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"Il fu Mattia Pascal" di Luigi Pirandello, X - Acquasantiera e portacenere (Seconda parte)

X - Acquasantiera e portacenere (Seconda parte)

X: Acquasantiera e portacenere (Seconda parte) Ogni minimo che - sospeso come già da un pezzo mi sentivo in un vuoto strano - mi faceva ora cadere in lunghe riflessioni. Questo dell'acquasantiera m'indusse a pensare che, fin da ragazzo, io non avevo più atteso a pratiche religiose, né ero più entrato in alcuna chiesa per pregare, andato via Pinzone che mi vi conduceva insieme con Berto, per ordine della mamma. Non avevo mai sentito alcun bisogno di domandare a me stesso se avessi veramente una fede. E Mattia Pascal era morto di mala morte senza conforti religiosi. Improvvisamente, mi vidi in una condizione assai speciosa.

Per tutti quelli che mi conoscevano, io mi ero tolto - bene o male - il pensiero più fastidioso e più affliggente che si possa avere, vivendo: quello della morte. Chi sa quanti, a Miragno, dicevano: - Beato lui, alla fine!

Comunque sia, ha risolto il problema. E non avevo risolto nulla, io, intanto.

Mi trovavo ora coi libri d'Anselmo Paleari tra le mani, e questi libri m'insegnavano che i morti, quelli veri, si trovavano nella mia identica condizione, nei « gusci » del Kâmaloka , specialmente i suicidi, che il signor Leadbeater, autore del Plan Astral (premier degré du monde invisible, d'après la théosophie), raffigura come eccitati da ogni sorta d'appetiti umani, a cui non possono soddisfare, sprovvisti come sono del corpo carnale, ch'essi però ignorano d'aver perduto. « Oh, guarda un po', » pensavo, « ch'io quasi quasi potrei credere che mi sia davvero affogato nel molino della Stìa e che intanto mi illuda di vivere ancora. Si sa che certe specie di pazzia sono contagiose.

Quella del Paleari, per quanto in prima mi ribellassi, alla fine mi s'attaccò. Non che credessi veramente di esser morto: non sarebbe stato un gran male, giacché il forte è morire, e, appena morti, non credo che si possa avere il tristo desiderio di ritornare in vita. Mi accorsi tutt'a un tratto che dovevo proprio morire ancora: ecco il male! Chi se ne ricordava più? Dopo il mio suicidio alla Stìa , io naturalmente non avevo veduto più altro, innanzi a me, che la vita. Ed ecco qua, ora: il signor Anselmo Paleari mi metteva innanzi di continuo l'ombra della morte. Non sapeva più parlar d'altro, questo benedett'uomo!

Ne parlava però con tanto fervore e gli scappavan fuori di tratto in tratto, nella foga del discorso, certe immagini e certe espressioni così singolari, che, ascoltandolo, mi passava subito la voglia di cavarmelo d'attorno e d'andarmene ad abitare altrove. Del resto, la dottrina e la fede del signor Paleari, tuttoché mi sembrassero talvolta puerili, erano in fondo confortanti; e, poiché purtroppo mi s'era affacciata l'idea che, un giorno o l'altro, io dovevo pur morire sul serio, non mi dispiaceva di sentirne parlare a quel modo. - C'è logica?

- mi domandò egli un giorno, dopo avermi letto un passo di un libro del Finot, pieno d'una filosofia così sentimentalmente macabra, che pareva il sogno d'un becchino morfinomane, su la vita nientemeno dei vermi nati dalla decomposizione del corpo umano. - C'è logica?

Materia, sì materia: ammettiamo che tutto sia materia. Ma c'è forma e forma, modo e modo, qualità e qualità: c'è il sasso e l'etere imponderabile, perdio! Nel mio stesso corpo, c'è l'unghia, il dente, il pelo, e c'è perbacco il finissimo tessuto oculare. Ora, sissignore, chi vi dice di no? quella che chiamiamo anima sarà materia anch'essa; ma vorrete ammettermi che non sarà materia come l'unghia, come il dente, come il pelo: sarà materia come l'etere, o che so io. L'etere, sì, l'ammettete come ipotesi, e l'anima no? C'è logica?

Materia, sissignore. Segua il mio ragionamento, e veda un po' dove arrivo, concedendo tutto. Veniamo alla Natura. Noi consideriamo adesso l'uomo come l'erede di una serie innumerevole di generazioni, è vero? come il prodotto di una elaborazione ben lenta della Natura. Lei, caro signor Meis, ritiene che sia una bestia anch'esso, crudelissima bestia e, nel suo insieme, ben poco pregevole? Concedo anche questo, e dico: sta bene, l'uomo rappresenta nella scala degli esseri un gradino non molto elevato; dal verme all'uomo poniamo otto, poniamo sette, poniamo cinque gradini. Ma, perdiana!, la Natura ha faticato migliaja, migliaja e migliaja di secoli per salire questi cinque gradini, dal verme all'uomo; s'è dovuta evolvere, è vero? questa materia per raggiungere come forma e come sostanza questo quinto gradino, per diventare questa bestia che ruba, questa bestia che uccide, questa bestia bugiarda, ma che pure è capace di scrivere la Divina Commedia , signor Meis, e di sacrificarsi come ha fatto sua madre e mia madre; e tutt'a un tratto, pàffete, torna zero? C'è logica?

Ma diventerà verme il mio naso, il mio piede, non l'anima mia, per bacco! materia anch'essa, sissignore, chi vi dice di no? ma non come il mio naso o come il mio piede. C'è logica?

- Scusi, signor Paleari, - gli obbiettai io, - un grand'uomo passeggia, cade, batte la testa, diventa scemo.

Dov'è l'anima?

Il signor Anselmo restò un tratto a guardare, come se improvvisamente gli fosse caduto un macigno innanzi ai piedi.

- Dov'è l'anima?

- Sì, lei o io, io che non sono un grand'uomo, ma che pure... via, ragiono: passeggio, cado, batto la testa, divento scemo. Dov'è l'anima?

Il Paleari giunse le mani e, con espressione di benigno compatimento, mi rispose:

- Ma, santo Dio, perché vuol cadere e batter la testa, caro signor Meis?

- Per un'ipotesi...

- Ma nossignore: passeggi pure tranquillamente.

Prendiamo i vecchi che, senza bisogno di cadere e batter la testa, possono naturalmente diventare scemi. Ebbene, che vuol dire? Lei vorrebbe provare con questo che, fiaccandosi il corpo, si raffievolisce anche l'anima, per dimostrar così che l'estinzione dell'uno importi l'estinzione dell'altra? Ma scusi! Immagini un po' il caso contrario: di corpi estremamente estenuati in cui pur brilla potentissima la luce dell'anima: Giacomo Leopardi! e tanti vecchi come per esempio Sua Santità Leone XIII! E dunque? Ma immagini un pianoforte e un sonatore: a un certo punto, sonando, il pianoforte si scorda; un tasto non batte più; due, tre corde si spezzano; ebbene, sfido! con uno strumento così ridotto, il sonatore, per forza, pur essendo bravissimo, dovrà sonar male. E se il pianoforte poi tace, non esiste più neanche il sonatore? - Il cervello sarebbe il pianoforte; il sonatore l'anima?

- Vecchio paragone, signor Meis!

Ora se il cervello si guasta, per forza l'anima s'appalesa scema, o matta, o che so io. Vuol dire che, se il sonatore avrà rotto, non per disgrazia, ma per inavvertenza o per volontà lo strumento, pagherà: chi rompe paga: si paga tutto, si paga. Ma questa è un'altra questione. Scusi, non vorrà dir nulla per lei che tutta l'umanità, tutta, dacché se ne ha notizia, ha sempre avuto l'aspirazione a un'altra vita, di là? È un fatto, questo, un fatto, una prova reale. - Dicono: l'istinto della conservazione...

- Ma nossignore, perché me n'infischio io, sa?

di questa vile pellaccia che mi ricopre! Mi pesa, la sopporto perché so che devo sopportarla; ma se mi provano, perdiana, che - dopo averla sopportata per altri cinque o sei o dieci anni - io non avrò pagato lo scotto in qualche modo, e che tutto finirà lì ma io la butto via oggi stesso, in questo stesso momento: e dov'è allora l'istinto della conservazione? Mi conservo unicamente perché sento che non può finire cosi! Ma altro è l'uomo singolo, dicono, altro è l'umanità. L'individuo finisce, la specie continua la sua evoluzione. Bel modo di ragionare, codesto! Ma guardi un po'! Come se l'umanità non fossi io, non fosse lei e, a uno a uno, tutti. E non abbiamo ciascuno lo stesso sentimento, che sarebbe cioè la cosa più assurda e più atroce, se tutto dovesse consister qui, in questo miserabile soffio che è la nostra vita terrena: cinquanta, sessant'anni di noja, di miserie, di fatiche: perché? per niente! per l'umanità? Ma se l'umanità anch'essa un giorno dovrà finire? Pensi un po': e tutta questa vita, tutto questo progresso, tutta questa evoluzione perché sarebbero stati? Per niente? E il niente, il puro niente, dicono intanto che non esiste... Guarigione dell'astro, è vero? come ha detto lei l'altro giorno. Va bene: guarigione; ma bisogna vedere in che senso. Il male della scienza, guardi, signor Meis, è tutto qui: che vuole occuparsi della vita soltanto. - Eh, - sospirai io, sorridendo, - poiché dobbiamo vivere...

- Ma dobbiamo anche morire!

- ribatté il Paleari. - Capisco; perché però pensarci tanto?

- Perché?

ma perché non possiamo comprendere la vita, se in qualche modo non ci spieghiamo la morte! Il criterio direttivo delle nostre azioni, il filo per uscir da questo labirinto, il lume insomma, signor Meis, il lume deve venirci di là, dalla morte. - Col bujo che ci fa?

- Bujo?

Bujo per lei! Provi ad accendervi una lampadina di fede, con l'olio puro dell'anima. Se questa lampadina manca, noi ci aggiriamo qua, nella vita, come tanti ciechi, con tutta la luce elettrica che abbiamo inventato! Sta bene, benissimo, per la vita, la lampadina elettrica; ma noi, caro signor Meis, abbiamo anche bisogno di quell'altra che ci faccia un po' di luce per la morte. Guardi, io provo anche, certe sere, ad accendere un certo lanternino col vetro rosso; bisogna ingegnarsi in tutti i modi, tentar comunque di vedere. Per ora, mio genero Terenzio è a Napoli. Tornerà fra qualche mese, e allora la inviterò ad assistere a qualche nostra modesta sedutina, se vuole. E chi sa che quel lanternino... Basta, non voglio dirle altro. Come si vede, non era molto piacevole la compagnia di Anselmo Paleari. Ma, pensandoci bene potevo io senza rischio, o meglio, senza vedermi costretto a mentire, aspirare a qualche altra compagnia men lontana dalla vita? Mi ricordavo ancora del cavalier Tito Lenzi. Il signor Paleari invece non si curava di saper nulla di me, pago dell'attenzione ch'io prestavo a' suoi discorsi. Quasi ogni mattina, dopo la consueta abluzione di tutto il corpo, mi accompagnava nelle mie passeggiate; andavamo o sul Gianicolo o su l'Aventino o su Monte Mario, talvolta sino a Ponte Nomentano, sempre parlando della morte. « Ed ecco che bel guadagno ho fatto io, » pensavo, « a non esser morto davvero!

Tentavo qualche volta di trarlo a parlar d'altro; ma pareva che il signor Paleari non avesse occhi per lo spettacolo della vita intorno; camminava quasi sempre col cappello in mano; a un certo punto, lo alzava come per salutar qualche ombra ed esclamava: - Sciocchezze!

Una sola volta mi rivolse, all'improvviso, una domanda particolare:

- Perché sta a Roma lei, signor Meis?

Mi strinsi ne le spalle e gli risposi:

- Perché mi piace di starci...

- Eppure è una città triste, - osservò egli, scotendo il capo.

- Molti si meravigliano che nessuna impresa vi riesca, che nessuna idea viva vi attecchisca. Ma questi tali si meravigliano perché non vogliono riconoscere che Roma è morta. - Morta anche Roma?

- esclamai, costernato. - Da gran tempo, signor Meis!

Ed è vano, creda, ogni sforzo per farla rivivere. Chiusa nel sogno del suo maestoso passato, non ne vuol più sapere di questa vita meschina che si ostina a formicolarle intorno. Quando una città ha avuto una vita come quella di Roma, con caratteri cosi spiccati e particolari, non può diventare una città moderna, cioè una città come un'altra. Roma giace là, col suo gran cuore frantumato, a le spalle del Campidoglio. Son forse di Roma queste nuove case? Guardi, signor Meis. Mia figlia Adriana mi ha detto dell'acquasantiera, che stava in camera sua, si ricorda? Adriana gliela tolse dalla camera, quell'acquasantiera; ma, l'altro giorno, le cadde di mano e si ruppe: ne rimase soltanto la conchetta, e questa, ora, è in camera mia, su la mia scrivania, adibita all'uso che lei per primo, distrattamente, ne aveva fatto. Ebbene, signor Meis, il destino di Roma è l'identico. I papi ne avevano fatto - a modo loro, s'intende - un'acquasantiera; noi italiani ne abbiamo fatto, a modo nostro, un portacenere. D'ogni paese siamo venuti qua a scuotervi la cenere del nostro sigaro, che è poi il simbolo della frivolezza di questa miserrima vita nostra e dell'amaro e velenoso piacere che essa ci dà.

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X - Acquasantiera e portacenere (Seconda parte) X - Stoup and ashtray (Part Two) X - Stoup y cenicero (Segunda parte) X - スツープと灰皿(後編) X - Garrafão e cinzeiro (Segunda parte)

X: Acquasantiera e portacenere (Seconda parte) |bacia de água|||| Ogni minimo che - sospeso come già da un pezzo mi sentivo in un vuoto strano - mi faceva ora cadere in lunghe riflessioni. |||||||||||||vazio|||||||| Questo dell’acquasantiera m’indusse a pensare che, fin da ragazzo, io non avevo più atteso a pratiche religiose, né ero più entrato in alcuna chiesa per pregare, andato via Pinzone che mi vi conduceva insieme con Berto, per ordine della mamma. |||||||||||||prestado atenção|||||||||||||||||||||||||| Non avevo mai sentito alcun bisogno di domandare a me stesso se avessi veramente una fede. E Mattia Pascal era morto di mala morte senza conforti religiosi. Improvvisamente, mi vidi in una condizione assai speciosa. Suddenly, I saw myself in a very specious condition.

Per tutti quelli che mi conoscevano, io mi ero tolto - bene o male - il pensiero più fastidioso e più affliggente che si possa avere, vivendo: quello della morte. |||||||||livrado|||||||||||||||||| Chi sa quanti, a Miragno, dicevano: - Beato lui, alla fine!

Comunque sia, ha risolto il problema. E non avevo risolto nulla, io, intanto.

Mi trovavo ora coi libri d’Anselmo Paleari tra le mani, e questi libri m’insegnavano che i morti, quelli veri, si trovavano nella mia identica condizione, nei « gusci » del Kâmaloka , specialmente i suicidi, che il signor Leadbeater, autore del Plan Astral (premier degré du monde invisible, d’après la théosophie), raffigura come eccitati da ogni sorta d’appetiti umani, a cui non possono soddisfare, sprovvisti come sono del corpo carnale, ch’essi però ignorano d’aver perduto. « Oh, guarda un po', » pensavo, « ch’io quasi quasi potrei credere che mi sia davvero affogato nel molino della Stìa e che intanto mi illuda di vivere ancora. " Oh, look at that, " I thought, " that I could almost believe that I really drowned myself in the Stìa mill and meanwhile delude myself that I still live. Si sa che certe specie di pazzia sono contagiose. ||||||loucura||

Quella del Paleari, per quanto in prima mi ribellassi, alla fine mi s’attaccò. ||||||||me rebelava||||se apegou Paleari's, as much as I rebelled at first, eventually stuck to me. Non che credessi veramente di esser morto: non sarebbe stato un gran male, giacché il forte è morire, e, appena morti, non credo che si possa avere il tristo desiderio di ritornare in vita. Not that I really thought I was dead: it would not have been a great evil, since the strong is to die, and, as soon as one is dead, I don't think one can have the sad desire to come back to life. Mi accorsi tutt’a un tratto che dovevo proprio morire ancora: ecco il male! Chi se ne ricordava più? Dopo il mio suicidio alla Stìa , io naturalmente non avevo veduto più altro, innanzi a me, che la vita. After my suicide at the Stìa , I of course had seen nothing more before me but life. Ed ecco qua, ora: il signor Anselmo Paleari mi metteva innanzi di continuo l’ombra della morte. Non sapeva più parlar d’altro, questo benedett’uomo!

Ne parlava però con tanto fervore e gli scappavan fuori di tratto in tratto, nella foga del discorso, certe immagini e certe espressioni così singolari, che, ascoltandolo, mi passava subito la voglia di cavarmelo d’attorno e d’andarmene ad abitare altrove. |||||||||||||||fervor|||||||||||||||||||||||| Del resto, la dottrina e la fede del signor Paleari, tuttoché mi sembrassero talvolta puerili, erano in fondo confortanti; e, poiché purtroppo mi s’era affacciata l’idea che, un giorno o l’altro, io dovevo pur morire sul serio, non mi dispiaceva di sentirne parlare a quel modo. |||||||||||||às vezes||||||||infelizmente|||aparecido||||||||||||||||||||| After all, Mr. Paleari's doctrine and faith, though they seemed puerile at times, were comforting after all; and since, unfortunately, the idea had dawned on me that, one day or another, I had to die for real, I didn't mind hearing about it that way. - C’è logica?

- mi domandò egli un giorno, dopo avermi letto un passo di un libro del Finot, pieno d’una filosofia così sentimentalmente macabra, che pareva il sogno d’un becchino morfinomane, su la vita nientemeno dei vermi nati dalla decomposizione del corpo umano. ||||||||||||||||||||||||||coveiro|viciado em morf|||||||||||| - C’è logica?

Materia, sì materia: ammettiamo che tutto sia materia. Ma c’è forma e forma, modo e modo, qualità e qualità: c’è il sasso e l’etere imponderabile, perdio! |||||||||||||pedra||o éter|| But there is form and form, manner and manner, quality and quality: there is the stone and the imponderable ether, by golly! Nel mio stesso corpo, c’è l’unghia, il dente, il pelo, e c’è perbacco il finissimo tessuto oculare. |||||a unha|||||||caramba|||| In my own body, there is the nail, the tooth, the hair, and there is by golly the very fine eye tissue. Ora, sissignore, chi vi dice di no? quella che chiamiamo anima sarà materia anch’essa; ma vorrete ammettermi che non sarà materia come l’unghia, come il dente, come il pelo: sarà materia come l’etere, o che so io. ||||||||||||||||||||||||||||o que eu sei| that which we call the soul will also be matter; but you will want to admit to me that it will not be matter like the fingernail, like the tooth, like the hair: it will be matter like the ether, or whatever. L’etere, sì, l’ammettete come ipotesi, e l’anima no? ||a admitem||||| C’è logica?

Materia, sissignore. Segua il mio ragionamento, e veda un po' dove arrivo, concedendo tutto. siga||||||||||| Veniamo alla Natura. Noi consideriamo adesso l’uomo come l’erede di una serie innumerevole di generazioni, è vero? We now regard man as the heir of an innumerable series of generations, is that right? come il prodotto di una elaborazione ben lenta della Natura. Lei, caro signor Meis, ritiene che sia una bestia anch’esso, crudelissima bestia e, nel suo insieme, ben poco pregevole? |||||||||também||||||||| Concedo anche questo, e dico: sta bene, l’uomo rappresenta nella scala degli esseri un gradino non molto elevato; dal verme all’uomo poniamo otto, poniamo sette, poniamo cinque gradini. ||||||||||||||degrau||||||||||||| Ma, perdiana!, la Natura ha faticato migliaja, migliaja e migliaja di secoli per salire questi cinque gradini, dal verme all’uomo; s’è dovuta evolvere, è vero? |pelo amor de Deus||||trabalhado|milhares|||||||||||||||||| questa materia per raggiungere come forma e come sostanza questo quinto gradino, per diventare questa bestia che ruba, questa bestia che uccide, questa bestia bugiarda, ma che pure è capace di scrivere la Divina Commedia , signor Meis, e di sacrificarsi come ha fatto sua madre e mia madre; e tutt’a un tratto, pàffete, torna zero? |||alcançar||||||||nível||||||rouba||||mata|||mentirosa||||||||||||||||||||||||||||páffete|| C’è logica?

Ma diventerà verme il mio naso, il mio piede, non l’anima mia, per bacco! |||||||||||||por Baco materia anch’essa, sissignore, chi vi dice di no? ma non come il mio naso o come il mio piede. C’è logica?

- Scusi, signor Paleari, - gli obbiettai io, - un grand’uomo passeggia, cade, batte la testa, diventa scemo. ||||eu observei||||||||||estúpido

Dov’è l’anima?

Il signor Anselmo restò un tratto a guardare, come se improvvisamente gli fosse caduto un macigno innanzi ai piedi. |||||||||||||||pedra pesada|||

- Dov’è l’anima?

- Sì, lei o io, io che non sono un grand’uomo, ma che pure... via, ragiono: passeggio, cado, batto la testa, divento scemo. Dov’è l’anima?

Il Paleari giunse le mani e, con espressione di benigno compatimento, mi rispose: ||juntou||||||||||

- Ma, santo Dio, perché vuol cadere e batter la testa, caro signor Meis?

- Per un’ipotesi...

- Ma nossignore: passeggi pure tranquillamente. ||passeie||

Prendiamo i vecchi che, senza bisogno di cadere e batter la testa, possono naturalmente diventare scemi. |||||||||||||||estúpidos Ebbene, che vuol dire? bem||| Lei vorrebbe provare con questo che, fiaccandosi il corpo, si raffievolisce anche l’anima, per dimostrar così che l’estinzione dell’uno importi l’estinzione dell’altra? ||||||se debilitando||||enfraquece||||||||||| Ma scusi! Immagini un po' il caso contrario: di corpi estremamente estenuati in cui pur brilla potentissima la luce dell’anima: Giacomo Leopardi! |||||||||||||brilha|||||| Imagine somewhat the opposite case: of extremely exhausted bodies in which yet the light of the soul shines most powerfully: Giacomo Leopardi! e tanti vecchi come per esempio Sua Santità Leone XIII! E dunque? Ma immagini un pianoforte e un sonatore: a un certo punto, sonando, il pianoforte si scorda; un tasto non batte più; due, tre corde si spezzano; ebbene, sfido! ||||||pianista|||||||||desafina||tecla||||||||quebram-se||desafio But imagine a piano and a player: at some point, while playing, the piano forgets; one key no longer strikes; two, three strings break; well, I dare! con uno strumento così ridotto, il sonatore, per forza, pur essendo bravissimo, dovrà sonar male. ||||reduzido|||||||||| E se il pianoforte poi tace, non esiste più neanche il sonatore? - Il cervello sarebbe il pianoforte; il sonatore l’anima?

- Vecchio paragone, signor Meis! |comparação antiga||

Ora se il cervello si guasta, per forza l’anima s’appalesa scema, o matta, o che so io. |||||||||se manifesta|||louca|||| Vuol dire che, se il sonatore avrà rotto, non per disgrazia, ma per inavvertenza o per volontà lo strumento, pagherà: chi rompe paga: si paga tutto, si paga. Ma questa è un’altra questione. Scusi, non vorrà dir nulla per lei che tutta l’umanità, tutta, dacché se ne ha notizia, ha sempre avuto l’aspirazione a un’altra vita, di là? |||||||||||desde que||||||||||||| Excuse me, won't it mean anything to you that all mankind, all of it, ever since we have known about it, has always had the aspiration for another life, that way? È un fatto, questo, un fatto, una prova reale. It is a fact, this, a fact, real evidence. - Dicono: l’istinto della conservazione...

- Ma nossignore, perché me n’infischio io, sa? ||||não me importo|| - But no sir, because I don't care, you know?

di questa vile pellaccia che mi ricopre! |||pele vile|||cobre Mi pesa, la sopporto perché so che devo sopportarla; ma se mi provano, perdiana, che - dopo averla sopportata per altri cinque o sei o dieci anni - io non avrò pagato lo scotto in qualche modo, e che tutto finirà lì ma io la butto via oggi stesso, in questo stesso momento: e dov’è allora l’istinto della conservazione? |||||||||||||pelo amor de Deus||||||||||||||||||o preço||||||||||||jogo fora||||||||||||| Mi conservo unicamente perché sento che non può finire cosi! ||||sinto||||| I am saving myself solely because I feel that it cannot end like this! Ma altro è l’uomo singolo, dicono, altro è l’umanità. ||||indivíduo|||| But other is the individual man, they say, other is humanity. L’individuo finisce, la specie continua la sua evoluzione. Bel modo di ragionare, codesto! ||||isso mesmo Ma guardi un po'! Come se l’umanità non fossi io, non fosse lei e, a uno a uno, tutti. E non abbiamo ciascuno lo stesso sentimento, che sarebbe cioè la cosa più assurda e più atroce, se tutto dovesse consister qui, in questo miserabile soffio che è la nostra vita terrena: cinquanta, sessant’anni di noja, di miserie, di fatiche: perché? |||||||||||||||||||||||||sopro||||||||||||||| per niente! per l’umanità? Ma se l’umanità anch’essa un giorno dovrà finire? Pensi un po': e tutta questa vita, tutto questo progresso, tutta questa evoluzione perché sarebbero stati? Just think: and all this life, all this progress, all this evolution, why would they be? Per niente? E il niente, il puro niente, dicono intanto che non esiste... Guarigione dell’astro, è vero? |||||||||||cura|do astro|| come ha detto lei l’altro giorno. Va bene: guarigione; ma bisogna vedere in che senso. ||cura|||||| Il male della scienza, guardi, signor Meis, è tutto qui: che vuole occuparsi della vita soltanto. - Eh, - sospirai io, sorridendo, - poiché dobbiamo vivere...

- Ma dobbiamo anche morire!

- ribatté il Paleari. - Capisco; perché però pensarci tanto?

- Perché?

ma perché non possiamo comprendere la vita, se in qualche modo non ci spieghiamo la morte! Il criterio direttivo delle nostre azioni, il filo per uscir da questo labirinto, il lume insomma, signor Meis, il lume deve venirci di là, dalla morte. - Col bujo che ci fa? |bicho|||

- Bujo?

Bujo per lei! Provi ad accendervi una lampadina di fede, con l’olio puro dell’anima. Try lighting a light bulb of faith for yourself, with the pure oil of the soul. Se questa lampadina manca, noi ci aggiriamo qua, nella vita, come tanti ciechi, con tutta la luce elettrica che abbiamo inventato! ||||||||||||cegos|||||||| Sta bene, benissimo, per la vita, la lampadina elettrica; ma noi, caro signor Meis, abbiamo anche bisogno di quell’altra che ci faccia un po' di luce per la morte. Guardi, io provo anche, certe sere, ad accendere un certo lanternino col vetro rosso; bisogna ingegnarsi in tutti i modi, tentar comunque di vedere. |||||||||||||||||||||de qualquer forma|| Look, I even try, some evenings, to light a certain lantern with the red glass; you have to be ingenious in every way, still try to see. Per ora, mio genero Terenzio è a Napoli. Tornerà fra qualche mese, e allora la inviterò ad assistere a qualche nostra modesta sedutina, se vuole. ||||||||||||||sessão de estudo|| E chi sa che quel lanternino... Basta, non voglio dirle altro. |||||lanterna||||| Come si vede, non era molto piacevole la compagnia di Anselmo Paleari. |||||||||||Paleari Ma, pensandoci bene potevo io senza rischio, o meglio, senza vedermi costretto a mentire, aspirare a qualche altra compagnia men lontana dalla vita? |||||||||||obrigado||||||||||| Mi ricordavo ancora del cavalier Tito Lenzi. Il signor Paleari invece non si curava di saper nulla di me, pago dell’attenzione ch’io prestavo a' suoi discorsi. Quasi ogni mattina, dopo la consueta abluzione di tutto il corpo, mi accompagnava nelle mie passeggiate; andavamo o sul Gianicolo o su l’Aventino o su Monte Mario, talvolta sino a Ponte Nomentano, sempre parlando della morte. |||||habitual|ablução||||||||||||||||||||||||||||| « Ed ecco che bel guadagno ho fatto io, » pensavo, « a non esser morto davvero!

Tentavo qualche volta di trarlo a parlar d’altro; ma pareva che il signor Paleari non avesse occhi per lo spettacolo della vita intorno; camminava quasi sempre col cappello in mano; a un certo punto, lo alzava come per salutar qualche ombra ed esclamava: - Sciocchezze! bobagens

Una sola volta mi rivolse, all’improvviso, una domanda particolare: ||||dirigiu-se||||

- Perché sta a Roma lei, signor Meis?

Mi strinsi ne le spalle e gli risposi: |me encolhi||||||

- Perché mi piace di starci...

- Eppure è una città triste, - osservò egli, scotendo il capo. |||||||balançando||

- Molti si meravigliano che nessuna impresa vi riesca, che nessuna idea viva vi attecchisca. |||||empresa||suceda||||||pegue raiz Ma questi tali si meravigliano perché non vogliono riconoscere che Roma è morta. But these such marvel because they do not want to acknowledge that Rome is dead. - Morta anche Roma?

- esclamai, costernato. - Da gran tempo, signor Meis!

Ed è vano, creda, ogni sforzo per farla rivivere. Chiusa nel sogno del suo maestoso passato, non ne vuol più sapere di questa vita meschina che si ostina a formicolarle intorno. ||||||||||||||||||teima||cercar-lhe| Locked in the dream of her majestic past, she wants no more of this petty life that stubbornly tingles around her. Quando una città ha avuto una vita come quella di Roma, con caratteri cosi spiccati e particolari, non può diventare una città moderna, cioè una città come un’altra. ||||||||||||||marcantes||||||||||||| Roma giace là, col suo gran cuore frantumato, a le spalle del Campidoglio. |está||||||quebrado||||| Son forse di Roma queste nuove case? Guardi, signor Meis. Mia figlia Adriana mi ha detto dell’acquasantiera, che stava in camera sua, si ricorda? Adriana gliela tolse dalla camera, quell’acquasantiera; ma, l’altro giorno, le cadde di mano e si ruppe: ne rimase soltanto la conchetta, e questa, ora, è in camera mia, su la mia scrivania, adibita all’uso che lei per primo, distrattamente, ne aveva fatto. |a ela|tirou||||||||||mão|||quebrou-se|||||bacia-pés||||||||||||destinada ao uso||||||||| Adriana took it out of her room, that stoup; but, the other day, it fell out of her hand and broke: only the small conch remained, and this, now, is in my room, on my desk, assigned to the use that she first, absent-mindedly, had made of it. Ebbene, signor Meis, il destino di Roma è l’identico. I papi ne avevano fatto - a modo loro, s’intende - un’acquasantiera; noi italiani ne abbiamo fatto, a modo nostro, un portacenere. |||||||||||||||||||cinzeiro D’ogni paese siamo venuti qua a scuotervi la cenere del nostro sigaro, che è poi il simbolo della frivolezza di questa miserrima vita nostra e dell’amaro e velenoso piacere che essa ci dà. ||||||sacudir-vos||cinzas|||||||||||||||||do amargo|||||||