Radar ep.4: Globalizzazione addio?, con Innocenzo Cipolletta - YouTube
È vero che l'inversione in Ucraina sembra smentire il
fatto che la libertà dei commerci riduce i rischi di
guerra però dobbiamo anche riflettere che cosa sarebbe
successo se non ci fosse stata questa globalizzazione oggi
queste guerre che noi abbiamo sono ancora guerre locali e
compresa quella dell'Ucraina alla quale noi diamo supporto
all'Ucraina evidentemente per tutta ragione ma è ancora una
guerra locale non siamo finiti in una guerra di carattere
mondiale e io credo che questo dipenda anche dagli scambi
internazionali che ci sono.
Io sono Giuseppe Laterza e questo è radar un podcast degli
editori Laterza
radar è una serie di conversazioni settimanali sulle
questioni essenziali del nostro tempo. Ogni volta in compagnia
di un esperto per cercare di andare in profondità a
rimettere ordine e orientarsi.
Mentre il mondo o almeno il mondo occidentale 'sta uscendo
faticosamente dalla pandemia e pensavamo noi europei di
riprendere nel ventidue il cammino della crescita il
ventiquattro febbraio la Russia ha invaso l'ucraina eravamo
convinti che non succedesse anche quando c'era un
dispiegamento di forze e forse uno dei motivi per cui lo
ritenevamo e che diciamo ci affidavamo a una parola forse
abusata in questi anni che è globalizzazione cioè il fatto
che da ormai molti anni da decenni i mercati mondiali sono
connessi tra loro in maniera molto forte con interessi
globali, con interessi reciproci e con effetti anche
sull'aspetto militare voglio dire secondo le stime del fondo
monetario internazionale e la spesa militare si è ridotta
addirittura del cinquanta per cento negli ultimi
cinquant'anni alla Russia ha invaso l'Ucraina e le
conseguenze di quello che è successo sono molto importanti
non solo dal punto di vista militare, geopolitico, ma anche
dal punto di vista economico, conseguenze che rischiano di
andare avanti nel tempo, posto che la stessa guerra non è eh
quella guerra lampo che forse Putin pensava e sperava ma una
guerra che produce grandi cambiamenti, nelle alleanze
militari, nelleanze politiche, c'è una questione che
l'ampliamento della NATO ma anche conseguenze economiche
molto rilevanti. E torna il tema della globalizzazione.
Rimarrà ci sarà una minore globalizzazione o addirittura
finirà o ci sarà una globalizzazione selettiva per
aree con conseguenze molto rilevanti in tutti i casi sulla
nostra vita quotidiana. Ecco. Per ragionare su questo abbiamo
invitato una persona che da molti anni riflette su questo
tema è è stato anche come dire uno dei protagoni è uno dei
protagonisti del mondo economico italiano e anche
nella gestione che è Innocenzo Cipolletta economista, manager
per molti anni direttore di Confindustria e poi al vertice
di aziende importanti come le Ferrovie dello Stato, marzo,
marzo, marzo, marzo, marzotto eh e che oggi ha una serie di
incarichi importanti di vario tipo tra cui mi piace ricordare
quello di dell'associazione Economia della cultura perché
Cipolletta si è sempre occupato molto del rapporto tra queste
due sfere cipolletta è autore anche di vari libri tra cui per
Laterza la responsabilità dei ricchi, dal protezionismo alla
solidarietà e nel duemila e quattordici un libro
provocatorio nel nel titolo già in una serie che si chiamava
così falso punto esclamativo. Il suo si chiamava paghiamo
troppe tasse falso. Poi proprio un anno fa è uscito un libro
quasi profetico eh di Cipolletta che si chiamava la
nuova normalità. Istruzioni per un futuro migliore. Un libro
che a rileggerlo oggi fa molto impressione perché ci descrive
un futuro che passa attraverso una concartenazione di crisi.
Ci torneremo alla fine. Ma la prima domanda che vorrei fare è
no senso Cipolletta è di dirci molto in breve. Quando parliamo
di globalizzazione cosa intendiamo? Ci dai un po' il
contesto di questa parola innanzitutto buongiorno
innocenzo buongiorno buongiorno a voi. Buongiorno a tutti. Ehm
globalizzazione è una parola che ricorre nella storia
economica, nella politica nei nostri paesi perché fa rima con
internazionalizzazione, multilateralismo. Cioè
significa che i paesi cominciano ad aprirsi agli
scambi con gli altri paesi sia di persone sia di merci sia
anche di capitali e si inizia a ragionare in termini di
rapporti multilaterali. Cioè non più rapporti fra due paesi
che si mettono d'accordo su che cosa scambiarsi organizzarsi ma
un sistema dove se io apro a un paese sono tenuto ad aprire a
tutti quanti gli altri paesi alla stessa maniera. Questa è
stata diciamo la grande innovazione soprattutto nel
dopoguerra ma direi soprattutto dagli anni settanta in poi che
ha eh favorito una crescita dei commerci e degli scambi ma
anche delle relazioni interpersonali della
conoscenza, della cultura e che noi abbiamo chiamato
globalizzazione soprattutto quando è caduto il di Berlino e
l'Unione Sovietica si è praticamente sfaldata in
diversi paesi che hanno aderito poi al all'Europa e alle
condizioni dei mercati liberi e poi soprattutto quando la Cina
dopo l'esperienza di Maozio con la scelta di aprirsi ai mercati
è entrata il sia nel eh aderendo quindi alle regole del
commercio. Questa è stata la che è andata avanti per qualche
decennio incontrando poi delle difficoltà di cui oggi ne
abbiamo un po' eh le conseguenze. Ecco questa
globalizzazione che tu hai descritto mhm mhm in maniera
molto efficace. Era stata già messa alla prova in un certo
senso dalla pandemia. Cioè quando eh subiamo le
conseguenze di un virus che si diffonde in tutto il mondo per
certi versi dovremmo imparare uno dall'altro e dovremmo
gestirlo insieme abbiamo fatto in parte per certi versi però
questo shock così forte viene gestito da ogni paese in
maniera diversa. C'è come dire già in quel momento secondo te
una prima questione che investe il processo di globalizzazione?
Quando tu scrivi appunto la nuova normalità di cui forse è
bene che ci ricordi il perché del titolo. Eh che cosa che
cos'è questa crisi continua che descrivi nel libro? Beh dunque
la eh globalizzazione in realtà diceva i suoi primi colpi a mio
avviso proprio all'inizio del millennio che stiamo vivendo
con eh l'attentato alle due torri gemelle e agli Stati
Uniti d'America. Quella che è stato un evento di terrorismo
ha cominciato a obbligare i paesi a fare maggiori controlli
che ho ancora tutt'oggi sussistono quando si prende un
aereo si passa attraverso un metal detector bisogna mostrare
il la propria identità ci deve essere corrispondenza tra il
nome del passeggero eh che 'sta sul biglietto e il suo
passaporto. Eh tutte cose che prima non esistevano prima si
si andava tranquillamente si si aliva e si poteva addirittura
scambiare un biglietto con una persona e con un'altra nessuno
controllava i bagagli e quant'altro e questo ha
cominciato a mettere già alcuni paletti perché eh alcuni stati
sono considerati stati che ospitavano il terrorismo e
quindi erano messi qualche maniera a a guardare. Ma il
colpo forte alla globalizzazione non viene dalla
pandemia. Viene dalla crisi finanziaria del duemila e otto.
Con la crisi finanziaria del duemila e otto che fu una crisi
molto forte tant'è che addirittura la caduta del
prodotto interno lordo del duemila e otto duemila e nove
ha superato quella che era stata la grande crisi del
ventinove. E quindi è stata una recessione che ha interessato
tutto il mondo a partire da quel momento molti Stati hanno
cominciato a dire bisogna fare degli interventi per difendere
l'occupazione e difendere l'occupazione significa
proteggere le proprie imprese e cominciare a dargli sussidi da
un lato nazionalizzarle per evitare che vengano perse e
cominciare a chiudersi rispetto a quelli che sono gli altri
paesi e questo è avvenuto nei paesi più liberi del mondo gli
Stati Uniti d'America e il Regno Unito sono quelli che
hanno in qualche maniera infranto le regole del mercato
e sono entrati Salvini d'America nell'industria
automobilistica ce lo ricordiamo il Regno Unito nel
sistema bancario e anche gli Stati Uniti d'America del
sistema bancario evidentemente. E così abbiamo fatto un po'
tutti quanti noi. Quello è stato il germe della frattura
della globalizzazione. Poi è avvenuto l'era di Trump nel
duemila e quando è stato eletto e Trump ce lo ricordiamo tutti
quanti penso a mh di fatto eh contraddetto eh tutti gli
accordi di liberalizzazione che erano stati condotti fino a
quel momento eh sostenendo che gli Stati Uniti d'America erano
diciamo vittime eh di questi accordi e quindi eh ha
cominciato a mettere e minacciare dazi eh e chiusura
alle importazioni del Canada, del Messico, eh dell'Europa
della Cina, del Vietnam, dell'India, di tutti quanti i
paesi con i quali voleva ristabilire un rapporto di
carattere bilaterale. Questo è il colpo più forte. La condanna
del multilateralismo che secondo Trump aveva danneggiato
gli Stati Uniti d'America e il ritorno al bilateralismo. Un
bilateralismo dove ovviamente il paese è più forte gli Stati
Uniti d'America erano capaci di imporre le proprie condizioni è
stato un trauma per i processi di globalizzazione e tutti
quanti noi speravamo che una volta superato Trump le cose
non dico tornassero come prima ma insomma eh migliorassero e
invece lì è intervenuta come hai ricordato la pandemia la
pandemia eh ha di nuovo fatto crollare l'economia ha di nuovo
imposto agli stati di intervenire per proteggere le
proprie aziende e per salvaguardare l'occupazione ha
rotto una quantità di filiere che si erano eh stabilite
quando ci si è resi conto che e salvaguardare gli interessi
nazionali i paesi riservavano al proprio interno quelli che
erano alcuni prodotti di eh forte utilizzo durante la
pandemia dalle banali mascherine che non si trovavano
più ai respiratori fino alla ricerca per i vaccini che
cominciavano a essere diciamo trattati nazionalmente
piuttosto che internazionalmente. Questa
pandemia l'abbiamo superata anche grazie a un certo sforzo
di collaborazione internazionale ma è stato uno
sforzo di collaborazione internazionale molto regionale.
L'Europa si è fatta le sue difese. I Paesi si sono
organizzati per comprare i vaccini tutti quanti assieme,
gli Stati Uniti d'America hanno fatto la loro scelta e l'Asia
ha fatto le loro scelte. Ci siamo verso un processo di
regionalizzazione della internazionalizzazione. Non
tanto un'apertura multilaterale a tutti quanti i paesi ma
ognuno nel proprio contesto dove si sentiva più difeso. Poi
è intervenuta la guerra in Ucraina di cui purtroppo non si
abbiamo ancora eh le conseguenze e questo fenomeno
della eh diciamo del colpo alla globalizzazione si è così eh in
qualche maniera diventato ancora più mi chiedevi prima
appunto che cos'è la nuova normalità ecco quello che ho
raccontato questa è la nuova normalità. Se teniamo conto che
nei primi ventidue anni di questa secolo noi abbiamo avuto
almeno in questo punto quattro se non cinque e venti di
carattere straordinario eventi che si sono prodotti in qualche
parte del mondo ma che sia anestesico l'estrema rapidità
in tutto quanto il mondo questo è quello che succede quando i
paesi sono aperti. Se i paesi sono aperti quello che succede
in un angolo sperduto del mondo a tendenza a ripercuotersi su
tutti quanti. E questo è la nuova normalità in qualche
maniera cioè un rischio una possibilità di crisi e di
eventi e che eh possono prodursi e tutti di natura
diversa l'uno dall'altro. Ricordo che abbiamo cominciato
col terrorismo poi con la crisi finanziaria eh quindi con
l'avvento di una diciamo eh poco democratico come è stato
Trump. Poi la pandemia poi abbiamo avuto adesso la guerra
in Ucraina e eh domani chissà che cosa potrebbe avere. A
fronte di questa situazione i paesi cercano di essere
resilienti. Questa è la nuova parola, il nuovo dogma cioè non
c'è la possibilità di prevedere questi eventi però sappiamo che
se siamo forti, se rafforziamo le nostre strutture possiamo
resistere agli eventi, li possiamo in qualche maniera
banalizzare. Questo è un po' la ricerca e questo è anche quello
che l'Europa 'sta cerca di fare con il piano della next
generation EUR che è un piano per rafforzare le strutture e i
paesi europei affinché siano più forti e resistano alle
prossime crisi senza che noi sappiamo quali possano essere.
Sì dunque tu hai messo tanta carne al fuoco e l'ultima parte
del tuo discorso accenna una questione che ti vorrei porre
alla fine. E cioè se poi non sia necessario in qualche modo
per salvare il buono della globalizzazione governarla di
più in forme complesse. Però una delle questioni che hai
sfiorato è importante. Vorrei che tu ci dicessi qualcosa in
più perché tra l'altro al centro della eh edizione del
Festival Economia che si chiama Festival Internazionale di
Economia che si tiene a Torino diretta da Tito Boeri di cui tu
insieme alla casa editrice sei stato uno dei promotori fin dal
duemila e sei che è la questione delle diseguaglianze.
La lo è scritto anche nel libro sulla normalità eh ha generato
insieme eh riduzioni, diseguaglianze per esempio tra
i paesi cosiddetti in via di sviluppo ai paesi più ricchi ma
anche all'interno dei paesi maggiori diseguaglianze e
questo è legato a quei fenomeni di scontento della
globalizzazione come Trump, come altri partiti sovranisti
di cui fai cenno, ecco c'è secondo te questa relazione,
come si si è sviluppata negli anni? Sì, purtroppo c'è.
Diciamo che ogni medaglia ha il suo rovescio. Quindi se la
globalizzazione ha avuto degli effetti positivi ha avuto anche
dei risvolti di carattere negativo. Usando un'espressione
di danni eh la c'è stato un processo di integrazione
internazionale un processo di disintegrazione nazionale ehm e
questo è derivato sia dalla globalizzazione che da un
fattore che ha permesso la globalizzazione che è
tecnologico. Perché non ci dobbiamo dimenticare che
accanto agli eventi politici che hanno portato alla
internazionalizzazione dell'economia un fattore di
grande eh rilevanza e spessore è stato il progresso tecnico.
Senza il progresso tecnico è esploso negli anni settanta
dopo la prima crisi dal petrolio cioè l'era del
digitale noi non avremmo potuto avere questi processi di eh
globalizzazione. Eh il digitale ci ha consentito come è stato
detto a lungo di eh superare i problemi di spazio e di tempo e
quindi di mettere in connessione paesi lontanissimi
allo stesso momento e questo ha consentito di creare delle
filiere eh produttive, degli scambi e ancora oggi uno
scienziato degli Stati Uniti d'America può dialogare
tranquillamente con un cinese, con un russo e con un francese
se lo vuole fare senza nessun problema mentre prima era
effettivamente è decisamente più difficile. Quindi questi
progresso e questa internazionalizzazione hanno
portato a una riduzione delle differenze tra i paesi
addirittura è stata sconfitta la povertà nel senso che la
stessa Nazioni Unite hanno riconosciuto che per la prima
volta nei primi anni venti di questo secolo gli obiettivi di
riduzione della povertà che non erano mai stati raggiunti nel
passato sono stati raggiunti e i poveri nel mondo valore
assoluto sono diminuiti. Ma è aumentata di molto quella che
noi chiamiamo la povertà relativa cioè le differenze tra
i paesi. Perché? Da un lato c'è stata con la globalizzazione un
grosso spostamento delle capacità produttive verso i
paesi più poveri che quindi sono cresciuti. Però questo ha
significato per i paesi industrializzati eh di perdere
alcune attività. Ora complessivamente i paesi
industrializzati non hanno perso perché in realtà la loro
crescita è rimasta relativamente forte però non
sono le stesse persone, le stesse aziende, le stesse
località quelle che hanno riguadagnato posizione, si sono
perse attività e quindi persone hanno perso il lavoro, aziende
sono scomparse, villaggi e paesi sono diventati più poveri
nel contempo altre persone sono diventate più ricche, altre
aziende sono nate altre località sono diventate più
ricche e questo ha generato un processo di mhm diseguaglianza
crescente e anche di rancore perché è evidente che chi si
arricchisce 'sta tranquillo ma chi si impoverisce s'arrabbia.
E questo è avvenuto per i processi di delocalizzazione
della globalizzazione ma anche è avvenuto per i il progresso
tecnico perché il progresso tecnico spiazza alcune attività
eh mette a bando coloro che non riescono a stare all'altezza e
a seguire il progresso tecnico che diventano più poveri mentre
diventano molto ma molto ricchi tutti coloro che riescono ad
approfittare di questo progresso tecnico questo nei
paesi industriali ma qualcosa di analogo è successo nei paesi
eh emergenti perché da loro lo sviluppo che è stato molto
forte e che ha veramente fatto uscire dalla povertà intere
popolazioni è anche vero che si è concentrato in alcune
regioni, in alcune città, su alcune fasce della popolazione
mentre altre sono rimaste molto indietro e questo sicuramente
ha generato un effetto di contro questi processi che
disintegravano in terre pesi. Tenendo anche presente il fatto
che eh i governi dei singoli paesi eh con la globalizzazione
hanno perso la capacità di intervento che avevano prima.
Quando prima avevamo ciascuno la propria moneta e ciascuno il
controllo dei propri confini evidentemente eh potevamo fare
le nostre politiche eravamo tutti più poveri però potevamo
ci sentivamo autonomi perché potevamo la nostra moneta se
desideravamo farla potevamo rivalutarla potevamo chiudere i
nostri confini con Dassi potevamo aprirli. Adesso la
politica di un governo invece dipende da quelle che sono
alcune condizioni del mercato internazionale. E quindi
finisce per essere meno autonoma e siccome la gente
vota per i governi per avere certi risultati i governi non
sono restati in grado di rispondere. E anche questo ha
portato a quel fenomeno del di cui non solo l'Italia ma tutto
quanto il mondo in questo momento eccetera. Quindi questi
sono i risultati i risvolti negativi della globalizzazione
ma anche i motivi per cui adesso ci troviamo in una fase
di deglobalizzazione sì quello che tu hai messo in rilievo
nell'ultima parte della tua risposta oltre a diseguaglianze
la connessione è molto forte tra economia e politica.
Ricordo noi abbiamo pubblicato qualche tempo fa un saggio
molto forte con una tesi molto forte di Steven Lewinsky e
Daniel sono due docenti di ad un economista e uno storico che
ha come titolo, come muoiono le democrazie, i la tesi del
saggio, centrato su Trump, ma non solo e che c'è un rischio
molto forte che dentro al processo di globalizzazione o
di economia di mercato, se vogliamo si eh inneschi una
spirale autoritaria in cui le élite non sono consapevoli del
fatto che stanno varcando una soglia, oggi eh molte delle
grandi nazioni che sono competitor, su nello scenario
della globalizzazione, sono retti da regimi autoritari e
qui c'è un secondo libro su cui ti volevo sollecitare un libro
scritto da Branco Milanovic. Branco Milano c'è un economista
che ha teorizzato per primo le diseguaglianze. Ha scritto un
libro con la famosa curva dell'elefante in cui si vedeva
che appunto una parte di popolazione dell'India, della
Cina viene tolta, sottratta la povertà come dicevi tu, diventa
ceto medio mentre un'altra parte invece in occidente dice
Tomedio si impoverisce. L'ultimo libro di Milanovic che
noi abbiamo pubblicato si chiama capitalismo contro
capitalismo. E il sottotitolo è la sfida che decide il nostro
futuro. Cosa dice Milanovic in una battuta? Che oggi ehm negli
ultimi decenni si sono confrontati due capitalismi. Un
capitalismo liberale diciamo in Occidente. È un capitalismo
politico in oriente. Il capitalismo se vogliamo della
Cina ma si potrebbe anche dire per certi versi della Turchia
di Orban perfino e comunque forse anche di di Putin. E
quindi torniamo al tema della globalizzazione. Diciamo così.
Eh è se gli attori di questa globalizzazione i paesi, i
soggetti che la portano avanti hanno un regime politico
liberale o invece hanno un regime autoritario e
l'invasione della Russia non ci ha messo di fronte in maniera
traumatica al fatto che non è affatto indifferente con chi
scambiamo anche dal punto di vista politico? Sì ovviamente
sarebbe preferibile almeno da parte nostra che la
globalizzazione eh portasse anche democrazia in tutti
quanti i paesi e abbiamo visto che quello che Milanovic chiama
un capitalismo autoritario in realtà ehm non solo non ha
democrazia ma diventa anche un pericolo per quanto riguarda il
mondo ma anche per la globalizzazione ecco perché
autoritarismo significa non rispetto delle regole non
rispetto delle regole perché si è autoritari quando si ha una
capacità di essere al di sopra delle leggi e questo cozza in
maniera molto forte con quello che è il eh la globalizzazione
perché la globalizzazione per essere una vera globalizzazione
deve essere un rapporto in cui le regole prevalgono su quelle
che sono le autorità eh che sono preposti in qualche
maniera a farle eh applicare. E quindi da questo punto di vista
è vero che una globalizzazione non può che avvenire fra paesi
democratici se vogliamo che sia globalizzazione. Però dobbiamo
anche renderci conto che non siamo nel mondo dei desideri
siamo nel mondo della realtà. E il mondo della realtà è fatto
di eh paesi che ancora non hanno raggiunto livelli di
democrazia simili ai nostri. Allora e qui è quello che 'sta
avvenendo in questo momento. Cosa fare di fronte a una
situazione di questo genere? Negli anni passati noi abbiamo
detto beh apriamoci con loro cerchiamo di stabilire dei
rapporti eh corretti e speriamo eh che la nostra e l'apertura
dei commerci possa portare questi paesi verso una maggiore
democrazia. Oggi si 'sta andando verso una direzione
opposta. Con alcuni paesi non è possibile avere dei rapporti
corretti facciamo quella che si chiama la globalizzazione solo
fra paesi amici. La Yellen ha parlato di friend shoring che è
il ministro delle tesoro americano per intendere dire
che bisogna riportare le filiere di verso quei paesi dei
quali ci si può fidare e quindi da questo punto di vista una
globalizzazione che sia più regionale più eh centrata su
quelli che sono paesi che hanno alleanza. Non saprei dire se
sono paesi democratici diciamo paesi con i quali ci si può
fidare perché magari si è fatto un accordo eh forte o perché
sono dominati da una parte o dall'altra del mondo. Questa è
la tendenza di una rigloba selettiva a blocchi eh è meglio
della precedente. Francamente non lo so a cuore direi di no.
Direi di no perché eh la speranza che eh la
globalizzazione multilaterale potesse favorire anche processi
di democrazia secondo me non è fallita. Anche se ci troviamo
la Russia di Putin e ci troviamo la eh Cina eh
autoritaria. Non è fallita perché se pensiamo che cos'era
la Russia prima di Putin? Cioè la Russia sovietica e se
pensiamo a cos'era la Cina di Maozzetonga beh allora possiamo
dire che la democrazia in questi paesi comunque è
avanzata oggi c'è un'opposizione in Russia che
comincia a manifestarsi e c'è una buona opposizione anche in
Cina malgrado una forte difficoltà che ha a
manifestarsi in questo paese e abbiamo intellettuali, cinesi e
russi sono usciti in maniera molto forte che stanno fuori da
questi paesi e che faranno opinione nei loro paesi. Quindi
secondo me non è vero che la globalizzazione ha fallito nel
favorire processi di democrazia. Ci vuole tempo eh
ci vuole pazienza e ci vuole perseveranza in questo tipo di
ora. Se ci chiudiamo in regioni omogenee il rischio forte è che
un 'giorno cominciamo di nuovo a farci la guerra per
sovrastare l'una con l'altra. È vero che l'invasione
dell'Ucraina sembra smentire il fatto che la libertà dei
commerci riduce i rischi di guerra però dobbiamo anche
riflettere che cosa sarebbe successo se non ci fosse stata
questa globalizzazione. Oggi queste guerre che noi abbiamo
sono ancora guerre locali. E compresa quella dell'Ucraina
alla quale noi diamo supporto all'Ucraina evidentemente per
tutta ragione ma è ancora una guerra non siamo finiti in una
guerra di carattere mondiale e io credo che questo dipenda
anche dagli scambi internazionali che ci sono.
Basti pensare che noi cerchiamo di combattere oggi l'invasione
della Russia in Ucraina attraverso processi di
deglobalizzazione cioè utilizzando la finanza e gli
scambi e isolando la Russia da questi eh fenomeni pensando e
sperando e sono convinto che sicuramente avranno effetto che
questi affideranno per indurre la Russia a più mitico
consigli. Ecco, se non avessimo avuto questi scambi, non
avremmo avuto neanche quest'arma per cercare di
fermare Putin. Prendo la palla al balzo ma sono efficaci
queste sanzioni, perché come tu sai, c'è una grande discussione
su questo, c'è chi dice che in realtà le sanzioni alla fine
colpiscono il popolo russo ma i consensi di Putin sembrano
addirittura aumentare cioè, da una parte forse, dovresti
descriverci anche l'effetto giunturale. Noi ci avviamo
forse a una fase recessiva addirittura di stack frazione
dice qualcuno stagnazione e aumento dei prezzi che colpirà
soprattutto secondo quello che ci dice anche la banca mondiale
i paesi più poveri in cui aumenteranno la crisi del
debito e che non riusciranno a pagarsi i propri debiti ma che
colpirà tutti. Quindi da una parte ci avviamo verso la
recessione dall'altra effettivamente queste sanzioni
poi funzionano cioè funzionano nel senso di colpire vero
bersaglio che è il regime di Putin? Ma io credo che le
sanzioni funzionano se sono eh sanzioni temporanee e sono e se
sono minacciate come sanzioni temporanee? Cioè se appunto gli
si fa capire che qualora lui cambiasse politica noi torniamo
a eliminare queste sanzioni evidentemente secondo me queste
possono avere un effetto perché c'è uno scambio quello che mi
preoccupa in questo momento è che molti cominciano a pensare
che queste sanzioni non siano sanzioni ma devono essere la
domani. E quindi che bisogna tagliare per sempre i legami
con questo paese. E se questo è vero allora non c'è più nessun
vantaggio da parte della Russia di eh cambiare politica perché
comunque rimarrebbe sotto queste sanzioni. E io credo che
se queste sanzioni sono ottenute per qualche mese e si
conferma che qualora si torni in una situazione di normalità
vengono eliminate queste possono avere un loro effetto
certo se si radicalizzano poi alla fine non hanno più nessun
effetto come tutte le cose come tutte le armi a lungo andare
non hanno più il loro effetto. Ecco, riprendiamo il tema che
hai riposto anche tu all'inizio cioè della possibilità di in
qualche modo fare di necessità virtù potremmo dire cioè di
prendere la criticità, l'imprevedibilità e costruire
dei meccanismi tu dicevi di protezione. Ovviamente questi
meccanismi sono interni a ciascun paese quindi banalmente
è stato detto durante il covid che bisogna creare più posti
letto negli ospedali per essere pronti ad accogliere le persone
diciamo affette dal virus ma sono anche europei. Tu hai
citato il sto sempre all'esempio del covid.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità che dovrebbe attrezzarsi
per coordinare le politiche di contrasto. Ecco su questa falsa
riga non pensi che dovremmo veramente fare un esercizio di
immaginazione anche per quanto riguarda ad esempio l'ONU cioè
che senso ha il riarmo da una parte all'altra quando la
principale agenzia internazionale è impotente. Non
ci dovrebbe essere in realtà l'unico potere di sanzionamento
lì. Certo ci sono dei vincoli, c'è una struttura col potere di
veto della Russia fatta dalla seconda guerra mondiale, però
tu all'inizio della nuova normalità hai messo una frase
bellissima di Max che dice se non si tentasse sempre
l'impossibile non si conseguirebbe mai il possibile.
Allora, governare la globalizzazione così forse è
impossibile. Però tentare per costruire almeno sistemi come
si dice di governance più efficaci forse o in questa
situazione o sbaglio? Assolutamente sì. Eh io credo
che sono questi i momenti in cui bisogna pensare a delle
cose anche se sembrano impossibili da realizzare eh in
questo momento. Ma bisogna sicuramente darsi una direzione
che è di quella di carattere internazionale. Eh l'Europa non
basta. Ehm davanti a noi abbiamo rischi di pandemie
anche future. Abbiamo un sicuro rischio climatico. Dobbiamo
abbassare la temperatura del pianeta. Dobbiamo convertire i
sistemi energetici. Dobbiamo badare alla riforestazione del
pianeta. È possibile fare questo qui a livello nazionale
o regionale sicuramente no non è assolutamente possibile. E
quindi dobbiamo in qualche maniera riprendere la strada di
dare una vitalità agli organismi internazionali magari
alcune parti del loro statuto. Però noi dobbiamo creare una
sorta di governo mondiale che dipende da questi organismi.
L'ONU è sicuramente l'organismo più importante anche se molto
denigrato anche con i sistemi di vento comunque resta un
ambito importante nel quale eh si possa cercare di discutere.
Ricordiamoci che quando la società delle nazioni venne
abolita dopo la prima guerra mondiale praticamente poi siamo
finiti della seconda guerra mondiale. Quindi teniamoci
l'ONU anche con tutti quanti i suoi difetti. Dobbiamo fare
degli organismi internazionali che sono organismo nella sanità
eh l'UNESCO eh la FAO ehm tutte eh le la banca mondiale, il
fondo monetario. Ognuno di questi qua deve darsi delle
regole per riuscire in qualche maniera a raggiungere quelli
che sono obiettivi di carattere generale e ricostituire la
capacità di discussione all'interno di queste di questi
organismi. In questa maniera si può recuperare eh il rapporto
fra i diversi paesi aspettando che si liberalizzi e si torni a
sistemi un po' più democratici di quelli che abbiamo avuto
adesso dobbiamo ehm guidare il mondo con con le persone che ci
sono non è che possiamo immaginare soltanto di
chiuderci in quelli che sono paesi paesi nostri. Io credo
che questo qui sia possibile sia necessario e mi auguro che
venga fatto. Ecco vorrei farti un'ultima domanda nel festi
nazionale di economia che si 'sta per aprire a Torino
abbiamo invitato insieme a Tito Boeri insieme al comitato
editoriale che tu presiedi eh alcuni dei maggiori economisti
del mondo a ragionare su questi temi anche di cui abbiamo
appena parlato il titolo del Festival merito diversità e
giustizia sociale li abbiamo collocati su uno scenario
internazionale e il festival come i i migliori festival sono
luoghi dove ci si scambiano idee dove si condivide le idee
si condivide il risultato delle ricerche degli economisti, ma
non solo, con un pubblico ampio. Ecco, tu hai avuto la
fortuna di essere insieme un economista, un'analista, uno
che ha fatto ricerca e anche però un uomo della pratica,
come si dice, del nuovo pragmatico che si è trovato a
dover gestire ehm, come dire, situazioni diverse, imprese,
anche grandi imprese, di vario tipo. Che influenza nella tua
esperienza hanno le ide su chi poi si trova a prendere le
decisioni. Sono due campi separati, sono due campi con
contatti ricordi la famosa frase di che diceva le gli
uomini al potere son dei pazzi che odono echi diciamo delle
voci, degli economisti defunti i quali neanche sanno che
esistevano ma sono condizionati da stereotipi elaborati magari
qualche anno prima, ecco. Nella situazione in cui siamo e che
tu hai appena descritto, molto efficacemente di idee nuove
abbiamo uno straordinario bisogno perché dobbiamo
costruire istituzioni nuove. Tu che affidamento fai sulla
possibilità che le idee degli economisti ma non solo poi si
traducano in opere cioè che siano in qualche modo assunte
dai politici ma anche dagli imprenditori, dagli uomini che
agiscono nelle istituzioni. E io credo che ci sia un rapporto
biunivoco fra fatti e idee. Eh sicuramente molti fatti
dipendono dalle idee che abbiamo e soprattutto quelle
del passato che aveva ragione perché un'idea si diffonda eh
presuppone tempo e quindi c'è una distanza di tempo anche a
volte lungo fra il momento in cui l'idea viene posta
elaborata e il momento in cui si è diffusa e quindi viviamo
tutti quanti un po' con le idee del passato ed è importante
quindi oggi costruirne delle nuove perché avranno influenza
nel futuro se riusciamo in qualche maniera a darne delle
basi razionali e a farle diffondere eh queste idee e da
questo punto di vista luoghi come il Festival dell'Economia,
libri che vengono scritti, conferenze che vengono fatte,
film che vengono proiettati, romanzi, che vengono letti,
sono tutti elementi forti per la costruzione di questa
convinzione senza però dimenticare che anche i fatti
producono delle idee, nel senso che eh se a un certo punto a
via lui una pandemia avviene una guerra, avere una crisi
questa influence alcuni pensatori i quali cominciano a
diffondere delle idee in funzione di questa crisi. E
quindi dobbiamo giocare su questo rimpallo che esiste fra
idee e fatti e oggi cercare in qualche maniera di superare i
fatti perché i fatti che ci stanno davanti sono fatti che
portano a idee di guerra, a idee di difesa, ha idea di
chiudersi uno rispetto agli altri. Ecco, questi fatti in
qualche maniera stanno delle idee. Dobbiamo adesso produrre
delle idee che siano capaci di superare anche questi fatti. E
quindi per concludere ti chiedo di dirmi se riscriveresti oggi
la frase che hai scritto nell'introduzione al tuo libro
sulla nuova normalità quando scrivevi che cito testualmente
schiacciati sui problemi del presente spesso tendiamo a
proiettare la situazione che viviamo anche sul futuro che ci
appare per forza di cose cupo e spaventoso. Non riusciamo a
immaginare un futuro diverso da quello che viviamo eppure non è
così riscriveresti? Assolutamente sì perché penso
che dobbiamo superare questa miopia eh che è una miopia
naturale eh non la 'sto condannando non è ma è normale
che ciascuno cerchi di eh immaginare un futuro e lo
immagina uguale al presente mentre dobbiamo attraverso non
solo la fantasia ma la conoscenza della storia capire
che le cose possono essere cambiate e quindi essere attori
del cambiamento è piuttosto che vittime di un passato. Bene ti
ringrazio moltissimo è stato veramente come sempre molto
chiaro e molto illuminante nel senso che ci hai dato molti
spunti per reagire anche alle difficoltà tutti quelli che
conoscono un po' Innocenzo Cipolletta sanno che da una
parte Cipolletta è un'analista che non risparmia nessuna
difficoltà ma dall'altra è anche un'inguaribile ottimista
diciamo l'ottimismo della volontà cioè di chi sa che poi
le cose si possono cambiare appunto anche in base alle
buone idee. Ti ringrazio molto e alla prossimo nostro
incontro. Grazie grazie a voi.
Avete ascoltato radar un podcast degli editori Laterza
post produzione e musica a cura di Matteo Portelli