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Il giornalino di Gian Burrasca - Vamba, Capitolo 12

Capitolo 12

5 dicembre.

Oggi è tornato il babbo, la mamma e l'Ada, tutti di cattivissimo umore. È inutile dire che si sono sfogati tutti contro di me, ripetendo che sono un pessimo soggetto, un ragazzaccio incorreggibile, e tutte le solite cose che oramai so a memoria da un pezzo. Il babbo per l'affare del fantoccio mi ha fatto una predica d'un'ora, dicendo che è stata un'azione degna di uno sciagurato senza cervello e senza cuore come sono io. Anche questo è un complimento vecchio, ormai, e mi piacerebbe che si rimettesse un po' a nuovo. Non mi si potrebbe chiamare qualche volta, tanto per cambiare, uno sciagurato senza fegato e senza milza, o uno sciagurato senza ventricolo e senza coratella?... Ma oggi era destino che fosse la mia beneficiata, la beneficiata di questo infelice Gian Burrasca - come mi chiamano tutti i miei persecutori apposta perché sanno di farmi dispetto - e le disgrazie mi capitano a due a due come le ciliege, con la differenza che le ciliege si ha piacere che capitino così, mentre le disgrazie sarebbe bene che venissero a una per volta, altrimenti non ci si resiste. Il fatto è che il babbo non aveva ancora finita la predica per lo spavento avuto da Virginia, quando è arrivata una lettera di quel caro signor Prèside il quale ha voluto fare il suo bravo rapporto per una sciocchezza accaduta ieri in scuola, una cosa alla quale si è voluto dare una grande importanza, non si sa perché. Ecco come sta il fatto. Ieri avevo portato a scuola una boccettina d'inchiostro rosso che avevo trovato sulla scrivania del babbo... e in questo mi pare non ci sia nulla di male. Io ho sempre detto che sono un gran disgraziato, e lo ripeto. Infatti guardate: io porto a scuola una bottiglietta d'inchiostro rosso proprio nel giorno in cui alla mamma del Betti viene in mente di mettergli una golettona inamidata di due metri; e lei mette al suo figliuolo quella golettona proprio nel giorno che mi viene il capriccio di portare a scuola una bottiglia d'inchiostro rosso. Basta. Non so come mi è venuta l'idea di utilizzare la goletta del Betti, la quale era così grande, così bianca, così luccicante... e intinta la penna dalla parte del manico nell'inchiostro rosso, piano piano perché il Betti non sentisse, gli ho scritto sulla goletta questi versi: Tutti fermi! tutti zitti, Che se vi vede Muscolo Siete tutti fritti!

Poco dopo il professor Muscolo ha chiamato il Betti alla lavagna, e tutti leggendo su quella bella goletta bianca scritti questi tre versi in un bel color rosso, hanno dato in una grande risata. Da principio Muscolo non capiva, e non capiva nulla neppure il Betti, proprio come l'altra volta quando gli messi la pece sotto i calzoni che gli rimasero attaccati sulla panca. Ma poi il professore lesse i versi e diventò una tigre. Andò subito dal Prèside il quale, al solito, venne a fare un'inchiesta. Io nel frattempo avevo fatto sparire la boccettina dell'inchiostro rosso nascondendola sotto la base di legno del banco; ma il Prèside volle far la rivista delle cartelle di tutti noi, che stavamo di posto dietro al Betti (cosa insopportabile perché l'andare a frugare nella roba degli altri è proprio un modo di procedere degno della Russia) e nella mia trovò la penna col cannello tinto di rosso. - Lo sapevo che era stato lei! - mi disse il Prèside - come fu lei a metter la pece sotto i calzoni dello stesso Betti... Va bene! Tanto va la gatta al lardo... - E per questa cosa mi ha fatto rapporto. - Lo vedi? - ha gridato il babbo mettendomi la lettera del Prèside sotto il naso. - Lo vedi? Non si finisce di rimproverarti una birbonata che ne vien fuori un'altra peggio!... - È verissimo, ne convengo. Ma è colpa mia, se è venuta la lettera del Prèside proprio nel momento in cui il babbo mi rimproverava per l'affare del fantoccio? 6 dicembre.

Scrivo dopo aver divorate tutte le mie lacrime. Proprio così; perché ho finito in questo momento di mangiare una scodella di minestra piangendovi dentro per la rabbia di doverla mangiare. Il babbo ieri ha decretato che la mia punizione per l'affare del fantoccio di Virginia e per l'altra sciocchezza dei versi contro il professor Muscolo debba consistere nel darmi da mangiare per sei giorni consecutivi sempre minestra, niente altro che minestra. E questo, si capisce, perché sanno che io le minestre non le posso soffrire... Se per combinazione la minestra mi piacesse, si può esser sicuri che mi avrebbero tenuto sei giorni senza minestra... E poi dicono che son dispettosi i ragazzi!... Il fatto è che ho resistito tutto il giorno rifiutandomi di mangiare, deciso a morir di fame piuttosto che sottostare a una prepotenza così feroce. Ma purtroppo stasera non ne potevo più e... ho dovuto piegarmi alla necessità, piangendo amaramente sul mio infelice destino e sulla minestra di capellini che ho terminata in questo momento.

7 dicembre.

È l'ottava minestra che mangio in due giorni... e tutte di capellini. Io domando se anche ai tempi dell'inquisizione s'è mai pensato a infliggere un si terribile supplizio a un povero innocente. Ma tutto ha un limite, e io comincio a ribellarmi a questa indegna persecuzione. Un'ora fa sono entrato in cucina nel momento in cui Caterina non c'era e ho messo una manciata di sale nella cazzeruola dove era a cuocere lo stufato. Il bello è che oggi c'è a pranzo anche l'avvocato Maralli! Meglio così: io in camera mia mangerò la mia nona minestra di capellini, ma loro non potranno mangiare il loro stufato!

Oggi, dopo aver trangugiato la minestra non ho saputo resistere alla curiosità di vedere che effetto faceva lo stufato con tutto quel sale, e sceso al pianterreno sono andato a far capolino all'uscio della stanza da desinare. È stato bene, perché così ho potuto ascoltare una parte di conversazione che m'interessava da vicino. - Dunque, - ha detto la mamma - domani l'altro bisognerà alzarsi alle cinque! - Sicuro, - ha risposto il babbo - perché la carrozza sarà qui alle sei precise, e per andar lassù ci vogliono almeno un paio d'ore. La funzione durerà una mezz'oretta, e così prima dell'undici saremo di ritorno... - Io alle sei precise sarò qui, - ha detto il Maralli. E voleva dir di più, ma in quel momento ha messo in bocca un pezzo di stufato e s'è messo a tossire e a sbuffare come se avesse ingoiato un mulino a vento. Tutti si son messi a dire: - Che c'è? Che cos'è stato? - Ah!... Assaggiatelo!... - ha risposto l'avvocato. L'hanno assaggiato, e allora è stato un coro generale di tosse e starnuti e tutti hanno incominciato a urlare: - Caterina! Caterina! - Io non ne potevo più dal ridere, e sono scappato in camera mia. Vorrei sapere dove andranno tutti domani l'altro alle sei di mattina, in carrozza... Credono di farla a me, ma io starò all'erta! 9 dicembre.

Sono alla diciannovesima minestra di capellini... ma continuo nelle mie vendette. Loro non sanno immaginare che cosa possa diventare di cattivo un povero ragazzo obbligato a mangiare fin cinque e sei minestre al giorno, tutte di capellini, ma se n'accorgeranno. Intanto stamani sono andato in cucina e ho messo un bel pizzicotto di pepe nel caffè... ed era un divertimento, dopo, il vedere come sputavano tutti quanti! Oggi poi c'è stato in casa un viavai di gente, e da ultimo è venuto il garzone del pasticciere con una grande scatola di cartone e un sacchetto pieno che Caterina ha riposto subito nella credenza, chiudendola a chiave. Io però, sapendo che la chiave della camera di Ada apre benissimo anche la credenza, ho colto il momento opportuno e ho voluto vedere che cosa ci fosse in quella scatola e in quel sacchetto. Lo dico subito: la scatola era piena di altre piccole scatole tonde sulle quali era scritto con lettere dorate: Nozze Stoppani- Maralli. È stata una rivelazione per me. - Ah! - ho detto - c'è uno sposalizio in casa e non mi si dice nulla? Ah, c'è una festa in famiglia e il povero Giannino si tiene all'oscuro di tutto, condannato a mangiar minestre di capellini dalla mattina alla sera? - E aperto il sacchetto portato dal pasticciere, e il cui contenuto, dopo aver scoperto quello della scatola, non era più un mistero per me, mi son fatto una bella scorpacciata di confetti esclamando: - No, cari miei! Deve festeggiare gli sposi anche Giannino, perché Giannino è proprio quello che ha fatto nascere lo sposalizio e sarebbe una vera ingratitudine di non fargli prender parte alla festa! 10 dicembre.

Evviva gli sposi! Evviva Giannino!... E abbasso le minestre di capellini! Finalmente la pace è tornata in famiglia e tutto per merito mio. Stamattina dunque, come mi ero ripromesso, io stavo all'erta; e quando ho sentito un po' di rumore in casa, zitto zitto mi sono alzato, mi son vestito e sono andato ad aspettare gli eventi. Nessuno pensava a me. Ho sentito il babbo, la mamma, Ada e Virginia che sono scesi giù dalle loro camere; poi è venuto l'avvocato Maralli, e in ultimo ha suonato il campanello il vetturino e tutti sono usciti. Allora io che stavo pronto, lesto come una saetta, sono sbucato dalla mia camera, sono uscito di casa, e via a corsa precipitosa dietro la carrozza che si era appena mossa. L'ho raggiunta poco distante da casa, ho agguantato la traversa di legno che è in fondo, dietro il mantice, e mi son ficcato lì a sedere, come fanno i ragazzi di strada, pensando fra me: - Ecco che ora non potrete più nascondermi dove andate!... - Il più bello poi è questo: che stando lì, udivo tutti i discorsi che facevano dentro la carrozza... E tra l'altro ho sentito il Maralli che diceva: - Per carità, badate che quel terremoto di Gian Burrasca non sappia niente di questa nostra gita... altrimenti lo ridice a mezzo mondo! - Cammina cammina, dopo molto tempo la carrozza s'è fermata e tutti sono scesi. Ho aspettato un poco e poi sono sceso anch' io. Oh maraviglia! Si era davanti a una chiesetta di campagna, nella quale erano entrati i miei genitori, le mie sorelle e il Maralli. - Che chiesa è questa? - ho domandato a un contadino che era lì fuori. - È la chiesa di San Francesco al Monte. - Sono entrato anch'io, e ho visto dinanzi all'altar maggiore inginocchiati davanti al prete l'avvocato Maralli e Virginia, e più indietro Ada, il babbo e la mamma. Io strisciando lungo la parete della chiesa mi sono avvicinato all'altare senza che nessuno si accorgesse di me, e così ho potuto assistere a tutto lo sposalizio, e quando il prete ha domandato a Virginia e al Maralli se erano contenti di sposarsi e che loro hanno risposto di sì, allora sono uscito a un tratto fuori dell'ombra e ho detto: - Sono contento anch'io; e allora perché non mi avete detto niente, brutti cattivi? - Non so perché, ma in quel momento m'è venuto da piangere, perché quell'azione mi era dispiaciuta davvero, e tutti sono rimasti così meravigliati della mia apparizione, che nessuno ha fiatato. Ma subito la mamma si è messa a singhiozzare e mi ha preso tra le braccia e mi ha baciato, domandandomi con voce tremante: - Giannino mio, Giannino mio, ma come hai fatto a venir fin qui? - Il babbo ha borbottato: - Una delle solite! - Anche Virginia, dopo lo sposalizio, piangeva e mi ha abbracciato e baciato, ma il Maralli m'è parso molto malcontento, e presomi per un braccio mi ha detto: - Bada bene, Giannino, che non ti scappi detto a nessuno, in città, quello che hai visto... Hai inteso? - E perché? - Non ti impicciare del perché. Non son cose che possono capire i ragazzi, queste. Sta' zitto e basta. - Ecco dunque un'altra delle tante solite cose che i ragazzi non possono capire! Ed è possibile - domando io - che delle persone grandi credano sul serio che una ragione simile possa soddisfare un ragazzo? Basta. L'interessante per me è che ora tutti mi vogliono bene; siamo tornati a casa, e nel ritorno sono stato a cassetta col vetturino, e ho guidato quasi sempre io; e, quel che più conta, ora non mangerò più minestre di capellini per un pezzo.

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Capitolo 12 Kapitel 12 Chapter 12

5 dicembre.

Oggi è tornato il babbo, la mamma e l'Ada, tutti di cattivissimo umore. È inutile dire che si sono sfogati tutti contro di me, ripetendo che sono un pessimo soggetto, un ragazzaccio incorreggibile, e tutte le solite cose che oramai so a memoria da un pezzo. Il babbo per l'affare del fantoccio mi ha fatto una predica d'un'ora, dicendo che è stata un'azione degna di uno sciagurato senza cervello e senza cuore come sono io. Anche questo è un complimento vecchio, ormai, e mi piacerebbe che si rimettesse un po' a nuovo. Non mi si potrebbe chiamare qualche volta, tanto per cambiare, uno sciagurato senza fegato e senza milza, o uno sciagurato senza ventricolo e senza coratella?... Ma oggi era destino che fosse la mia beneficiata, la beneficiata di questo infelice Gian Burrasca - come mi chiamano tutti i miei persecutori apposta perché sanno di farmi dispetto - e le disgrazie mi capitano a due a due come le ciliege, con la differenza che le ciliege si ha piacere che capitino così, mentre le disgrazie sarebbe bene che venissero a una per volta, altrimenti non ci si resiste. Il fatto è che il babbo non aveva ancora finita la predica per lo spavento avuto da Virginia, quando è arrivata una lettera di quel caro signor Prèside il quale ha voluto fare il suo bravo rapporto per una sciocchezza accaduta ieri in scuola, una cosa alla quale si è voluto dare una grande importanza, non si sa perché. Ecco come sta il fatto. Ieri avevo portato a scuola una boccettina d'inchiostro rosso che avevo trovato sulla scrivania del babbo... e in questo mi pare non ci sia nulla di male. Io ho sempre detto che sono un gran disgraziato, e lo ripeto. Infatti guardate: io porto a scuola una bottiglietta d'inchiostro rosso proprio nel giorno in cui alla mamma del Betti viene in mente di mettergli una golettona inamidata di due metri; e lei mette al suo figliuolo quella golettona proprio nel giorno che mi viene il capriccio di portare a scuola una bottiglia d'inchiostro rosso. Basta. Non so come mi è venuta l'idea di utilizzare la goletta del Betti, la quale era così grande, così bianca, così luccicante... e intinta la penna dalla parte del manico nell'inchiostro rosso, piano piano perché il Betti non sentisse, gli ho scritto sulla goletta questi versi: Tutti fermi! tutti zitti, Che se vi vede Muscolo Siete tutti fritti!

Poco dopo il professor Muscolo ha chiamato il Betti alla lavagna, e tutti leggendo su quella bella goletta bianca scritti questi tre versi in un bel color rosso, hanno dato in una grande risata. Da principio Muscolo non capiva, e non capiva nulla neppure il Betti, proprio come l'altra volta quando gli messi la pece sotto i calzoni che gli rimasero attaccati sulla panca. Ma poi il professore lesse i versi e diventò una tigre. Andò subito dal Prèside il quale, al solito, venne a fare un'inchiesta. Io nel frattempo avevo fatto sparire la boccettina dell'inchiostro rosso nascondendola sotto la base di legno del banco; ma il Prèside volle far la rivista delle cartelle di tutti noi, che stavamo di posto dietro al Betti (cosa insopportabile perché l'andare a frugare nella roba degli altri è proprio un modo di procedere degno della Russia) e nella mia trovò la penna col cannello tinto di rosso. - Lo sapevo che era stato lei! - mi disse il Prèside - come fu lei a metter la pece sotto i calzoni dello stesso Betti... Va bene! Tanto va la gatta al lardo... - E per questa cosa mi ha fatto rapporto. - Lo vedi? - ha gridato il babbo mettendomi la lettera del Prèside sotto il naso. - Lo vedi? Non si finisce di rimproverarti una birbonata che ne vien fuori un'altra peggio!... - È verissimo, ne convengo. Ma è colpa mia, se è venuta la lettera del Prèside proprio nel momento in cui il babbo mi rimproverava per l'affare del fantoccio? 6 dicembre.

Scrivo dopo aver divorate tutte le mie lacrime. Proprio così; perché ho finito in questo momento di mangiare una scodella di minestra piangendovi dentro per la rabbia di doverla mangiare. Il babbo ieri ha decretato che la mia punizione per l'affare del fantoccio di Virginia e per l'altra sciocchezza dei versi contro il professor Muscolo debba consistere nel darmi da mangiare per sei giorni consecutivi sempre minestra, niente altro che minestra. E questo, si capisce, perché sanno che io le minestre non le posso soffrire... Se per combinazione la minestra mi piacesse, si può esser sicuri che mi avrebbero tenuto sei giorni senza minestra... E poi dicono che son dispettosi i ragazzi!... Il fatto è che ho resistito tutto il giorno rifiutandomi di mangiare, deciso a morir di fame piuttosto che sottostare a una prepotenza così feroce. Ma purtroppo stasera non ne potevo più e... ho dovuto piegarmi alla necessità, piangendo amaramente sul mio infelice destino e sulla minestra di capellini che ho terminata in questo momento.

7 dicembre.

È l'ottava minestra che mangio in due giorni... e tutte di capellini. Io domando se anche ai tempi dell'inquisizione s'è mai pensato a infliggere un si terribile supplizio a un povero innocente. Ma tutto ha un limite, e io comincio a ribellarmi a questa indegna persecuzione. Un'ora fa sono entrato in cucina nel momento in cui Caterina non c'era e ho messo una manciata di sale nella cazzeruola dove era a cuocere lo stufato. Il bello è che oggi c'è a pranzo anche l'avvocato Maralli! Meglio così: io in camera mia mangerò la mia nona minestra di capellini, ma loro non potranno mangiare il loro stufato!

Oggi, dopo aver trangugiato la minestra non ho saputo resistere alla curiosità di vedere che effetto faceva lo stufato con tutto quel sale, e sceso al pianterreno sono andato a far capolino all'uscio della stanza da desinare. È stato bene, perché così ho potuto ascoltare una parte di conversazione che m'interessava da vicino. - Dunque, - ha detto la mamma - domani l'altro bisognerà alzarsi alle cinque! - Sicuro, - ha risposto il babbo - perché la carrozza sarà qui alle sei precise, e per andar lassù ci vogliono almeno un paio d'ore. La funzione durerà una mezz'oretta, e così prima dell'undici saremo di ritorno... - Io alle sei precise sarò qui, - ha detto il Maralli. E voleva dir di più, ma in quel momento ha messo in bocca un pezzo di stufato e s'è messo a tossire e a sbuffare come se avesse ingoiato un mulino a vento. Tutti si son messi a dire: - Che c'è? Che cos'è stato? - Ah!... Assaggiatelo!... - ha risposto l'avvocato. L'hanno assaggiato, e allora è stato un coro generale di tosse e starnuti e tutti hanno incominciato a urlare: - Caterina! Caterina! - Io non ne potevo più dal ridere, e sono scappato in camera mia. Vorrei sapere dove andranno tutti domani l'altro alle sei di mattina, in carrozza... Credono di farla a me, ma io starò all'erta! 9 dicembre.

Sono alla diciannovesima minestra di capellini... ma continuo nelle mie vendette. Loro non sanno immaginare che cosa possa diventare di cattivo un povero ragazzo obbligato a mangiare fin cinque e sei minestre al giorno, tutte di capellini, ma se n'accorgeranno. Intanto stamani sono andato in cucina e ho messo un bel pizzicotto di pepe nel caffè... ed era un divertimento, dopo, il vedere come sputavano tutti quanti! Oggi poi c'è stato in casa un viavai di gente, e da ultimo è venuto il garzone del pasticciere con una grande scatola di cartone e un sacchetto pieno che Caterina ha riposto subito nella credenza, chiudendola a chiave. Io però, sapendo che la chiave della camera di Ada apre benissimo anche la credenza, ho colto il momento opportuno e ho voluto vedere che cosa ci fosse in quella scatola e in quel sacchetto. Lo dico subito: la scatola era piena di altre piccole scatole tonde sulle quali era scritto con lettere dorate: Nozze Stoppani- Maralli. È stata una rivelazione per me. - Ah! - ho detto - c'è uno sposalizio in casa e non mi si dice nulla? Ah, c'è una festa in famiglia e il povero Giannino si tiene all'oscuro di tutto, condannato a mangiar minestre di capellini dalla mattina alla sera? - E aperto il sacchetto portato dal pasticciere, e il cui contenuto, dopo aver scoperto quello della scatola, non era più un mistero per me, mi son fatto una bella scorpacciata di confetti esclamando: - No, cari miei! Deve festeggiare gli sposi anche Giannino, perché Giannino è proprio quello che ha fatto nascere lo sposalizio e sarebbe una vera ingratitudine di non fargli prender parte alla festa! 10 dicembre.

Evviva gli sposi! Evviva Giannino!... E abbasso le minestre di capellini! Finalmente la pace è tornata in famiglia e tutto per merito mio. Stamattina dunque, come mi ero ripromesso, io stavo all'erta; e quando ho sentito un po' di rumore in casa, zitto zitto mi sono alzato, mi son vestito e sono andato ad aspettare gli eventi. Nessuno pensava a me. Ho sentito il babbo, la mamma, Ada e Virginia che sono scesi giù dalle loro camere; poi è venuto l'avvocato Maralli, e in ultimo ha suonato il campanello il vetturino e tutti sono usciti. Allora io che stavo pronto, lesto come una saetta, sono sbucato dalla mia camera, sono uscito di casa, e via a corsa precipitosa dietro la carrozza che si era appena mossa. L'ho raggiunta poco distante da casa, ho agguantato la traversa di legno che è in fondo, dietro il mantice, e mi son ficcato lì a sedere, come fanno i ragazzi di strada, pensando fra me: - Ecco che ora non potrete più nascondermi dove andate!... - Il più bello poi è questo: che stando lì, udivo tutti i discorsi che facevano dentro la carrozza... E tra l'altro ho sentito il Maralli che diceva: - Per carità, badate che quel terremoto di Gian Burrasca non sappia niente di questa nostra gita... altrimenti lo ridice a mezzo mondo! - Cammina cammina, dopo molto tempo la carrozza s'è fermata e tutti sono scesi. Ho aspettato un poco e poi sono sceso anch' io. Oh maraviglia! Si era davanti a una chiesetta di campagna, nella quale erano entrati i miei genitori, le mie sorelle e il Maralli. - Che chiesa è questa? - ho domandato a un contadino che era lì fuori. - È la chiesa di San Francesco al Monte. - Sono entrato anch'io, e ho visto dinanzi all'altar maggiore inginocchiati davanti al prete l'avvocato Maralli e Virginia, e più indietro Ada, il babbo e la mamma. Io strisciando lungo la parete della chiesa mi sono avvicinato all'altare senza che nessuno si accorgesse di me, e così ho potuto assistere a tutto lo sposalizio, e quando il prete ha domandato a Virginia e al Maralli se erano contenti di sposarsi e che loro hanno risposto di sì, allora sono uscito a un tratto fuori dell'ombra e ho detto: - Sono contento anch'io; e allora perché non mi avete detto niente, brutti cattivi? - Non so perché, ma in quel momento m'è venuto da piangere, perché quell'azione mi era dispiaciuta davvero, e tutti sono rimasti così meravigliati della mia apparizione, che nessuno ha fiatato. Ma subito la mamma si è messa a singhiozzare e mi ha preso tra le braccia e mi ha baciato, domandandomi con voce tremante: - Giannino mio, Giannino mio, ma come hai fatto a venir fin qui? - Il babbo ha borbottato: - Una delle solite! - Anche Virginia, dopo lo sposalizio, piangeva e mi ha abbracciato e baciato, ma il Maralli m'è parso molto malcontento, e presomi per un braccio mi ha detto: - Bada bene, Giannino, che non ti scappi detto a nessuno, in città, quello che hai visto... Hai inteso? - E perché? - Non ti impicciare del perché. Non son cose che possono capire i ragazzi, queste. Sta' zitto e basta. - Ecco dunque un'altra delle tante solite cose che i ragazzi non possono capire! Ed è possibile - domando io - che delle persone grandi credano sul serio che una ragione simile possa soddisfare un ragazzo? Basta. L'interessante per me è che ora tutti mi vogliono bene; siamo tornati a casa, e nel ritorno sono stato a cassetta col vetturino, e ho guidato quasi sempre io; e, quel che più conta, ora non mangerò più minestre di capellini per un pezzo.