1. ANIMULA VAGULA BLANDULA (2) (NO AUDIO)
Già mi è stato tutt'altro che facile, con l'aiuto di poche frutta secche, o di una coppa sorseggiata lentamente, nascondere agli invitati che i manicaretti creati dai miei cuochi erano destinati a essi più che a me, e che la mia curiosità per quelle vivande cessava assai prima della loro. Un principe, in questo campo, non ha la libertà di un filosofo, non può concedersi troppe singolarità tutte insieme, e gli dèi sanno se quelle per le quali mi distinguevo non erano gia troppo numerose, a onta della mia illusione che molte di esse fossero invisibili. Quanto agli scrupoli religiosi dei ginnosofisti e la ripugnanza che provano alla vista della carne sanguinolenta, mi colpirebbero di più se non mi venisse fatto di chiedere a me stesso in che cosa la sofferenza dell'erba falciata differisca essenzialmente da quella di un montone sgozzato, e se l'orrore che proviamo nel vedere trucidare un animale non dipenda soprattutto dal fatto che la nostra sensibilità appartiene al medesimo regno. Pure, in certi momenti della vita, a esempio nei periodi di digiuno rituale, o durante le iniziazioni religiose, ho apprezzato i vantaggi, nonché i pericoli, per lo spirito, delle diverse forme d'astinenza, persino dell'inedia volontaria, di quegli stati prossimi alla vertigine, durante i quali il corpo, in parte libero dal suo peso, entra in un mondo che non è fatto per lui, che gli offre in anticipo un'immagine della gelida levità della morte. In altri momenti, queste esperienze mi hanno consentito di baloccarmi con l'idea del suicidio progressivo, la morte per inedia, che fu quella di qualche filosofo; una specie di orgia alla rovescia, nella quale si perviene grado a grado all'esaurimento della sostanza vitale. Ma aderire totalmente a un sistema non mi sarebbe piaciuto mai, né avrei mai voluto che uno scrupolo mi privasse del diritto di saziarmi di carne d'ogni specie, se per caso ne avessi avuto voglia, o se quel nutrimento fosse stato il solo a mia disposizione.
I cinici e i moralisti si trovano d'accordo nel collocare le voluttà dell'amore tra i piaceri cosiddetti volgari, tra quello del mangiare e quello del bere, pur dichiarandole meno indispensabili, poiché, ci assicurano, se ne può fare a meno. Dal moralista mi aspetto di tutto: ma mi stupisce che s'inganni il cinico. Ammettiamo che gli uni come gli altri abbiano paura dei loro demoni - sia che resistano sia che cedano a essi - e che cerchino con ogni mezzo di avvilire il piacere per cercar di sottrargli la potenza quasi terribile alla quale soccombono, il mistero dal quale si sentono travolti. Accetterò di assimilare l'amore alle gioie puramente fisiche (ammettendo che ve ne siano) quando avrò visto un ghiottone anelare di piacere davanti alla sua pietanza favorita come un innamorato sulla spalla dell'essere amato. Di tutti i nostri giochi, questo è il solo che rischi di sconvolgere l'anima, il solo altresì nel quale chi vi partecipa deve abbandonarsi al delirio dei sensi. Non è necessario per un bevitore abdicare all'uso della ragione, ma l'innamorato che conservi la sua non obbedisce fino in fondo al suo demone. In qualsiasi altro caso, l'astinenza o la sregolatezza non impegnano che l'individuo; salvo il caso di Diogene, le cui privazioni, il cui lucido pessimismo si definiscono da sè, ogni atto sensuale ci pone in presenza dell'ALTRO, ci coinvolge nelle esigenze e nelle servitù della scelta. Non ne conosco altre ove l'uomo sia spinto a risolversi da motivi più elementari e ineluttabili, ove l'oggetto della scelta venga valutato con maggiore esattezza per il peso di piaceri che offre, ove chi ama il vero abbia maggiori possibilità di giudicare la creatura umana nella sua nudità. Stupisco nel veder formarsi di nuovo ogni volta - nonostante un abbandono che tanto eguaglia quello della morte, un'umiltà che supera quella della sconfitta e della preghiera - quel complesso di dinieghi, di responsabilità, di promesse: povere confessioni, fragili menzogne, compromessi appassionati tra i nostri piaceri e quelli dell'ALTRO, legami che sembra impossibile infrangere e che pure si sciolgono così rapidamente. Questo gioco misterioso che va dall'amore di un corpo all'amore d'un essere umano, m'è sembrato tanto bello da consacrarvi tutta una parte della mia vita. Le parole ingannano: la parola piacere, infatti, nasconde realtà contraddittorie, implica al tempo stesso i concetti di calore, di dolcezza, d'intimità dei corpi, e quelli di violenza, d'agonia, di grida. La piccola frase oscena di Poseidonio - che t'ho visto ricopiare sul tuo quaderno di scuola con una diligenza da primo della classe - a proposito dell'attrito di due piccole parti di carne, non definisce il fenomeno dell'amore, così come la corda toccata dal dito non rende conto del miracolo infinito dei suoni. Più ancora che alla voluttà, essa reca ingiuria alla carne, a questo strumento di muscoli, di sangue, di epidermide, a questa rossa nube di cui l'anima è la folgore.