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Il giornalino di Gian Burrasca - Vamba, Capitolo 3

Capitolo 3

9 ottobre.

Oggi Ada, Luisa e Virginia hanno tormentato tutto il giorno la mamma, perché acconsentisse a dare quella famosa festa da ballo della quale esse chiacchieran tra loro da tanto tempo. Prega e riprega, la mamma, che è tanto buona, ha finito per contentarle, e la festa è stata fissata per martedì di quest'altra settimana. Il bello è che, discorrendo degli inviti da fare, hanno rammentato, naturalmente, anche tutti quelli ai quali ho portato ieri le fotografie. Figuriamoci se dopo quei complimenti scritti dalle mie sorelle in fondo ai loro ritratti, avran voglia di venire a ballar con loro!

12 ottobre.

Mio caro giornalino, ho tanto bisogno di sfogarmi con te! Pare impossibile, ma è proprio vero che i ragazzi non vengono al mondo che per fare dei malanni, e sarebbe bene che non ne nascesse più nessuno, così i loro genitori sarebbero contenti! Quante cose mi son successe ieri, e ne avrei tante da confidarti, giornalino mio! Ma appunto perché ne ho avute tante, non mi è stato possibile scriverle. Ah sì, quante ne ho avute ieri!.. E anche ora duro fatica a muovermi e non posso star neppure a sedere a causa di tutte quelle cose che ho detto e che mi ci hanno lasciato, con rispetto parlando, certi vesciconi alti un dito. Ma ho giurato oggi di descrivere il fatto come è andato, e benché soffra tanto da stare a sedere, voglio confidare qui tutte le mie sventure... Ah, giornalino mio, quanto soffro, quanto soffro!... E sempre per la verità e per la giustizia!... Ti dissi già l'altro giorno che le mie sorelle avevano avuto dalla mamma il permesso di dare una festa da ballo in casa nostra; e non ti so dire come erano tutte eccitate da questo pensiero. Andavano e venivano per le stanze, bisbigliavano tra loro, sempre tutte affaccendate... Non si pensava, né si parlava d'altro. Ieri l'altro, dopo colazione, si erano riunite in salotto a far la nota degli invitati, e parevano tutte al colmo della contentezza. A un tratto, eccoti una grande scampanellata, e le mie sorelle, sospendendo la nota degli invitati, si mettono a cinguettare: - Chi sarà a quest'ora? E che scampanellata!... - Non può esser che un contadino!... - Certo, una persona senza educazione... - In quel momento comparisce la Caterina sulla porta, esclamando: - Ah, signorine, che sorpresa!... - E dietro di lei, eccoti la zia Bettina!... proprio la zia Bettina in pelle e ossa, la zia Bettina che sta in campagna e che viene a trovarci due volte l'anno. Le ragazze dissero con un filo di voce: - Ah, che bella sorpresa! - Ma diventarono livide dalla bile, e con la scusa di andare a farle preparare la camera piantarono la zia con la mamma e andarono a riunirsi nella stanza da lavoro. Io le seguii per godermi la scena. - Ah brutta vecchiaccia! - disse Ada con gli occhi pieni di lacrime. - E figuriamoci se non si tratterrà! - esclamò la Virginia con aria ironica. - E come sarà contenta, anzi, di aver l'occasione della festa da ballo per mettersi il suo vestito di seta verde e i suoi guanti gialli di cotone e la cuffietta lilla in capo! - Ci farà fare il viso rosso! - soggiunse la Luisa disperata. - Ah, è impossibile, ecco! Io mi vergogno di presentare una zia così ridicola! La zia Bettina è ricca straricca, ma è così antica, poveretta! così antica che pare uscita dall'arca di Noè: con la differenza che gli animali dell'arca di Noè vennero fuori tutti a coppie, e la zia Bettina, invece, era venuta sola, perché non ha mai trovato un cane di marito! Dunque le mie sorelle non volevano che la zia rimanesse alla festa da ballo. E siamo giusti: non avevano forse ragione, povere ragazze? Dopo essersi tanto affaccendate perché la festa riuscisse bene, non era un vero peccato che questa vecchia ridicola venisse a compromettere l'esito della serata? Bisognava salvare la situazione. Bisognava che qualcuno si sacrificasse per la loro felicità. Ah! non è forse una nobile azione per un ragazzo di cuore il sacrificio per la felicità delle sue proprie sorelle? Io avevo il rimorso della vendetta che m'ero già presa di loro con la brutta celia delle fotografie, e decisi subito di compensare le vittime con una buona azione. Perciò ieri l'altro sera, dopo pranzo, presi da parte la zia Bettina e col tono serio che meritava la circostanza le dissi pigliandola alla larga - Cara zia, vuol fare una cosa gradita alle sue nipoti? - Che dici? - Le dico questo: se lei vuol proprio contente le sue nipoti, faccia il piacere di andarsene prima della festa da ballo. Capirà, lei è troppo vecchia e poi si veste in modo troppo ridicolo per queste feste, ed è naturale che non ce la vogliono. Non dica che glie l'ho detto io; ma dia retta a me, tornì a casa sua lunedì, e le sue nipoti gliene saranno infinitamente grate. - Ora domando io: doveva la zia inquietarsi, dopo che avevo parlato con tanta franchezza? E doveva, dopo che l'avevo pregata di non dir nulla a nessuno, andare a spifferare ogni cosa a tutti, giurando e spergiurando che la mattina dopo, appena alzata, sarebbe ripartita? E la zia Bettina, infatti, è andata via ieri mattina, facendo il solenne giuramento dì non metter mai più piede in casa nostra. Ma questo non è tutto. Pare che il babbo le avesse chiesto in prestito una certa somma di denaro, perché essa gli ha rinfacciato il favore che gli aveva fatto, dicendo che era una vergogna il dare le feste da ballo con i quattrini degli altri! Ma che colpa ne avevo io, di questo? Ma al solito, la stizza dì tutti si è riversata su un povero ragazzo di nove anni! Non voglio avvilire queste pagine col raccontare quel che ho sofferto. Basti dire che iermattina, appena ripartita la zia Bettina, le persone che più dovrebbero volermi bene in questo mondo, mi hanno calato i calzoncini e giù, frustate senza pietà... Ahi,ahi,ahi,! Non posso più stare a sedere... oltre al dolore c'è anche la preoccupazione per la festa da ballo. I preparativi son quasi finiti, e io non son punto tranquillo per quell'affare delle fotografie... Basta; Dio ce la mandi buona, giornalino mio, e senza vento! 15 ottobre.

Siamo al famoso martedì, causa di tutte le agitazioni di questi giorni... Caterina mi ha messo il vestito nuovo e quella bella cravatta rossa tutta di seta che mi ha regalato l'altro giorno Carlo Nelli, quello della fotografia dov'era scritto: vecchio gommeux, che non so cosa voglia dire. Le mie sorelle mi hanno fatto una predica lunga come una quaresima, con le solite raccomandazioni d'esser buono, di non far niente di male, di comportarmi educatamente con le persone che verranno in casa, e altre simili uggiosità che tutti i ragazzi sanno a memoria a forza di sentirsele ripetere a tutte le ore, e che si stanno a sentire proprio per dar prova della nostra condiscendenza verso i nostri maggiori, pensando, invece, a tutt'altre cose. Naturalmente io ho risposto sempre di sì, e allora ho avuto il permesso d'uscir di camera e girare per tutte le stanze del pian terreno. Che bellezza! Tutto è pronto per la festa che comincerà fra poco. La casa è tutta illuminata e mille fiammelle di luce elettrica risplendono qua e là, riflettendosi negli specchi, mentre ogni sorta di fiori sparsi per tutto fan bella mostra dei lor vivaci colori ed espandono per le sale i loro grati e delicati profumi. Ma il più grato profumo è quello della crema alla cioccolata e alla vaniglia nelle grandi scodelle d'argento, e della gelatina gialla e rossa che trema nei vassoi, e di quei monti di pasticcini e di biscotti d'ogni qualità che si innalzano in salotto da pranzo, sulla tavola ricoperta da una bella tovaglia tutta ricamata. Dovunque è un allegro scintillio di cristalli e d'argento... Le mie sorelle sono bellissime, tutte vestite di bianco, scollate, con le gote rosse e gli occhi raggianti di felicità. Esse girano per tutto per vedere se ogni cosa è in ordine e accorrono a ricevere gli invitati. Io sono venuto su a pigliare questi appunti sulla festa, ora che ho la mente serena... Perché dopo, giornalino mio, non so se sarò in grado di confidarti ancora le mie impressioni.

Ho fretta d'andare a letto, ma prima voglio raccontar qui come sono andate le cose. Quando son ritornato al pian terreno, erano già venute le signorine di nostra conoscenza, come sarebbero le Mannelli, le Fabiani, Bice Rossi, le Carlini e tante altre, tra le quali quella seccherellona della Merope Santini, che si dà il belletto in modo indecente e alla quale la mia sorella Virginia ha appioppato il nome d'uscio ritinto. Le ragazze erano molte, ma di uomini non c'erano che il dottor Collalto, il fidanzato di Luisa, e il suonatore di pianoforte che stava a sedere con le braccia incrociate, aspettando il segnale per eseguire il primo ballabile. L'orologio segnava le nove; e il suonatore ha incominciato a suonare una polca, ma le signorine seguitavano a girar per la sala, chiacchierando tra di loro. Poi il suonatore ha suonato una mazurca, e due o tre ragazze si son decise a ballar tra loro, ma non si divertivano. E intanto l'orologio segnava già le nove e mezzo. Le mie povere sorelle non levavano gli occhi dalle lancette che per rivolgerli all'uscio d'ingresso; e avevano un'aria così desolata, che facevano proprio compassione. Anche la mamma era molto preoccupata, tant'è vero che mi son potuto ingoiare quattro gelati uno dietro l'altro, senza che neppur se n'accorgesse. Come mi rimordeva la coscienza! Finalmente, quando mancavano pochi minuti alle dieci, si è sentito una scampanellata. Questa sonata di campanello ha rallegrato le invitate più di tutte le sonate fatte fino allora sul pianoforte. Tutte le signorine hanno dato un gran respirone di sollievo, voltandosi verso la porta d'ingresso in attesa dei ballerini da tanto tempo aspettati. Le mie sorelle si sono precipitate per far gli onori di casa... Ed ecco che, invece degli invitati, entra Caterina con una gran lettera e la porge all'Ada. Luisa e Virginia le si fanno attorno esclamando: - Qualcuno che si scusa di non poter venire! - Altro che scusa! Quella non era una lettera, né un biglietto: era una fotografia che esse conoscevano benissimo e che era stata per tanto tempo chiusa nella scrivania di Luisa. Le mie sorelle sono diventate di mille colori, e passata la prima impressione sono cominciate fra loro le interrogazioni: - Ma come mai? Ma come può essere? Ma com'è stato?... - Di li a poco ecco un'altra scampanellata... Le invitate si voltano daccapo verso l'ingresso, aspettando sempre un ballerino, e come prima si presenta invece Caterina con un'altra lettera che le mie sorelle aprono trepidanti: è un'altra delle fotografie da me recapitate l'altro giorno ai rispettivi originali. E dopo cinque minuti, un'altra scampanellata e un'altra fotografia. Le mie povere sorelle erano diventate di mille colori; ero così mortificato nel pensare che ero l'unica causa di questi loro dispiaceri, che mi misi a mangiar panini gravidi per distrarmi, ma non mi fu possibile, perché il rimorso era troppo grande, e avrei pagato chi sa che per trovarmi non so dove, pur di non vedere le mie povere sorelle in quello stato. Finalmente sono venuti Ugo Fabiani ed Eugenio Tinti, che sono stati festeggiati più d'Orazio Coclite dopo la sua vittoria contro i Curiazi. Ma io ho capito perché il Fabiani e il Tinti non avevano fatto come gli altri invitati! Mi son ricordato che sul ritratto del Fabiani era scritto: - Che caro giovane! - e su quello del Tinti: - Bello, bellissimo, troppo bello per questa terra! Ma anche essendo in tre ballerini, compreso il Collalto che balla come un orso, come potevano fare a contentare una ventina di signorine? A un certo punto hanno fatto un carré di lancieri, ma una ragazza ha dovuto far da uomo, e così è finito che hanno imbrogliato ogni cosa, senza che l'imbroglio facesse rider nessuno. Le più maligne bensì, come la Bice, ridevano tra loro nel vedere che la festa non era riuscita, e che le mie povere sorelle avevano quasi le lacrime agli occhi. Una cosa molto riuscita, invece, sono stati i rinfreschi; ma, come ho detto prima, io ero molto angustiato, sicché non ho potuto assaggiare che tre o quattro bibite, delle quali la migliore era quella di amarena, benché anche quella di ribes fosse eccellente. Mentre stavo passeggiando per la sala, ho sentito Luisa che ha detto piano al dottor Collalto: - Dio mio! Se potessi saper chi è stato, come mi vorrei vendicare!... È stato uno scherzo indegno! Domani, certo, saremo sulle bocche di tutti, e non ci potrà più soffrire nessuno! Ah, se potessi avere almeno la soddisfazione di sapere chi è stato!.. - In quel momento il Collalto si è fermato dinanzi a me e, guardandomi fisso, ha detto a mia sorella: - Forse Giannino te lo potrebbe dire; non è vero, Giannino? - Di che? - ho risposto io, facendo finta di nulla. Ma mi sentivo il viso infocato, e poi mi tremava la voce. - Come di che! O chi ha preso dunque i ritratti dalla camera di Luisa? - Ah! - ho risposto io, non sapendo più che cosa dire. -- Forse sarà stato Morino... - Come! - ha detto mia sorella fulminandomi con gli occhi. - Il gatto? - Già. L'altra settimana gli detti due o tre fotografie perché si divertisse a masticarle e può essere che lui le abbia portate fuori e le abbia lasciate per la strada... - Ah, dunque le hai prese tu! - ha esclamato Luisa, rossa come la brace e con gli occhi che le uscivano dalla testa. Pareva mi volesse mangiare. Ho avuto una paura terribile e perciò, dopo essermi empite le tasche di torrone, sono scappato su in camera. Assolutamente non voglio essere alzato quando gl'invitati se ne anderanno via. Ora mi spoglio e vo a letto.

Capitolo 3 Kapitel 3 Chapter 3

9 ottobre.

Oggi Ada, Luisa e Virginia hanno tormentato tutto il giorno la mamma, perché acconsentisse a dare quella famosa festa da ballo della quale esse chiacchieran tra loro da tanto tempo. Prega e riprega, la mamma, che è tanto buona, ha finito per contentarle, e la festa è stata fissata per martedì di quest'altra settimana. Il bello è che, discorrendo degli inviti da fare, hanno rammentato, naturalmente, anche tutti quelli ai quali ho portato ieri le fotografie. Figuriamoci se dopo quei complimenti scritti dalle mie sorelle in fondo ai loro ritratti, avran voglia di venire a ballar con loro!

12 ottobre.

Mio caro giornalino, ho tanto bisogno di sfogarmi con te! Pare impossibile, ma è proprio vero che i ragazzi non vengono al mondo che per fare dei malanni, e sarebbe bene che non ne nascesse più nessuno, così i loro genitori sarebbero contenti! Quante cose mi son successe ieri, e ne avrei tante da confidarti, giornalino mio! Ma appunto perché ne ho avute tante, non mi è stato possibile scriverle. Ah sì, quante ne ho avute ieri!.. E anche ora duro fatica a muovermi e non posso star neppure a sedere a causa di tutte quelle cose che ho detto e che mi ci hanno lasciato, con rispetto parlando, certi vesciconi alti un dito. Et même maintenant, j'ai du mal à bouger et je ne peux même pas m'asseoir à cause de toutes ces choses que j'ai dites et qui m'ont laissé, avec respect, des cloques jusqu'aux doigts. Ma ho giurato oggi di descrivere il fatto come è andato, e benché soffra tanto da stare a sedere, voglio confidare qui tutte le mie sventure... Ah, giornalino mio, quanto soffro, quanto soffro!... E sempre per la verità e per la giustizia!... Ti dissi già l'altro giorno che le mie sorelle avevano avuto dalla mamma il permesso di dare una festa da ballo in casa nostra; e non ti so dire come erano tutte eccitate da questo pensiero. Andavano e venivano per le stanze, bisbigliavano tra loro, sempre tutte affaccendate... Non si pensava, né si parlava d'altro. Ils allaient et venaient dans les pièces, se chuchotaient, toujours tous occupés... Nous n'y pensions pas, nous ne parlions de rien d'autre. Ieri l'altro, dopo colazione, si erano riunite in salotto a far la nota degli invitati, e parevano tutte al colmo della contentezza. Avant-hier, après le petit déjeuner, ils s'étaient réunis dans le salon pour faire la note des invités, et ils semblaient tous ravis. A un tratto, eccoti una grande scampanellata, e le mie sorelle, sospendendo la nota degli invitati, si mettono a cinguettare: - Chi sarà a quest'ora? Soudain, il y a une grande sonnerie, et mes sœurs, suspendant la note des invités, se mettent à gazouiller : - Qui sera à cette heure ? E che scampanellata!... Et quelle sonnerie !... - Non può esser che un contadino!... - Il ne peut être qu'agriculteur !... - Certo, una persona senza educazione... - In quel momento comparisce la Caterina sulla porta, esclamando: - Ah, signorine, che sorpresa!... - E dietro di lei, eccoti la zia Bettina!... proprio la zia Bettina in pelle e ossa, la zia Bettina che sta in campagna e che viene a trovarci due volte l'anno. Le ragazze dissero con un filo di voce: - Ah, che bella sorpresa! - Ma diventarono livide dalla bile, e con la scusa di andare a farle preparare la camera piantarono la zia con la mamma e andarono a riunirsi nella stanza da lavoro. Io le seguii per godermi la scena. Je les ai suivis pour profiter de la scène. - Ah brutta vecchiaccia! - disse Ada con gli occhi pieni di lacrime. - Ada dit les yeux pleins de larmes. - E figuriamoci se non si tratterrà! - esclamò la Virginia con aria ironica. - E come sarà contenta, anzi, di aver l'occasione della festa da ballo per mettersi il suo vestito di seta verde e i suoi guanti gialli di cotone e la cuffietta lilla in capo! - Ci farà fare il viso rosso! - soggiunse la Luisa disperata. - Ah, è impossibile, ecco! Io mi vergogno di presentare una zia così ridicola! La zia Bettina è ricca straricca, ma è così antica, poveretta! così antica che pare uscita dall'arca di Noè: con la differenza che gli animali dell'arca di Noè vennero fuori tutti a coppie, e la zia Bettina, invece, era venuta sola, perché non ha mai trovato un cane di marito! Dunque le mie sorelle non volevano che la zia rimanesse alla festa da ballo. Alors mes sœurs ne voulaient pas que ma tante reste à la soirée dansante. E siamo giusti: non avevano forse ragione, povere ragazze? Dopo essersi tanto affaccendate perché la festa riuscisse bene, non era un vero peccato che questa vecchia ridicola venisse a compromettere l'esito della serata? Bisognava salvare la situazione. Bisognava che qualcuno si sacrificasse per la loro felicità. Ah! non è forse una nobile azione per un ragazzo di cuore il sacrificio per la felicità delle sue proprie sorelle? Io avevo il rimorso della vendetta che m'ero già presa di loro con la brutta celia delle fotografie, e decisi subito di compensare le vittime con una buona azione. Perciò ieri l'altro sera, dopo pranzo, presi da parte la zia Bettina e col tono serio che meritava la circostanza le dissi pigliandola alla larga - Cara zia, vuol fare una cosa gradita alle sue nipoti? - Che dici? - Le dico questo: se lei vuol proprio contente le sue nipoti, faccia il piacere di andarsene prima della festa da ballo. - Je vais te dire ceci : si tu veux vraiment que tes petites-filles soient heureuses, fais-toi plaisir de partir avant la soirée dansante. Capirà, lei è troppo vecchia e poi si veste in modo troppo ridicolo per queste feste, ed è naturale che non ce la vogliono. Non dica che glie l'ho detto io; ma dia retta a me, tornì a casa sua lunedì, e le sue nipoti gliene saranno infinitamente grate. Ne dites pas que je vous l'ai dit; mais écoutez-moi, il est rentré lundi, et ses nièces lui en seront infiniment reconnaissantes. - Ora domando io: doveva la zia inquietarsi, dopo che avevo parlato con tanta franchezza? "Maintenant, je demande : ma tante était-elle censée être bouleversée après que j'aie parlé si franchement ?" E doveva, dopo che l'avevo pregata di non dir nulla a nessuno, andare a spifferare ogni cosa a tutti, giurando e spergiurando che la mattina dopo, appena alzata, sarebbe ripartita? E la zia Bettina, infatti, è andata via ieri mattina, facendo il solenne giuramento dì non metter mai più piede in casa nostra. Ma questo non è tutto. Pare che il babbo le avesse chiesto in prestito una certa somma di denaro, perché essa gli ha rinfacciato il favore che gli aveva fatto, dicendo che era una vergogna il dare le feste da ballo con i quattrini degli altri! Ma che colpa ne avevo io, di questo? Ma al solito, la stizza dì tutti si è riversata su un povero ragazzo di nove anni! Mais comme d'habitude, la colère de tout le monde s'est propagée à un pauvre garçon de neuf ans ! Non voglio avvilire queste pagine col raccontare quel che ho sofferto. Basti dire che iermattina, appena ripartita la zia Bettina, le persone che più dovrebbero volermi bene in questo mondo, mi hanno calato i calzoncini e giù, frustate senza pietà... Ahi,ahi,ahi,! Qu'il suffise de dire qu'hier matin, dès le départ de tante Bettina, les personnes qui devraient m'aimer le plus au monde, ont baissé mon short et m'ont fouetté sans pitié… Aïe, aïe, aïe ! Non posso più stare a sedere... oltre al dolore c'è anche la preoccupazione per la festa da ballo. Je ne peux plus m'asseoir... outre la douleur il y a aussi l'inquiétude de la soirée dansante. I preparativi son quasi finiti, e io non son punto tranquillo per quell'affare delle fotografie... Basta; Dio ce la mandi buona, giornalino mio, e senza vento! 15 ottobre.

Siamo al famoso martedì, causa di tutte le agitazioni di questi giorni... Caterina mi ha messo il vestito nuovo e quella bella cravatta rossa tutta di seta che mi ha regalato l'altro giorno Carlo Nelli, quello della fotografia dov'era scritto: vecchio gommeux, che non so cosa voglia dire. Le mie sorelle mi hanno fatto una predica lunga come una quaresima, con le solite raccomandazioni d'esser buono, di non far niente di male, di comportarmi educatamente con le persone che verranno in casa, e altre simili uggiosità che tutti i ragazzi sanno a memoria a forza di sentirsele ripetere a tutte le ore, e che si stanno a sentire proprio per dar prova della nostra condiscendenza verso i nostri maggiori, pensando, invece, a tutt'altre cose. Naturalmente io ho risposto sempre di sì, e allora ho avuto il permesso d'uscir di camera e girare per tutte le stanze del pian terreno. Che bellezza! Tutto è pronto per la festa che comincerà fra poco. La casa è tutta illuminata e mille fiammelle di luce elettrica risplendono qua e là, riflettendosi negli specchi, mentre ogni sorta di fiori sparsi per tutto fan bella mostra dei lor vivaci colori ed espandono per le sale i loro grati e delicati profumi. Ma il più grato profumo è quello della crema alla cioccolata e alla vaniglia nelle grandi scodelle d'argento, e della gelatina gialla e rossa che trema nei vassoi, e di quei monti di pasticcini e di biscotti d'ogni qualità che si innalzano in salotto da pranzo, sulla tavola ricoperta da una bella tovaglia tutta ricamata. Dovunque è un allegro scintillio di cristalli e d'argento... Le mie sorelle sono bellissime, tutte vestite di bianco, scollate, con le gote rosse e gli occhi raggianti di felicità. Esse girano per tutto per vedere se ogni cosa è in ordine e accorrono a ricevere gli invitati. Io sono venuto su a pigliare questi appunti sulla festa, ora che ho la mente serena... Perché dopo, giornalino mio, non so se sarò in grado di confidarti ancora le mie impressioni.

Ho fretta d'andare a letto, ma prima voglio raccontar qui come sono andate le cose. Quando son ritornato al pian terreno, erano già venute le signorine di nostra conoscenza, come sarebbero le Mannelli, le Fabiani, Bice Rossi, le Carlini e tante altre, tra le quali quella seccherellona della Merope Santini, che si dà il belletto in modo indecente e alla quale la mia sorella Virginia ha appioppato il nome d'uscio ritinto. Le ragazze erano molte, ma di uomini non c'erano che il dottor Collalto, il fidanzato di Luisa, e il suonatore di pianoforte che stava a sedere con le braccia incrociate, aspettando il segnale per eseguire il primo ballabile. L'orologio segnava le nove; e il suonatore ha incominciato a suonare una polca, ma le signorine seguitavano a girar per la sala, chiacchierando tra di loro. Poi il suonatore ha suonato una mazurca, e due o tre ragazze si son decise a ballar tra loro, ma non si divertivano. E intanto l'orologio segnava già le nove e mezzo. Le mie povere sorelle non levavano gli occhi dalle lancette che per rivolgerli all'uscio d'ingresso; e avevano un'aria così desolata, che facevano proprio compassione. Anche la mamma era molto preoccupata, tant'è vero che mi son potuto ingoiare quattro gelati uno dietro l'altro, senza che neppur se n'accorgesse. Come mi rimordeva la coscienza! Finalmente, quando mancavano pochi minuti alle dieci, si è sentito una scampanellata. Questa sonata di campanello ha rallegrato le invitate più di tutte le sonate fatte fino allora sul pianoforte. Tutte le signorine hanno dato un gran respirone di sollievo, voltandosi verso la porta d'ingresso in attesa dei ballerini da tanto tempo aspettati. Le mie sorelle si sono precipitate per far gli onori di casa... Ed ecco che, invece degli invitati, entra Caterina con una gran lettera e la porge all'Ada. Luisa e Virginia le si fanno attorno esclamando: - Qualcuno che si scusa di non poter venire! - Altro che scusa! Quella non era una lettera, né un biglietto: era una fotografia che esse conoscevano benissimo e che era stata per tanto tempo chiusa nella scrivania di Luisa. Le mie sorelle sono diventate di mille colori, e passata la prima impressione sono cominciate fra loro le interrogazioni: - Ma come mai? Ma come può essere? Ma com'è stato?... - Di li a poco ecco un'altra scampanellata... Le invitate si voltano daccapo verso l'ingresso, aspettando sempre un ballerino, e come prima si presenta invece Caterina con un'altra lettera che le mie sorelle aprono trepidanti: è un'altra delle fotografie da me recapitate l'altro giorno ai rispettivi originali. E dopo cinque minuti, un'altra scampanellata e un'altra fotografia. Le mie povere sorelle erano diventate di mille colori; ero così mortificato nel pensare che ero l'unica causa di questi loro dispiaceri, che mi misi a mangiar panini gravidi per distrarmi, ma non mi fu possibile, perché il rimorso era troppo grande, e avrei pagato chi sa che per trovarmi non so dove, pur di non vedere le mie povere sorelle in quello stato. Finalmente sono venuti Ugo Fabiani ed Eugenio Tinti, che sono stati festeggiati più d'Orazio Coclite dopo la sua vittoria contro i Curiazi. Ma io ho capito perché il Fabiani e il Tinti non avevano fatto come gli altri invitati! Mi son ricordato che sul ritratto del Fabiani era scritto: - Che caro giovane! - e su quello del Tinti: - Bello, bellissimo, troppo bello per questa terra! Ma anche essendo in tre ballerini, compreso il Collalto che balla come un orso, come potevano fare a contentare una ventina di signorine? A un certo punto hanno fatto un carré di lancieri, ma una ragazza ha dovuto far da uomo, e così è finito che hanno imbrogliato ogni cosa, senza che l'imbroglio facesse rider nessuno. Le più maligne bensì, come la Bice, ridevano tra loro nel vedere che la festa non era riuscita, e che le mie povere sorelle avevano quasi le lacrime agli occhi. Una cosa molto riuscita, invece, sono stati i rinfreschi; ma, come ho detto prima, io ero molto angustiato, sicché non ho potuto assaggiare che tre o quattro bibite, delle quali la migliore era quella di amarena, benché anche quella di ribes fosse eccellente. Mentre stavo passeggiando per la sala, ho sentito Luisa che ha detto piano al dottor Collalto: - Dio mio! Se potessi saper chi è stato, come mi vorrei vendicare!... È stato uno scherzo indegno! Domani, certo, saremo sulle bocche di tutti, e non ci potrà più soffrire nessuno! Ah, se potessi avere almeno la soddisfazione di sapere chi è stato!.. - In quel momento il Collalto si è fermato dinanzi a me e, guardandomi fisso, ha detto a mia sorella: - Forse Giannino te lo potrebbe dire; non è vero, Giannino? - Di che? - ho risposto io, facendo finta di nulla. Ma mi sentivo il viso infocato, e poi mi tremava la voce. - Come di che! O chi ha preso dunque i ritratti dalla camera di Luisa? - Ah! - ho risposto io, non sapendo più che cosa dire. -- Forse sarà stato Morino... - Come! - ha detto mia sorella fulminandomi con gli occhi. - Il gatto? - Già. L'altra settimana gli detti due o tre fotografie perché si divertisse a masticarle e può essere che lui le abbia portate fuori e le abbia lasciate per la strada... - Ah, dunque le hai prese tu! - ha esclamato Luisa, rossa come la brace e con gli occhi che le uscivano dalla testa. Pareva mi volesse mangiare. Ho avuto una paura terribile e perciò, dopo essermi empite le tasche di torrone, sono scappato su in camera. Assolutamente non voglio essere alzato quando gl'invitati se ne anderanno via. Ora mi spoglio e vo a letto.