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What's Up Economy, DRAGHI ha svenduto l'ITALIA negli anni '90?

DRAGHI ha svenduto l'ITALIA negli anni '90?

Gli anni 90 del 900 sono stati un decennio di cambiamento per l'Italia.

Sì, non solo perché sono nato io, ma in realtà sto parlando più precisamente di un cambiamento politico.

Basti pensare al caso di Mani Pulite o all'ascesa in politica di Silvio Berlusconi.

Ragazzo, un po' stagionato, ma con il cuore sempre giovane.

Ah, Presidente!

Ma comunque anche un cambiamento c'è stato a livello economico.

Ad esempio, nel 1992 firmiamo il trattato di Maastricht che dà inizio all'Unione Europea,

oppure nel 1999 adottiamo l'euro, con non poche difficoltà per raggiungere questo obiettivo.

Accanto a questa integrazione europea vengono adottate in Italia altre riforme economiche,

tra cui una delle più importanti è quella delle privatizzazioni.

Praticamente numerose e a volte anche molto grandi imprese pubbliche, quindi gestite dallo Stato,

vengono vendute a soggetti privati per avere una gestione privata di queste aziende.

Alcuni ultimamente sostengono che sia stato Mario Draghi l'artefice o il protagonista di queste privatizzazioni degli anni 90

e secondo questi, di nuovo, le privatizzazioni sono state un male per l'economia italiana,

in quanto le aziende, una volta privatizzate, non hanno performato quanto avrebbero potuto fare

con una gestione statale, quindi pubblica, di queste aziende.

Praticamente l'idea di fondo è che le privatizzazioni le ha fatte Mario Draghi,

le privatizzazioni sono state un male per l'economia italiana,

quindi Mario Draghi è un male per l'attuale situazione politica ed economica italiana.

Tutto ciò è vero? Quanto ha influito Mario Draghi sulle privatizzazioni?

E le privatizzazioni sono stati veramente un male?

Lo scopriamo tutto oggi in questa puntata.

Uuuuh, ci sarà una moltezzetta oggi, eh? Ottimo!

Innanzitutto dobbiamo chiederci come erano messe le aziende pubbliche

prima di questa politica di privatizzazione.

Ebbene, la maggior parte delle imprese pubbliche erano gestite da Liri,

e cioè l'Istituto per la ricostruzione industriale, fondato nel 1933 e quindi in epoca fascista.

Liri nel 1933 era stato creato a scadenza, praticamente una volta svolto il suo compito,

e cioè quello di risanare imprese e banche di quel periodo, sarebbe dovuto essere liquidato.

In realtà questo non successe.

Infatti Liri fu uno dei protagonisti durante il miracolo economico

nel quale la politica industriale italiana era soprattutto guidata dall'entità pubblica.

Però dopo il miracolo economico, tra gli anni 70 e 80, subì un lento e doloroso declino.

Doloroso soprattutto per i contribuenti italiani.

Infatti, se come abbiamo detto durante gli anni 50 e 60,

Liri aveva una sua politica industriale e diede un contributo alla crescita economica del paese,

Durante gli anni 70 e 80 questa politica industriale si perse,

e l'unico compito di Liri fu quello di acquistare imprese private in difficoltà,

ma senza poi successivamente risanarle e darle un nuovo contributo innovativo e produttivo al paese,

ma diciamo di tappare i buchi, cercando di far innescare delle proteste sociali derivanti dalle crisi di queste imprese private.

Praticamente in quegli anni Liri era diventato un vero e proprio accanimento terapeutico per le imprese private.

Ma come esprimere in numeri questa politica del Liri e quindi rendere il concetto ancora più chiaro?

Beh, basta guardare al deficit del Liri.

Infatti nel 1974 era pari a 100 miliardi di lire, equivalente all'incirca a 620 milioni di euro di adesso,

mentre dieci anni dopo, e quindi nel 1984, il deficit del Liri era pari a 3.000 miliardi di lire,

praticamente all'incirca a 4 miliardi di euro.

Nel 1993 Liri era il primo gruppo industriale italiano, con più di 500 imprese gestite e 400.000 addetti,

e il suo buro di bilancio era cresciuto a 10.000 miliardi di lire, equivalenti a 8 miliardi di oggi,

praticamente quasi una legge di bilancio, per farvi capire.

Quindi abbiamo visto come agli inizi degli anni 90 la situazione delle imprese pubbliche non era sicuramente rosea.

Ma ancora non abbiamo spiegato perché avvennero le privatizzazioni,

in quanto gli politici italiani probabilmente sarebbero andati ad oltranza in questa situazione.

Ebbene, abbiamo visto già come negli anni 90 ci fu una progressiva e sempre più forte inclusione in un progetto europeo.

Per poter accedere a questo progetto bisognava rispettare dei parametri non solo economici,

come ad esempio deficit di bilancio, inflazione, debito pubblico,

ma anche alcuni regolamenti riguardanti le imprese e lo Stato.

Sto parlando delle regole degli aiuti di Stato.

Forse alcuni potrebbero pensare che gli aiuti di Stato siano una regola malata ideata dalla Merkel o dai Juncker

post periodo crisi finanziaria del 2011.

In realtà l'origine di queste regole deriva dal 1957, dai trattati di Roma e dalla nascita della Comunità Economica Europea.

Ad esempio l'articolo 92 del trattato di Roma cita

«Salvo dergue contemplate dal presente trattato sono incompatibili con il mercato comune,

nella misura in cui incidono sugli scambi tra stati membri, gli aiuti concessi dagli stati,

ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talunne imprese, talunne produzioni,

falsino o minaccino di falsare la concorrenza».

Queste regole ovviamente hanno un senso, in quanto se è vero che hanno creato un mercato economico più grande

e quindi permesso alle imprese di ogni Stato di avere una possibilità di crescita in più,

è vero anche che queste regole avrebbero potuto creare degli effetti distorsivi,

come ad esempio la concorrenza sleale di alcune imprese aiutate dallo Stato nei confronti delle imprese straniere.

Ecco perché sono nati i regolamenti per gli aiuti di Stato.

Però come abbiamo visto fino al 1990 diciamo che non sono stati molto seguiti non solo dall'Italia

ma anche dalle altre nazioni europee.

Ma poi come abbiamo visto arrivano gli anni 90 e le regole per entrare nell'Unione Europea si fanno più stringenti

e quindi il ministro per la concorrenza di quel tempo, cioè Van Miert,

perché il The Guardian ha nominato come una delle persone più potenti e influenti in quel periodo,

decise di stringere degli accordi tra gli stati in modo da far rispettare queste regole sugli aiuti di Stato

per procedere in maniera più spedita verso l'integrazione europea, la nascita dell'Unione Europea, del mercato unico e anche del Eurozona.

Nel 1993 avvenne l'accordo Andreat van Miert, proprio in questo senso, cioè far rispettare alle imprese pubbliche le regole sugli aiuti di Stato.

E così da lì a poco l'IRI divenne da istituto pubblico a SPA, quindi ancora con gestione pubblica ma con regolamenti che erano adatti a delle imprese private.

Dopo un lungo e faticoso processo di smantellamento dell'IRI, che in realtà doveva terminare secondo gli accordi il 1996, poi prolungato al 1997,

in realtà l'IRI venne liquidata il 26 giugno 2000.

Quindi le privatizzazioni sono uno di quei casi in cui si può rispondere correttamente, anche se in modo parziale, come ce l'ha chiesto l'Europa.

Anche se è bene specificare come l'Italia ha voluto entrare in Europa, in quanto all'inizio degli anni 90 i requisiti per poter accedere all'Unione Europea e all'Eurozona l'Italia non ne rispettava nessuno.

In realtà con un forte impegno politico sono riusciti a raggiungere quasi tutti gli obiettivi per poter entrare all'Unione Europea e all'Eurozona.

Quindi ce l'ha chiesto l'Europa? Sì, ma anche no. L'abbiamo voluto principalmente noi.

Quindi come avrete intuito Mario Draghi in questa storia non è che c'entra tantissimo.

Dal 1991 al 2001 è stato direttore generale del Tesoro e la sua riforma più importante è stata quella di una riforma strutturale del diritto societario.

Proprio per permettere a queste aziende diventate private di poter agire in un contesto di concorrenza nel modo più efficiente possibile anche dal punto di vista burocratico e giudiziario.

Ovviamente le privatizzazioni sono state una decisione politica proveniente dai partiti politici all'interno del Parlamento che hanno voluto fortemente raggiungere l'integrazione europea

e per poterla raggiungere dovevano rispettare tutti questi requisiti.

E le privatizzazioni hanno aiutato per raggiungere appunto l'integrazione europea.

Quindi dare la colpa a Mario Draghi è un po' richiamare la storia del chicken game.

Se non sapete di cosa sto parlando vi consiglio di andare a recuperare questo video che metto da qualche parte o link in descrizione.

Insomma dare sempre la colpa a qualcun altro rispetto che a noi stessi.

Ora bisogna vedere se effettivamente le privatizzazioni sono state un male per l'Italia.

Allora iniziamo dal dire che le privatizzazioni avevano molteplici obiettivi.

Tra i più importanti ce ne erano principalmente due.

Il primo era quello di risanare una parte di finanze pubbliche e quindi aiutare l'Italia a raggiungere gli obiettivi europei come quelli del debito pubblico o del deficit pubblico.

Il secondo obiettivo era quello proprio di rispettare la regola degli aiuti di Stato e rendere il sistema economico molto più competitivo e aperto ai mercati internazionali.

Nel primo obiettivo possiamo tranquillamente affermare che è stato raggiunto.

Se infatti nel 1993 il deficit del Liri era pari a 10.000 miliardi di lire, nel 2000 quando è stato chiuso Liri, il bilancio del Liri era pari ad un attivo di 8.000 miliardi.

Quindi praticamente la situazione è stata ribaltata.

E i soldi arrivati al tesoro tramite la vendita di imprese pubbliche a soggetti privati è stata pari alla fine dell'era delle privatizzazioni pari a 107.000 miliardi di lire.

Quindi le privatizzazioni sono state un vero e proprio successo per risanare i conti pubblici italiani.

E invece se prendiamo il lato della performance delle aziende diventate private, come stiamo messi?

Che contributo hanno dato alla crescita economica del paese?

Eh, lì la situazione è un po' più complessa, però possiamo dire che sicuramente non sono stati raggiunti gli obiettivi sperati.

Ma spieghiamo meglio.

L'idea di fondo delle privatizzazioni è quella di lasciare le imprese a se stesse in un contesto di concorrenza.

Se infatti prima le imprese erano sostenute dai finanziamenti costanti dello Stato, in questo caso per sopravvivere devono battere la concorrenza.

E quindi si creano degli stimoli per innovare la propria produzione, essere più efficienti e quindi creare più ricchezza economica.

Peccato che tutto ciò in Italia non avvenne.

Se infatti, come abbiamo visto, le imprese pubbliche non erano fortissime e producevano parecchie perdite che erano tutte compensate dai contribuenti italiani,

Allo stesso modo si potrebbe dire anche delle imprese private che stavano subendo una forte crisi economica,

soprattutto perché il mondo sta diventando sempre più globalizzato e sempre stava avendo una struttura particolare che le imprese private italiane non erano riuscite a cogliere.

In tutto ciò la vendita delle imprese pubbliche avvenne in un conflitto di interessi.

Infatti una delle critiche maggiori che fanno gli economisti era quella che durante l'era delle privatizzazioni c'era una collusione tra elite politica ed elite imprenditoriale.

Infatti le imprese pubbliche vennero vendute a imprenditori affermati che non sfruttarono questa occasione per rimodernizzare le imprese e cogliere quel progresso globale di cui accennavamo prima.

In realtà vennero sfruttate come delle rendite, praticamente il business si incentrò soprattutto in settori oligopolistici o comunque fortemente regolamentati dallo Stato,

in cui appunto la concorrenza era molto scarsa e quindi potevano vivere di rendite.

Praticamente lo Stato ha detto andate imprese pubbliche, andate e privatizzatevi e poi alla fine queste imprese si sono ritrovate lo stesso in contesti di mercato fortemente regolamentati dallo Stato italiano.

Quindi è stata una privatizzazione ma mai completa fino in fondo.

E quindi analizzando questi eventi possiamo dire che privatizzare è sbagliato soprattutto per quanto riguarda le performance delle aziende?

In realtà no, perché appunto come abbiamo visto questo processo di privatizzazione in Italia è stato fatto abbastanza male.

Se andiamo all'estero infatti molte imprese hanno visto molto spesso un processo simile a quello italiano.

Infatti Van Myrthe è stato definito l'uomo più potente d'Europa in quel periodo proprio perché non solo l'Italia non rispettava le regole sugli aiuti di Stato ma anche tutte le altre nazioni.

In questo senso però le altre nazioni sono riuscite a dare un nuovo slancio alle imprese e farle agganciare all'economia globale.

Tutto ciò invece non è avvenuto in Italia.

Quindi se si vuole dare un giudizio riguardo le privatizzazioni, soprattutto paragonandolo con il contesto estero,

possiamo definirle più un'occasione persa rispetto a un totale fallimento,

in quanto le prospettive potevano esserci ma non sono state sfruttate né dalla politica né dalla classe imprenditoriale vigente in quel periodo.

Signori, siamo arrivati alla fine del video, spero di avervi interessato in questo argomento e di aver sfatato qualche mito.

Ringrazio gli abbonati per sostenermi in questo progetto, se volete partecipare anche voi il link è in descrizione come al solito

e ci vediamo al prossimo video aspettando Mario Draghi se effettivamente salirà o meno al governo.

Per il resto vi saluto, vi ringrazio per essere arrivati fin qui e ci vediamo al prossimo video.

Alla prossima!

Sottotitoli e revisione a cura di QTSS

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DRAGHI ha svenduto l'ITALIA negli anni '90? ||продал дешево||| Hat DRAGHI ITALIEN in den 1990er Jahren verraten? Did DRAGHI sell out ITALY in the 1990s? ¿Vendió DRAGHI a ITALIA en los años 90? DRAGHI vendeu a ITÁLIA nos anos 90? 德拉吉在90年代出卖了意大利吗?

Gli anni 90 del 900 sono stati un decennio di cambiamento per l'Italia.

Sì, non solo perché sono nato io, ma in realtà sto parlando più precisamente di un cambiamento politico.

Basti pensare al caso di Mani Pulite o all'ascesa in politica di Silvio Berlusconi.

Ragazzo, un po' stagionato, ma con il cuore sempre giovane. |||постаревший||||||

Ah, Presidente!

Ma comunque anche un cambiamento c'è stato a livello economico.

Ad esempio, nel 1992 firmiamo il trattato di Maastricht che dà inizio all'Unione Europea,

oppure nel 1999 adottiamo l'euro, con non poche difficoltà per raggiungere questo obiettivo.

Accanto a questa integrazione europea vengono adottate in Italia altre riforme economiche,

tra cui una delle più importanti è quella delle privatizzazioni.

Praticamente numerose e a volte anche molto grandi imprese pubbliche, quindi gestite dallo Stato, ||||||||предприятия||||| |||||||||||managed||

vengono vendute a soggetti privati per avere una gestione privata di queste aziende.

Alcuni ultimamente sostengono che sia stato Mario Draghi l'artefice o il protagonista di queste privatizzazioni degli anni 90 ||||||||творец||||||||

e secondo questi, di nuovo, le privatizzazioni sono state un male per l'economia italiana,

in quanto le aziende, una volta privatizzate, non hanno performato quanto avrebbero potuto fare

con una gestione statale, quindi pubblica, di queste aziende.

Praticamente l'idea di fondo è che le privatizzazioni le ha fatte Mario Draghi,

le privatizzazioni sono state un male per l'economia italiana,

quindi Mario Draghi è un male per l'attuale situazione politica ed economica italiana.

Tutto ciò è vero? Quanto ha influito Mario Draghi sulle privatizzazioni?

E le privatizzazioni sono stati veramente un male?

Lo scopriamo tutto oggi in questa puntata.

Uuuuh, ci sarà una moltezzetta oggi, eh? Ottimo! ||||маленькая красота|||

Innanzitutto dobbiamo chiederci come erano messe le aziende pubbliche

prima di questa politica di privatizzazione.

Ebbene, la maggior parte delle imprese pubbliche erano gestite da Liri, ||||||||||Лири

e cioè l'Istituto per la ricostruzione industriale, fondato nel 1933 e quindi in epoca fascista.

Liri nel 1933 era stato creato a scadenza, praticamente una volta svolto il suo compito, ||||||expiration|||||||

e cioè quello di risanare imprese e banche di quel periodo, sarebbe dovuto essere liquidato. ||||оздоровить||||||||||

In realtà questo non successe.

Infatti Liri fu uno dei protagonisti durante il miracolo economico

nel quale la politica industriale italiana era soprattutto guidata dall'entità pubblica.

Però dopo il miracolo economico, tra gli anni 70 e 80, subì un lento e doloroso declino.

Doloroso soprattutto per i contribuenti italiani. ||||налогоплательщики|

Infatti, se come abbiamo detto durante gli anni 50 e 60,

Liri aveva una sua politica industriale e diede un contributo alla crescita economica del paese,

Durante gli anni 70 e 80 questa politica industriale si perse,

e l'unico compito di Liri fu quello di acquistare imprese private in difficoltà, ||задача|||||||предприятия|||

ma senza poi successivamente risanarle e darle un nuovo contributo innovativo e produttivo al paese,

ma diciamo di tappare i buchi, cercando di far innescare delle proteste sociali derivanti dalle crisi di queste imprese private.

Praticamente in quegli anni Liri era diventato un vero e proprio accanimento terapeutico per le imprese private.

Ma come esprimere in numeri questa politica del Liri e quindi rendere il concetto ancora più chiaro?

Beh, basta guardare al deficit del Liri.

Infatti nel 1974 era pari a 100 miliardi di lire, equivalente all'incirca a 620 milioni di euro di adesso,

mentre dieci anni dopo, e quindi nel 1984, il deficit del Liri era pari a 3.000 miliardi di lire,

praticamente all'incirca a 4 miliardi di euro.

Nel 1993 Liri era il primo gruppo industriale italiano, con più di 500 imprese gestite e 400.000 addetti,

e il suo buro di bilancio era cresciuto a 10.000 miliardi di lire, equivalenti a 8 miliardi di oggi,

praticamente quasi una legge di bilancio, per farvi capire.

Quindi abbiamo visto come agli inizi degli anni 90 la situazione delle imprese pubbliche non era sicuramente rosea.

Ma ancora non abbiamo spiegato perché avvennero le privatizzazioni,

in quanto gli politici italiani probabilmente sarebbero andati ad oltranza in questa situazione.

Ebbene, abbiamo visto già come negli anni 90 ci fu una progressiva e sempre più forte inclusione in un progetto europeo.

Per poter accedere a questo progetto bisognava rispettare dei parametri non solo economici,

come ad esempio deficit di bilancio, inflazione, debito pubblico,

ma anche alcuni regolamenti riguardanti le imprese e lo Stato.

Sto parlando delle regole degli aiuti di Stato.

Forse alcuni potrebbero pensare che gli aiuti di Stato siano una regola malata ideata dalla Merkel o dai Juncker

post periodo crisi finanziaria del 2011.

In realtà l'origine di queste regole deriva dal 1957, dai trattati di Roma e dalla nascita della Comunità Economica Europea.

Ad esempio l'articolo 92 del trattato di Roma cita

«Salvo dergue contemplate dal presente trattato sono incompatibili con il mercato comune,

nella misura in cui incidono sugli scambi tra stati membri, gli aiuti concessi dagli stati,

ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talunne imprese, talunne produzioni,

falsino o minaccino di falsare la concorrenza».

Queste regole ovviamente hanno un senso, in quanto se è vero che hanno creato un mercato economico più grande

e quindi permesso alle imprese di ogni Stato di avere una possibilità di crescita in più,

è vero anche che queste regole avrebbero potuto creare degli effetti distorsivi,

come ad esempio la concorrenza sleale di alcune imprese aiutate dallo Stato nei confronti delle imprese straniere.

Ecco perché sono nati i regolamenti per gli aiuti di Stato.

Però come abbiamo visto fino al 1990 diciamo che non sono stati molto seguiti non solo dall'Italia

ma anche dalle altre nazioni europee.

Ma poi come abbiamo visto arrivano gli anni 90 e le regole per entrare nell'Unione Europea si fanno più stringenti

e quindi il ministro per la concorrenza di quel tempo, cioè Van Miert,

perché il The Guardian ha nominato come una delle persone più potenti e influenti in quel periodo,

decise di stringere degli accordi tra gli stati in modo da far rispettare queste regole sugli aiuti di Stato

per procedere in maniera più spedita verso l'integrazione europea, la nascita dell'Unione Europea, del mercato unico e anche del Eurozona.

Nel 1993 avvenne l'accordo Andreat van Miert, proprio in questo senso, cioè far rispettare alle imprese pubbliche le regole sugli aiuti di Stato.

E così da lì a poco l'IRI divenne da istituto pubblico a SPA, quindi ancora con gestione pubblica ma con regolamenti che erano adatti a delle imprese private.

Dopo un lungo e faticoso processo di smantellamento dell'IRI, che in realtà doveva terminare secondo gli accordi il 1996, poi prolungato al 1997,

in realtà l'IRI venne liquidata il 26 giugno 2000.

Quindi le privatizzazioni sono uno di quei casi in cui si può rispondere correttamente, anche se in modo parziale, come ce l'ha chiesto l'Europa.

Anche se è bene specificare come l'Italia ha voluto entrare in Europa, in quanto all'inizio degli anni 90 i requisiti per poter accedere all'Unione Europea e all'Eurozona l'Italia non ne rispettava nessuno.

In realtà con un forte impegno politico sono riusciti a raggiungere quasi tutti gli obiettivi per poter entrare all'Unione Europea e all'Eurozona.

Quindi ce l'ha chiesto l'Europa? Sì, ma anche no. L'abbiamo voluto principalmente noi.

Quindi come avrete intuito Mario Draghi in questa storia non è che c'entra tantissimo.

Dal 1991 al 2001 è stato direttore generale del Tesoro e la sua riforma più importante è stata quella di una riforma strutturale del diritto societario.

Proprio per permettere a queste aziende diventate private di poter agire in un contesto di concorrenza nel modo più efficiente possibile anche dal punto di vista burocratico e giudiziario.

Ovviamente le privatizzazioni sono state una decisione politica proveniente dai partiti politici all'interno del Parlamento che hanno voluto fortemente raggiungere l'integrazione europea

e per poterla raggiungere dovevano rispettare tutti questi requisiti.

E le privatizzazioni hanno aiutato per raggiungere appunto l'integrazione europea.

Quindi dare la colpa a Mario Draghi è un po' richiamare la storia del chicken game.

Se non sapete di cosa sto parlando vi consiglio di andare a recuperare questo video che metto da qualche parte o link in descrizione.

Insomma dare sempre la colpa a qualcun altro rispetto che a noi stessi.

Ora bisogna vedere se effettivamente le privatizzazioni sono state un male per l'Italia.

Allora iniziamo dal dire che le privatizzazioni avevano molteplici obiettivi.

Tra i più importanti ce ne erano principalmente due.

Il primo era quello di risanare una parte di finanze pubbliche e quindi aiutare l'Italia a raggiungere gli obiettivi europei come quelli del debito pubblico o del deficit pubblico.

Il secondo obiettivo era quello proprio di rispettare la regola degli aiuti di Stato e rendere il sistema economico molto più competitivo e aperto ai mercati internazionali.

Nel primo obiettivo possiamo tranquillamente affermare che è stato raggiunto.

Se infatti nel 1993 il deficit del Liri era pari a 10.000 miliardi di lire, nel 2000 quando è stato chiuso Liri, il bilancio del Liri era pari ad un attivo di 8.000 miliardi.

Quindi praticamente la situazione è stata ribaltata.

E i soldi arrivati al tesoro tramite la vendita di imprese pubbliche a soggetti privati è stata pari alla fine dell'era delle privatizzazioni pari a 107.000 miliardi di lire.

Quindi le privatizzazioni sono state un vero e proprio successo per risanare i conti pubblici italiani.

E invece se prendiamo il lato della performance delle aziende diventate private, come stiamo messi?

Che contributo hanno dato alla crescita economica del paese?

Eh, lì la situazione è un po' più complessa, però possiamo dire che sicuramente non sono stati raggiunti gli obiettivi sperati.

Ma spieghiamo meglio.

L'idea di fondo delle privatizzazioni è quella di lasciare le imprese a se stesse in un contesto di concorrenza.

Se infatti prima le imprese erano sostenute dai finanziamenti costanti dello Stato, in questo caso per sopravvivere devono battere la concorrenza.

E quindi si creano degli stimoli per innovare la propria produzione, essere più efficienti e quindi creare più ricchezza economica.

Peccato che tutto ciò in Italia non avvenne.

Se infatti, come abbiamo visto, le imprese pubbliche non erano fortissime e producevano parecchie perdite che erano tutte compensate dai contribuenti italiani,

Allo stesso modo si potrebbe dire anche delle imprese private che stavano subendo una forte crisi economica,

soprattutto perché il mondo sta diventando sempre più globalizzato e sempre stava avendo una struttura particolare che le imprese private italiane non erano riuscite a cogliere.

In tutto ciò la vendita delle imprese pubbliche avvenne in un conflitto di interessi.

Infatti una delle critiche maggiori che fanno gli economisti era quella che durante l'era delle privatizzazioni c'era una collusione tra elite politica ed elite imprenditoriale.

Infatti le imprese pubbliche vennero vendute a imprenditori affermati che non sfruttarono questa occasione per rimodernizzare le imprese e cogliere quel progresso globale di cui accennavamo prima.

In realtà vennero sfruttate come delle rendite, praticamente il business si incentrò soprattutto in settori oligopolistici o comunque fortemente regolamentati dallo Stato,

in cui appunto la concorrenza era molto scarsa e quindi potevano vivere di rendite.

Praticamente lo Stato ha detto andate imprese pubbliche, andate e privatizzatevi e poi alla fine queste imprese si sono ritrovate lo stesso in contesti di mercato fortemente regolamentati dallo Stato italiano.

Quindi è stata una privatizzazione ma mai completa fino in fondo.

E quindi analizzando questi eventi possiamo dire che privatizzare è sbagliato soprattutto per quanto riguarda le performance delle aziende?

In realtà no, perché appunto come abbiamo visto questo processo di privatizzazione in Italia è stato fatto abbastanza male.

Se andiamo all'estero infatti molte imprese hanno visto molto spesso un processo simile a quello italiano.

Infatti Van Myrthe è stato definito l'uomo più potente d'Europa in quel periodo proprio perché non solo l'Italia non rispettava le regole sugli aiuti di Stato ma anche tutte le altre nazioni.

In questo senso però le altre nazioni sono riuscite a dare un nuovo slancio alle imprese e farle agganciare all'economia globale. |||||||||||||impetus|||||||

Tutto ciò invece non è avvenuto in Italia.

Quindi se si vuole dare un giudizio riguardo le privatizzazioni, soprattutto paragonandolo con il contesto estero,

possiamo definirle più un'occasione persa rispetto a un totale fallimento,

in quanto le prospettive potevano esserci ma non sono state sfruttate né dalla politica né dalla classe imprenditoriale vigente in quel periodo.

Signori, siamo arrivati alla fine del video, spero di avervi interessato in questo argomento e di aver sfatato qualche mito.

Ringrazio gli abbonati per sostenermi in questo progetto, se volete partecipare anche voi il link è in descrizione come al solito

e ci vediamo al prossimo video aspettando Mario Draghi se effettivamente salirà o meno al governo.

Per il resto vi saluto, vi ringrazio per essere arrivati fin qui e ci vediamo al prossimo video.

Alla prossima!

Sottotitoli e revisione a cura di QTSS