XVII puntata
Da Mosca La Voce della Russia!
"1812.
La Bufera napoleonica". XVII puntata del ciclo a cura di Dmitrij Mincenok. La guerra fra la Russia e la Francia cresceva di intensità.
Sulle prime Napoleone aveva nutrito l'illusione che pure la campagna di Russia, al pari delle tante guerre europee da lui vinte, si sarebbe ridotta ad un "conflitto diplomatico" illuminato dal baluginare delle armi. Invece le cose andavano diversamente. Nelle prime settimane un arcano solleticava l'interesse di Napoleone.
Perché l'imperatore Alessandro, a suo avviso terrorizzato e finanche votato alla sconfitta, non invocava la pace? Questo quesito divide ancor oggi gli storici. In pratica le posizioni erano due.
Alessandro non aveva programmato un bel nulla o al contrario aveva teso una trappola in cui ingenuamente Napoleone era caduto. A sostegno di questa tesi c'è da dire che Alessandro più di una volta chiese al suo ministro di polizia come si fosse comportato Napoleone durante l'incontro di Vilnus. Inoltre Alessandro considerava simbolici alcuni episodi.
Per esempio che Napoleone era stato fra i primi a portarsi sulla sponda russa del Neman. Ascoltava con piacere il racconto che Napoleone si era fermato a lungo sul pontone di barche per incitare i soldati che gridavano " Viva l'imperatore" e che poi in preda ad una strana ebbrezza aveva dato di sprone per allontanarsi al galoppo e che solo dopo un certo tempo era tornato ai pontoni e unitosi ad uno squadrone della Guardia, aveva puntato su Kaunas.
Il termine di ebbrezza, usato dal ministro Balasciov, aveva colpito Alessandro.
"Lo inebria l'aria della pugna? Sarà mai possibile sconfiggere in combattimento un uomo simile?" Balasciov non aveva saputo rispondere e Alessandro aveva avuto un sorriso misterioso come se lui conoscesse la risposta. Napoleone aveva sperato che la battaglia generale potesse aver luogo già a Vilnus o quantomeno presso il forte di Daugavpils, ai confini di Vitebsk.
Ma era rimasto deluso perché Barklai de Tolle, aveva abbandonato il forte, incurante - secondo Napoleone, dell'onore e della sua dignità di soldato. A tappe forzate le truppe russe si ritiravano nelle profondità del paese.
"Ma chi comanda in Russia?
- chiedeva Napoleone al suo consigliere De Caulaincourt. Una domanda che non era soltanto retorica, perché dalla personalità del comandante in capo dipendeva la tattica di guerra.
Ma nessuno riusciva a rispondergli. In effetti non esisteva un unico centro di comando. Nei circoli vicini all'imperatore francese si diceva che il generale prussiano Karl Fuhl, al servizio dello zar russo, con il suo piano di difesa proponeva una cosa e un altro generale, lo svedese Gustav Armfelt, vi si opponeva, mentre un terzo generale, il tedesco Benningsen, ci pensava sopra e dal canto suo Alessandro respingeva ogni cosa.
Di conseguenza, un altro tedesco, il comandante in capo Barklai de Tolle, non sapendo a chi dare ascolto, preferiva non fare niente.
Persa la speranza di poter dare battaglia a Vilnus o in alternativa sulla linea fortificata di Verknedvinsk, ai confini di Vitebsk, Napoleone era perplesso.
A questo si aggiungeva l'apatica reazione della popolazione lituana all'indipendenza acquisita sotto l'egida della Polonia. In privato aveva proposto a Murat, novello re di Napoli, il titolo di Sovrano di Varsavia, ma costui aveva rifiutato perché quel trono gli sembrava troppo vacillante.
L'irritazione di Napoleone si era fatta ancora piu forte e rimbrottato il maresciallo si era rivolto al fratello Jerome il quale si era detto disposto ad accettare una nuova corona.
Ma qui Napoleone gli aveva chiesto di impressionare i polacchi con qualche gesto eroico nella campagna di Russia.
A questo punto Jerome si era tirato indietro.
A lui piacevano soltanto le donne, il lusso e il dolce far niente. E così Napoleone aveva dovuto rinunciare al piano di ricostituire il passato regno di Polonia annettendovi la Lituania.
(Allora con questo nome si intendeva Lituania e Bielorussia) e secondo alcuni questo sarebbe stato un segnale lanciato ad Alessandro in vista di una pace futura. Ma per quale motivo?
Forse non si sentiva abbastanza forte per strappare alla Russia quanto conquistato dalla Grande Caterina oppure non era molto convinto dell'esito di quella che i francesi chiamavano la spedizione polacca? Tutte queste incertezze indebolivano le posizioni della nobiltà polacca favorevole ad una stretta alleanza con la Francia.
Napoleone se ne rendeva conto e si irritava ancor di più pensando che i paesi sottomessi avrebbero potuto vedere in tutto questo un segno di debolezza.
Si convinceva sempre più che la cosiddetta "campagna polacca" dovesse essere conclusa al più presto, in un'unica stagione. Tutto doveva essere risolto con una battaglia generale. Ma i russi la evitavano accuratamente.
I suoi informatori comunicavano che le truppe nemiche arretravano sempre di più, verso Mosca. L'armata di Barklaj seguiva una strada e quella di Bagration un'altra. Un'occasione eccezionale per sconfiggere i russi isolatamente. Purtroppo le sue truppe non riuscivano ad entrare in contatto con le colonne russe.
Come fantasmi i russi erano scomparsi nell'immensità del loro paese. Poco più di due mesi mancavano alla Battaglia di Borodinò.
Avete ascoltato la XVII puntata del ciclo "1812.
La bufera napoleonica" a cura di Dmitrij Mincenok.