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Storia D'Italia, La vendetta di Didone (433-442) - Ep. 29 (1)

La vendetta di Didone (433-442) - Ep. 29 (1)

Salute e salve e benvenuti alla storia d'Italia!

Nello scorso episodio l'Impero Romano d'occidente si è avvitato nelle lotte di potere per decidere chi dovesse essere succedere nella posizione che un decennio prima aveva occupato Flavio Costanzo: ovvero del dittatore militare, della vera potenza dietro al trono dell'infante Valentiniano III. Nessuno più oramai ambisce al trono imperiale, anche perché è chiaro che Costantinopoli non permetterebbe mai a nessuno di sedere sull'alto seggio della dinastia al potere. Mentre i Romani erano intenti a litigare tra loro i Vandali sono sbarcati nel cuore economico dell'occidente, l'Africa Romana. In seguito ad una serie di sconfitte i Vandali si sono impadroniti di Ippona e della loro prima importante base africana.

In questo episodio vedremo cosa farà Flavio Ezio, il nuovo generalissimo dell'occidente, per rimettere in riga i tanti popoli che oramai considerano l'Impero Romano come la loro casa. Il suo impegno sarà in gran parte un successo, riportando l'orologio quasi ai giorni di Flavio Costanzo, con una terribile eccezione.

Virgilio, nel libro IV dell'Eneide, narra la struggente storia di Didone, la mitica regina che avrebbe fondato Cartagine. La storia di Didone nell'Eneide è quanto di meglio ci possa offrire Virgilio: Didone incontra Enea nelle sue peregrinazioni nel mediterraneo e se ne innamora follemente, sognando l'unione di Punici e Troiani. Però quando gli Dei ordinano ad Enea di riprendere il mare, per fondare una nuova città in Italia, Didone ha il cuore infranto: alla vista delle vele di Enea che salpa abbandonando Cartagine senza neanche una parola di saluto decide di gettarsi da una rupe e porre fine alla sua tragica vita. Prima di farlo Didone lancia una terribile maledizione: giammai ci sarà pace tra Cartagine e la città che fonderà Enea, Roma.

La profezia si è avverata ma Cartagine è stata sconfitta e, orrore degli orrori per Didone, da secoli nutre e finanzia la potenza di Roma. Ma in questo episodio, Didone avrà la sua vendetta.

Per ascoltare l'episodio cliccare in alto

Prima di iniziare vorrei ringraziare Giacomo, che è diventato il primo a sostenermi su Patreon. Patreon permette di sostenermi, invece che con una donazione una tantum, con un versamento mensile che parte da appena 1 euro. Se volete saperne di più visitate il mio sito www.italiastoria.com o su www.patreon.com/italiastoria.

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Nel 433 Ezio era il padrone assoluto dell'Impero Romano d'occidente: certo, doveva ancora rispettare formalmente il ruolo di Galla Placidia e di suo figlio Valentiniano III, ma in sostanza era lui a prendere le decisioni. Ezio era un uomo temuto ma anche rispettato dai suoi contemporanei. Uno scrittore della Gallia per esempio lo descrive così:

“Ezio era di altezza media, virile nell'atteggiamento e di corporatura snella. La sua intelligenza era pronta, era pieno d'energia, era un superbo cavaliere, abile con l'arco e instancabile con la lancia. Era un soldato di grandi capacità e versatile nelle arti della pace. Sopportava con grande pazienza le avversità ed era pronto ad ogni difficile impresa, sprezzava il pericolo ed era capace di resistere alla fame, alla sete e al sonno”. Una descrizione quasi da supereroe ma che a mio avviso sottolinea in particolare due caratteristiche del nuovo padrone dell'occidente: l'intelligenza e l'acume unita ad una inusitata, per i tempi, prodezza nelle arti militari, quasi sicuramente derivatagli dagli anni passati presso i Goti e soprattutto presso gli Unni.

Gli amici di Ezio: gli Unni

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Area di insediamento degli Unni: notare come la regione di Aquincum sia nel loro dominio. Questa regione fu ceduta da Ezio come ricompensa dei loro servigi

Il primo pensiero di Ezio fu ovviamente di ricompensare i suoi benefattori, quegli Unni che già lo avevano aiutato nelle lotte per il potere nel 425 e nel 433 e che continuavano a fornirgli aiuti militari. Per ottemperare al patto stretto con Rua, Ezio cedette agli Unni la Pannonia e la Valeria, ovvero parte della moderna Ungheria. Ovviamente la cessione di territori romani, anche se devastati e spopolati, era cattiva PR. Quindi Ezio si mise subito al lavoro per minimizzare il danno. Per farlo ricorse anche lui, come il nostro vecchio amico Stilicone, alla penna di un grande poeta. La maggior parte di quanto prodotto dal poeta in questione è andato perduto, ma nel XIX secolo è stato scoperto un manoscritto nel monastero di San Gallo. I monaci avevano utilizzato un vecchio manoscritto per ricopiare degli esercizi in latino, per fortuna i testi originali restavano parzialmente leggibili e un nuovo poeta dell'antica Roma fu disseppellito dall'oblio. Il poeta laureato in questione si chiamava Merobaude), si proprio come il Merobaude che era stato Magister Militum sotto Valentiniano e Graziano. Si tratta con tuta probabilità del nipote del generale franco.

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Flavio Merobaude non era infatti un semplice poeta ma anche un generale e uomo politico, una combinazione piuttosto rara: aveva seguito Ezio nelle sue ultime campagne militari, essendone uno dei principali collaboratori militari. Merobaude ricevette persino l'onore di una statua nel Foro di Traiano, la cui base, scoperta nel 1813, reca una iscrizione che loda la combinazione, in lui, delle arti letterarie e di quelle militari. La sua storia è importante perché ricorda come funzionasse un tempo a meraviglia la macchina dell'integrazione dei barbari: Roma era stata un tempo sempre capace di prendere un barbaro e di farne un romano, come Merobaude, il cui nonno era stato un re Franco mentre il nipote era un romano come tutti gli altri, anzi un romano che scriveva in latino altrettanto bene di qualunque poeta vivente nato e cresciuto in Italia.

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La Pannonia romana durante il tardo impero, divisa in quattro province: Pannonia prima (Austria e Ungheria occidentale: Vindobona è Vienna), Pannonia Valeria (Ungheria lungo il corso del Danubio: Aquincum è Budapest), Pannonia Savia e Pannonia secunda.

Merobaude si mise al lavoro per illustrare con un panegirico l'operato di Ezio, giustificando la cessione della Pannonia presso l'opinione pubblica dei grandi senatori Romani. Per farlo ovviamente ricorre alla propaganda: «Ezio ha riportato la pace sul Danubio e ora ordina che quelle terre, che ancora bruciano nell'aria nera di fuliggine, siano ora libere dalla guerra. Il Caucaso e i suoi selvaggi re rinunciano a battersi”. Insomma, per Merobaude Ezio non ha venduto un pezzo dell'impero ai selvaggi Unni, ma ha riportato la pace sul Danubio e ha ingaggiato la loro forza militare al servizio di Roma. Come al solito la propaganda imperiale Romana assomiglia alla Pravda dell'Unione Sovietica.

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In cambio delle terre, gli Unni si affiancarono ad Ezio per ridurre in poltiglia i nemici dello Shogun di Ravenna: i vari gruppi barbarici che si erano insediati a cavallo della vecchia frontiera renana, probabilmente Burgundi, Franchi e Alemanni, furono battuti e si sottomisero di nuovo a Roma. Dice Merobaude: “il Reno ha firmato dei patti che asserviranno quel freddo mondo a Roma e, contento di essere guidato da redini occidentali, il Reno si rallegrò che il dominio del Tevere si fosse esteso su entrambe le sue sponde”. Tradotto: i popoli che vivono a cavallo dell'antica frontiera Renana si sono sottomessi a Roma.

Appeasement dei Vandali

Ezio si era potuto dedicare alla Gallia perché le sue spalle erano protette in Africa. Qui, con il supporto di Costantinopoli, continuava la guerra contro Genseric: il generale orientale Aspar riuscì probabilmente a mietere qualche successo perché nel febbraio del 435 fu firmato un accordo tra le autorità imperiali e il Re dei Vandali, il primo accordo firmato con questi barbari dai tempi del loro ingresso illegale nell'impero nel 406. L'accordo ricalcava quello stretto con i Visigoti: ai Vandali veniva concessa una patria in Mauritania e Numidia, con capitale Ippona. I Vandali si dichiaravano sudditi dell'impero e foederati, riconoscendo l'autorità di Ravenna sul cuore dell'Africa Romana, inclusa la metropoli di Cartagine. Genseric aveva raggiunto il suo obiettivo principale: i Vandali avevano trovato una posizione permanente nell'impero. Anche l'impero aveva raggiunto il suo obiettivo principale, come in ogni buona trattativa: l'impero aveva mantenuto il controllo sul grano africano e sulla maggior parte dell'oro africano. Ci si sarebbe potuto aspettare che tutti sarebbero rimasti felici e contenti. Invece l'accordo resse solo per pochi anni.

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Diocesi dell'Africa, divisa in Africa Proconsolare (attorno a Cartagine), Byzacena (Tunisia centrale), Numidia (Tunisia occidentale/Algeria orientale), tripolitania (Libia) e le due Mauretanie (Algeria). Ippona, nella parte occidentale dell'Africa Proconsolare, sarà la prima capitale africana dei Vandali.

Il ritorno dell'Impero in Gallia

La pace in Africa permise ad Ezio di concentrare le ridotte risorse imperiali per continuare la sua opera di rafforzamento dell'autorità imperiale in Gallia, uno dei due polmoni politici dell'impero. In Gallia Ezio continuava a passare come un rullo compressore sui Germani, per convincere ogni popolo che oramai abitava all'interno dell'impero a piegarsi al volere di Ravenna. Nel 435 Ezio sconfisse i Bagaudi secessionisti dell'Armorica, la moderna Bretagna: i Bagaudi dell'Armorica si arrenderanno nel 437 a Litorio, generale di Ezio. Nel 436 Ezio tornò a dedicarsi ai Burgundi, il cui re Gundahar era sempre a disagio sotto il giogo romano, lui che un tempo aveva fatto il bello e il cattivo tempo in Gallia: forse lo avete dimenticato, ma Gundahar aveva persino tentato di elevare a imperatore un suo candidato, negli anni confusi che seguirono il sacco di Roma.

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Da allora era stato riportato a più miti consigli prima da Flavio Costanzo e poi da Ezio. Nel 433 era stato sconfitto da quest'ultimo ma ultimamente era tornato a razziare la Gallia Belgica dalla sua base a Worms, una delle antiche città legionarie sul Reno. Per far fronte a Gundahar, Ezio strinse un accordo con i suoi sempre fidati Unni, dicendogli che c'era un genocidio da compiere, una di quelle cose nelle quali i nostri Borg erano specialisti e per le quali non si facevano alcuna remora morale, come invece sospetto fosse oramai il caso di quello che restava dell'esercito Romano.

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Episodio della saga dei Nibelunghi, ispirata dalla caduta del regno dei Burgundi di Gunther (Gundahar) per mano di Etzel (Attila).

L'armata Romano-Unnica arrivò a Worms e dintorni e sconfisse i Burgundi. Gli Unni si sparpagliarono nelle campagne, utilizzando i loro micidiali archi a cavallo e uccidendo sistematicamente ogni Burgundo che trovavano a portata di arco. Il loro re, Gundahar, morì probabilmente nel sacco di Worms ma il suo nome vive in eterno nella saga inspirata alla sua vicenda storica: Gunther del ciclo dei Nibelunghi non è altri che Gundahar e la storia tragica di Sigfrido, Brunilde e del tesoro dei Nibelunghi fa da sfondo al dramma storico della distruzione del regno Burgundo per mano degli Unni assoldati dai Romani. Qualche anno dopo I Burgundi che sopravvissero al massacro furono portati da Ezio nella regione dell'alto Rodano: lì fonderanno un nuovo regno Burgundo che nel tempo darà il nome ad una delle più importanti regioni della Francia, oltre che ad alcuni dei vini migliori al mondo: la Borgogna, la terra dei Burgundi.

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Il nuovo regno dei Burgundi deportati da Ezio dopo la sconfitta: in verde scuro la loro area di insediamento originale, attorno al lago di Ginevra. In verde chiaro la loro massima espansione territoriale sotto Gundobad. Il regno sarà distrutto nel 534 dai Franchi ma il nome rimarrà nella regione della “Borgogna”.

Quando il gatto è via i topi ballano

Approfittando della guerra che Ezio aveva condotto contro i Burgundi si era però ribellato il più importante Re e la più importante potenza militare della Gallia: i Visigoti di Theoderic avevano deciso che era arrivato il tempo di conquistarsi uno sbocco sul mediterraneo. Dalla loro base a Tolosa mossero contro Narbonne, la città Romana che dava il nome alla provincia Narbonensis e che era una delle principali città della Gallia mediterranea. Nel corso del 436 la cinsero d'assedio, cercando di ottenere la resa per fame della strategicamente importante città. Per sfortuna per loro i discendenti di Fritigern e Alaric non sembra che fossero diventati più abili negli assedi dei loro antenati e i Romani riuscirono a portare aiuto alla città assediata, costringendo i Goti a ritirarsi.

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Ezio a questo punto concentrò tutte le sue risorse disponibili nel riportare all'ubbidienza la principale nazione germanica all'interno dell'Impero: i Visigoti. Sappiamo pochissimo della campagna, salvo che nel 438 Ezio inflisse una dura sconfitta ai Visigoti. Come sempre al fianco delle truppe regolari Romane, Ezio utilizzò la sua arma segreta: la formidabile cavalleria Unna. Alcuni nella gerarchia cristiana consideravano oltraggioso adoperare i pagani Unni contro i cristiani Visigoti. Secondo il vescovo Salviano, che scrive con un evidente senno del poi, i Romani avrebbero perso la protezione di Dio, perché «avevano avuto la presunzione di riporre la loro speranza nei pagani Unni, invece che in Dio».

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La vendetta di Didone (433-442) - Ep. 29 (1) |||Dido| Die Rache der Dido (433-442) - Ep. 29 (1) Dido's Revenge (433-442) - Ep. 29 (1) La venganza de Dido (433-442) - Ep. 29 (1) A Vingança de Dido (433-442) - Ep. 29 (1) Месть Дидоны (433-442) - Эп. 29 (1) Didos hämnd (433-442) - Ep. 29 (1)

Salute e salve e benvenuti alla storia d'Italia!

Nello scorso episodio l'Impero Romano d'occidente si è avvitato nelle lotte di potere per decidere chi dovesse essere succedere nella posizione che un decennio prima aveva occupato Flavio Costanzo: ovvero del dittatore militare, della vera potenza dietro al trono dell'infante Valentiniano III. ||||||||twisted||struggles|||||||||||||||||||||||||||||of the infant|| Nessuno più oramai ambisce al trono imperiale, anche perché è chiaro che Costantinopoli non permetterebbe mai a nessuno di sedere sull'alto seggio della dinastia al potere. ||now|aspire|||||||clear||||would allow|never||no one||to sit|on the high||||| Mentre i Romani erano intenti a litigare tra loro i Vandali sono sbarcati nel cuore economico dell'occidente, l'Africa Romana. ||||intent||to argue||||||landed|||||| In seguito ad una serie di sconfitte i Vandali si sono impadroniti di Ippona e della loro prima importante base africana. |after||||||||||they seized||Ippona|||||||African

In questo episodio vedremo cosa farà Flavio Ezio, il nuovo generalissimo dell'occidente, per rimettere in riga i tanti popoli che oramai considerano l'Impero Romano come la loro casa. Il suo impegno sarà in gran parte un successo, riportando l'orologio quasi ai giorni di Flavio Costanzo, con una terribile eccezione.

Virgilio, nel libro IV dell'Eneide, narra la struggente storia di Didone, la mitica regina che avrebbe fondato Cartagine. ||||the Aeneid||||||||||||| La storia di Didone nell'Eneide è quanto di meglio ci possa offrire Virgilio: Didone incontra Enea nelle sue peregrinazioni nel mediterraneo e se ne innamora follemente, sognando l'unione di Punici e Troiani. ||||||||||||||||||journeys|||||||madly|||||| Però quando gli Dei ordinano ad Enea di riprendere il mare, per fondare una nuova città in Italia, Didone ha il cuore infranto: alla vista delle vele di Enea che salpa abbandonando Cartagine senza neanche una parola di saluto decide di gettarsi da una rupe e porre fine alla sua tragica vita. Prima di farlo Didone lancia una terribile maledizione: giammai ci sarà pace tra Cartagine e la città che fonderà Enea, Roma.

La profezia si è avverata ma Cartagine è stata sconfitta e, orrore degli orrori per Didone, da secoli nutre e finanzia la potenza di Roma. |||||||||||||||Dido||||||||| Ma in questo episodio, Didone avrà la sua vendetta.

Per ascoltare l'episodio cliccare in alto

Prima di iniziare vorrei ringraziare Giacomo, che è diventato il primo a sostenermi su Patreon. Patreon permette di sostenermi, invece che con una donazione una tantum, con un versamento mensile che parte da appena 1 euro. ||||||||||one-time||||||||| Se volete saperne di più visitate il mio sito www.italiastoria.com o su www.patreon.com/italiastoria.

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Nel 433 Ezio era il padrone assoluto dell'Impero Romano d'occidente: certo, doveva ancora rispettare formalmente il ruolo di Galla Placidia e di suo figlio Valentiniano III, ma in sostanza era lui a prendere le decisioni. Ezio era un uomo temuto ma anche rispettato dai suoi contemporanei. Uno scrittore della Gallia per esempio lo descrive così:

“Ezio era di altezza media, virile nell'atteggiamento e di corporatura snella. Ezio|||||manly|virile demeanor|||slim build|slim La sua intelligenza era pronta, era pieno d'energia, era un superbo cavaliere, abile con l'arco e instancabile con la lancia. Era un soldato di grandi capacità e versatile nelle arti della pace. Sopportava con grande pazienza le avversità ed era pronto ad ogni difficile impresa, sprezzava il pericolo ed era capace di resistere alla fame, alla sete e al sonno”. |||||adversities|||||||||||||||||||||| Una descrizione quasi da supereroe ma che a mio avviso sottolinea in particolare due caratteristiche del nuovo padrone dell'occidente: l'intelligenza e l'acume unita ad una inusitata, per i tempi, prodezza nelle arti militari, quasi sicuramente derivatagli dagli anni passati presso i Goti e soprattutto presso gli Unni.

Gli amici di Ezio: gli Unni

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Area di insediamento degli Unni: notare come la regione di Aquincum sia nel loro dominio. Questa regione fu ceduta da Ezio come ricompensa dei loro servigi

Il primo pensiero di Ezio fu ovviamente di ricompensare i suoi benefattori, quegli Unni che già lo avevano aiutato nelle lotte per il potere nel 425 e nel 433 e che continuavano a fornirgli aiuti militari. Per ottemperare al patto stretto con Rua, Ezio cedette agli Unni la Pannonia e la Valeria, ovvero parte della moderna Ungheria. Ovviamente la cessione di territori romani, anche se devastati e spopolati, era cattiva PR. Quindi Ezio si mise subito al lavoro per minimizzare il danno. Per farlo ricorse anche lui, come il nostro vecchio amico Stilicone, alla penna di un grande poeta. La maggior parte di quanto prodotto dal poeta in questione è andato perduto, ma nel XIX secolo è stato scoperto un manoscritto nel monastero di San Gallo. I monaci avevano utilizzato un vecchio manoscritto per ricopiare degli esercizi in latino, per fortuna i testi originali restavano parzialmente leggibili e un nuovo poeta dell'antica Roma fu disseppellito dall'oblio. Il poeta laureato in questione si chiamava Merobaude), si proprio come il Merobaude che era stato Magister Militum sotto Valentiniano e Graziano. Si tratta con tuta probabilità del nipote del generale franco.

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Flavio Merobaude non era infatti un semplice poeta ma anche un generale e uomo politico, una combinazione piuttosto rara: aveva seguito Ezio nelle sue ultime campagne militari, essendone uno dei principali collaboratori militari. Merobaude ricevette persino l'onore di una statua nel Foro di Traiano, la cui base, scoperta nel 1813, reca una iscrizione che loda la combinazione, in lui, delle arti letterarie e di quelle militari. La sua storia è importante perché ricorda come funzionasse un tempo a meraviglia la macchina dell'integrazione dei barbari: Roma era stata un tempo sempre capace di prendere un barbaro e di farne un romano, come Merobaude, il cui nonno era stato un re Franco mentre il nipote era un romano come tutti gli altri, anzi un romano che scriveva in latino altrettanto bene di qualunque poeta vivente nato e cresciuto in Italia. ||||||||it functioned|||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||

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La Pannonia romana durante il tardo impero, divisa in quattro province: Pannonia prima (Austria e Ungheria occidentale: Vindobona è Vienna), Pannonia Valeria (Ungheria lungo il corso del Danubio: Aquincum è Budapest), Pannonia Savia e Pannonia secunda.

Merobaude si mise al lavoro per illustrare con un panegirico l'operato di Ezio, giustificando la cessione della Pannonia presso l'opinione pubblica dei grandi senatori Romani. |||||||||panegyric||||||||||||||| Per farlo ovviamente ricorre alla propaganda: «Ezio ha riportato la pace sul Danubio e ora ordina che quelle terre, che ancora bruciano nell'aria nera di fuliggine, siano ora libere dalla guerra. ||||||||||||Danube|||||||||they burn||||soot||||| To do so, of course, he resorts to propaganda: "Aetius has restored peace on the Danube and now orders that those lands, still burning in the soot-black air, are now free from war. Il Caucaso e i suoi selvaggi re rinunciano a battersi”. |||||wild|||| Caucasus and its savage kings give up the fight." Insomma, per Merobaude Ezio non ha venduto un pezzo dell'impero ai selvaggi Unni, ma ha riportato la pace sul Danubio e ha ingaggiato la loro forza militare al servizio di Roma. In short, for Merobaude, Aetius did not sell a piece of the empire to the savage Huns, but restored peace on the Danube and engaged their military force in the service of Rome. Come al solito la propaganda imperiale Romana assomiglia alla Pravda dell'Unione Sovietica.

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In cambio delle terre, gli Unni si affiancarono ad Ezio per ridurre in poltiglia i nemici dello Shogun di Ravenna: i vari gruppi barbarici che si erano insediati a cavallo della vecchia frontiera renana, probabilmente Burgundi, Franchi e Alemanni, furono battuti e si sottomisero di nuovo a Roma. Dice Merobaude: “il Reno ha firmato dei patti che asserviranno quel freddo mondo a Roma e, contento di essere guidato da redini occidentali, il Reno si rallegrò che il dominio del Tevere si fosse esteso su entrambe le sue sponde”. Tradotto: i popoli che vivono a cavallo dell'antica frontiera Renana si sono sottomessi a Roma.

Appeasement dei Vandali

Ezio si era potuto dedicare alla Gallia perché le sue spalle erano protette in Africa. Qui, con il supporto di Costantinopoli, continuava la guerra contro Genseric: il generale orientale Aspar riuscì probabilmente a mietere qualche successo perché nel febbraio del 435 fu firmato un accordo tra le autorità imperiali e il Re dei Vandali, il primo accordo firmato con questi barbari dai tempi del loro ingresso illegale nell'impero nel 406. L'accordo ricalcava quello stretto con i Visigoti: ai Vandali veniva concessa una patria in Mauritania e Numidia, con capitale Ippona. I Vandali si dichiaravano sudditi dell'impero e foederati, riconoscendo l'autorità di Ravenna sul cuore dell'Africa Romana, inclusa la metropoli di Cartagine. Genseric aveva raggiunto il suo obiettivo principale: i Vandali avevano trovato una posizione permanente nell'impero. Anche l'impero aveva raggiunto il suo obiettivo principale, come in ogni buona trattativa: l'impero aveva mantenuto il controllo sul grano africano e sulla maggior parte dell'oro africano. Ci si sarebbe potuto aspettare che tutti sarebbero rimasti felici e contenti. Invece l'accordo resse solo per pochi anni.

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Diocesi dell'Africa, divisa in Africa Proconsolare (attorno a Cartagine), Byzacena (Tunisia centrale), Numidia (Tunisia occidentale/Algeria orientale), tripolitania (Libia) e le due Mauretanie (Algeria). Ippona, nella parte occidentale dell'Africa Proconsolare, sarà la prima capitale africana dei Vandali.

Il ritorno dell'Impero in Gallia

La pace in Africa permise ad Ezio di concentrare le ridotte risorse imperiali per continuare la sua opera di rafforzamento dell'autorità imperiale in Gallia, uno dei due polmoni politici dell'impero. In Gallia Ezio continuava a passare come un rullo compressore sui Germani, per convincere ogni popolo che oramai abitava all'interno dell'impero a piegarsi al volere di Ravenna. Nel 435 Ezio sconfisse i Bagaudi secessionisti dell'Armorica, la moderna Bretagna: i Bagaudi dell'Armorica si arrenderanno nel 437 a Litorio, generale di Ezio. Nel 436 Ezio tornò a dedicarsi ai Burgundi, il cui re Gundahar era sempre a disagio sotto il giogo romano, lui che un tempo aveva fatto il bello e il cattivo tempo in Gallia: forse lo avete dimenticato, ma Gundahar aveva persino tentato di elevare a imperatore un suo candidato, negli anni confusi che seguirono il sacco di Roma.

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Da allora era stato riportato a più miti consigli prima da Flavio Costanzo e poi da Ezio. Nel 433 era stato sconfitto da quest'ultimo ma ultimamente era tornato a razziare la Gallia Belgica dalla sua base a Worms, una delle antiche città legionarie sul Reno. Per far fronte a Gundahar, Ezio strinse un accordo con i suoi sempre fidati Unni, dicendogli che c'era un genocidio da compiere, una di quelle cose nelle quali i nostri Borg erano specialisti e per le quali non si facevano alcuna remora morale, come invece sospetto fosse oramai il caso di quello che restava dell'esercito Romano.

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Episodio della saga dei Nibelunghi, ispirata dalla caduta del regno dei Burgundi di Gunther (Gundahar) per mano di Etzel (Attila).

L'armata Romano-Unnica arrivò a Worms e dintorni e sconfisse i Burgundi. Gli Unni si sparpagliarono nelle campagne, utilizzando i loro micidiali archi a cavallo e uccidendo sistematicamente ogni Burgundo che trovavano a portata di arco. Il loro re, Gundahar, morì probabilmente nel sacco di Worms ma il suo nome vive in eterno nella saga inspirata alla sua vicenda storica: Gunther del ciclo dei Nibelunghi non è altri che Gundahar e la storia tragica di Sigfrido, Brunilde e del tesoro dei Nibelunghi fa da sfondo al dramma storico della distruzione del regno Burgundo per mano degli Unni assoldati dai Romani. Qualche anno dopo I Burgundi che sopravvissero al massacro furono portati da Ezio nella regione dell'alto Rodano: lì fonderanno un nuovo regno Burgundo che nel tempo darà il nome ad una delle più importanti regioni della Francia, oltre che ad alcuni dei vini migliori al mondo: la Borgogna, la terra dei Burgundi.

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Il nuovo regno dei Burgundi deportati da Ezio dopo la sconfitta: in verde scuro la loro area di insediamento originale, attorno al lago di Ginevra. In verde chiaro la loro massima espansione territoriale sotto Gundobad. Il regno sarà distrutto nel 534 dai Franchi ma il nome rimarrà nella regione della “Borgogna”.

Quando il gatto è via i topi ballano

Approfittando della guerra che Ezio aveva condotto contro i Burgundi si era però ribellato il più importante Re e la più importante potenza militare della Gallia: i Visigoti di Theoderic avevano deciso che era arrivato il tempo di conquistarsi uno sbocco sul mediterraneo. Dalla loro base a Tolosa mossero contro Narbonne, la città Romana che dava il nome alla provincia Narbonensis e che era una delle principali città della Gallia mediterranea. Nel corso del 436 la cinsero d'assedio, cercando di ottenere la resa per fame della strategicamente importante città. Per sfortuna per loro i discendenti di Fritigern e Alaric non sembra che fossero diventati più abili negli assedi dei loro antenati e i Romani riuscirono a portare aiuto alla città assediata, costringendo i Goti a ritirarsi.

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Ezio a questo punto concentrò tutte le sue risorse disponibili nel riportare all'ubbidienza la principale nazione germanica all'interno dell'Impero: i Visigoti. Sappiamo pochissimo della campagna, salvo che nel 438 Ezio inflisse una dura sconfitta ai Visigoti. Come sempre al fianco delle truppe regolari Romane, Ezio utilizzò la sua arma segreta: la formidabile cavalleria Unna. Alcuni nella gerarchia cristiana consideravano oltraggioso adoperare i pagani Unni contro i cristiani Visigoti. Secondo il vescovo Salviano, che scrive con un evidente senno del poi, i Romani avrebbero perso la protezione di Dio, perché «avevano avuto la presunzione di riporre la loro speranza nei pagani Unni, invece che in Dio».