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Il giornalino di Gian Burrasca - Vamba, Capitolo 5

Capitolo 5

Stamani la zia Bettina s'è molto inquietata con me per uno scherzo innocente che, in fin dei conti, era stato ideato con l'intenzione di farle piacere. Ho già detto che la zia è molto affezionata a una pianta di dìttamo che tiene sulla finestra di camera sua, a pianterreno, e che annaffia tutte le mattine appena si alza. Basta dire che ci discorre perfino insieme e gli dice: - Eccomi, bello mio, ora ti dò da bere! Bravo, mio caro, come sei cresciuto! - È una sua mania, e si sa che tutti i vecchi ne hanno qualcuna. Essendomi dunque alzato prima di lei, stamattina, sono uscito di casa, e guardando la pianta di dìttamo m'è venuta l'idea di farla crescere artificialmente per far piacere alla zia Bettina che ci ha tanta passione. Lesto lesto, ho preso il vaso e l'ho vuotato. Poi al fusto della pianta di dìttamo ho aggiunto, legandovelo bene bene con un pezzo di spago, un bastoncino dritto, sottile ma resistente, che ho ficcato nel vaso vuoto, facendolo passare a traverso quel foro che è nel fondo di tutti i vasi da fiori, per farci scolar l'acqua quando si annaffiano. Fatto questo, ho riempito il vaso con la terra che vi avevo levata, in modo che la pianta non pareva fosse stata menomamente toccata; e ho rimesso il vaso al suo posto, sul terrazzino della finestra, il cui fondo è di tante assicelle di legno, facendo passare fra l'una e l'altra di esse il bastoncino che veniva giù dal foro del vaso e che io tenevo in mano, aspettando il momento di agire. Dopo neanche cinque minuti, eccoti la zia Bettina che apre la finestra di camera, e incomincia la sua scena patetica col dìttamo: - Oh, mio caro, come stai? Oh, poveretto, guarda un po': hai una fogliolina rotta... sarà stato qualche gatto... qualche bestiaccia... - Io me ne stavo lì sotto, fermo, e non ne potevo più dal ridere. - Aspetta, aspetta! - seguitò a dire la zia Bettina. - Ora piglio le forbicine e ti levo la fogliolina troncata, se no secca,... e ti fa male alla salute, sai, carino!... - Ed è andata a prendere le forbicine. Io allora ho spinto un po' in su il bastoncino. - Eccomi, bello mio! - ha detto la zia Bettina tornando alla finestra. - Eccomi, caro!.. - Ma ha cambiato a un tratto il tono alla voce ed ha esclamato: - Non sai che t'ho da dire? Che tu mi sembri cresciuto!... - Io scoppiavo dal ridere, ma mi trattenevo, mentre la zia seguitava a nettare il suo dittamo con le forbicine e a discorrere: - Ma sì, che sei cresciuto... E sai che cos'è che ti fa crescere? È l'acqua fresca e limpida che ti dò tutte le mattine... Ora, ora... bello mio, te ne dò dell'altra, così crescerai di più... - Ed è andata a pigliar l'acqua. Io intanto ho spinto in su il bastoncino, e questa volta l'ho spinto parecchio, in modo che la pianticella doveva parere un alberello addirittura. A questo punto ho sentito un urlo e un tonfo. - Uh, il mio dìttamo!... - E la zia, per la sorpresa e lo spavento di veder crescere la sua cara pianta a quel modo, proprio a vista d'occhio, s'era lasciata cascar di mano la brocca dell'acqua che era andata in mille bricioli. Poi sentii che borbottava queste parole: - Ma questo è un miracolo! Ferdinando mio, Ferdinando adorato, che forse il tuo spirito è in questa cara pianta che mi regalasti o desti per la mia festa? - Io non capivo precisamente quel che voleva dire, ma sentivo che la sua voce tremava e, per farle più paura che mai, ho spinto in su più che potevo il bastoncino. Ma mentre la zia vedendo che il dìttamo seguitava a crescere, continuava a urlare: Ah! Oh! Oh! Uh!, il bastoncino ha trovato un intoppo nella terra del vaso, e siccome io lo spingevo con forza per vincere il contrasto, è successo che il vaso si è rovesciato fuor della finestra, ed è caduto rompendosi a' miei piedi. Allora ho alzato gli occhi e ho visto la zia affacciata, con un viso che faceva paura. - Ah, sei tu! - ha detto con voce stridula. Ed è sparita dalla finestra per riapparire subito sulla porta, armata di un bastone. Io, naturalmente, me la son data a gambe per il podere, e poi son salito sopra un fico dove ho fatto una grande spanciata di fichi verdini, che credevo di scoppiare - Quando sono ritornato alla villa, ho visto sulla solita finestra un vaso nuovo con la pianta di dìttamo e ho pensato che la zia, avendo rimediato al mal fatto, si fosse calmata. L'ho trovata in salotto che discorreva con un facchino della stazione e appena mi ha visto, mi ha detto con aria molto sostenuta mostrandomi due telegrammi: - Ecco qui due dispacci di vostro padre. Uno di iersera che non ha avuto corso perché la stazione era chiusa, e un altro di stamani. Vostro padre è disperato non sapendo dove vi siete cacciato... Gli ho risposto che venga a prendervi col prossimo treno! - Io, quando il facchino è andato via, ho tentato di rabbonirla, e le ho detto con la mia voce piagnucolosa che di solito fa un grande effetto perché ci si sente il ragazzo che è pentito: - Cara zia, le chiedo scusa di quel che ho fatto... Ma lei ha risposto arrabbiata: - Vergognatevi! - Però - ho seguitato a dire con voce sempre più piagnucolosa - Io non sapevo che nel dìttamo ci fosse lo spirito di quel signor Ferdinando che diceva lei... - A queste parole la zia Bettina si è cambiata a un tratto. È diventata rossa come il tacchino della contadina, e ha detto balbettando: - Zitto, zitto!... Mi prometti di non dir niente a nessuno di quel che è successo? - Sì, glielo prometto... - Ebbene, allora non ne parliamo più: e io cercherò di farti perdonare anche dal tuo babbo... - Il babbo arriverà certamente col treno delle tre, non essendovene altri né prima né dopo. E io sento una certa tremarella...

Sono qui, chiuso nel salotto da desinare, e sento di là nell'ingresso quella vociaccia stridula della zia Bettina che si sfoga contro di me con la moglie del contadino e ripete: - È un demonio! Finirà male! E tutto questo perché? Per aver fatto il chiasso coi figliuoli del contadino, come fanno tutti i ragazzi di questo mondo, senza che nessuno ci trovi nulla da ridire. Ma siccome io ho la disgrazia d'avere tutti parenti che non voglion capire che i ragazzi hanno diritto di divertirsi anche loro, così mi tocca ora a star qui chiuso e sentirmi dire che finirò male ecc. ecc., mentre invece io volevo che la zia Bettina finisse col pigliarci gusto anche lei al serraglio di bestie feroci, che m'era riuscito così bene. L'idea m'è venuta perché una volta il babbo mi portò a vedere quello di Numa Hava, e da allora ci ho sempre ripensato, perché il sentire nell'ora del pasto tutti quegli urli dei leoni, delle tigri e di tanti altri animali che girano in qua e in là nelle gabbie strofinando e raspando è una cosa che fa grande impressione e non si dimentica tanto facilmente. E poi io ho sempre avuta molta passione per la storia naturale e a casa ho i Mammiferi illustrati del Figuier che li leggo sempre, guardando le figure che mi son divertito tante volte a ricopiare. Ieri, dunque, nel venire qui alla villa avevo visto nella fattoria che confina col podere della zia due operai che tingevano le persiane della casa del fattore di verde e le porte della stalla accanto di rosso; sicché stamani, dopo il fatto della pianta di dìttamo, appena mi è venuto l'idea del serraglio, mi sono subito ricordato dei pentolini di tinta degli operai, che avevo visto ieri alla fattoria, e ho detto fra me che avrebbero potuto far comodo, come difatti mi sono stati molto utili. Prima di tutto mi son messo d'accordo con Angiolino, il figliuolo del contadino della zia, un ragazzo che ha quasi la mia età ma che non ha mai visto nulla nella sua vita, sicché mi sta sempre a sentire a bocca aperta e m'ubbidisce in tutto e per tutto. - Ti voglio far vedere qui sull'aia il serraglio di Numa Hava - gli ho detto. - Vedrai! - Voglio vedere anch' io! - ha esclamato subito la Geppina che è la sua sorella minore. - Anch'io! - ha detto Pietrino, un bambino di due anni e mezzo che non sa ancora camminare e che si trascina per terra con le mani e con le ginocchia. Lì nella casa del contadino non c'erano che questi tre ragazzi perché i loro genitori e i fratelli maggiori eran tutti nel campo a lavorare. - Va bene,... - ho detto. - Ma bisognerebbe, poter pigliare i pentolini delle tinte alla fattoria! - Questo è il momento buono, - ha detto Angiolino - perché è l'ora che i verniciatori vanno al paese a far colazione. - E siamo andati tutt'e due alla fattoria. Non c'era nessuno. Da una parte, a piè di una scala, c'erano due pentolini pieni di tinta a olio - in uno la tinta rossa e nell'altro la tinta verde; e c'era anche un bel pennellone grosso come il mio pugno. Angiolino ha preso un pentolo; io ho preso l'altro e il pennello, e via, siamo ritornati sull'aia di casa sua, dove Pietrino e la Geppina ci aspettavano ansiosi. - Cominceremo dal fare il leone, - ho detto. A questo scopo avevo portato con me dalla villa, Bianchino, il vecchio can barbone della zia Bettina, al quale ella è così affezionata. Gli ho attaccato al collare una fune e l'ho legato alla stanga del carro da buoi che era sull'aia, e, dato il piglio al pennellone, ho incominciato a tingerlo tutto di rosso. - Veramente - ho detto a quei ragazzi perché avessero un'idea precisa dell'animale che volevo loro rappresentare - il leone è colore arancione, ma siccome manca il giallo noi lo faremo rosso, che in fondo viene a esser quasi lo stesso. - In poco tempo Bianchino, interamente trasformato, non era più riconoscibile e, mentre esso si andava asciugando al sole, ho pensato a preparare un'altra belva. Poco distante da noi c'era una pecorella che pascolava; l'ho legata alla stanga del carro, accanto al cane, e ho detto: - Questa la trasformeremo in una bellissima tigre. - E dopo aver mescolate in una catinella un po' di tinta rossa e un po' di tinta verde le ho dipinto sul dorso tante ciambelline in modo che pareva proprio una tigre del Bengala come quella che avevo visto da Numa Hava, meno che, per quanto lo avessi tinto anche il muso, non aveva quell'espressione feroce che faceva una così bella impressione in quella vera. A questo punto ho sentito un grugnito, e ho domandato ad Angiolino: - Che ci avete anche un maiale? - Sì: ma è un maialino piccolo: è qui nella stalla, guardi, sor Giannino. E ha tirato fuori, infatti, un porcellino grasso grasso, con la pelle color di rosa che era una bellezza. - Che se ne potrebbe fare? - ho domandato a me stesso. E Angiolino ha esclamato : - Perché non ci fa un leofante? Io mi son messo a ridere. - Vorrai dire un elefante! - gli ho risposto. - Ma sai che un elefante è grande come tutta questa casa? E poi con che gli si potrebbe far la proboscide? - A questa parola i figliuoli del contadino si sono messi a ridere tutt'e tre e finalmente Angiolino ha domandato: - O che è ella, codesta cosa così buffa che ha detto lei, sor Giannino? - È, come un naso lungo lungo quasi quanto la stanga di questo carro e che serve all'elefante per pigliar la roba per alzare i pesi e per annaffiare i ragazzi quando gli fanno i dispetti. - Che brutta cosa è l'ignoranza! Quei villanacci di ragazzi non mi hanno voluto credere, e si son messi a ridere più che mai. Io intanto riflettevo per trovare il modo di utilizzare il maialino color di rosa che seguitava a grugnire come un disperato. Alla fine ho risoluto il problema e ho gridato: - Sapete che cosa farò? Io cambierò questo maialino in un coccodrillo! - Sul carro c'era una copertaccia da cavallo. L'ho presa e l'ho fermata da un lato, legandola con una fune intorno alla pancia del maialino; poi, risollevando tutta la parte di coperta che avanzava strisciando di dietro, l'ho legata stretta stretta a uso salame, in modo che rappresentasse la lunga coda del coccodrillo. Fatto questo, ho tinto di verde tanto il maialino che la coperta, in modo che, a lavoro compiuto, l'illusione era perfetta. Dopo aver legata anche questa belva alla stanga del carro da buoi, ho pensato di farne un'altra servendomi dell'asino che ho preso nella stalla e che, essendo di color grigio, si è prestato benissimo a far da zebra. Infatti è bastato che gli dipingessi sul corpo, sul muso e sulle gambe tante strisce, dopo aver mescolato daccapo il rosso col verde, per ottenere una zebra sorprendente, che ho legata con gli altri animali alla solita stanga. Infine, siccome per rallegrare la scena mancava la scimmia, con lo stesso colore ho tinto la faccia di Pietrino che appunto stava berciando e sgambettando come una bertuccia,e servendomi d'uno straccio strettamente legato gli ho anche fabbricato una splendida coda che ho assicurata alla cintola del marmocchio, sotto la sottanina. Poi, per rendere la cosa anche più naturale, ho pensato che il vedere la scimmia sopra un albero avrebbe fatto un bellissimo effetto e perciò, aiutato da Angiolino, ho messo Pietrino su un ramo dell'albero che è accanto all'aia, assicurandolo con una fune perché non cascasse. Così ho completato il mio serraglio e ho incominciato la spiegazione.

Capitolo 5 Kapitel 5 Chapter 5

Stamani la zia Bettina s'è molto inquietata con me per uno scherzo innocente che, in fin dei conti, era stato ideato con l'intenzione di farle piacere. Ho già detto che la zia è molto affezionata a una pianta di dìttamo che tiene sulla finestra di camera sua, a pianterreno, e che annaffia tutte le mattine appena si alza. Basta dire che ci discorre perfino insieme e gli dice: - Eccomi, bello mio, ora ti dò da bere! Bravo, mio caro, come sei cresciuto! - È una sua mania, e si sa che tutti i vecchi ne hanno qualcuna. Essendomi dunque alzato prima di lei, stamattina, sono uscito di casa, e guardando la pianta di dìttamo m'è venuta l'idea di farla crescere artificialmente per far piacere alla zia Bettina che ci ha tanta passione. Lesto lesto, ho preso il vaso e l'ho vuotato. Poi al fusto della pianta di dìttamo ho aggiunto, legandovelo bene bene con un pezzo di spago, un bastoncino dritto, sottile ma resistente, che ho ficcato nel vaso vuoto, facendolo passare a traverso quel foro che è nel fondo di tutti i vasi da fiori, per farci scolar l'acqua quando si annaffiano. Fatto questo, ho riempito il vaso con la terra che vi avevo levata, in modo che la pianta non pareva fosse stata menomamente toccata; e ho rimesso il vaso al suo posto, sul terrazzino della finestra, il cui fondo è di tante assicelle di legno, facendo passare fra l'una e l'altra di esse il bastoncino che veniva giù dal foro del vaso e che io tenevo in mano, aspettando il momento di agire. Dopo neanche cinque minuti, eccoti la zia Bettina che apre la finestra di camera, e incomincia la sua scena patetica col dìttamo: - Oh, mio caro, come stai? Oh, poveretto, guarda un po': hai una fogliolina rotta... sarà stato qualche gatto... qualche bestiaccia... - Io me ne stavo lì sotto, fermo, e non ne potevo più dal ridere. - Aspetta, aspetta! - seguitò a dire la zia Bettina. - Ora piglio le forbicine e ti levo la fogliolina troncata, se no secca,... e ti fa male alla salute, sai, carino!... - Ed è andata a prendere le forbicine. Io allora ho spinto un po' in su il bastoncino. - Eccomi, bello mio! - ha detto la zia Bettina tornando alla finestra. - Eccomi, caro!.. - Ma ha cambiato a un tratto il tono alla voce ed ha esclamato: - Non sai che t'ho da dire? Che tu mi sembri cresciuto!... - Io scoppiavo dal ridere, ma mi trattenevo, mentre la zia seguitava a nettare il suo dittamo con le forbicine e a discorrere: - Ma sì, che sei cresciuto... E sai che cos'è che ti fa crescere? È l'acqua fresca e limpida che ti dò tutte le mattine... Ora, ora... bello mio, te ne dò dell'altra, così crescerai di più... - Ed è andata a pigliar l'acqua. Io intanto ho spinto in su il bastoncino, e questa volta l'ho spinto parecchio, in modo che la pianticella doveva parere un alberello addirittura. A questo punto ho sentito un urlo e un tonfo. - Uh, il mio dìttamo!... - E la zia, per la sorpresa e lo spavento di veder crescere la sua cara pianta a quel modo, proprio a vista d'occhio, s'era lasciata cascar di mano la brocca dell'acqua che era andata in mille bricioli. Poi sentii che borbottava queste parole: - Ma questo è un miracolo! Ferdinando mio, Ferdinando adorato, che forse il tuo spirito è in questa cara pianta che mi regalasti o desti per la mia festa? - Io non capivo precisamente quel che voleva dire, ma sentivo che la sua voce tremava e, per farle più paura che mai, ho spinto in su più che potevo il bastoncino. Ma mentre la zia vedendo che il dìttamo seguitava a crescere, continuava a urlare: Ah! Oh! Oh! Uh!, il bastoncino ha trovato un intoppo nella terra del vaso, e siccome io lo spingevo con forza per vincere il contrasto, è successo che il vaso si è rovesciato fuor della finestra, ed è caduto rompendosi a' miei piedi. Allora ho alzato gli occhi e ho visto la zia affacciata, con un viso che faceva paura. - Ah, sei tu! - ha detto con voce stridula. Ed è sparita dalla finestra per riapparire subito sulla porta, armata di un bastone. Io, naturalmente, me la son data a gambe per il podere, e poi son salito sopra un fico dove ho fatto una grande spanciata di fichi verdini, che credevo di scoppiare - Quando sono ritornato alla villa, ho visto sulla solita finestra un vaso nuovo con la pianta di dìttamo e ho pensato che la zia, avendo rimediato al mal fatto, si fosse calmata. L'ho trovata in salotto che discorreva con un facchino della stazione e appena mi ha visto, mi ha detto con aria molto sostenuta mostrandomi due telegrammi: - Ecco qui due dispacci di vostro padre. Uno di iersera che non ha avuto corso perché la stazione era chiusa, e un altro di stamani. Vostro padre è disperato non sapendo dove vi siete cacciato... Gli ho risposto che venga a prendervi col prossimo treno! Ton père est désespéré de ne pas savoir où tu es... Je lui ai dit de venir te chercher dans le prochain train ! - Io, quando il facchino è andato via, ho tentato di rabbonirla, e le ho detto con la mia voce piagnucolosa che di solito fa un grande effetto perché ci si sente il ragazzo che è pentito: - Cara zia, le chiedo scusa di quel che ho fatto... Ma lei ha risposto arrabbiata: - Vergognatevi! - Però - ho seguitato a dire con voce sempre più piagnucolosa - Io non sapevo che nel dìttamo ci fosse lo spirito di quel signor Ferdinando che diceva lei... - A queste parole la zia Bettina si è cambiata a un tratto. È diventata rossa come il tacchino della contadina, e ha detto balbettando: - Zitto, zitto!... Elle devint rouge comme la dinde du paysan, et dit en balbutiant : - Tais-toi, tais-toi !... Mi prometti di non dir niente a nessuno di quel che è successo? Voulez-vous me promettre de ne rien dire à personne sur ce qui s'est passé ? - Sì, glielo prometto... - Ebbene, allora non ne parliamo più: e io cercherò di farti perdonare anche dal tuo babbo... - Il babbo arriverà certamente col treno delle tre, non essendovene altri né prima né dopo. - Oui, je te promets... - Bon, alors n'en parlons plus : et j'essaierai de te faire pardonner ton père aussi... - Père arrivera certainement par le train de trois heures, puisque il n'y en aura pas d'autres avant ou après. E io sento una certa tremarella...

Sono qui, chiuso nel salotto da desinare, e sento di là nell'ingresso quella vociaccia stridula della zia Bettina che si sfoga contro di me con la moglie del contadino e ripete: - È un demonio! Je suis là, enfermée dans la salle à manger, et j'entends cette voix stridente de tante Bettina de là-bas dans le vestibule s'éventer contre moi avec la fermière et répète : - C'est un diable ! Finirà male! E tutto questo perché? Per aver fatto il chiasso coi figliuoli del contadino, come fanno tutti i ragazzi di questo mondo, senza che nessuno ci trovi nulla da ridire. D'avoir fait des histoires avec les enfants du fermier, comme font tous les garçons de ce monde, sans que personne ne trouve à se plaindre. Ma siccome io ho la disgrazia d'avere tutti parenti che non voglion capire che i ragazzi hanno diritto di divertirsi anche loro, così mi tocca ora a star qui chiuso e sentirmi dire che finirò male ecc. ecc., mentre invece io volevo che la zia Bettina finisse col pigliarci gusto anche lei al serraglio di bestie feroci, che m'era riuscito così bene. etc., tandis que d'un autre côté je voulais que tante Bettina finisse aussi par se complaire dans la ménagerie de bêtes féroces, ce que j'avais si bien fait. L'idea m'è venuta perché una volta il babbo mi portò a vedere quello di Numa Hava, e da allora ci ho sempre ripensato, perché il sentire nell'ora del pasto tutti quegli urli dei leoni, delle tigri e di tanti altri animali che girano in qua e in là nelle gabbie strofinando e raspando è una cosa che fa grande impressione e non si dimentica tanto facilmente. E poi io ho sempre avuta molta passione per la storia naturale e a casa ho i Mammiferi illustrati del Figuier che li leggo sempre, guardando le figure che mi son divertito tante volte a ricopiare. Ieri, dunque, nel venire qui alla villa avevo visto nella fattoria che confina col podere della zia due operai che tingevano le persiane della casa del fattore di verde e le porte della stalla accanto di rosso; sicché stamani, dopo il fatto della pianta di dìttamo, appena mi è venuto l'idea del serraglio, mi sono subito ricordato dei pentolini di tinta degli operai, che avevo visto ieri alla fattoria, e ho detto fra me che avrebbero potuto far comodo, come difatti mi sono stati molto utili. Prima di tutto mi son messo d'accordo con Angiolino, il figliuolo del contadino della zia, un ragazzo che ha quasi la mia età ma che non ha mai visto nulla nella sua vita, sicché mi sta sempre a sentire a bocca aperta e m'ubbidisce in tutto e per tutto. - Ti voglio far vedere qui sull'aia il serraglio di Numa Hava - gli ho detto. "Je veux te montrer la ménagerie de Numa Hava ici dans la cour," lui dis-je. - Vedrai! - Voglio vedere anch' io! - Moi aussi je veux voir ! - ha esclamato subito la Geppina che è la sua sorella minore. - Anch'io! - Moi aussi! - ha detto Pietrino, un bambino di due anni e mezzo che non sa ancora camminare e che si trascina per terra con le mani e con le ginocchia. - a déclaré Pietrino, un garçon de deux ans et demi qui ne peut toujours pas marcher et qui se traîne par terre avec ses mains et ses genoux. Lì nella casa del contadino non c'erano che questi tre ragazzi perché i loro genitori e i fratelli maggiori eran tutti nel campo a lavorare. Là, dans la maison du fermier, il n'y avait que ces trois garçons parce que leurs parents et leurs frères aînés travaillaient tous aux champs. - Va bene,... - ho detto. - Ma bisognerebbe, poter pigliare i pentolini delle tinte alla fattoria! - Mais on devrait pouvoir prendre les pots de teintures de la ferme ! - Questo è il momento buono, - ha detto Angiolino - perché è l'ora che i verniciatori vanno al paese a far colazione. - C'est le bon moment, - dit Angiolino - car il est temps pour les peintres d'aller en ville pour le petit déjeuner. - E siamo andati tutt'e due alla fattoria. Non c'era nessuno. Da una parte, a piè di una scala, c'erano due pentolini pieni di tinta a olio - in uno la tinta rossa e nell'altro la tinta verde; e c'era anche un bel pennellone grosso come il mio pugno. D'un côté, au pied d'un escalier, il y avait deux petits pots pleins de peinture à l'huile - dans l'un la teinte rouge et dans l'autre la teinte verte ; et il y avait aussi un beau gros pinceau de la taille de mon poing. Angiolino ha preso un pentolo; io ho preso l'altro e il pennello, e via, siamo ritornati sull'aia di casa sua, dove Pietrino e la Geppina ci aspettavano ansiosi. - Cominceremo dal fare il leone, - ho detto. A questo scopo avevo portato con me dalla villa, Bianchino, il vecchio can barbone della zia Bettina, al quale ella è così affezionata. Gli ho attaccato al collare una fune e l'ho legato alla stanga del carro da buoi che era sull'aia, e, dato il piglio al pennellone, ho incominciato a tingerlo tutto di rosso. J'ai attaché une corde à son col et je l'ai attaché à la perche de la charrette à bœufs qui était dans la cour, et, donnant le pinceau au pinceau, j'ai commencé à le teindre en rouge. - Veramente - ho detto a quei ragazzi perché avessero un'idea precisa dell'animale che volevo loro rappresentare - il leone è colore arancione, ma siccome manca il giallo noi lo faremo rosso, che in fondo viene a esser quasi lo stesso. - En fait - j'ai dit à ces gars-là pour qu'ils aient une idée précise de l'animal que je voulais les représenter - le lion est orange, mais comme il manque le jaune, nous allons le rendre rouge, ce qui devient pratiquement le même. - In poco tempo Bianchino, interamente trasformato, non era più riconoscibile e, mentre esso si andava asciugando al sole, ho pensato a preparare un'altra belva. - En peu de temps Bianchino, entièrement transformé, n'était plus reconnaissable et, pendant qu'il séchait au soleil, j'ai pensé à préparer une autre bête. Poco distante da noi c'era una pecorella che pascolava; l'ho legata alla stanga del carro, accanto al cane, e ho detto: - Questa la trasformeremo in una bellissima tigre. - E dopo aver mescolate in una catinella un po' di tinta rossa e un po' di tinta verde le ho dipinto sul dorso tante ciambelline in modo che pareva proprio una tigre del Bengala come quella che avevo visto da Numa Hava, meno che, per quanto lo avessi tinto anche il muso, non aveva quell'espressione feroce che faceva una così bella impressione in quella vera. A questo punto ho sentito un grugnito, e ho domandato ad Angiolino: - Che ci avete anche un maiale? - Sì: ma è un maialino piccolo: è qui nella stalla, guardi, sor Giannino. E ha tirato fuori, infatti, un porcellino grasso grasso, con la pelle color di rosa che era una bellezza. - Che se ne potrebbe fare? - ho domandato a me stesso. E Angiolino ha esclamato : - Perché non ci fa un leofante? Io mi son messo a ridere. - Vorrai dire un elefante! - gli ho risposto. - Ma sai che un elefante è grande come tutta questa casa? - Mais savez-vous qu'un éléphant est aussi gros que toute cette maison ? E poi con che gli si potrebbe far la proboscide? - A questa parola i figliuoli del contadino si sono messi a ridere tutt'e tre e finalmente Angiolino ha domandato: - O che è ella, codesta cosa così buffa che ha detto lei, sor Giannino? - È, come un naso lungo lungo quasi quanto la stanga di questo carro e che serve all'elefante per pigliar la roba per alzare i pesi e per annaffiare i ragazzi quando gli fanno i dispetti. - Che brutta cosa è l'ignoranza! Quei villanacci di ragazzi non mi hanno voluto credere, e si son messi a ridere più che mai. Io intanto riflettevo per trovare il modo di utilizzare il maialino color di rosa che seguitava a grugnire come un disperato. Pendant ce temps, je réfléchissais à trouver un moyen d'utiliser le cochon rose qui continuait à grogner comme un homme désespéré. Alla fine ho risoluto il problema e ho gridato: - Sapete che cosa farò? Io cambierò questo maialino in un coccodrillo! - Sul carro c'era una copertaccia da cavallo. L'ho presa e l'ho fermata da un lato, legandola con una fune intorno alla pancia del maialino; poi, risollevando tutta la parte di coperta che avanzava strisciando di dietro, l'ho legata stretta stretta a uso salame, in modo che rappresentasse la lunga coda del coccodrillo. Fatto questo, ho tinto di verde tanto il maialino che la coperta, in modo che, a lavoro compiuto, l'illusione era perfetta. Dopo aver legata anche questa belva alla stanga del carro da buoi, ho pensato di farne un'altra servendomi dell'asino che ho preso nella stalla e che, essendo di color grigio, si è prestato benissimo a far da zebra. Infatti è bastato che gli dipingessi sul corpo, sul muso e sulle gambe tante strisce, dopo aver mescolato daccapo il rosso col verde, per ottenere una zebra sorprendente, che ho legata con gli altri animali alla solita stanga. En fait, il a suffi que j'aie peint de nombreuses rayures sur son corps, son museau et ses pattes, après avoir mélangé à nouveau du rouge avec du vert, pour obtenir un zèbre surprenant, que j'ai attaché avec les autres animaux au mât habituel. Infine, siccome per rallegrare la scena mancava la scimmia, con lo stesso colore ho tinto la faccia di Pietrino che appunto stava berciando e sgambettando come una bertuccia,e servendomi d'uno straccio strettamente legato gli ho anche fabbricato una splendida coda che ho assicurata alla cintola del marmocchio, sotto la sottanina. Poi, per rendere la cosa anche più naturale, ho pensato che il vedere la scimmia sopra un albero avrebbe fatto un bellissimo effetto e perciò, aiutato da Angiolino, ho messo Pietrino su un ramo dell'albero che è accanto all'aia, assicurandolo con una fune perché non cascasse. Così ho completato il mio serraglio e ho incominciato la spiegazione.