07. Bertoldo torna dal Re, e fa una burla a un parasito. Astuzia galante di Bertoldo nel tornare innanzi al Re...
Bertoldo torna dal Re, e fa una burla a un parasito.
Venuto l'altro giorno, la sala regale s'incominciò a empire di cavalieri e baroni, secondo il solito, e Bertoldo non mancò di comparire al modo usato; laonde vedutolo il Re, lo chiamò a sé e disse: Re. E bene, come passò il negozio fra te e la Regina?
Bertoldo. Dall'orlo alla scarpa vi fu poco vantaggio. Re. Il mare era molto turbato.
Bertoldo. Chi sa ben veleggiare passa ogni golfo sicuramente.
Re. Il cielo minacciava gran tempesta.
Bertoldo. La tempesta s'è scaricata sopra d'altri. Re. Credi tu che sia tornato sereno?
Bertoldo. Io lasciai il cielo molto turbato.
Insolenza d'un parasito. Allora un parasito che stava appresso il Re, il quale serviva ancora per far ridere e si chiamava Fagotto per essere egli uomo grosso, picciolo di statura, con il capo calvo, disse al Re: "Di grazia, Signore, fammi grazia ch'io ragioni un poco con questo villano, ch'io lo voglio chiarire". Disse il Re a lui: "Fa' quello che ti pare; ma guarda a non fare come fece Benvenuto, il quale andò per radere e fu raduto". "No, no - rispose Fagotto - io non ho paura di lui", e volto verso Bertoldo con un ceffo stravagante le disse: Fagotto. Che dici tu barbagianni caduto del nido?
Bertoldo. Con chi parli tu, allocco spennacchiato?
Fagotto. Quante miglia sono dal far della luna ai Bagni di Lucca?
Bertoldo. Quanto fai tu dal caldaron della broda alla stalla?
Fagotto. Per che causa fa la gallina negra l'ova bianche? Bertoldo. Per che causa il staffile del Re fa venire nere a te le chiappe di Fabriano?
Fagotto. Chi sono più, i Turchi o gli Ebrei?
Bertoldo. Chi sono più, quelli che tu hai nella camicia o nella barba?
Fagotto. Il villano e l'asino nacquero tutti due a un parto istesso?. Bertoldo. Il gnattone e il porco mangiano tutti due ad un'istessa conca? Fagotto. Quant'è che tu non hai mangiato rape? Bertoldo. Quant'è che non t'è stato dato la coperta? Fagotto. Sei tu un bufalo o una pecora?
Bertoldo. Non mettere in ballo i tuoi parenti.
Fagotto. Sin quando starai tu a lasciar da parte le tue astuzie?
Bertoldo. Quando tu lascierai stare di leccare i piatti di cucina.
Fagotto. Al villano non gli dar bacchetta in mano.
Bertoldo. Al porco e alla rana non gli levare il fango.
Fagotto. Il corvo mai non portò nuova buona.
Bertoldo. Il nibbio e l'avoltore vanno sempre dietro le carogne. Fagotto. Io sono uomo da bene e ben creato.
Bertoldo. Chi si loda s'imbroda. Fagotto. Il villano è un mal animale.
Bertoldo. E l'adulatore è un brutto mostro. Fagotto. Non fu mai villano senza malizia.
Bertoldo. Non fu mai gallo senza cresta, né parassito senza adulazione.
Fagotto. Le tue scarpe hanno aperta la bocca.
Bertoldo. Le ridono di te, che sei una bestia.
Fagotto. Le tue calze sono tutte rappezzate.
Bertoldo. Meglio è avere rappezzato le calze che il mostaccio come hai tu.
Avea costui molti segni sulla faccia che gli erano stati dati per suo benemerito; dove che, sentendosi toccare sul vivo, né sapendo che si rispondere, venne rosso in viso come il fuoco per vergogna, tanto più che tutta la corte cominciò a ridere di questo motto, onde cominciossi ad acchettare; e volontieri si saria partito se quei cavalieri non l'avessero trattenuto. Ma Bertoldo, che per aver ragionato assai aveva la bocca piena di saliva, né sapendo dove sputare, essendo ornata la sala tutta e le pareti di panni di seta e d'oro, disse al Re: "Dove vuoi tu ch'io sputi?" Disse il Re: "Va, sputa in piazza". Allora Bertoldo voltossi verso Fagotto, qual era tutto calvo, come già vi dissi, gli sputò in mezo della testa, onde costui alterato si querelò innanzi al Re dell'ingiuria fatta. Disse Bertoldo: "Il Re mi ha dato licenza ch'io sputi in piazza; e qual è la più bella piazza quanto la tua testa? Non si dice per proverbio, testa calva, piazza da pedocchi? Ecco dunque ch'io non ho fatto errore alcuno, e che io ho sputato in piazza secondo la commissione del Re". Tutta la corte diede ragione a Bertoldo, e Fagotto spazzandosi la zucca convenne aver pazienza; e avrebbe voluto esser digiuno di essersi mai impacciato con lui; e tutti n'ebbero gran piacere perché costui faceva professione di bellissimo ingegno e dava delle canzoni a tutti; e ora non ardiva a pena di alzare più gli occhi per vergogna, e fu quasi per andarsi a impiccare per il dispiacere. E perché era sera, il Re accomiatò tutti i suoi baroni e disse a Bertoldo che tornasse da lui il dì seguente, ma che non fusse né nudo né vestito.
Astuzia galante di Bertoldo nel tornare innanzi al Re nel modo ch'ei gli aveva detto. Venuta la mattina, Bertoldo comparve alla presenza del Re involto in una rete da pescare, e il Re, vedutolo a quella maniera, gli disse:
Re. Perché sei tu comparso così alla presenza mia?
Bertoldo. Non dicesti tu ch'io tornassi a te questa mane e che io non fosse né nudo né vestito? Re. Sì, dissi.
Bertoldo. Ed eccomi involto in questa rete, con la quale parte copro delle membra, e parte restano scoperte.
Re. Dove sei stato fino ad ora?
Bertoldo. Dove son stato più non sono, e dove son ora non vi può stare altri che me.
Re. Che cosa fa tuo padre, tua madre, tuo fratello e tua sorella?
Bertoldo. Mio padre d'un danno ne fa due; mia madre fa alla sua vicina quello che non gli farà mai più; mio fratello quanti ne trova, tanti ne ammazza; e mia sorella piange di quello ch'ella ha riso tutto quest'anno. Re. Dichiarami questo imbroglio.
Bertoldo. Mio padre, nel campo desiderando di chiudere un sentiero, vi pone dei spini; onde quei che solevano passare per detto sentiero, passano or di qua or di là dai detti spini, a tale che d'un solo sentiero, che vi era, ne viene a far due. Mia madre serra gli occhi a una sua vicina che muore, cosa che non gli farà mai più. Mio fratello, stando al sole, ammazza quanti pedocchi trova nella camicia. Mia sorella tutto quest'anno s'è data trastullo con il suo marito, e ora piange nel letto i dolori del parto. Re. Qual è il più lungo giorno che sia?
Bertoldo. Quello che si sta senza mangiare.
Re. Qual è la più gran pazzia dell'uomo? Bertoldo. Il riputarsi savio.
Re. Per che causa vien più presto canuta la testa che la barba?
Bertoldo. Perché i capelli son nati prima della barba.
Re. Qual è quel figlio che pela la barba a sua madre?
Bertoldo. Il fuso.
Re. Qual è quell'erba che fin i ciechi la conoscono? Bertoldo. L'ortica. Re. Qual è quella femina che balla sempre nell'acqua e mai non si lava i piedi? Bertoldo. La barca.
Re. Qual è colui che si serra in prigione da sua posta?
Bertoldo. Il bigatto, o cavaliero da seta.
Re. Qual è il più tristo fiore che sia?
Bertoldo. Quello ch'esce della botte quando si finisce il vino. Re. Qual è la più sfacciata cosa che sia?
Bertoldo. Il vento, che si caccia fin sotto i panni delle donne.
Re. Qual è colei che nessun non la vuole in casa?
Bertoldo. La colpa.
Re. Qual è quel storto che taglia le gambe a tutti i dritti?
Bertoldo. Il ferro, overo falce da mietere il grano.
Re. Qual è la più gramma femina che sia?
Bertoldo. La gramma da fare il pane.
Re. Quanti anni hai tu?
Bertoldo. Chi numera gli anni fa conto con la morte.
Re. Qual è la più bianca cosa che sia?
Bertoldo. Il giorno.
Re. Più del latte?
Bertoldo. Più del latte e della neve ancora.
Re. Se tu non mi fai vedere questo, io ti voglio far battere duramente.
Bertoldo. Oh infelicità e miseria delle corti.