'Mario Rigoni Stern' con Giuseppe Mendicino e Luca Mercalli
Bene, buon pomeriggio a tutti, benvenuti quelli che ascolteranno questa presentazione di un
nuovo libro dedicato alla vita, alle opere, agli insegnamenti di un grande della nostra
letteratura e un grande testimone del Novecento, che è stato Mario Regoni Stern. Io sono Luca
Barcalli perché sono qui a parlarvi con voi di Mario Regoni Stern, ma per due motivi,
perché è stato anche un grande testimone di natura e di equilibrio con la natura e
perché è stato anche un grande appassionato di meteorologia, di neve, di osservazione
del cielo e ce lo racconta nei suoi libri. E io ho avuto il piacere di conoscerlo anche
per questo aspetto, ma quello che conta è che tra pochi mesi vi sarà il centenario
della nascita. Mario Regoni Stern è del 1921, nato sull'altopiano di Asiago e la sua vita
è stata veramente un album di tante cose normali e di tante cose invece assolutamente
assurde, possiamo dire, come le sue campagne militari. Ha combattuto praticamente tre
guerre se non sbaglio. Giuseppe Mendicino, ti confondevo con Gabriele Boccalatte, pensa,
così, era un coetaneo, un grande alpinista degli anni in cui Mario Regoni Stern era giovane,
frequentava la scuola militare alpina. Allora, quello che volevo dire è che questo libro,
scritto da Giuseppe Mendicino, che è, possiamo dire, il biografo ufficiale di Mario da tanti
anni che ne va scoprendo ogni volta di più qualche aspetto. È giusto, Giuseppe, dire che
Mario ha combattuto in fondo tre guerre? Si, ha combattuto su... Buongiorno a tutti.
Facciamo vedere intanto la copertina del libro così entriamo subito nel merito per far capire
i nostri ascoltatori di chi stiamo parlando perché c'è tra l'altro anche il volto di un
anziano Mario Regoni Stern. Universo nel suo mondo, nel suo piano, sette comuni. Vediamo degli
alberi con la neve dietro. Il bosco, la neve, il luogo dove è nato e poi dove ha scelto di vivere
dopo aver passato quella sovlinezza, averla bruciata, come dicevi tu Luca, su tre fronti
di guerra. Sulle Alpi occidentali nel giugno del 40, quando Mussolini decise di aggredire la
Francia, Roosevelt definì un colpo di pugnale alle spalle di un uomo ormai ferito, perché ormai
i tedeschi erano a Parigi, quindi è stato un atto di immensa viltà politico-militare. Poi dopo,
nello stesso anno, il 28 ottobre, nell'anniversario della marcia su Roma, l'aggressione alla Grecia,
la seconda guerra. Dove Mario fu mandato e che ci racconta in un bellissimo libro. La racconta in
un libro che forse è il meno noto di Regoni, Quota Albania, forse per il titolo che non è evocativo
come il Sergente della Neve o Il Bosco degli Urugalli, ma era il libro a lui più caro,
era davvero il libro a cui era più affezionato. Io consiglio davvero di leggere in tutte le
occasioni. Veramente, è un libro che fa vedere l'immensa sofferenza dei nostri soldati in un mare
di fango e di freddo. Quello che mi ha colpito e che mi resta di Quota Albania è il fango e il
freddo a cui sono stati sottoposti. Era la stagione peggiore in cui si poteva iniziare una guerra. In
autunno quelle strade mulattiere che diventavano dei fiumi di fango, abbiamo visto chi ha studiato,
letto qualcosa di quella guerra, conosce quelle foto con i muli che affrogano e gli alpini che
devono sparargli per evitargli l'ultima sofferenza. E poi la guerra di Russia, che è stata immortalata
in quel bellissimo libro che è Il Sergente, composto da due lunghi racconti, il Caposaldo e la Sacca.
E dopo la guerra, e poi è importante per la maturità di questo vecchio ragazzo, perché non
dimentichiamo che lui vive la guerra e poi la prigionia da giovanissimo, ci saranno 20 mesi di
prigionia nei lager tedeschi per aver detto di no a chi gli chiedeva, dopo l'8 settembre del 43,
aderire alla Repubblica di Mussolini. Proprio poco tempo fa, 20 giorni fa, sono andato nei luoghi
dell'ultimo lager di Rigoni in Austria, al Passo Prebic, e ho visto... è una miniera a cielo aperto
di ferro che a Rigoni ricordava il Purgatorio di Dante, soprattutto nelle illustrazioni di
Gustavo Dorè, ed è una cosa pazzesca, una montagna intera scalata con questa miniera a cielo aperto,
dei gradoni altissimi, e questi soldati, questi ragazzi furono sfruttati pesantemente. Era una
miniera di una... in casa andavano a ditta privata, firma alpina, lavoravano e vivevano in condizioni
davvero dure, molto dure, e chi stava in alto nella miniera a scavare moriva perché è freddissimo.
Guarda, era freddo anche 15 giorni fa quando sono andato, ed il lager è rimasta una sola baracca,
la baracca del corpo di guardia, che è abbandonata. Non c'è nulla che ricordi il lager, non un monumento,
non una targa, niente. C'è questo paese di Wormberger, molto curato, carino, colorato, e accanto
a questa miniera e della storia del lager non ne parla nessuno. Guarda, è una cosa che mi ha colpito
e anche ferito profondamente. Ecco, poi tracciamo proprio a capitoli quello che nel libro è
approfondito con tantissimi documenti che tu hai avuto occasione, voglio ricordarlo, di consultare
grazie proprio all'ingegnamento diretto della famiglia, quindi la famiglia, oltre agli archivi
ufficiali che ormai contengono tante memorie di Mario Rigonisterno, però chiaramente la famiglia
è stata molto disponibile. A partire da Mario, perché quando lo andavo a trovare, erano visite
che mi sono rimaste davvero nel cuore, perché quando era la bella stagione stavamo nel suo
arboretto salvatico, che è un libro bellissimo, ogni capitolo che prende spunto da un albero
diverso, ma era anche il boschetto che aveva intorno casa e che aveva realizzato con i figli,
con Alberico, con Gianni, con Ignazio, piantandoli un po' alla volta e lì accoglieva gli amici,
ma anche i lettori, davvero aveva un senso dell'ospitalità raro, soprattutto nel mondo
dei libri, non sono tutti così gli scrittori, lo sai Luca, e quindi ci andava lì a trovarlo,
io mi ricordo che gli portavo i piccoli libri tascabili in memoria di quelli che lui teneva
nello zaino quando erano negli anni dell'addestramento alpino, durante la guerra,
lui si portava dietro questi libri della Epli, la Divina Commedia, l'Orlando Furioso,
in edizioni molto piccole, teneva nello zaino ed è bello pensare a questo ragazzo che quando
andava per montagne si portava i libri dietro, è una cosa che sarebbe bello tramandare
e rendere un leg motivo anche dei ragazzi che vanno in montagna oggi.
Sì perché è veramente bello pensare che già per Mario, praticamente poco meno di un secolo fa,
la letteratura rappresentava comunque un rifugio, un appiglio nei momenti anche di smarrimento più
totale, pensare di poter leggere in un momento di tristezza oppure durante la prigionia qualche
riga di un grande poema, sembra incredibile ma tanta gente oggi potrebbe far bene.
Infatti dei tre scientisti che lui teneva nello zaino negli anni dell'addestramento alpino,
lui lo ha perso proprio in Albania, questa è una copia identica che ho trovato anche seguendo le
sue indicazioni e dopo gliela portai e rimase molto contento di vederla, la Divina Commedia
invece l'ha persa in Russia. Ecco, ripercorso un po' gli anni della giovinezza, nel libro ci sono
molte immagini che mi ha fornito Alberico, il primo genito della sua giovinezza, delle sue
avventure alpine e delle sue montagne che non sono solo quelle del carissimo altipiano dei
Sette Comuni che amava tantissimo ma anche le montagne del nord orest del nostro paese,
le montagne della Val d'Aosta del Piemonte, lo Chaberton che è un passo da dove abiti tu in Val
di Susa. Sì, la grande vetta con il forte più alto d'Europa, anche io sono molto affezionato
a questo racconto, quando Mario viene nei territori dove io abito e ci sta poi per una
quindicina di giorni se non sbaglio, in un momento di intervallo tra una missione e l'altra, a Cesana,
le casermette varese e poi a Cogna in Val d'Aosta. Voglio ricordarlo questo episodio del Chaberton
perché era il forte ritenuto invincibile che invece proprio nel giugno del 40, mentre Mario
stava combattendo in Val d'Aosta nel settore del Monte Bianco, veniva polverizzato con pochi
colpi ben assestati di mortaio dai francesi, quindi una guerra veramente durata un paio di
settimane che costò tantissima sofferenza anche ai nostri alpini, soprattutto per il freddo. Fu
un giugno freddo, quello del 1940 e gli alpini vennero mandati in alta montagna senza l'equipaggiamento
adeguato. Il forte lo Chaberton quindi era già stato annientato nel giugno del 40 quando Mario
in quella zona, in un momento forse di libera uscita perché dice che ci va a fare una gita,
quindi non era una missione militare, vuole andarlo a vedere per un preciso motivo perché
suo zio artigliere alpino ci aveva fatto la naia molti anni prima e ne parlava quasi come una
fortezza bastiani, come qualcosa di mitico e allora Mario va a vedere penso i ruderi quindi,
il forte fuori servizio è abbattuto, dopo verrà mandato in Albania, nel frattempo il forte verrà
poi rioccupato dai tedeschi nel 44 per breve tempo come zona di vedetta. Oggi il forte è
diventato territorio francese dopo gli accordi del 1947 proprio come ripicca per la pugnalata
la schiena. Infatti guarda nel libro io cerco anche di stimolare chi ama i suoi libri ad andare
nelle sue montagne a seguire i suoi sentieri se l'uomo non li ha rovinati, non li ha cementificati,
distrutti come è accaduto in tante valli alpine, in quelle che si sono salvate per esempio Cogne,
un piccolo gioiello, dove c'è un equilibrio tra ambiente naturale, turismo, civilizzazione urbana,
ecco lì ci sono dei ricordi precisi e molto interessanti, le tende le avevano piantate
dove ci sono le bellissime cascate di Vilazza, lì c'è ancora la parete di roccia dove lui racconta
che Comici, il grande alpinista che li addestrava, gli fa vedere le streghe e poi c'è la montagna
Lagrivola che è stata forse la sua più importante impresa alpinistica per questo ragazzo che è una
montagna che somiglia un po' al Cervino. Sì sfiora appena, non arriva a 4000 metri per pochissimo.
Dove lui racconta questa avventura alpina secondo me è bellissima il suo primo racconto. Poi c'è
la valle di San Porce che lo lega a Primo Levi, quella lì è una valle, anche Erwin Barmassa ha
detto che la valle ancora diciamo forse più coniugata con l'ambiente, è un parco naturale,
ricordiamo che il parco naturale del Montepic ed è una valle poi comunque un po' appartata,
dove non ci sono grandi impianti scistici, quindi rimasta abbastanza... Primo Levi c'era
andato durante un'escursione sci alpinistica con il suo grande amico Sandro Dal Mastro. Rigoni l'anno
dopo con gli alpini e si erano ripromessi da grandi ci andiamo insieme, da grandi torniamo insieme
davanti a quei laghi, davanti alla Rosa dei Banchi che secondo Primo Levi era la montagna
perfetta non perché sia altissima ma per la forma triangolare particolare. Primo Levi ha dedicato a
quei laghi lassù, al Lago Bianco e agli altri, anche una delle sue poesie, una valle che è raccolta
nell'antologia ad ora incerta e si erano ripromessi di tornarci lassù al Lago di Miserè e poi purtroppo
non ci sono tornati perché Primo Levi è scomparso troppo presto. Erano due grandissimi amici e io
proprio ho voluto ricordarla questa amicizia che poi è il sentimento più importante per Rigoni
secondo me. In un capitolo dove parlo proprio dell'amicizia tra i tre grandi scrittori di etica
civile del novecento Mario Rigoni Stern, Primo Levi e Nuto Rebelli. Tutti un pochino accomunati
dalla cifra della montagna perché alla fine anche se Primo Levi era un cittadino, era un torinese
ma la montagna rimane nello sfondo della sua vita e Nuto Rebelli un cuneese con la montagna
protagonista nella sua guerra partigiana. Secondo me Primo Levi ha scritto il racconto italiano
di montagna più bello del novecento che è Ferro. Davvero è un racconto che con poche parole li
lega tutti e tre perché alla fine quando questo grandissimo amico Sandro Del Mastro nell'ultima
intervista a Giovanni Tessu lui dice è rimasto per sempre il mio miglior amico anche se è morto
durante la guerra perché anche lui come Nuto Rebelli si lega a giustizia e libertà, diventa
un ufficiale delle brigate partigianali di giustizia e libertà e viene ammazzato a Cuneo
in mezzo alla strada e assiste a quell'omicidio quella che sarà la moglie di Nuto Rebelli. Quindi
vedi come si intrecciano i legami tra loro tre, è bellissimo il ricordo di quando Primo Levi va
a trovare Mario Rigonisterne in altipiano, scappa quasi da Torino che dove si sente un
po' soffocare e lassù in altipiano recupera un amore per la montagna che come hai detto tu lui
aveva fin da ragazzino, lo vediamo con questa immagine da scienziato, infatti era un chimico
però amava tantissimo la montagna e Mario Rigonisterne davvero gli voleva bene. Ecco,
voglio aggiungerti ancora un piccolo tassello di Alpi occidentali perché abbiamo ricordato
lo sciabattone in Val di Susa, Cogne, Champorcelli, Monte Bianco, ecco c'è anche un piccolissimo luogo
ancora meno noto che è il piano della Zaria in Val Soana, ecco la Val Soana è la valle del
settore meridionale del parco del Gran Paradiso insieme alla valle Orco, una valle veramente
appartata e questo piano della Zaria era il posto dove gli alpini vengono portati a fare
le esercitazioni del corso roccia e veramente Mario passa dei giorni di spensieratezza lì,
nonostante fossero esercitazioni militari ma non era impegnato in missioni e quindi scrive di questo
luogo come uno dei luoghi più belli del mondo che si porterà nel cuore per sempre, il piano
della Zaria lo conosco bene effettivamente è un lieto altopiano di pascoli e di larici e so che
c'è questo tronco panca scavato e apri la panca e dentro ci sono i libri di Mario. Sì, fra l'altro
nel libro ho inserito una sola immagine presente che ho scattato proprio l'ottobre di un anno fa
questa in mezzo a tante foto d'epoca perché la valle è rimasta come era identica, questa era la
casa di caccia del re e la valle ancora adesso, ho fatto vedere le foto a Rigoni stesso e mi ha detto
ci sono un po' più di alberi perché forse c'è un po' meno pastorizia e un po' meno pressione sul
bosco del parco nazionale. Il racconto in cui parla del suo periodo in questa valle è proprio
nel libro dove è inserito il racconto del monte Shaberton cioè amore di confine, quindi io ti va
in quella valle, ecco io consiglio di fare il sentiero che mi ha consigliato lui, andare in
fondo al piano della Zaria, salire sulla destra di altri 700 metri dalla fine e poi fare un grande
semicerchio, passare dal santuario di San Besso dove lui si arrampicava e poi scendere giù verso
Campiglia. Poi naturalmente ora abbiamo parlato delle montagne degli Alpi occidentali, sono le
montagne dell'altipiano, quella più cara era Scima Portule, poi anche Scima Caldiera, Passo Vecena,
Scima Vecena, Monte Fiore e Castelgomberto dove c'è il legame fortissimo con uno scrittore che
amava tanto che era Emilio Lussu. Un anno sull'altipiano Rigoni lo sapeva a guasa memoria e
non a caso tra le due espressioni altipiano e altopiano lui preferiva altipiano sia per i
richiami storici sia per il ricamo al libro di Emilio Lussu che era un capitano vero, uno di
quelli, lui ne aveva conosciuto di ufficiali bravi, Nelson Cenci ha richiamato il suo nome ricordo una
sessantina di volte nel Sergente della Neve, Cristoforo Moscioni Negri, autore di un bellissimo
libro I lunghi fucili, era il suo tenente e leggendo il libro I lunghi fucili si capiscono
le motivazioni della medaglia d'argento di Rigoni che si conquista in quella battaglia del primo
settembre. E' una battaglia importante perché nel Sergente c'è Nicola Iefka ed è l'unica
località citata nel Sergente della Neve, l'unica data citata, quindi è importantissima Nicola Iefka,
però è importante da ricordare in Ritorno a Soddono anche la battaglia di Kotowski perché il
vestone, il suo battaglione perde metà degli effettivi in un assalto un po' quasi da carica
di balaclava dove vengono mandati contro le linee russe allo sbaraglio senza l'appoggio
dell'artiglieria tedesca che era stato promesso e cadono in tantissimi, ne muoiono tra morti,
feriti, la metà. Una cosa tristissima poi sarà la distribuzione della posta che era un momento
felice, quando Rigoni in quella pagina dove parla della distribuzione della posta e metà degli
uomini non rispondono, è una pagina di grande letteratura oltre che di forte emozione. E in
questa battaglia a un certo punto i russi si accorgono che gli alpini non hanno appoggio
e tornano alla carica per riconquistare le linee perdute. A un certo punto il tenente Mossoni Neghi
si gira, vede un alpino che porta un commilitone ferito sulle spalle, è rimasto indietro però sta
per essere preso e gli si dice mi sono vergognato in quel momento, ha detto andiamola a recuperare e
quell'alpino era Mario Rigoni Stern, cioè la medaglia la presa per quel gesto di coraggio e di
generosità. Ma lui non ne parla mai nei suoi libri perché proprio per la sobrietà, la modesta,
il senso del limite che gli apparteneva, lui diceva io sono un salisenano nella foresta
letteratura, continuava a ripetere, non aveva mai un senso di alterigia soprattutto di invidia,
che è il connotato più diffuso purtroppo. Ecco allora veniamo alla vita dopo la guerra
di Mario Rigoni Stern perché spesso lo identificiamo con i suoi romanzi più militari,
i romanzi della prima fase, però Rigoni Stern è il cantore anche della montagna,
della natura e dopo la guerra, raccontaci un po' così, un excursus, lui ritorna ad Asiago
a piedi con mezzi di fortuna, torna in condizioni veramente penose, disperate,
di grande prostazione anche mentale. Infatti soprattutto sua sorella Maria Maddalena mi ha
raccontato come l'ha aiutato a recuperare anche curandolo con grande affetto e lui riesce a
recuperare ed è la natura, è il mondo naturale dell'altipiano che lo aiuta a recuperare,
lui immergendosi tra i suoi boschi, anche andando a caccia. E guarisce da questa frustrazione
fisicamente e anche mentalmente perché lui ci aveva creduto, aveva scelto come professione
quella di fare l'alpino, lo ha fatto con cura, era un soldato davvero in gamba, uno di quelli
che autorevoli, lui i suoi uomini, i suoi ragazzi, perché erano tutti ragazzi, gli andavano dietro
perché era bravo, perché era autorevole, lui ha sempre ripetuto la cosa più bella e importante
che ho fatto in vita mia, è stato salvare, guidare verso la salvezza i 70 uomini del mio
Plotone durante la ritirata di Russia, perché i Plotoni erano guidati da un tenente, ma Mossoni
Negri, citato prima, si era sentito male prima della ripartenza, aveva avuto un attacco terribile
e quindi è toccato a lui guidare i suoi uomini, lui che era un sergente maggiore, non era un
ufficiale e riesce a guidarli per tutte le centinaia di chilometri della ritirata, gli porta
la salvezza, è la cosa più importante e più bella che ho fatto in vita mia, quindi ne era orgoglioso.
Quelli sono i capitani, usciamo la parola i capitani veri, sono quelli che guidano gli uomini
con l'esempio, come il capitano Emilio Lusso, come il tenente Nelson Cenci, il tenente che
sto con Mossoni Negri, poi c'erano anche gli ufficiali arroganti, incapaci, o corrotti,
o esaltati, ma c'erano anche ottimi ufficiali ed erano quelli che davano l'esempio, non quelli
armiamoci e partite. L'altipiano per lui è salvifico e anche da salvare, però la natura
è salvifica e da salvare. Lui richiamava spesso il poeta Giacomo Leopardi, non tanto le poesie
quanto lo zibaldone, ci sono delle riflessioni sulla natura che sono attualissime in questo
momento, veramente terribile per l'ambiente naturale del nostro pianeta, stiamo vivendo
cambiamenti climatici forse irreversibili e terribili. Ecco, tra l'altro lasciami ricordare
proprio in queste ore, un po' così di vicinanza a un territorio di montagna che Mario aveva
comunque frequentato, quindi lo voglio citare per questo, che è l'Alta Valle Formazza, a nord di
Domodossola, dove proprio in queste ore è incorso un'alluvione con gravi danni, le strade sono
bloccate e quindi subito mi è venuta la mente, anche lì Mario c'è stato, anche lì ha passato
alcuni momenti fondativi della sua esperienza di vita e allora siamo vicini ovviamente agli
abitanti di quei villaggi walzer di Formazza. Ce l'avevano in cuore, ce l'avevano in cuore quei
villaggi walzer fino all'ultimo, Riale era un luogo dove ha passato il primo mese di addestramento
alpino e sempre è rimasto, ripensava a quei momenti con una forte emozione. Ed Ilio Pardi
citava questa frase importante, diceva che se l'uomo non difende la natura, se l'uomo la distrugge
lentamente o in modo che taglia le radici del proprio futuro. Ecco noi diciamo sempre che è
qualcosa che quando è distrutta la natura non c'è più e nei suoi libri, nei suoi racconti c'è
una passione, ma una passione che parte da conoscenza, perché lui diceva che per difendere
la natura bisogna conoscerla. Per questo è bellissimo perché parla di tante discipline,
Mario ha sempre detto che per difendere la natura abbiamo bisogno di tanto sapere scientifico,
di tante discipline, diceva botanica, zoologia, geologia, sono veramente tanti i saperi che
permettono prima di conoscere e poi difendere. Lui diceva per fare l'agricoltore, ma anche per
fare il boscaiolo, guarda il forestale, bisogna avere delle conoscenze di chimica, di zoologia,
di meteorologia, di astronomia, che sono un patrimonio che dovrebbero essere davvero di
tanti. Io spero che tanti giovani si appassionino a queste materie. E soprattutto la lettura dei
libri di Mario del post Bellici, perché lì dentro c'è veramente tanto sapere sul senso del limite.
Mario aveva colto molto bene come per rispettare la natura tocchi essere consapevoli del limite,
non si può prelevare tutto, lui ne parla soprattutto per le risorse dell'altipiano,
le risorse di selvaggina, di animali, di legna, di alberi. Non è il film della natura.
No, infatti bisogna lavorare in simbiosi e prelevare solo quello che la natura è in
grado di rigenerare. Lo dice più volte in tanti suoi racconti.
Sì, della natura come della caccia, come di tutte le altre, quello che ha a che fare con il mondo
naturale, ma non solo. Prendere l'interesse senza intaccare il capitale, non rompere l'equilibrio.
Quando viene realizzata non solo, tantomeno, una cementificazione, lui si è battuto con altri,
il gruppo salvaguardia dell'altipiano negli anni 70 che combatteva contro l'invadenza,
la speculazione di Lizia e si sono riusciti perché l'altipiano è ancora oggi un luogo
bellissimo che consiglio di visitare, è un ambiente naturale unico. Altri luoghi
delle nostre Alpi sono stati devastati, basta pensare a Cervinia, a Sestriere,
ci sono dei luoghi ormai persi, Pila. L'altipiano è ancora un luogo davvero molto molto bello,
c'è solo un altipiano bello come quello dei Sette Comuni che è quello della Lessinia e poi
nelle Dolomiti c'è il piccolo altipiano di Sennes e Rastua che è ricordato da Giovanni Senacchia,
è l'ultimo luogo naturale fuori dall'altipiano che è stato visitato da Rigoni Stern nell'agosto
del 2007. Io consiglio sempre di visitare anche questi luoghi dove lui quando si allontanava
dall'altipiano andava sempre in luoghi bellissimi, in Svizzera la Val Bavona, il Parco Nazionale
Svizzero che è un luogo fantastico, lui ne ha parlato nel magico Kohlobock. La conoscenza è
importante perché faccio solo un esempio, in un racconto che è compreso nel libro degli animali,
lui parla di boscaioli che trovano un piccolo capriolo apparentemente lasciato dalla madre,
impaurito e spaventato e a un boscaiolo gli viene l'istinto di prenderlo in braccio,
di dire fermati non lo toccare perché poi la madre non lo riconosce più e questo è un esempio
di doverosa conoscenza, noi dobbiamo per poterla salvare o difendere proprio anche nel nostro
interesse non solo per idealismo ma perché ci autodistruggiamo se non la conosciamo.
A certo io ho fatto la mia scuola di natura proprio sui racconti di Mario Rigonisterne,
che prima ancora di leggere i libri di guerra io da adolescente leggevo i suoi fondi sulla
stampa che erano sempre ispirati all'attualità, quindi c'era la riflessione su questi temi
naturali negli anni 80 che arrivavano dalla constatazione di quello che stava succedendo
sotto i suoi occhi. Ricordo molto bene poi uno degli ultimi racconti che scrisse che era
relativo al blackout del settembre del 2003 e diceva che forse un po' più di buio era necessario,
fuori per vedere la luce dentro se stessi. Non le vediamo più perché l'inquinamento luminoso,
che oggi non fa altro che aumentare tra l'altro rispetto agli anni in cui scriveva Mario,
ci impedisce la vista della volta celeste. Mi ha fatto tanto piacere quando mia figlia mi ha detto
che eravamo su a Dobbiaco, ma bruciamo fuori, era notte, perché qui riusciamo a vedere le stelle,
dalle città non le vediamo più, il Gran Caro, il Piccolo Caro, l'Ossa Maggiore, non le vediamo più,
Orione. Una cosa vorrei evidenziare è che i libri di Rigoni non sono a compartimenti stagni,
non ci sono libri di memoria, di guerra, di prigionia e poi libri di natura. È vero che
alcuni hanno un'attenzione particolare all'ambiente naturale, alle montagne, altri
alla rievocazione storica e personale. Però anche nel Sergente nella neve, e ancora più nel
testo che avevi scoperto tu, un inedito Luca, Quota Albania, lui parla dell'ambiente intorno
in un modo davvero appassionato, quasi da scrittore impressionista, con poche pennellate di scrittura,
fa mostrare in un modo evocativo, lui lo dichiarava proprio, me l'ha detto, l'ha scritto. Io vorrei
che i miei lettori, leggendo, provassero il desiderio di andare a camminare per i miei
sentieri e se l'uomo appunto non li ha rovinati, provassero qualcosa delle impressioni, delle
emozioni che ho provato io. Infatti ha funzionato, perché io ho provato quelle emozioni leggendo
quei racconti sulla stampa allora, ed ero un adolescente, poi ho avuto la fortuna nella
mia vita, nel lavoro, di incontrarlo almeno un paio di volte e di intervistarlo. Lì abbiamo
completato così il nostro dialogo che prima veniva soltanto per mezzo dei suoi scritti.
Però quanto è importante nella formazione di un giovane avere queste guide spirituali,
questi esempi. Poi io ho letto i libri militari, ma dopo i primi libri che ho letto invece erano
Il Bosco degli Urogalli, le stagioni di Giacomo, poi sono arrivati i libri della sua senilità,
che sono dei teneri ricordi per esempio della neve, degli inverni lontani. Quindi
sono una vita veramente completa. Proprio nel Bosco degli Urogalli,
mi è fatto bene a citarlo, c'è il racconto, letto dall'Australia, dove c'è tutto. C'è la
natura perché sono due sopravvissuti, lui e il suo amico, vanno a caccia insieme,
la caccia dell'urogallo, che è l'animale simbolo di Rego Nistern, e lì davvero insieme recuperano
il senso dell'amicizia, il senso della vita, e però alle spalle hanno entrambi sia la guerra,
sia la prigionia. E cita un esempio salvifico, quando dice quando eravamo durante la ritirata,
a un certo punto c'è un lepre che è spuntato da nulla e ha attraversato questa lunga colonna
di uomini. Abbiamo provato a sperargli altri, io no, perché io speravo che si salvasse,
perché ho pensato che sarà stata una cosa ingenua, se si salva il lepre magari ci serviamo anche noi.
Ecco, i racconti, una cosa particolare di Regoni, che anche quando parla di animali,
c'è il segno della salvezza, segni sulla neve per esempio, lui trova un leprotto ferito,
da un altro uomo rivista, lo segue e a un certo punto ammira questa capacità di resistenza del
piccolo animale che riesce a rifugiarsi nel bosco e poi lo lascia libero di andare. Ma altri racconti
ancora, perché ce ne sono di inediti, uno è una giornata inutile, mai pubblicato in un libro,
e inaudito, pubblicato solo in una rivista, dopo il grosso problema di salute che aveva avuto alla
fine degli anni Sessanta, va a caccia con i figli, Gianni Alberico, e non prendono nulla,
perché lui è stanco, non riesce neanche a tenere il fuscile bene in mano, e però è tutt'altro che
inutile quella giornata, perché l'importante è immergersi nella natura, aspettare l'alba,
e non è importante portare a casa i risultati, l'importante è vivere, combattere, appassionarsi
alla vita. Ecco lui diceva ai ragazzi, non perdete tempo in cose futili, altrimenti rimpiangerete poi,
non sarete vecchi, le montagne che non avete salito e le battaglie che non avete combattuto.
Battaglie ovviamente civili in questo caso, perché quelle militari lui stesso le condannò
duramente, al punto che quando ritornò dopo la guerra rifiutò anche delle onorificenze,
se non sbaglio. Battaglie di etica civile naturalmente, se non lo vuoi riesce ad abbattersi per una causa giusta,
per difendere la natura, difendere i più deboli, difendere la libertà, perché la parola chiave
secondo me di Rigoni Stern è la libertà, il grandissimo e infinito amore per la libertà.
Lui per la libertà ha detto di no, quando gli dissero di diventare ancora alleato,
scavo di Hitler, per l'amore della libertà di vivere la natura ha cercato di difenderla e per
l'amore di libertà è rimasto nel suo altipiano senza volersi confondere con altri. Non era una
piccola patria, perché poi da lui, lì da quel luogo aveva una mente aperta al mondo, era curioso.
Leggeva tantissimo in un'epoca dove ovviamente internet non c'era, quindi da casa sua aveva
una bellissima biblioteca ed era sempre una persona molto informata. Quando uno lo andava
a trovare non parlava mai dei suoi libri, lui lanciava la palla lontano e diceva ma lei ha
letto quel racconto di Tchaikovsky, la steppa? Bellissimo fra l'altro. E poi abbiamo parlato di
un racconto che amava tantissimo di Tolstoi, la morte di Ivan Ilich e poi abbiamo fatto una
discussione tra Stendhal e Proust e io gli dissi una frase di Sasha che diceva si stimano entrambi,
però uno o ama Stendhal o ama Proust e io gli dissi io amo Stendhal, non ci posso fare niente.
E lui disse, è una bella risata, poi parlavo della certezza di Parma. Insomma aveva una capacità
di stimolare anche per autori poco noti come Francesco Biamonti, ha scritto tre libri,
edizioni inaudite, e diceva lui lì riesce a dipingere la natura come io non sono mai
riuscito a fare. Quindi aveva anche il senso del limite di cui parlavi tu.
Il senso del limite è importantissimo oggi perché Rigoni ci dimostra come è possibile
essere felici con poco, con il necessario e non con il superfluo. Questo è molto importante.
Rigoni è proprio sobrietà perché attraverso quello che la natura ci dà, anche spiritualmente,
è possibile resistere a certe sirene di un mondo fondato alla fine sulla pubblicità,
sull'ostentazione, che Mario ha sempre condannato, ha sempre visto come fonte di tutti i mali. Ci
racconta invece dei momenti bellissimi nella sua casa di Asiago dove dice ma va in fondo di fronte
all'inverno che arriva, cosa c'è di più bello che avere la legna per scaldarsi e una dispensa
piena di cibo. Questa è la felicità di Rigoni, cosa che diamo per scontate oggi. Eppure nasce
da questo, la felicità profonda, durevole e non quella effimera del consumismo degli oggetti,
dei momenti ostentati. Questo lo si ritrova soprattutto nei racconti della sua tarda età.
Veniamo a chiudere anche un po' la sua figura proprio perché il centenario suggella un uomo
del Novecento, un uomo che veramente l'ha vissuto in modo, anche se è scomparso nei primi anni 2000,
è un uomo del Novecento. Qual è il bilancio che possiamo fare di questa sua vita? Una vita che
nella prima parte è una vita critica. Noi abbiamo parlato della natura, delle tragedie del Novecento
che ha attraversato, come diceva Primo Levi quando lo inserisce in un suo bellissimo libro tra i suoi
maestri, dice Mario Igonisterna è un uomo che ha attraversato le peggiori tragedie del Novecento,
riuscendo a rimanere integro, a rimanere un uomo eticamente forte, solido e tranquillo. E conservare
anche il senso dell'ironia, che anche quello è importante, un connotato forte di Rigoni e
l'antiritorica. Ecco, questo è un punto che dobbiamo analizzare. Questa scrittura chiara,
pulita e però allo stesso tempo ricca di vocaboli. Lui usava tantissimo il Dizionario dei Sinonimi
e dei Contrari e suggeriva ai ragazzi che volevano mettersi sulla strada della scrittura di usarlo.
E quando lo usava lui era un librone alto così, adesso basta usare un tasto del computer.
Infatti!
Usate i sinonimi, usate sempre le stesse parole, non guardate il parolaio dei politici,
perché fare un percorso e quelle altre stupidaggini lì. E quindi l'antiritorica in un paese come il
nostro che ne soffre tanto, la scrittura chiara, pulita, ricca, anche musicale, anche poetica,
perché noi troviamo tra le righe tanta poesia nella sua narrativa. Quindi uno stile che seguiva
un po' quelle che erano le indicazioni di Italo Calvino. Italo Calvino aveva una grandissima
stima per Rigoni proprio perché vedeva, chi ha letto Lezioni Americane di Calvino, trova proprio
il canone della scrittura chiara, poetica e ricca di vocaboli, molto comunicativa di Rigoni
Sterne. E questo lo accomunava a certa misura a Primo Levi, anche se in Rigoni sono dei tratti
un po' più poetici. E poi l'etica civile, forte, forte, forte. Una cosa importante, a me dispiace
tanto che in questi nostri anni, a parte te Luca e poche altre voci, manchino dei riferimenti forti
di etica civile. Quando c'è un dilemma trasversale al nostro mondo, al nostro piccolo mondo di questo
piccolo paese, che l'Italia davvero una volta si poteva dire ma chissà cosa ne pensa Primo Levi,
chiediamo a Italo Calvino, chiediamo a Rigoni, a Nutto Revelli, adesso a chi chiediamo?
È difficile, però guarda che questi fari continuano a brillare, cioè Rigoni non c'è più fisicamente,
ma le sue parole, i suoi libri, secondo me sono di un'attualità straordinaria e quindi credo che
possono continuare a fare scuola, anche perché è stato un uomo pacato Rigoni, ma risoluto.
Sì, guarda, l'attualità riguarda…
C'è un bel libro che tra l'altro è Il coraggio di dire no, ricordiamo anche questo. È stato un
uomo risoluto e Rigoni ha pagato sulla sua pelle il prezzo.
La terza, ricordo, vorrei dire no perché è un libro dove sembra di parlare con lui,
di parlare con lui, di dialogare con lui, era una scelta di tantissime interviste e
conversazioni e quel titolo l'abbiamo scelto con sua moglie Anna. Ho detto come lo possiamo
intitolare? Dovevamo scegliere con poche parole? Ha detto Il coraggio di dire no,
è quello che lui diceva ai ragazzi, abbiate il coraggio di dire no quando vedete l'ingiustizia,
quando vedete qualcosa che vi turba la coscienza, che non vi piace, che è contrario al senso di
libertà e di umanità e ricordatelo che non ci dovrebbero essere confini perché siamo tutti
un'unica immensa umanità. E pensa quanto è importante quel titolo, per me è il titolo
che risuona sempre nel momento delle scelte difficili. Sì lui citava anche Conrad,
guarda Joseph Conrad, il Lord Jim, dice è una la morale, è una l'etica, tutte le latitudini,
il coraggio, la generosità, il senso della giustizia, l'onestà, sono principi comuni a tutte
le latitudini e a tutte le comunità del mondo. Allora questa lunga parabola dunque 1921,
quanti libri ha scritto alla fine, anche con le raccolte? Hai un numero tanto per collocarlo,
hai ricordato Biamonti che ha scritto tre titoli, Rigoni? No, ne ha scritti di più,
ne ha scritti una ventina, poi sai ci sono raccolte come Il Magico Quorlobo che poi si
sono trasfusi in altri come Tra due guerre e poi la sorpresa sono i racconti che non sono
pubblicati nei libri. Alcuni li avevo inseriti in quella prima raccolta Dentro la Memoria che
avevo curato per Meridiani e Montagne, insieme a lui fra l'altro li avevamo scelti, ma ce ne sono
tanti altri, perché lui era anche una persona un po' simpaticamente distratta perché regalava con
grande generosità un articolo a una rivista. Scritti a macchina, perché ricordo la sua
macchina da scrivere nel suo studio, non aveva ovviamente il computer. Ma si, al Notiziario
della Banca di Sondrio, a riviste piccole più o meno importanti e poi non si ricordava più,
come la storia delle stampe di Telle che ho cercato di raccontare anche in questo libro.
Dai, ricordaci ancora questo aneddoto che mancano pochi minuti.
Ah guarda, lui ha in casa queste due stampe di Telle che sono uno la caccia, sono riprese
da dipinti di fine ottocento, di un pittore austriaco. I lupi che attaccano la slitta e
l'orso che attacca un cacciatore. Lui scrive a storia di Telle, a pagina 19, c'è questo tulle
che è pastore, contrabandiere, viaggiatore, alla fine venditore di stampe per l'Europa,
e cita queste due stampe, Rigoni, a pagina 19 di storia di Telle. E allora cosa succede?
Lui aveva un vago ricordo di averle viste. Un anziano oste che aveva mai chiuso la sua
locanda, leggendo il libro, dice, accidenti ma queste erano nella mia locanda in altipiano,
in Contrada Costa. E allora dice alla nipote, porta queste stampe al Mario. E così lui le ha
recuperate. Poco tempo dopo l'uscita di storia di Telle, e da allora sono nella sua cucina,
cucina soggiorno, sono appese lì. E questa era la sua storia. Lui l'aveva raccontata in parte
in un articolo per la stampa, in parte su un notiziario della banca di sonde, e mi aveva
chiesto, io l'ho scritta questa storia, un giorno che erano a trovarla, ma dove? Può aiutarmi a
recuperarla? Io purtroppo ho il grandissimo ramarico di non essere riuscito a recuperarla
che lui scomparisse nel giugno del 2008. Ecco, giugno del 2008, abbiamo proprio i due estremi
di questa vita, quindi 1921-2008, una vita comunque lunga nonostante le prove a cui è
stata sottoposta. Allora, torniamo un attimo al tuo libro. Chiudiamo con questo perché ovviamente
tutti noi possiamo leggere i libri di Rigoni che sono per fortuna sempre ripubblicati,
quindi è un invito, è uno stimolo soprattutto per i giovani a leggerli. Sono libri belli,
non sono impegnativi, sono libri pieni di emozioni ma di rigore anche, di dati,
di oggettività, di fatti. Però ecco, vieni proprio a chiudere il ritratto, il titolo che hai dato.
Sì, guarda, la differenza, io avevo scritto la sua biografia per Priule Verlucca nel 2016,
qui avevo raccolto, diciamo, come una piccola enciclopedia di Rigoni. Qui invece ho cercato
di andare meno in ampiezza e più in profondità, quindi di raccontare la storia di un uomo entrando
nei punti principali delle sue passioni e dei suoi principi e della sua etica civile e poi
cercando almeno nei capitoli sulla natura, sulle montagne, di coniugare la pagina scritta,
la vita e poi la passione per l'ambiente e poi per il seguire i suoi sentieri. È davvero
un'incoraggio, vorrei che questo libro fosse un incoraggiamento a leggere.
Certo, io credo proprio che sia questo il significato oggi, cominciare da questo ritratto,
da questo libro per scoprire la figura, l'uomo Rigoni Stern e per poi via via apprezzarlo sui
suoi sui suoi lavori originali, sulla sua ricchissima bibliografia per continuare ad
abbeverarci tutti a questa fontana di razionalità, devo dire, perché Rigoni è stato un uomo razionale,
un uomo tenero, un uomo che apprezzava molto le emozioni ma le ha sempre inserite in una
cornice di direi di buon senso, cioè non si è mai fatto travolgere dalle passioni,
ma le ha utilizzate per vivere bene e per dare un insegnamento che è stato un insegnamento di
attualità per tutti noi. Un invito ai ragazzi, quello che dicevo, vedi qui dietro di me c'è
l'acquarello di Nicola Magrin dedicato proprio a Mario Rigoni Stern nella neve e lo dicevo a lui,
come lo dico a tutti i vecchi e giovani ragazzi che mi capita di incontrare,
quando andate in montagna portatevi nello zaino un libro di Mario Rigoni Stern.
Guarda, mi sembra un ottimo ottimo suggerimento e allora con questo chiudiamo questo nostro
incontro e godiamoci la lettura delle pagine di Rigoni Stern che sono sempre benefiche. Giuseppe,
auguri per questa nuova importante fatica che è anche non solo biografica ma anche un po' letteraria,
perché dentro quando si scava nelle vite delle persone si scrive in fondo qualche pagina nuova.
Poi tu l'hai conosciuto molto bene quindi è una biografia vera, non è una biografia soltanto
di quelle che si scrivono guardando le pubblicazioni.
Guarda Luca, di essere preciso al tempo stesso appassionato,
perché sono due sentimenti che devono esserci sempre.
Sempre, ce li ha insegnati lui, lui stesso lo dice.
Trattato da sottocorso universitario, se stai troppo freddo ci devi credere in quello che scrivi,
e però devi essere preciso.
Preciso perché ovviamente i fatti sono fatti.
Molto bene, allora grazie a te ovviamente, grazie alla Terza per aver pubblicato questo
lavoro in ricordo di Mario Rigoni Stern e grazie a tutti i nostri ascoltatori.
Arrivederci a te.
Arrivederci.