'altro non avevo mai incontrato di persona
Gaetano Savatteri, comprai I Siciliani e fu credo il tuo il primo libro tuo che
l'hai letto, poi un po' ritroso, poi avanti eccetera, che fa ancora bella mostra nella
mia libreria e l'ho lessi anche avidamente. Erano altri tempi, molti anni fa ma non moltissimi,
erano tempi in cui si parlava giustamente di Sicilia, si parlava di scrittori siciliani,
esistevano le scrittrici siciliane, esistevano come sono sempre esistite, come questo nuovo
libro fa ben vedere, le storie di donne siciliane, ma non c'era ancora un'attenzione precisa a una
questione di bilanciamento e di importanza delle storie appunto delle siciliane. In pieno
spirito dei tempi arriva questo volume, oggi a proseguire quello, a integrarlo come lo stesso
Gaetano Savatteri spiega, guardandolo oggi con gli occhi di oggi a ritroso, è un libro in cui
la maggioranza delle storie riguarda appunto uomini, non esclusivamente affatto, però insomma
la maggioranza, eppure nonostante questo fin dall'incipit ci avverte che Palermo, la città
appunto in cui Gaetano Savatteri arriva nel 1983 per iscriversi all'università, è femmina e che
di questa femminitudine Gaetano Savatteri, come molti di noi che in Sicilia ci siamo nati o anche
semplicemente in Sicilia ci andiamo, la visitiamo, di questa femminitudine ne siamo perfettamente
consapevoli, tanto è vero che io estenderei subito l'incipit della città all'intera isola,
l'intera isola è femmina, è un'isola che contiene in sé l'unico vulcano di cui io abbia conoscenza,
di cui si parla il femminile, cioè l'Etna che è a montagna, quindi l'Etna appunto che erutta,
che borbotta, che trama in maniera sotterranea, che ogni tanto esplode, che minaccia ma non poi
così tanto, che accudisce, che è terribile, è appunto un vulcano femmina a differenza della
maggior parte degli altri. La prima domanda per sentire subito dalla sua voce ciò che chi non
ha ancora letto il libro troverà già dalle prime pagine e poi in conclusione e poi snodato lungo
le storie che vengono tirate fuori e ovviamente non posso che dichiararmi partigiana, essendo una
scrittrice siciliana, essendo particolarmente interessata a storie di donne e non solo ho
trovato questo libro una irresistibile carrellata e sono stata molto felice che insomma in maniera
del tutto, come dire, solitaria nel senso nei suoi percorsi di scrittura e di lettura uno scrittore
bravo, importante come Gaetano Savatteri sia arrivato a mettere anche questa precisazione,
questo prolungamento, questa integrazione, ma anche questo libro un po' a parte nella
sua produzione. Quindi Gaetano, forse l'ideale subito è cominciare a raccontare ai tuoi lettori
bene da dove nasce e perché le Siciliane. Come hai detto tu, le Siciliane come una
persecuzione quasi ideale dei Siciliani ma anche un duveroso completamento perché se è
vero che le donne sono l'altra metà del cielo, come si diceva con una frase fatta,
in Sicilia sono un po' più della metà del cielo. Per il loro peso, anche per la discussione
se in Sicilia c'è stato un matriarcato o c'è come purtroppo c'è una donna sottomessa,
adesso anche violentata, violata, uccisa, che naturalmente una cosa non esclude che ci sia
anche un matriarcato. Il fatto che ci siano degli uomini che uscirono le donne terribilmente non
significa che non ci fosse o non ci sia stato in quell'isolo un matriarcato. Anche di fronte
alla violenza maschile perché le cose possono convivere. L'una non giustifica l'altra ma
possono convivere che sono una cosa diversa. Quindi la necessità qual è? Quella di uscire
un po' da quello stereotipo in cui tutti siamo caduti con una battuta, come appunto della
donna siciliana come la bellissima Claudia Cardinale nei suoi Dignoti, la figura iconografica
o la figura iconografica della Malena di Dolce e Gabbana, o con la giaccazziera nera o con lo
sciallo nero. Poi a questo a un certo punto mi era sembrato che fosse diventato nell'opinione
comune. Quindi ho detto vabbè, adesso le siciliane sono diverse, sono un'altra cosa
molto più complessa. In realtà poi facendo un piccolo passo indietro, ma anche un lungo passo
indietro, si accorge che questa volontà femminile di disegnare il proprio destino, naturalmente non
in tutte le classi sociali, naturalmente non in tutte le condizioni, ma in moltissime situazioni
anche politiche e sociali di lotte contadine, questa cosa c'è stata. E forse questo fa capire
appunto come alla fine questo materiale siciliano così sottotraccia, apparentemente poco evidente,
così apparentemente dimesso, sia stato fondamentale nella formazione non solo dell'immagine attuale
della Sicilia, ma anche nella descrizione, quello che tu hai detto all'inizio. Non è come in questo
momento ci sono delle scrittrici donne che stanno descrivendo la storia della Sicilia,
il presente della Sicilia, l'immagine della Sicilia. Queste qua non è che nascono dal nulla,
non è che sono nate perché ad un certo punto è arrivato Google Sicilia e sono diventate tutte
scrittrici. C'è dietro una storia, questo libro tenta di raccontare questa storia in cui credo che
una scrittrice come Nadia, ma anche tantissime altre, perché qui presente aveva dentro di sé
già sicuramente delle consapevolezze o quanto meno delle familiarità.
Dari scrittrici vorrei parlare di avvocate, perché prima ancora che questo termine fosse
sottoposto ad analisi della crusca quotidiane da parte di chi vuole usarlo o non vuole usarlo,
questo termine è utilizzato per una donna che è la regina delle donne siciliane ovvero Santa
Rosalia che compare subito nelle prime pagine del libro. Per cui noi abbiamo,
leggo testualmente, in cielo rosa fu mandata viessi Rivalermo l'avvocata, dal cielo rosa,
traduco per i non indigeni, dal cielo rosa, che è stata mandata per essere l'avvocata di Palermo.
Ed è un termine molto noto in realtà, quello dell'avvocata, che basica un po' il linguaggio
biblico, post biblico, religioso, delle preghiere, un epiteto che spesso...
...non c'è bisogno di avvocate, tutti sui trascorsi giudiziari, mafiosi, insomma,
avvocate ce ne vogliono.
E infatti la cosa che fa sorridere subito in quei tutti i catapulti è che viene chiamata
appunto l'avvocata in una città dove diciamo l'aspetto legale, giudiziario, penale,
insomma un aspetto non da poco, sicuramente non secondario. E chi era Rosalia e perché finisce
subito per essere la prima donna del libro?
Naturalmente la Sicilia è piena di donne sante, anzi sono tantissime, Sant'Agata,
Catania e così via. A Messina c'è la Madonna invece dell'assunta, no?
Come?
A Messina mi pare che ci sia la Madonna del 15...
Nella lettera.
Nella lettera. La Madonna è santa.
Anche lei è una Madonna scrittrice perché scrive una lettera ai messinesi.
Quindi da questo punto di vista ci sono tante donne. Santa Rosalia mi è sempre colpito perché
chi va a Palermo e va ai Quattro Canti, in questa bellissima scenografia all'aperto che
c'è fuori di Palermo, sono i Quattro Canti e alla sommità dei Quattro Canti ci sono quattro
sante. Sant'Agata, Sant'Anifa, Sant'Ecristina e Sant'Oliva.
La chitona di Palermo dice ma Santa Rosalia dov'è?
In realtà il racconto di questa santa, nata nel 1200, figlia di un cavalier normanno,
insomma le leggende sono le stesse, i resti vengono risolvati invece alcuni secoli dopo,
quando c'è la peste a Palermo nel 1630 più o meno, e con lei nel giro di un'estate fa fuori
le vecchie persone perché viene eletta fuori dal popolo come con lei che salva Palermo dalla peste.
E lì è una lotta tutta femminile, anche diplomatica, ecclesiastica naturalmente,
perché Santa Rosalia viene scelta per alcuni motivi perché in quel momento la Chiesa deve
avere risposte al popolo. Però è bella anche questa lotta fra donne sante, adoranza Buddha,
tirate di qua e di là, da cardinali, viceree, devoti, miracolati e così via,
in cui a fuori di poco Polo diventa la Santuzza. E questa presenza della Santuzza in tutte le
edicole, agli angoli delle strade, questa ragazzina con questa coroncina di rose attorno
come dire, al teschio in mano, attorno alla testa, ecco questo dà anche una femminilità perché
queste edicole almeno, ma ancora adesso sono così, trasludono amore, ma anche il passionare,
ci sono fiori, cartoline, messaggi, oggetti di devozione. Quindi è una città continuamente
abitata da donne, queste edicole che sono sempre le edicole di fidanzati delusi, possiamo dire,
o lasciati o abbandonati, che si iscrivono a loro, a questa santa che rimane sempre una
ragazzina di 14 anni. L'altra donna a cui voglio saltare, facendo una scelta è veramente difficile
scegliere di parlare di chi, poi faremo anche dei discorsi più ampi, però io ho una passione
estrenata per Giuliana Saladino, per cui quando compare a pagina 62, un po' prima in realtà,
nel capitolo giustamente intitolato di scoglio di mare, appunto secondo la nota distinzione dei
siciliani, Giuliana Saladino, scrittrice grandissima, meravigliosa e ahimè ancora
troppo poco conosciuta, confesso di aver avuto un momento di grande felicità, confermata e
rafforzata dal fatto che tu citi proprio il brano che per me è il brano della scrittura
delle donne, quello che meglio sintetizza in assoluto il modo in cui hanno scritto le donne,
sempre, al di là del fatto che non avevano la lavatrice, che l'è uscita in altri periodi,
ovvero alla seppiglia, abbiamo anche una maglietta alla seppiglia, perché non mi scordo mai che
tutte noi, anche nel 2021, anche le più tecnologiche, le meno casalinghe, scriviamo
sempre alla seppiglia, credo sia proprio qualcosa di connaturato. Ma come scrive una donna? Scrive
Giuliana Saladino. Alla seppiglia, la seppiglia, interrotta venti volte, suona il telefono, si perde
il filo, si ricomincia, suona il citofono, tutto d'accapo, ora suonano alla porta, ma figura di
Vieni, non facevo proprio nulla, riprendo, aspetto, la pentola a pressione fischia, ora scrivo questo,
un momento, suona di nuovo il telefono, accidenti, lo metto di lama, intanto arrivano i giornali,
un'occhiata e la lavatrice è finita, stacco la spina, riaccendo il bagno, stendo, no, non stendo,
domani ci pensa Grazietta alla biancheria, rileggiamo, ben concentrata, nonna posso venire?
Sì, amore, anche subito, tanto per oggi non si combina più niente. Ora dico questo perché mi
sembra che questo brano sintetizzi con una grazia, un'ironia e una precisione quella condizione di
marginalità da cui le donne hanno sempre scritto, che a mio avviso è anche una condizione di grande
forza, perché fortunatamente la letteratura è una questione di marginalità. Diciamo che la
grande letteratura quasi mai nasce dal centro, dalla vittoria, dall'essere tronfiamente al centro
della storia, nasce sempre dalla delusione, dal fallimento, dalla sconfitta e dall'osservare i
fatti, da questo buco della serratura a cui le donne sono state storicamente confinate anche da
un punto di vista politico e che d'altro canto ha permesso che anche nell'ombra, anche nel silenzio,
anche dai conventi rafforzassero la loro poetica. Ecco tutto questo però, questo è soltanto un
brano di questo libro, peraltro da poco ripubblicato da Stellario, tengo a dirlo perché è importante
anche sapere che oggi appunto Romanzo Civile si può riacquistare, tu giustamente citi uno dei tre
libri di Giuliana Saladino che a lungo poi è stato introvabile, ma chi era lei? In questo momento in
cui abbiamo qualche spettatore forse possiamo dire qualcosa in più su di lei. Guarda Giuliana Saladino
è stata una militante prima politica, figlia come di una famiglia aristocratica palermitana,
nel dopoguerra è militante politica del PC, poi abbandona il partito comunista sia lei sia il suo
marito, lei lavora nel giornale L'Ora, questo quotidiano palermitano glorioso degli anni 50 e
60 con Vittorio Nistico direttore, una squadra d'eccellenza insomma, un giornale che ha fatto
tantissime battaglie, battaglie civili, battaglie antimafiose, battaglie culturali e io naturalmente
l'avevo conosciuta non benissimo perché era più grande di me, avevo un affetto per questa figura,
un affetto da lontano dico anche, un affetto che poi fu rinnovato dalla lettura di questo libro che
tu racconti, che peraltro è un libro postumo, pubblicato postumo, ma la cosa che a me, siccome
l'ho scritto durante un periodo di lockdown, un secondo, quando tutti avevamo o molti avevano
nei balconi la famosa lanciola con scritto andrà tutto bene, io racconto questo episodio di Giuliana
Saradino e di sua figlia Marta Cimino perché forse non tutti sanno che, come si dice in questi
casi, loro sono quelli che hanno inventato le lenzuole, i lenzuoli di paremo dopo l'estaggio
di Capaci, quei lenzuoli bianchi carati dalle finestre che sono diventati il simbolo emotivo
della riscossa parlamentare, della voglia di reazione, della gente comune che diceva adesso
basta, non sarebbe più. Il lenzuolo è un oggetto in Sicilia, non solo domestico, però il lenzuolo
ricorda le coperte appese ai balconi quando passa il santo nelle processioni, il lenzuolo ricorda
anticamente il lenzuolo delle virginità che si appendeva al balcone quando si voleva dimostrare
che la sposa assolutamente non aveva avuto nessun peccato precedente. Il lenzuolo è il lenzuolo
messo sul cadavere del morto ammazzato, come sappiamo è una riconografia delle grandi foto
dei fotoreporter di quegli anni. E loro l'hanno fatto diventare, come si direbbe oggi, virale nel
92. Non so se prima del 92 si usavano questi lenzuoli perché io sono andato un po' a cercare,
ho visto i funerari di Brescia, le strage di Brescia, le strage di Piazza Fontana, non ho
visto questi lenzuoli, c'erano altre forme di comunicazione. Quindi questa cosa del lenzuolo
nasce almeno in Italia nel 92 e diventa una cosa virale quando ancora non ci sono i social,
quando il lenzuolo è un oggetto domestico, semplice. Mettere il lenzuolo alla finestra
significa che una città che con la mafia aveva convissuto dire io non ci sto e io abito qua a
questo indirizzo al secondo piano, c'è un segnale molto forte, ancora più di un posto su Facebook,
che lì ci vuoi mettere un nome falso, lì lo mettevi a casa tua. E allora l'idea che queste
due donne, madre e figlia, Giuliana Salini e Marta Cimino, che era una sociologa, abbiano
da questo posto così periferico come la Sicilia inventato una cosa che adesso è comune in gran
parte sicuramente d'Italia ma anche del mondo occidentale. L'abbiamo visto veramente durante
il lockdown, le stritte andate tutte bene, i lenzuoli con gli arcobaleni. Questa cosa mi fa
capire, come dici tu, che anche da un lato marginale si può diventare culturalmente
importanti, dominanti, comunicare qualcosa. Non c'è bisogno di essere solo nel cuore,
nel centro della periferia e avere a disposizione dei potentissimi mezzi di comunicazione. Quelle
lenzuole sono diventate un modo di vivere nel mondo e di dire qualche cosa nei momenti
più o meno tragici della nostra storia collettiva. A proposito di simboli, un'altra donna simbolo,
simbolo proprio iconico della storia recente siciliana, tu lo racconti in luce e ombra,
il capitolo che non vuole iniziare con la retorica del lio c'ero però tu c'eri e che
racconta la mattina del 25 maggio 1992, quando appunto Rosaria Schifani pronuncia la famosa
frase poi diventata emblematica, ma Fiosi vi perdono però vi dovete mettere in ginocchio,
in ginocchiate. Sicilia è fatta anche di momenti così, di atti, di situazioni, di momenti e anche
di donne che diventano a un certo punto iconiche, Mariannina Coffa, la vecchia dell'aceto,
tante storie che tu riprendi, racconti, riaccendi, approfondisci, guardi da un altro lato,
sono organiche a un tipo di narrazione che sia appunto quella della scrittura o come in questo
caso anche quella della mafia, non ciascuno si è occupato in maniera abbastanza lapidaria del
rapporto problematico tra le donne e la mafia. Di questa scena e di questo momento, che è un
momento davvero, che è stato anche poi iper narrato, tu dai una angolatura precisa e non
soltanto per la tua presenza, che cosa puoi oggi dirci a distanza di questi anni?
Sicuramente, la cosa che mi colpiva di quel discorso che ho fesso con la Schifani, per cui
mi viene luce e ombre, il fatto che io fossi lì come cronista è secondario, ma sicuramente,
la cosa che mi ha colpito è che lei, per rapportare un articolo di Dietta Tornabuoni,
che lei leggeva, noi tutti ricordiamo quel discorso, e ricordiamo «Inginoccatevi perché
vi perdono», che è una frase che è diventata simbolo, no? Che mi abitua, «Vai ad inginoccare».
In realtà, quel discorso è tutto un discorso fatto su una doppia voce. C'è un discorso
scritto che lei legge, un discorso alla luce, trasparente, in cui lei dice «Io vi perdono,
vi ho stato», ma poi c'è la sua sottovoce, la voce del dolore, la voce di una che, mentre
sta leggendo, non crede veramente a quello che sta leggendo, che forse ha scritto in un altro
momento, che forse ha scritto insieme a qualcuno, questo non lo sappiamo. E quando le dice «Lo
Stato», poi viene fuori un'altra voce, la voce dell'ombra, «Lo Stato, eh, lo Stato»,
dice «Lo Stato». E appunto dice «Vi perdono, vi perdono, ma vi dovete inginoccare», dice,
«ma dovete dimostrarmi che siete voi mafiosi». Allora, quel discorso è veramente, quando poi
ho visto quella bellissima foto, la potete cercare anche su internet, «Tizia Battaglia
che fotografa Rosario Schifani», una foto in cui lei ha metà di volto in ombra e metà volto in
luce. Quel discorso come se ad un certo punto l'ho capito, cioè da una parte l'ombra del dolore,
dello sconforto, del pessimismo, perché noi adesso, tu sai Nelia che ormai noi giornalisti
andiamo in giro a uno che ha ammazzato un figlio, la prima domanda è «Lo perdona?» L'ho ammazzato
la figlia, «Lo perdona?» Ho capito? Ma tanto meno il tempo della bala del lutto prima di…
Per me, se noi vogliamo tutto, vogliamo l'omicidio, vi perdono, cioè tutto come se, come se l'innominato
dovesse pentirsi proprio nel giro di 20 minuti, invece di impiegare una vita prima di pentirsi.
Allora questa cosa mi ha fatto ritornare in mente quanto sia stato, quanto sia ancora lungo il
percorso di Rosario Schifani, che devo dire con grande merito ha contratto a fare la sua vita,
pochissimo presente sui media, non è diventata l'icona del dolore, del massimo dolore paramitano,
ha scelto di vivere altrove, ha fatto dei figli, si è risposata, però quella foto, quella luce e
l'ombra dove vivono molte donne, tra un discorso, una luce pubblica o un'ombra privata, peraltro
ricordiamo sempre la cosa che poi Rosario Schifani non voleva finire sotto quel riflettore, non è
nata per finire sotto quel riflettore, come molte altre donne che racconto finiscono sotto il
riflettore, non perché sono delle attrici che tentano di andarci, non perché sono delle
protagoniste della vita politica che tentano di finire sotto il riflettore, ci finisco perché
improvvisamente il lampo della storia è dell'umilia, loro stanno lì come mogli, come vedove, come
figlie, come testimoni casuali di fatti tragici in cui a un certo punto devono decidere se diventare
quel personaggio che la scuerce di luce ha illuminato o di tornare nell'ombra della loro vita.
Una signora che è uscita dall'ombra e ha creato molta luce per sé e per gli altri è Elvira
Sellerio che prendo come spunto per una domanda più ampia, quello sulle siciliane e la scrittura,
sono molto partigiana in questa presentazione mi rendo conto però è inevitabile che tra le
tante storie raccontate, tutte quelle che hanno a che fare con il mondo editoriale o con il mondo
letterario hanno catalizzato la mia attenzione e devo dire non soltanto quelle di donne ma anche
quelle di uomini perché quando tu molto lucidamente racconti dell'invidia provata dagli scrittori a
partire da Pirandello per l'arrembaggio, il successo possibile per le scrittrici racconti
qualcosa di molto vero, quella sottile misoginia che tutto sommato c'è ancora adesso e che poi va
a finire spesso in giudizi liquidatori e sprezzanti che più che ironici sono sarcastici dove il gioco
è sempre quello di sminuire quindi non tanto di attaccare che già sarebbe insomma un riconoscimento
di un'autorevolezza ma proprio di sminuire, di ignorare eccetera e allora appunto anche attraverso
questi sodelizi che ci sono stati tra gli scrittori, tu per esempio quando citi Camilleri
se non erro e parli appunto dell'amicizia, di come è intesa l'amicizia tra gli scrittori,
noi quando pensiamo all'amicizia tra gli scrittori siciliani anche io penso all'amicizia tra gli
scrittori maschi che spesso funziona in termini di alleanze mentre le scrittrici sembrano più delle
isole che faticano ad emergere e che... Ma non mi sembra che invece qualche cosa sia succedendo
adesso sì sì sì no, io ho visto non solo privatamente ma ho visto pubblicamente il tuo
rapporto con Stefania Ausci, il rapporto con gli Stiva, lasciamo prendere l'amicizia, io posso essere
amico di un cretino perché l'amicizia è un bene, quello è cretino ma io voglio bene, poi c'è la
Stiva che è diversa, è evidente che nelle tue dichiarazioni, nelle vostre dichiarazioni pubbliche
e le cose che hai scritto, ho una grandissima stima per la scrittrice, certo quando non c'erano
scrittrici la povera Maria Messina o come la difendeva un po' Pirandello, ti dovevi adeguare
a un mondo maschile che ti accoglieva, ti davano un sapuntino e ti diceva vabbè c'è anche questa
gentile signora che scrive delle cose e uno dice grazie grazie, ti sei accomodato tra tutti
questi, stiamo parlando della Parigi del 1900 dove c'erano due scrittrici degli anni venti dove
c'erano anche soggetti a un clima che per cui c'erano donne che si chiamavano uomini, che raccontavano
l'esbo, ma stiamo parlando di cent'anni fa in un clima particolarmente effervescente, la scrittura
siciliana è sempre stata quella femminile tenuta un po' nell'angolino e non solo siciliana,
però sicuramente c'era Matilde Serrao nella storie tale, c'era Inezia Deledda, in Sicilia
anche la presenza di questi tenori, Perga, Pirandello, l'ingombranza di questi personaggi
ha fatto sì, ci sono anche storie che riguardano proprio la loro ingombranza e l'egoismo rispetto
alle donne, ha fatto sì che alle donne veramente poco spazio è stato dato, pochissimo. Sì sì
assolutamente infatti anticipato la mia domanda che era appunto su quello che è cambiato, ora
è tutto molto diverso, ci sono diciamo che forse più che più scrittrici c'è più possibilità per
le donne che scrivono di accedere alla pubblicazione e quindi anche a eventuali riscontri di pubblico,
di critica o semplicemente insomma di andare avanti e sicuramente c'è anche uno spirito di
sorrellanza, di comunanza che può essere diverso, che come giustamente dici tu è in realtà di stima
prima ancora che di amicizia perché l'amicizia è il privato, la stima è quella che poi si manifesta
attraverso le parole, però mi interessava ripercorrere un po' la fatica che è stata fatta
per arrivare fino a qui, quindi queste solitudini che invece c'erano e in questo in particolar
modo come spicca la figura di Elvira Sellerio che appunto tu definisci l'editrice più elegante del
novecento se non erro insomma un'editrice più raffinata eccetera che in un mondo in un circolo
intellettuale composto da uomini da suo marito a Leonardo Sciascia in realtà crea questa magia
dei libri blu che poi tutti vogliono. Sì lei come diceva c'è una grande abilità,
se io dovessi rappresentare lei a un certo punto dice che si descrive in mezzo a questo gruppo di
uomini intellettuali parliamenti britanni, Sciascia, Buttigliano, suo stesso ex marito,
nel frattempo è tedesco e lei si descrive così un po' con l'andersene dicendo che ero di un fondo
come quella che portava il caffè. Lì però è una sottigliezza, non ti dico perfida, ma è una
sottigliezza di chi dice voi volete far fare quella che porto il caffè? Io se volete che faccio
questo faccio questo. Però poi era quella che ha deciso che è vero che poi Maria Italiana
si dovrebbe ammazzare di storie. Era quella che dopo la separazione con il marito sceglieva i
romanzi, i racconti di scrittori a Caro Figlio, a Luca Relli, a Camillene le scelte tutte lei.
Poi nelle foto lei voleva apparire come quella che portava, era quella che diceva è arrivato il caffè,
il caffè è pronto? Però dici anche un gioco se vuoi un po' innascondere Nadia che in Sicilia
tu sei non è solo femminile ma anche maschile. A togliere, a togliere. Ma io non so niente,
mi ricordo quando una volta mi rubarono la macchina a Palermo, andai da quello che
notoriamente gestiva tutto il traffico, le macchine rubate nel mio quartiere e mi dici
ma che ci posso fare? Non so niente, non ho nemmeno la patente. Naturalmente dopo due giorni
gentilmente qualcuno mi fece risolvere la macchina. Ma lui poverino, e quando andai
al regazzato mi dice ma ma che mi dici io non so niente le dico, non nemmeno la patente.
Quindi è tutto un giocatore, è chiaro che era un giocatore dove io capivo che era lui e lui
faceva la finita, non è mai a dire sì grazie prego, ma non ho fatto niente. D'altra parte
tu lo sai bene Nadia quando uno va a ospita un siciliano, c'è un pranzo di Natale e dice ho
fatto due cosine in fretta perché non ho avuto tempo se mi avvisavate, se mi avvisavate,
non so che facevamo. Si c'è tutto un gioco davvero che reiteriamo della complicità. Lo so
ma tu lo sai che quello in inglese lo chiamano understatement, non so come si chiama in Sicilia,
è un understatement per il siciliano, un po' non far capire, per abbassare il tono. È talmente
codice che secondo me in Sicilia non hanno neanche bisogno di una parola perché è talmente
connaturato nel dna che sarebbe più appropriato trovare una parola per il contrario, per ciò che
è esplicito. Certo ma quello che dici tu, in questo poi le donne per la loro storia ne hanno
fatto un'arte, un'arte perché era tutto a togliere, no io non c'entro, è il mio marito, no per carità
se non era per me, no, e se non era per mia suocera, no mai. Era un doppio gioco, un gioco
multiplo che Giavo in un mondo che tentava di fare una finta modestia, perché una finta modestia,
costruiva la doppia finta modestia perché era anche donna e quindi se c'era la suocera,
se c'era la mamma, se c'era la matriarca dovevi togliere tutto, non ti vuol dire se c'era
Pirandello, dovevi togliere, dice il merito è suo. Quindi è una stessa operazione che diciamo
così spiritosamente e sapientemente fa il birra se ne è quando continua a ripetere in tutte le
interviste, ne sono dette tantissime, ma no io non è che ho fatto, io stavo lì come se tutto
fosse capitato un proprio per caso e invece siccome sappiamo quanto lavoro e passione,
perché lei stessa lo sapeva, ci ha messo, sappiamo che quello era un gioco anche per
fare contenti tutti i vari professoroni intellettuali che giravano attorno ai quali
non bisognava prestare piedi perché bisognava riconoscere invece a loro l'intelligenza,
l'intuito, la capacità editoriale. Senti, andiamo verso altre donne anche per lasciare
un po' il piacere? Io invece ti devo ringraziare perché un tuo articolo l'ho potuto scrivere da
piccolo. Infatti volevo chiedertelo però mi sembrava veramente un po' troppo partigiano a
proposito di donne nel nome. Io ho scritto un bellissimo articolo che è citato nel libro sul
foglio di qualche anno fa e c'era questa bellissima foto che ho sempre trovato affascinante anche un
po' misteriosa dei due cugini Giuseppe e Tommaso di Sanpedusa e Lucio Piccolo nella loro villa a
Capodorlando. In questa foto ci sono due, uno diventerà grande scrittore, uno diventerà un poeta,
c'è chi fotografa qui che è l'altro fratello Piccolo Casimiro, un personaggio anche lui
singolare che parlava con gli spiriti e lasciava ciotole d'acqua nel giardino perché i morti
tornando dal regno dell'oltre tomba diceva che erano molto assetati e avevano bisogno di bere,
però in realtà manca quella che ha consentito che tutti facessero la loro vita che era Agatha
Piccolo. Una donna di cui non si sa tantissimo, non si sa molto poco, io non ho trovato qualche
piccola testimonianza, sono andato a cercare libretti di piccola storia locale per trovare
qualcosa su Agatha Piccolo, una madre di fratelli Piccolo che era una generale,
palermitana, che ha tenuto in piedi la loro ricchezza che loro potevano quindi consentire,
consentendo ai figli di comprare macchine fotografiche, motocicletti, di leggere poesie,
passare il tempo a leggere e scrivere in quella che tu chiami, pensate alla solitudine un po'
discosta dal resto della società, un mondo quasi come in bolla, possiamo dire così.
E invece Agatha Piccolo è quella che poi alla fine ha fatto un'altra cosa, ha preso la villa
piccola, questa villa dove c'è questa foto, dove tu sei stata e che raccontavi nel tuo articolo,
e l'ha fatto diventare una fondazione, cioè quella che ha preservato questo mondo che era
già scomparso 40 anni prima. L'ha preservato, sarebbe finito in mano a qualcuno, forse sarebbe
stato venduto, sarebbe diventato un albergo, non lo so cosa sarebbe, però villa piccola con la
sua fondazione, la fondazione Piccolo, è lì grazie all'opera di una donna, quella che non era
mai, mai, mai uscita da Sicilia nella sua vita, parlando l'inglese e il francese. È stata qualche
volta a Messina e qualche volta a Palermo. Allora, questo mi sembra meraviglioso che una
donna tiene in piedi questo circo in maniera discretissima, occupandosi solo del suo giardino,
come voleva Voltaire, perché era appassionata dei bottane, e seppellendo i cani e i gatti che
di mano a mano morivano, se ci andate andate a vederlo, la fondazione Piccolo c'è questo
cimiterino di gatti e cani che è commovente secondo me. Perché ci sono tutti i nomi,
anche buffi, strampalati, dei cani, compreso quello che tu hai ispirato, l'Allanno del Gatto Pardo,
che in realtà era un cane molto piccolo, e poi appunto il cane che si vede sempre in braccio al
Lucio. E poi, come dici tu, è bello che Agatha fosse una botanica, quindi avesse un'altra forma
di poesia rispetto alle arti apparentemente più riconosciute, quelle della poesia e della
fotografia o della pittura, che erano quelle di Lucio e Casimiro. E quindi chissà quanta
letteratura e quanta arte magica metteva in questo suo rapporto con le piante, che faceva
venire anche dall'estero una figura molto affascinante, quella di Agatha Piccolo. Vedo
che ci sono tanti commenti di complimenti di persone che stanno leggendo e che dicono
l'ho comprato e lo regalerò per Natale, che mi sembra un'ottima cosa. Mettere le siciliane
sotto l'albero, secondo me, è la cosa migliore che si possa fare. Anche io, comunque, adesso che
ho letto questa cosa del regalo di Natale, sto pensando che per alcuni che mi mancano è il
regalo perfetto. Però prima di salutarci non ci sono domande, mi pare, dal pubblico, solo saluti,
complimenti e molta felicità. Però io ti voglio chiedere come continua. Le siciliane 2, se tu lo
dovessi immaginare tra dieci anni, in che direzione vanno secondo te le siciliane, ma anche i siciliani
a questo punto? Non lo so, forse saremo perfetti quando saremo simili a tutti gli altri,
non finiremo di sentirci speciali. Per dirgli che si è in Sicilia di una volta, tanto per citare un
attimo il pubblico. Tu ti ricordi che in un certo punto c'era, io mi ricordo, tanti anni fa,
Pannella che sosteneva che quando le cose che vuole il partito radicale saranno realizzate,
a quel punto il partito radicale non avrà più bisogno di essere, non avrà nessuna battaglia
per i diritti civili. Probabilmente anche questo è il destino dei siciliani, un popolo che per
tanto tempo è stato considerato speciale, anche in senso negativo, non solo in senso positivo,
e che si è sentito speciale, se poi come gli diventa piano piano. L'altro giorno pensavo,
in questi giorni a Paremmo si discute a lungo del tram, che è stato bocciato,
dovevamo passare 7 linee, 8 linee, 5 linee, che a me sembra per Paremmo un dibattito all'altezza
dei tempi, se bisogna fare il tram e la libertà, non bisogna farlo. Se io penso che tanti anni fa
discutevamo e ci dividevamo che cosa significava essere antimafioso, che cosa significa essere
mafioso, quello è mafioso, e poi tutto questo segnato anche dalle morte ammazzate,
preferisco la normalizzazione, ma anche come dire, l'ordinaria amministrazione di fare un tram e non
fare un tram, che è un dibattito che ci può stare a Stoccolma, a Firenze, a Copenaghen. Certo,
mafia antimafia, mafioso non mafioso, a quei tempi un dibattito che esisteva forse solo a Medellin,
insieme a Paremmo, in Colombia, nella Colombia di Pablo Escobar, ma quello è una specialità
faticosa. Per fortuna sono successe le cose e quindi oggi parliamo del tram e quindi continuiamo
col solito tram-tram finalmente, saremo siciliani col solito tram-tram. Anche un po' col solito la
seppiglia, perché quello mi sembra fondamentale anche per gli uomini. Va bene Gaetano, ti ringrazio
della piacevolissima lettura che ci hai regalato di nuovo con questo libro, grazie a chi ci ha
seguito, grazie alla casa editrice La Terza che ci ha ospitati, spero di rivederti presto dal vivo,
perché come vedete io adoro parlare con Gaetano Sabatteri, e quindi dal vivo a questa ora ce
andiamo anche a bere qualcosa, come sei. Buona serata, buone feste, così si usa, a presto.