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Dialoghi fra generazioni, AMORE

AMORE

Eccoci qui, buonasera e benvenute a tutti e a tutti al nono incontro di Interregno,

spazio di confronto intergenerazionale in cui guardiamo i punti in comune,

alle differenze tra diverse generazioni, guardando al passato, al presente e anche

al futuro. Grazie a Editori La Terza che come sempre ci ospita e grazie ai nostri

ospiti di stasera, sono Luciana Castellina, politica, giornalista e scrittrice. Buonasera

Luciana. Buonasera. Buonasera. Jennifer Guerra, giornalista. Buonasera. Buonasera. Jonathan

Bazzi, scrittore. Buonasera. Buonasera a tutti. Allora, oggi un tema molto molto particolare e

siamo molto felici di fare questo evento su questo tema. Di cosa parliamoli quando parliamo

d'amore? Si chiedeva Raymond Carver. Le canzoni d'amore continuano a essere in vetta a tutte le

classifiche, le app di dating spopolano ormai da anni, eppure sentiamo spesso parlare di come i

tempi dei corteggiamenti e quelle delle intenzioni serie siano in qualche modo ormai finiti. L'amore

è un sentimento universale e senza tempo, ma forse è cambiato in modo che sempre cerchiamo di

capire se è reversibile o irreversibile. Jennifer vorrei partire da te chiedendoti quali, in base

anche a tu sei giovanissima, partiamo da questo, e quindi cosa pensano le generazioni più giovani

quando parlano di amore oggi? Quindi quali sono le forme dell'amore? E se secondo te i giovani di

oggi sono più romantici o più disincantati rispetto alle generazioni precedenti? Io credo

siano molto più disincantati rispetto al romanticismo. Credo anche che noi viviamo

in un'epoca molto contraddittoria perché nonostante comunque nelle relazioni quotidiane

ci sia una sorta di avversione, devo dire, nei confronti dell'amore, della possibilità di

instaurare relazioni profonde che siano insomma ricche, arroccanti nella propria vita, c'è comunque

un'enorme narrazione collettiva dell'amore ancora estremamente legata agli stereotipi,

agli ideali di quello che chiamiamo amore romantico, per cui rimane questo obiettivo e questo modello

molto forte all'interno della nostra vita, è come un modello normativo che è basato su un'unica

possibilità di amore che è quella della coppia eterosessuale che sta insieme per tutta la vita,

possibilmente sposata, possibilmente con figli, però questo modello vuole essere,

insomma c'è il desiderio di scardinare questo modello, ma allo stesso tempo io credo ci sia

anche una grande sfiducia nella possibilità di farlo e in generale di sfiducia nei confronti

dell'amore, questo è un tema che ho affrontato anche nel mio libro Il corpo e il corpo elettrico

in capitale amoroso, in cui spiego quali sono secondo me i modi di questa grande contraddizione,

cioè noi siamo una società individualista, una società cinica, una società che non crede,

non ha fiducia nell'altro, però contemporaneamente c'è questo desiderio in noi di incontrarci con

l'altro, di avere una, insomma di desiderare l'amore come forma di realizzazione all'interno

delle nostre vite, quindi io credo esista questa grossa contraddizione. Tra le varie forme d'amore

c'è anche l'amore familiare, che ha un amore particolare, Jonathan tu in Febbre parli della

fragilità di un bambino che è molto dipendente dai suoi genitori, l'amore della e per la famiglia,

è un amore che ci libera o è un amore che ci opprime? Perché l'esperienza familiare in qualche

modo forma anche il modo di amare di un adulto, di un giovane adulto, di una persona giovane che

va nel mondo. Secondo te l'amore familiare cosa fa?

Ecco, ma allora io credo che spesso faccia un po' entrambe le cose, perché credo che la famiglia

sia un po' la matrice originaria per molti dei nostri modi di funzionare e che quindi anche come

un po' racconta, almeno questo era poi uno degli aspetti che mi interessava di più raccontare,

di come degli aspetti anche molto diversi se non antitetici come può essere appunto l'amore,

l'affetto e invece dei sentimenti di ostilità o di vergogna possano stare insieme. La famiglia

forse è un po' il contesto per antonomasia in cui questi sentimenti che poi anche la psicologia e la

psicoterapia ci ha insegnato a definire come imbischianti, quindi dei circoli, dei cerchi

affettivi nei quali però appunto può stare dentro anche, possono stare dentro anche delle

esperienze poco piacevoli o anzi proprio traumatiche. E quindi se da una parte questo

sicuramente oggi anche per fortuna con le nuove sensibilità, con la diffusione di un certo tipo

di istanze e di discorsi ci rendiamo conto insomma che c'è un lavoro da fare da quel punto di vista,

però a me interessava anche e diciamo che mi interessa anche sempre vedere come delle

esperienze affettive primarie, complicate se non proprio negative, si traducano e si trasformino

in una energia anche positiva. Quindi quello che racconto nel libro è sicuramente anche un po' di

come queste mancanze originarie in qualche modo hanno alimentato e forse ha cresciuto un desiderio

che non sarebbe stato magari così grande se non ci fossero state queste mancanze. In altri casi,

anche se non è affatto detto, ci può essere una sensibilità e una capacità di tenuta affettiva

più grande proprio appunto per queste mancanze primarie. E quindi ecco, insomma, una delle cose

che mi affascinano di più anche proprio nel rapporto con la scrittura è questa compresenza

di dimensioni opposte che nelle relazioni spesso si tengono insieme, convivono.

Certo, un po' amore-odio, odio forse è una parola diversa, però l'amore-odio e sicuramente

torneremo su questo tema anche più avanti. Un'altra forma ancora che ci tenevamo a

menzionare è l'amore politico. Luciano, nel tuo libro Amore e comunisti tu racconti tre storie

di amori molto appassionati e coinvolgenti in cui amore e politica sono fortemente legati. Si

parla di politica appunto degli anni 60 e 70 e sembra proprio una storia d'amore la politica

in quell'ambito. Ce lo racconti? Ma io devo dire che sono contenta che mi fai questa domanda

perché ero un po' colpita che si parlasse di amore soltanto come amore di coppia, che è un pezzo,

una parte, e neanche direi così decisiva della questione dell'amore. Fra l'altro perché mi

colpisce una cosa, io non credo che ci sia un amore vero di coppia se non c'è prima l'amore

per l'umanità. Quello è un aspetto molto importante, naturalmente, non dico questo,

però insomma è un pezzo di quella cosa. Ho visto raramente dei grandi amori di coppia che non

fossero interpretati da persone che avevano un grande interesse per le relazioni umane in

generale e quindi, perché sono un elemento... insomma prima ci deve essere l'amore per conoscere

gli altri, per avere le relazioni con gli altri, che non è una cosa molto diffusa. Io credo che

oggi se c'è una difficoltà delle coppie nasce dal fatto che c'è sempre meno amore, interesse,

curiosità per la relazione con gli altri. Viviamo una sindrome individualista molto forte,

molto di gente ripiegata su se stessa, l'apoliticismo è innanzitutto originato da un

non interesse, non passione, non curiosità, non amore dunque per le relazioni con gli altri esseri

umani, animali e così via. Allora sono contenta della tua domanda perché mi riporti sul libro,

sul quale come sai ci fu una polemica perché il giorno in cui, ti parlo di un aneddoto ma che

forse spiega, il giorno in cui presentai questo libro per la prima volta fra l'altro che era il

Festival della letteratura di Castiglioncello e a presentarlo c'era Giuliano Ferrara, direttore

del foglio allora ancora. E quel giorno stesso la fidanzata di Di Maio aveva fatto una dichiarazione

dicendo che lei aveva lasciato Di Maio perché siccome Di Maio aveva deciso di dedicarsi

essenzialmente alla politica e dunque la politica e l'amore erano due cose che non si potevano

conciliare e naturalmente ho colso l'occasione di questa dichiarazione che era fatta proprio quel

giorno sul giornale per dire che io pensavo esattamente il contrario e cioè che un grande

amore, una grande passione di coppia non fosse arricchita caso mai dalla una se vissuta insieme

a una passione più generale e politica intesa in questo senso non per un progetto particolare

ma come passione per gli altri, per l'altro, riconoscimento dell'importanza della nostra

esistenza dell'altro. Questa polemica se ne discusse a Castiglioncello e siccome il moderatore era

stato Giuliano Ferrara due giorni dopo il foglio uscì con una pagina intera come amano i cinque

stelle come amano i comunisti come amano tutte le varie specie degli umani in modo diverso e

è diventato una cosa che qualsiasi volta che ho presentato questo libro si è ritornati su questa

cosa come amano i cinque stelle, come amano i cilestri eccetera eccetera e io credo che non sia

un caso perché i cinque stelle sono nati come protesta verso la politica, mi ricordo sempre

la campagna elettorale della nostra sindaca di Roma che cominciò in un modo che a me mi aveva

molto scioccato perché andavo in giro per Roma facendo la campagna elettorale e ogni buca che

trovavo ogni cosa che non funzionava diceva è colpa della politica mentre io le interpretavo

nell'opposto è colpa della mancanza di politica, dell'assenza di politica, cioè di partecipazione

di collaborazione di interrogarsi su quello che una buca significava per gli altri e così via,

ecco però va bene sono contento in questo senso come avete capito bene io sono per il fatto che

la parola amore mi richiama all'amore per tante cose non soltanto per una coppia fra una coppia.

Tra l'altro così come la politica l'amore può essere e oggi soprattutto molto performato,

postiamo tante foto, ci sposiamo con centinaia di persone, abbiamo bisogno di far vedere questo

amore, pubblicizzarlo in qualche modo. Jennifer che impatto ha questo aspetto sulla il vivere

le relazioni poi e che impatto ha sulle emozioni? Nella nostra società secondo te è ancora possibile

vivere un amore diverso che sia un amore privato per esempio?

La parola privato non mi convince perché anche io come come Luciana sono convinta che l'amore

abbia una dimensione pubblica di per sé proprio perché l'amore è mettersi in relazione con gli

altri però il problema sta nel capire dove arriva il confine tra la come dire la condivisione perché

appunto voglio che gli altri siano compartecipi della mia felicità che l'amore mi provoca,

qualsiasi tipo di amore sia, alla performatività cioè alla fine possiamo anche traslare questo

discorso con le amicizie ci sono persone che frequentano centinaia di persone e vogliono che

tutti sappiano che hanno così tante amicizie perché anche quella fa parte della costruzione

di una performatività delle proprie relazioni e io credo che questo sicuramente è un fenomeno

che è ampliato anche dal fatto che noi siamo ormai una società iperconnessa,

iper performativa che appunto anche attraverso i social sente il bisogno comunque di condividere

nel senso negativo tutta questa accumulazione però io credo che il problema sia proprio in

questa accumulazione, cioè il fatto che noi viviamo in una società che mette al primo posto il profitto,

l'accumulare, l'essere sopra gli altri, l'essere più bravi degli altri e siamo anche imbevuti di

quest'ideologia per cui tutta la responsabilità della nostra realizzazione personale ricade

esclusivamente su di noi e non esiste più un contesto sociale in cui questa

nostra realizzazione ha delle concause, dei fattori che possono migliorare la

nostra condizione, ricade tutto sulla nostra responsabilità personale per cui se abbiamo

successo è merito nostro, se falliamo è colpa nostra e questo modo di pensare io credo che

esista molto anche nelle relazioni. Ci sono delle condizioni materiali che influenzano

la nostra possibilità di amare, anche la nostra possibilità concreta, il tempo che

dedichiamo all'amore ad esempio, è una cosa che cambia moltissimo in base alle condizioni

materiali, quindi io credo che il problema della performatività che poi si traduce anche

in delle pratiche, dei rituali dell'amore che possono essere molto discutibili,

come dire, possono arrivare alla sgradevolezza in maniera molto facile, però è più legata a questo

problema dell'accumulazione, del dover sempre dimostrare di essere di essere appunto conformi

a questa norma sociale così diffusa. Ecco, su questo tema della performatività volevo

fare una domanda a tutti quanti, partendo da Luciana e poi Jonathan. Nella nostra società,

secondo voi ha ancora senso il matrimonio, il vincolo del matrimonio? Cioè molti giovani un

po' rimpiangono il passato nel quale forse era più semplice o forse sembra adesso più semplice

capire se qualcuno ti corteggiava e quali erano le intenzioni. Quanto abbiamo perso e quanto in

qualche modo invece abbiamo guadagnato? Luciana, partiamo da te, rispetto ai tuoi tempi.

Ma adesso mi colpiva che oggi l'amore ha bisogno di manifestarsi, di comunicarsi, eccetera. A me mi

sembra il contrario perché il fatto che tantissimi vivono insieme e decidono di vivere insieme ma non

di sposarsi, che poi magari si sposano ma non è quello il primo punto, vuol dire anche in qualche

modo il contrario, cioè che è diventato di più una cosa che anzi rimane importante il rapporto

che c'è ma non ha bisogno di manifestazione sociale come è il matrimonio e quindi proprio

affermazione, condivisione eccetera. È un fenomeno che non sono ancora riuscito bene a spiegarmi io,

perché mi spieghi in un modo, cioè perché si considera oramai che l'amore quasi sempre non è

un amore per tutta la vita e che quindi si fa meno di crearsi le complicazioni che ci si crea se invece

si sposa e quindi poi bisogna dividersi, separarsi, fare tutta una serie di, se non altro, di pratiche

burocratiche. E quindi una relativizzazione dell'amore non coincide più con la vita,

quindi mi pare che sia il contrario. Ormai è diffusissimo, io non conosco quasi più nessuno

che si sposa, cioè conosco chi si sposa da anziano. Io celebro molti matrimoni,

come sapete ormai puoi celebrare i matrimoni anche non solo se non sei un sacerdote ma neanche se sei

un consigliere comunale come ero un tempo. E quindi ne celebro molti e allora scopro che la

grande bisogno di performance per l'appunto c'è in chi si sposa molto tardi o alla fine,

diciamo dopo aver sperimentato un rapporto per molto tempo, oppure di averlo intrecciato

soltanto tardi nella vita. Ma non è più un fatto giovanile e questo è curioso. Adesso casomai è

una cosa dell'età matura, come ve l'ho spiegato poi questo? Io devo dire che quando mi guardo

attorno vedo davvero di tutto un po', nel senso che vedo ancora coppie giovani che si sposano e

si portano dietro anche un certo carico, una certa vicinanza, una volontà di portarsi dietro appunto

tutto quello che il rito in qualche modo è una anche per certi aspetti una retorica più o meno

consapevole, più o meno vissuta consapevolmente può avere. E poi sì invece appunto coppie che

che vivono anche insieme magari ma senza nessun bisogno di conformarsi, di aderirsi a quel tipo

di modello, di struttura. Quindi io credo che noi viviamo forse nel momento in cui c'è, vige la

maggior diversità di sempre, cioè dove accanto a dei modelli tradizionali se ne sono affermati,

se ne stanno affermando di altri appunto non tradizionali. Devo però dire anche un po' diciamo

per il mio ruolo e per la mia storia questa sera che viviamo in un paese in cui quei modelli

tradizionali hanno ancora il loro peso, cioè dove noi siamo in questo paese dove non è neppure

possibile parlare di matrimonio egualitario, perché il peso che una visione tradizionale

che poi ha le sue radici insomma nel magistero, nella teoria, nella visione che è portata avanti

nei secoli dalla Chiesa, fa sì che ancora oggi in politica in qualche modo le possibilità con

cui ci si confronta e i modelli che vengono proposti non si possano distaccare troppo da

quelli. Io sento molto questa cosa, trovo abbastanza scandaloso che qua si fatica appunto così tanto

anche solo ad approvare il DDL ZAN, mentre appunto si è faticato molto per gli unioni civili e sulla

questione del matrimonio pare sia impossibile qui, perché come ci si avvicina scatano tutti

quei dispositivi che sono molto retorici, simbolici, che proteggono quella zona dell'esperienza

riservandola appunto ad un'appartenenza fondata sulla biologia, sulla diversità proprio genitale,

perché di questo si tratta. Infatti poi torneremo anche su questo argomento,

sicuramente l'amore viene interpretato in tante forme ma ha anche proprio delle visioni più

comuni e sicuramente più diciamo che si avvicinano di più al pensiero tradizionale, però torneremo su

questo. In realtà volevo pizzicare Jennifer con un commento di Francesco Pierantoni che ci dice

probabilmente ci si sposa per benefici amministrativi come successione e pensione

di reversibilità e adoro perché Jennifer tu ti stai per sposare o sbaglio o ti sposerai. Esatto,

esatto esattamente il motivo per cui mi sposo. In realtà è molto buono questa cosa perché appunto

tutti nelle varie interviste o nelle presentazioni del mio libro mi chiedono sempre chiaramente di

parlare di matrimonio pensando e aspettandosi che io dica di essere contrari al matrimonio,

quindi sono tre mesi che sto spiegando tutto il mondo le ragioni per cui voglio sposare,

quindi ho pensato molto bene in questi tre mesi. Però ecco in realtà diciamo per me

personalmente non credo sia un sentimento comune perché sono d'accordo con quello che dice Jonathan,

cioè io mi sento un outsider quando dico che mi voglio sposare, ho 25 anni, cioè le persone a

volte reagiscono anche con quasi con ostilità a questa notizia, quindi effettivamente c'è un

po' di tutto e forse come diceva Luciana il matrimonio tra i giovani è l'eccezione e non

più la regola, quindi io mi sento appunto un po' un'eccezione. Però devo dire che insomma

l'idea che mi sono fatta è proprio il dire pubblicamente, condividere pubblicamente

questo amore con le persone che amo, a cui voglio bene la mia vita e anche devo dire

a un'autorità, cioè il sentirmi un'autorità che sia quella civile o quella religiosa,

cioè il sentirsi come dire un impegno pubblico poi rispetto alla propria relazione. Credo sia una

cosa che dipende moltissimo dalla sensibilità che ognuno ha, dalle idee che ognuno ha su

l'amore e su quanto insomma sia disponibile da gli spazio e rilevanza nella propria vita,

l'amore di coppia, l'amore romantico. Però ecco, io credo che fermo restando il fatto che appunto

il matrimonio ha ancora quella validità di istituzione per eccellenza che senza dubbio ha

proprio come dimostra la questione del matrimonio dualitario, perché noi abbiamo le unioni civili

che non sono matrimonio, non prevedono alcuni punti fermi nel matrimonio. Le unioni civili ad

esempio non prevedono l'obbligo di fedeltà, che questa è una cosa molto curiosa, perché secondo

me ci dice moltissimo anche su l'impostazione di questa norma. Però possiamo dare un significato

più moderno al matrimonio forse in questo senso, io personalmente è questo il motivo per cui mi

sposo e anche ovviamente per tutti i vantaggi economici che appunto il matrimonio dualitario

porterebbe a tutti e quindi perché siamo ancora qua, ma questa è un'altra storia. Un'altra forma

ancora, e forse mi verrebbe da dire la più difficile, è amare se stessi. Jonathan tu hai

parlato spesso di dove sei nato che è Rozzano e in qualche modo la tua è una storia proprio di amore

e odio, però da una parte è anche parte della tua identità, quindi com'è che si impara ad amare e

anche un po' ad accettare se stessi probabilmente? Allora, dal punto di vista proprio biografico ho

un po' vissuto questa esperienza sicuramente di una di un mancato affiatamento e proprio di

una separazione tra me e quello che mi stava attorno, sia dal punto di vista geografico,

quindi le caratteristiche del posto in cui sono cresciuto, caratteristiche sociali ma anche

semplicemente estetiche e anche per certi aspetti proprio familiari. Io proprio mi porto dietro

delle caratteristiche che sono anche semplicemente nel modo di parlare, nel tono della voce, sono

molto diverse le caratteristiche della mia famiglia ed è qualcosa che ad un certo punto

ho cominciato proprio a pensare così che sia forse qualcosa di innato e che può succedere

di venire fuori con delle caratteristiche che non sono quelle delle persone che abbiamo attorno.

Io in questo rapporto ho attraversato diverse fasi, quindi c'è stata una prima fase in cui

sicuramente me ne sono molto vergognato e quindi evitavo anche di essere accostato a quel luogo,

alle caratteristiche appunto del posto in cui sono cresciuto. Io sono, per chi magari non lo

sapesse, però sono cresciuto in un paese, in un comune, una fortissima prevalenza di case popolari,

io sono cresciuto tra quelle case popolari che avevano quindi un aspetto che immediatamente a

colpo d'occhio ti classificava e quindi evitavo di essere, di farsi che le persone vedessero per

esempio il posto in cui io vivevo quando mi raccompagnavano a casa eccetera. E quindi diciamo

che fino a quando ho vissuto lì mi ha accompagnato questo sentimento di vergogna e di non rispecchiamento,

di non identificazione. Però poi nel corso del tempo e soprattutto da quando ho smesso di vivere

sono affiorati dei sentimenti diversi e quindi oggi io riconosco invece degli aspetti anche

positivi, cioè delle delle parti, le componenti di eredità positiva che mi porto dietro da quel

posto e che possono essere anche semplicemente diciamo nelle cose che attirano la mia attenzione

come autore scrivendo e quindi e che non sarebbero state le stesse se fossi nato

probabilmente da un'altra parte. Quindi venendo proprio alla domanda che mi facevi, io non so e

ho anche poi di mio un po' di problemi con questa idea dell'amore per se stessi, dell'amare

che non so bene che cosa significhi perché non credo di capire bene anche poi che cosa

significhi. Però una cosa in cui credo è sicuramente il fatto di riuscire ad integrare

in quello che siamo un po' tutte le parti che ci che ci costituiscono e quindi a non rimuoverle

più, a non vergognarcene più, a non quindi tentare di occultarle ma di trovare il modo per appropriarci

anche di quelle parti appunto che ci sono capitate per sorte, condizione economica, sociale,

geografica, trovare il modo di appunto di abitarle e di viverle secondo dei termini del discorso che

ci appartengono, che sono quelli che noi in qualche modo introduciamo sulla scena.

Adesso dicevi che appunto non capisci bene che cosa sia, questa è una domanda che volevo fare a

tutti ma parto da te. Si parla moltissimo oggi di self love, self care eccetera, cioè cercare di

imparare ad amarsi, che è una cosa veramente difficile, a me riesce molto difficile. Quindi

questo concetto di amore per se stessi secondo te è utile o è un po' diciamo una piega di

quell'individualismo di cui parlava prima anche Jennifer ed è un po', cioè si nasconde un po'

una convenienza per poi vendere, non so, al corso di yoga, al corso di bellezza, fatti la maschera

perché ti devi amare, no? Tu vali eccetera. Cioè esiste un concetto di amore per se stessi che

va dal di là di questa commercializzazione dell'amore in qualche modo. Ma io trovo che la

formulazione di per sé è così come viene, come circola un po' anche in ambito sia commerciale o

di questi spot slogan motivazionali sia abbastanza piatta, ecco, che ci possa essere

diciamo una dimensione di autoosservazione e di uso anche di caratteristiche proprie che sono,

per esempio, soggette a un a un certo tipo di lettura dall'esterno non positiva, no? Ecco,

in questo io credo sì e credo che ci possa essere anche questo un in questo un potenziale

di vario tipo, cioè che può essere un potenziale sociale, politico, ma anche creativo e qui,

quindi, torno anche un po' al mio libro, no? Quindi in Febbre io ho un po' cercato di fare

questo, cioè di dare un senso diverso a una caratteristica, e parlo della sieropositività,

che ha una che ha e ha avuto un'interpretazione, una lettura tendenzialmente negativa, però diciamo

che la mia, io lì devo dire che sono stato anche supportato nel fatto di dargli un'interpretazione

diversa un po' da qualcosa appunto che è forse uno di quegli aspetti, diciamo, dell'eredità,

che mi ha consegnato il posto in cui sono cresciuto, positiva in qualche modo, perché io

inevitabilmente ho sperimentato molto presto una certa separazione da chi mi stava attorno e quindi

anche dai giudizi e inevitabilmente per una per una questione di sopravvivenza mi sono abituato

presto a non dare un credito automatico ai giudizi di chi mi stava attorno e quindi forse questo l'ho

in qualche modo in una zona d'ombra dal punto di vista della consapevolezza di ciò che è conscio

e inconscio, l'ho capitalizzato e mi è tornato utile quando appunto ho scoperto di essere sieropositivo,

io non sentivo che le cose che si dicono e si dicevano della sieropositività erano fondate e

quindi invece ho cercato di raccontare un'esperienza che è innanzitutto un'esperienza aggiornata e un'

esperienza che fa uso di un altro tipo di linguaggio e quindi non so bene cosa sia l'amore

per se stessi però sicuramente sì credo che le persone dovrebbero essere più libere di muoversi

all'interno delle proprie caratteristiche magari provando a farne qualcosa di diverso rispetto a

ciò che ti viene detto, ti viene insegnato che quelle caratteristiche sono. Su questa onda dell'amore

per se stessi vorrei passare un altro concetto di cui volevo sentire parlare Luciana soprattutto,

perché lei c'era ed è il passaggio nel 1970, 1 dicembre, l'approvazione della legge sul divorzio

che in alcuni casi probabilmente è stato anche amore per se stessi, è l'inizio di un processo

che sicuramente ci ha reso più liberi, più moderni. Oggi Luciana, secondo te quali sono le battaglie

che bisogna ancora affrontare e soprattutto le battaglie che devono affrontare gli uomini e le

battaglie che devono affrontare le donne? Sono le stesse, cioè quindi c'è un fronte diciamo comune

o sono battaglie diverse? Ma io credo che ci sia soprattutto la questione della taglia per il

divorzio. Si sottolinea ancora troppo poco oggi, credo, nel ricordo della battaglia per il divorzio

e il divorzio l'ha avuto in più aspetti perché uno era il diritto certamente di poter sciogliere

un matrimonio e quindi di fare altre scelte nella vita, ma c'era dentro un problema enorme che è

stato del tutto sottovalutato e cioè che, stante la legislazione di allora del diritto familiare,

il divorzio poteva comportare il fatto che la donna divorziata, diciamo dalla scelta dell'uomo,

rimaneva persino senza il letto per poter dormire la sera, nel senso che rimaneva priva di qualsiasi

diritto sulla casa in cui abitava, sul reddito, su tutto quanto. Questo è stato uno dei grandi

aspetti traumatici della battaglia del divorzio, cioè non è stata solo una battaglia che riguardava

l'amore, se stiamo parlando di questa parola, ma anche che la scelta aveva conseguenze molto diverse

sull'uomo e sulla donna perché la gran parte delle donne ancora non lavorava, allora non aveva

un reddito proprio e non aveva alcun diritto. La nostra parte, la parte dei comunisti,

si batteva molto perché fossero associate la legge sul divorzio con la riforma del diritto

familiare, quella che siamo riusciti ad ottenere purtroppo non contemporaneamente,

ma solo cinque anni dopo con la riforma del codice di famiglia che ha dato quello che oggi c'è e cioè

alla donna un diritto automatico ad essere compropietaria di quello che la famiglia è

andata accumulando, la casa e così via. Non è soltanto una questione di alimenti,

capisci? Cioè è una questione appunto del diritto che venga riconosciuto un apporto economico da

parte della donna per il lavoro di cura. È stato forse il primo riconoscimento in questo senso.

Quindi la battaglia sul divorzio poi nella sua realtà ha molto intrecciato questa argomentazione.

Oggi che cosa c'è di diverso? Il divorzio è tanto, ad un certo punto, si è rivelato più inutile di

quanto si credeva perché oggi un uomo e una donna vivono tranquillamente insieme,

decidono di vivere incontroveramente insieme. Io mi ricordo che quando mia mamma si è separata

negli anni 30, ha dovuto farlo attraverso il tribunale, la sacra nota, la cosa semplicissima

che era di andare comunque a vivere insieme con l'uomo con cui volevi stare, non era possibile,

non era, come dire, eticamente, socialmente praticabile. Tutto questo ancora in qualche

modo era vero nel 1970. Oggi, francamente, non c'è più nessun problema da questo punto di vista.

Questo è molto comunicato. Resta un problema comunque, diciamo, in qualche modo collegato

alla questione del divorzio, è che il problema tuttora riguarda le donne. Io non credo,

bada la... c'è stata una battuta di parte vostra, l'Italia arretrata. L'Italia non è più arretrata

degli altri paesi, per esempio. Io ho girato molto nella mia vita, nel mondo, e non trovo

mai questa differenza così profonda. Anzi, la prima esperienza che ho fatto arrivando al

Parlamento Europeo, che facevo una verifica tra le donne elette dei diversi paesi e dei diversi

partiti, io scoprì che le donne italiane avevano molti più vantaggi legislativi delle donne nord.

Quest'immagine non la trovo giusta. C'è una differenza enorme fra il nord e il sud dell'Italia,

ma il grosso dell'Italia è totalmente simile al resto d'Europa. Allora, che cosa c'è di arrestato

come un problema? Il problema di tutte le donne, non soltanto dell'Italia, e cioè che il lavoro di

cura è ancora largamente apprenduto alle donne, sia che lavorino, sia che non lavorino. Certo,

ci sono gli uomini più volenterosi che lavano i piatti, magari... poi adesso c'è il lavastoviglie

di niente meno drammatico, quella cosa, il lavoro di cura è molto più... è una cosa molto più

complessa e questo è ancora un'altra questione. Tant'è vero che quello che succede, che è un

problema che chiarisce tutto, che la grande battaglia per le quote rose, perché le donne

possono accedere tutte le carriere, oddio sono poche ministre, sono poche presidenti della

Repubblica, eccetera, eccetera, è una cosa che secondo me ha un segno totalmente diverso,

nel senso che certamente quello che... non è che non accedono più tutte le carriere,

ma sono tantissime nella magistratura, fra i medici, fra i deputati. Quello che c'è,

un'altra cosa è che... ti do un dato che è molto significativo. Guardate i dati delle donne manager,

sapete che sono una delle categorie in cui le donne sono di più aumentate, anche ad alto livello,

però puoi vedere una cosa che scopri che gli uomini manager hanno figli al 95%,

donne manager hanno figli soltanto al 30-35%, vuol dire che per diventare manager sono riuscite a

diventare manager, ma per questo hanno dovuto scegliere una cosa importante dell'essere donne,

che non è obbligatoria, perché le donne possono scegliere ovviamente di non poter fare figli ed è

loro delgittimo diritto, però in generale voi mi stiamo vedendo i figli e questo non lo puoi fare,

non lo puoi fare perché tutta l'organizzazione della società è fatta in modo tale da dare

per scontato che il lavoro di cura deve essere fatto dalle donne e che comunque se tu il lavoro

di cura diventi particolarmente grato perché hai tre figli, quattro figli eccetera, allora devi

rinunciare a lavorare. Quindi questo fatto formale, l'accesso alle carriere, alla cosa eccetera,

secondo me è un obiettivo sbagliato del movimento femminista che ogni tanto turna,

avere, teniamoci simbolicamente, molto importante dimostrare che le donne sono anche capaci di fare

il ministro, non sono imbecilli, va benissimo, però il problema non è quello, il problema è

che la società è organizzata in modo tale da ritenere il broglio e che si pensa che tutti

quanti gli uomini e donne sono uguali. Quando si dice questa cosa assurda, tutti sono uguali di

fronte alla legge, ma manco per niente perché siccome siamo diversi non possiamo essere uguali

di fronte alla legge, siccome siamo diversi si pensa che la società è tutta organizzata sul

modello del cittadino neutro che non esiste, i bambini neutri come sapete non ne nascono,

i bambini femmini e i bambini maschi. Si è fatto il broglio di dire che il modello che si è scelto

per l'organizzazione della società, dell'aspetto giuridico ma anche dell'aspetto sociale, degli

orari dei negozi, del modo come si lavora e tutto, è fatto sulla base del modello dell'essere neutro.

Siccome l'essere neutro non è, è quello maschile ed è stato assunto come si comprendesse anche

l'esistenza delle donne che invece richiede tutta un'altra forma di organizzazione della società,

altri diritti e altre cose. Quindi sicuramente battaglie diverse diciamo. Battaglie diverse

che hanno molto a che fare con l'amore perché è difficile pensare che l'amore possa essere davvero

quello che noi vorremmo essendo che però scunta il fatto che tutti i nostri rapporti, anche il

matrimonio è un rapporto sociale, il rapporto fra di noi è basato su un imbroglio. Io ho sempre

molto fastidio a vedere che di questo imbroglio non si parla mai e si continua a dire. Dopodiché

vada che è chiaro che ci sono tanti altri problemi di mezzo. Negli anni, primi anni

sessanta mi ricordo che noi organizziamo come sezione femminile del partito comunista,

ancora a Nile degli occhi che era la responsabile femminile, cercamo di fare una cosa molto

polemica e organizziamo un seminario che si chiamava Famiglie e società nell'analisi marxista

e lo facciamo come donne per togliere di mezzo i pregiudizi della famiglia tradizionale,

cattolica eccetera, ricorrendo a Engels eccetera, tutte quante le cose che erano state scritte che

era un modo molto dissacrante di parlare della famiglia, tanto spingevano in questo senso,

perché anche delle grandi pettinate, cioè esisteva soltanto un problema del rapporto

dell'individuo con la società e che non c'erano mediazioni tra il rapporto individuo società,

come la famiglia, la famiglia è una mediazione di questo rapporto naturalmente, è un'articolazione

del rapporto. Mi ricordo che Togliatti due settimane dopo fece un commento a questo

convegno che noi avevamo fatto su Rinascita dicendo una cosa sempre ossanta, che io tutte

le volte che celebro un matrimonio adesso ricordo, dicendo che Togliatti aveva ragione,

era una critica che diceva, diceva, vabbè non esageriamo, è vero che c'è un rapporto

individuo società, però c'è anche la mediazione a uno certo valore, a un certo conto,

sono i rapporti attentivi, i rapporti familiari, l'amore di coppia, eccetera. La cosa è molto

complicata. Infatti Jennifer ci sono una quantità di temi sul piatto che adesso non so neanche più

da dove iniziare, ma allora battaglie, quindi battaglie uomo-donna, ma sappiamo come giustamente

ha detto Jonathan prima, ci ha ricordato, che non è solo quello, non è solo una battaglia

uomo-donna, ma ci sono ben altre battaglie, le battaglie dei diritti LGBTQ+, le battaglie che le

donne che non vogliono figli devono in qualche modo combattere per cercare di mantenere questo

diritto, eccetera. Da dove partire? Cioè in questione battaglie, l'amore per se stesse,

anche che prima non abbiamo analizzato, ma semplicemente perché c'è così tanta roba che

voglio darvi i più sfonti possibili. E poi c'è la retratezza, Luciana diceva che non è vero che

in Italia siamo un paese arretrato, rispetto a cosa? In realtà io sono molto d'accordo sull'analisi

che ha fatto Luciana, quindi non mi sento di aggiungere molto altro rispetto a quello che lei

ha detto sull'argomento delle battaglie, sono molto d'accordo e forse ecco magari non sono

così d'accordo sull'idea che l'Italia non sia un paese arretrato, però per questo c'è una cosa

interessante che però conferma quello che poi ha detto Luciana, ovvero ogni anno l'Istituto

Europeo per la Parità di Genere schila un indice che assegna un punteggio ai vari paesi europei in

base ad alcuni criteri molto diversi che riguardano la parità di genere, il lavoro, la salute e anche

la rappresentanza politica, cioè la presenza delle donne nella politica. La cosa interessante è che

negli ultimi dieci anni il punteggio dell'Italia è uno di quelli che è aumentato di più, l'Italia

ha fatto un salto enorme nella parità di genere negli ultimi dieci anni, ma solo ed esclusivamente

sul piano della rappresentanza politica, noi abbiamo con l'introduzione delle parti di genere

in Parlamento e nei consigli di amministrazione, abbiamo aumentato moltissimo questo nostro

punteggio, il problema è che ad esempio se guardiamo l'occupazione femminile non soltanto

in termini appunto di quante donne sono occupate, ma come sono occupate, cioè con che tipo di lavoro,

che tipo di contratto, quanto carico di lavoro non retribuito hanno sulle loro spalle, cioè il

lavoro di cura, i nostri livelli sono praticamente gli stessi di dieci anni fa, cioè non c'è stato

un salto neanche di un punto percentuale rispetto al 2010 e se nel 2010 questo disastro italiano,

ben al di sotto della media europea, si spiegava con la crisi del 2008, però in dieci anni non

si è colmato questo buco che si è creato e anche se sul piano della presenza delle donne nella

politica c'è stato un grande miglioramento, questo miglioramento non ha portato poi un

miglioramento alla base e quindi l'idea del trickle down nella rappresentanza di genere

secondo me non funziona, è un po' un pensiero magico pensare che se metti la donna automaticamente

le condizioni delle donne migliorano finché appunto la donna che è al potere continua a

ragionare su quella neutralità che citava Luciana, se non appunto assumo una prospettiva di genere,

se uno si chiede quali sono i problemi delle donne, tra l'altro problemi che sicuramente lei

avrà incontrato nella sua vita, nella sua carriera, allora non cambia niente, è indifferente nel

momento in cui tu metti una donna, altrimenti diventa un po' del donnismo. A parte questo dico

anche due parole sull'amore di sé, poi mi taccio, mi piace quello che dice Jonathan sulla difficoltà

di capire che cos'è l'amore di sé perché effettivamente è una cosa su cui anche io mi

sono fatte delle domande, a volte sembra un obbligo amare se stessi, qualcosa che diventa

poi un'ennesima prigione della propria felicità, diventa quella performatività di cui parlavamo

prima, per cui anche ad esempio per quanto riguarda il corpo, quindi l'aspetto materiale più immediato,

più contingente, sappiamo si parla molto di body positivity, quindi avere dei sentimenti

positivi nei confronti del proprio corpo, ma se io non li voglio provare questi sentimenti,

se non sono capace di provarli, che cosa posso farci? Cioè è colpa mia se io non amo il mio corpo?

E molto spesso questa colpevolizzazione viene fatta ed è l'ennesima colpevolizzazione sulle

donne e sul modo in cui si presentano, presentano il loro corpo, il loro aspetto di fronte alla

società, per cui c'è anche questa cosa molto bella che è in risposta alla body positivity,

che è la body neutrality, cioè io voglio essere neutra rispetto al mio corpo e apprezzarlo per

quello che il corpo sa fare e le potenzialità che ha come strumento e non soltanto come forma

esteriore. E questo è un oggetto molto interessante proprio perché non sono obbligata ad amarmi,

ad amarmi almeno da questo punto di vista dell'aspetto fisico, credo sia più, anche a lungo

andare, meno snervante che stare con l'ansia del devo amarmi a tutti i costi.

C'è una cosa che mi viene da chiederti visto che parli di questa body neutrality,

una persona che si colpevolizza tendenzialmente è anche una persona che viene facilmente

manipolata in qualche modo. Mi attacco a questa cosa per dire che appunto la Terza recentemente

ha pubblicato un libro di fumetti che si intitola L'amore non basta come sono sopravvissuta a un

manipolatore, che spesso si attacca alla questione del corpo, del corpo delle donne. Pensi che sia

però un problema solo femminile, la manipolazione intendo, o un problema anche maschile? Se pensi

che sia un problema di oggi, cioè è una cosa recente, mentre parlavi mi veniva in mente

quanti messaggi io continuo a vedere sui social che mi dicono come mi devo sentire in qualche

modo o come dovrei provare o come la persona accanto a me si dovrebbe comportare o come

dovrebbe essere la mia relazione. Tutto questo cappello è una questione del presente o è una

questione che va avanti da sempre? Rispondete tutte e due, vai Luciana, vai tu e poi dopo

riprendiamo anche con gli altri. Non so risponderti bene a questa domanda,

a me su tutta questa questione qua mi colpisce una cosa adesso che c'entra forse poco con la

cosa che mi hai domandato ma che in qualche modo vi allude, cioè la minimizzazione del

movimento femminista più giovanile della differenza delle donne, cioè tu stessa hai

detto là una differenza genitale, è molto più grossa la differenza e c'è invece una tendenza

attuale a dire siamo uguali, siamo uguali, quindi vogliamo avere l'uguaglianza riconosciuta perché

siamo uguali, invece io penso che siamo diversissimi fra uomini e donne e noi della

mia generazione abbiamo fatto un errore per decenni di pensare che il problema fosse quella

di somigliare agli uomini, abbiamo fatto di tutto, abbiamo nascosto il nostro essere femminile

perché dire donna significava dire un po' deboluce, un po' inricappata, un po' cretina,

un po' meno, e oggi vedo questa tendenza opposta che è quella di dire siamo uguali e non affermare

fino in fondo che il problema anche del mio corpo e della mia vita, di come sono eccetera,

è di dire io sono diversa e voglio che questa diversità sia affermata, riconosciuta,

rispecchiata nei valori, nelle leggi, nel modo di organizzazione della società eccetera. Perché

questa cosa c'è nella parte più giovane del movimento femminista questa smania di minimizzare

la differenza e quindi anche l'amore per se stesso diciamo diventa, non c'è amore per il

proprio corpo, io lo interpreto in questo modo, per la propria diversità, non è così?

Jennifer ma anche Jonathan perché ho capito che Jonathan aveva qualcosa da dire su questo.

Ma io parto da quel discorso che stavo facendo prima, era più legato alla questione dell'aspetto

esteriore e devo dire più a una questione di immagine, mentre credo che il discorso su

diciamo il corpo come dire come soggetto è qualcosa che va oltre questa cosa che ho appena

citato e sicuramente diciamo io non credo che sia una questione che viene minimizzata,

anzi credo che stia tornando in maniera un po' diversa, onestamente rispetto alle ragazze della

mia età, si parla molto della questione della differenza sessuale ma la si problematizza,

la si problematizza nel senso che stiamo andando oltre l'idea della binarietà,

soltanto del prendere in considerazione il corpo maschile e il corpo femminile e ci interroghiamo

su come questo dualismo possa essere superato, ma non nella direzione dell'uguaglianza,

non nella direzione del siamo tutti uguali e diciamo dell'indifferenza se vogliamo dei corpi,

ma io credo si vada verso un ampliamento della questione, quante sono le nostre singolari

differenze, almeno questo è secondo me il punto delle nuove generazioni sulla questione della

differenza sessuale, mentre dalla mia prospettiva io penso che ci sia stato un disinteresse nelle

femministe, nelle donne un po' più vecchie di me, insomma la generazione di mezzo dove la

questione è sparita completamente perché si è arrivati poi a quella illusione dell'uniformità,

dell'uguaglianza formale che diventa in realtà un inganno, un imbroglio per garantire poi anche

un'illusione di parità, però io credo che appunto la cosa stia tornando ma in maniera diversa,

senza andare in quella dimensione del siamo tutti uguali, tutti identici, tutti indistinguibili,

cioè al contrario credo ci sia proprio una moltiplicazione delle differenze,

però insomma è un tema enorme, potremmo stare qui per me per ore.

Consoli dicendo questo, io credo c'è un pezzo del femminismo se vuoi, però in questo momento

invece tende a parlare insomma come se fossero tutti quanti uguali e poi sì certo ci sono

vocazioni diverse, cioè la differenza biologica conta, non è che non conta, poi uno è libero di

scegliere, di accettarla, di non accettarla, di non volerla, di metterla in discussione,

però conta. E con questo dire che non conta non mi piace, su quello che dicite sono d'accordissimo

con te. Volevo dare la parola anche a Jonathan perché credo che in qualche modo appunto quando

si parla anche di questione biologica e siamo tutti uguali e non siamo tutti uguali è molto

interessante vedere dove sta questa libertà, perché noi oggi parliamo anche della libertà

di poter amare, dall'altra parte però c'è chi forse ancora non è libero di poter scegliere chi amare.

No, sì anche diciamo che io per esempio buona parte della mia vita, soprattutto quando ero

piccolo, dell'infanzia e dell'adolescenza, è stata segnata proprio da un'aver patito l'uso

della differenza biologica come criterio per assegnarmi da una parte o dall'altra,

perché io, e questa è un'esperienza che poi ancora mi porto dietro, non sono a mio agio con

l'identità maschile, col fatto di essere definito maschio e di essere definito uomo. Io mi sento più

una zona di mezzo tra questi due grandi poli che la tradizione ci ha consegnato, anche se sulla base

della corporeità, ma quando noi facciamo uso, quando ci riferiamo appunto a questi due poli,

ci portiamo dietro tutta una serie anche di significati e di interpretazioni che

inevitabilmente già predeterminano tutta un'atmosfera. L'autodeterminazione anche del

proprio dato biologico che non può essere imposto da criteri esterni, ma è qualche cosa che uno ha

il diritto di autodeterminarsi, di autodefinirsi, naturalmente come diceva Jennifer, quindi è

diverso. Non è di negarlo, non di non poterlo scegliere. Ragazzi, io vi scuso, ma devo scappare,

perché ho un impegno. Va benissimo Luciano, ci mancherebbe. Ti aggiorniamo. Grazie mille.

Tanto siamo comunque in chiusura e io, Jonathan, volevo che tu finissi il tuo pensiero,

giustamente perché volevo capire dove volevi andare a parare, ma soprattutto a questo punto

mi collego all'ultima domanda che volevo fare a tutti, cioè cosa vedete nel futuro? Cioè tu che

cosa speri per il futuro, dato anche quello che è una difficoltà evidentemente? No, sì, io sono un

grande fan, diciamo proprio per indole del futuro e non ho nessun tipo di, forse anche ho una posizione

radicale, diciamo, ma non ho nessun tipo di timore nei confronti appunto delle trasformazioni in atto

né di quelle a venire. Quindi anche appunto parlando di trasformazione del corpo appunto,

perché la verità è che poi quando si parla di identità, di genere, insomma di tutte le questioni

che le gravitano attorno, intervengono delle resistenze che per esempio fanno uso, e lo

sappiamo, del concetto di natura e di un uso forte, strong, del concetto di natura che non vale

assolutamente in altri ambiti, per esempio, no? Quindi si ritiene che la natura sia qualcosa di

molto più sottile appunto e modificabile quando per esempio, non so, si ha a che fare con la

malattia o anche quando si ha a che fare con i rapporti tra i sessi o tra i generi, perché tutti

siamo d'accordo che per esempio la disponibilità di una maggiore forza fisica degli uomini non si

deve tradurre allora in un rapporto di tipo come era diciamo nella preistoria. Quando però poi si

entra in altri ambiti allora si tenta di fare un uso appunto del concetto di natura che è fatto

per fermare delle rivendicazioni più di tipo culturale, psicologico, emotivo, che è quello

che stiamo vedendo un po' in atto appunto, sempre tornando alle discussioni ed anzi un po' il despaio

più che discussioni che è montato sulle dielle Zan e che proprio una certa parte diciamo, una sinistra,

non nel senso politico ma proprio nel senso di effetto emotivo, una sinistra alleanza tra delle

componenti minoritarie proprio spero insomma del femminismo e di una certa impostazione

insomma un po' tradizionale nel senso di passatista del femminismo con delle invece

fazioni tipicamente reazionari e quindi di fondamentalismo cattolice. Si è creata questa

sinistra alleanza e lo stiamo vedendo proprio anche nei volti di queste figure che hanno chiesto

di essere, di poter dire la loro proprio anche ora nell'ambito delle discussioni istituzionali

sulle dielle Zan. E quindi ecco io nei confronti per esempio di tutte queste remore che poi si

declinano in vario modo come anche nel caso della gestazione per altre dove è chiaro che per esempio

non ci devono essere elementi di sfruttamento ma tutta quella mistica della maternità che viene

buttata sul sul tavolo strumentalizzando anche insomma è chiaro che ci sono delle resistenze

che possono essere secondo me riassunte appunto in quanto ci si sente legati a quella che secondo

me non è affatto come si dice oggi la dittatura del politicamente corretto credo sia molto più

forte la dittatura della tradizione nel nostro paese e non solo. Jennifer? In tutto questo mi

sono dimenticata la domanda. Il futuro, il futuro perché siamo giusti. Sì perché mentre Jonathan

faceva questo intervento stavo pensando a tante cose. Allora sì sostanzialmente diciamo io auspico

per il futuro la maggiore fluidità possibile e libertà nelle relazioni nel sentirsi validati e

riconosciuti nelle proprie esigenze materiali perché molto spesso le questioni legate all'identità

sessuale in genere sia per quanto riguarda l'orientamento sessuale che le questioni di

genere che l'identità di genere stessa vengono considerate un po' di vezzi cioè delle cose per

cui io mi impunto su questa cosina perché sono fatto così voglio voglio che insomma tutti mi

riconoscano nella mia nella mia nella mia persona nei miei bisogni individuali e si lascia perdere

sempre il fatto che in realtà queste questioni l'amore la il trovare un proprio posto nel mondo

l'affermazione della propria validità del proprio corpo della propria identità sono questioni

estremamente materiali che hanno delle ricadute sulla vita delle persone ricadute concrete quindi

ogni ostacolo ogni freno a questo tipo di progresso chiamiamolo così è un ostacolo alla

vita pratica delle persone e questo è un punto su cui io diciamo cerco di essere sempre molto

molto ridondante perché spesso si perde il vista no il fatto che queste cose sono molto intrecciate

quindi il il il futuro deve essere capace di riconoscere l'interdipendenza di questi fattori

quindi questo è il mio mio auspicio e la mia visione del futuro quindi speriamo insomma che

la successione e la pensione riversibilità possono essere condivisi la più persone possibili nel

nel brevissimo futuro io vi ringrazio ringrazio luciana cartellino non c'è più

giornata ambazzi e jennifer guerra per aver partecipato a questo nono incontro di interregno

e speriamo di sentirci presto grazie mille grazie grazie a giornata nelle persone


AMORE LIEBE LOVE LIEVE AMOR AŞK

Eccoci qui, buonasera e benvenute a tutti e a tutti al nono incontro di Interregno, Here we are, good evening and welcome to all and sundry to the ninth Interregnum meeting,

spazio di confronto intergenerazionale in cui guardiamo i punti in comune, Intergenerational comparison space where we look at commonalities,

alle differenze tra diverse generazioni, guardando al passato, al presente e anche to the differences between different generations, looking at the past, present, and even

al futuro. Grazie a Editori La Terza che come sempre ci ospita e grazie ai nostri

ospiti di stasera, sono Luciana Castellina, politica, giornalista e scrittrice. Buonasera

Luciana. Buonasera. Buonasera. Jennifer Guerra, giornalista. Buonasera. Buonasera. Jonathan

Bazzi, scrittore. Buonasera. Buonasera a tutti. Allora, oggi un tema molto molto particolare e Bazzi, writer. Good evening. Good evening, everybody. So, today a very very particular topic and

siamo molto felici di fare questo evento su questo tema. Di cosa parliamoli quando parliamo we are very happy to do this event on this topic. What do we talk about when we talk about

d'amore? Si chiedeva Raymond Carver. Le canzoni d'amore continuano a essere in vetta a tutte le

classifiche, le app di dating spopolano ormai da anni, eppure sentiamo spesso parlare di come i

tempi dei corteggiamenti e quelle delle intenzioni serie siano in qualche modo ormai finiti. L'amore

è un sentimento universale e senza tempo, ma forse è cambiato in modo che sempre cerchiamo di

capire se è reversibile o irreversibile. Jennifer vorrei partire da te chiedendoti quali, in base

anche a tu sei giovanissima, partiamo da questo, e quindi cosa pensano le generazioni più giovani

quando parlano di amore oggi? Quindi quali sono le forme dell'amore? E se secondo te i giovani di

oggi sono più romantici o più disincantati rispetto alle generazioni precedenti? Io credo

siano molto più disincantati rispetto al romanticismo. Credo anche che noi viviamo

in un'epoca molto contraddittoria perché nonostante comunque nelle relazioni quotidiane

ci sia una sorta di avversione, devo dire, nei confronti dell'amore, della possibilità di

instaurare relazioni profonde che siano insomma ricche, arroccanti nella propria vita, c'è comunque

un'enorme narrazione collettiva dell'amore ancora estremamente legata agli stereotipi,

agli ideali di quello che chiamiamo amore romantico, per cui rimane questo obiettivo e questo modello

molto forte all'interno della nostra vita, è come un modello normativo che è basato su un'unica

possibilità di amore che è quella della coppia eterosessuale che sta insieme per tutta la vita,

possibilmente sposata, possibilmente con figli, però questo modello vuole essere,

insomma c'è il desiderio di scardinare questo modello, ma allo stesso tempo io credo ci sia

anche una grande sfiducia nella possibilità di farlo e in generale di sfiducia nei confronti

dell'amore, questo è un tema che ho affrontato anche nel mio libro Il corpo e il corpo elettrico

in capitale amoroso, in cui spiego quali sono secondo me i modi di questa grande contraddizione,

cioè noi siamo una società individualista, una società cinica, una società che non crede,

non ha fiducia nell'altro, però contemporaneamente c'è questo desiderio in noi di incontrarci con

l'altro, di avere una, insomma di desiderare l'amore come forma di realizzazione all'interno

delle nostre vite, quindi io credo esista questa grossa contraddizione. Tra le varie forme d'amore

c'è anche l'amore familiare, che ha un amore particolare, Jonathan tu in Febbre parli della

fragilità di un bambino che è molto dipendente dai suoi genitori, l'amore della e per la famiglia,

è un amore che ci libera o è un amore che ci opprime? Perché l'esperienza familiare in qualche

modo forma anche il modo di amare di un adulto, di un giovane adulto, di una persona giovane che

va nel mondo. Secondo te l'amore familiare cosa fa?

Ecco, ma allora io credo che spesso faccia un po' entrambe le cose, perché credo che la famiglia

sia un po' la matrice originaria per molti dei nostri modi di funzionare e che quindi anche come

un po' racconta, almeno questo era poi uno degli aspetti che mi interessava di più raccontare,

di come degli aspetti anche molto diversi se non antitetici come può essere appunto l'amore,

l'affetto e invece dei sentimenti di ostilità o di vergogna possano stare insieme. La famiglia

forse è un po' il contesto per antonomasia in cui questi sentimenti che poi anche la psicologia e la

psicoterapia ci ha insegnato a definire come imbischianti, quindi dei circoli, dei cerchi

affettivi nei quali però appunto può stare dentro anche, possono stare dentro anche delle

esperienze poco piacevoli o anzi proprio traumatiche. E quindi se da una parte questo

sicuramente oggi anche per fortuna con le nuove sensibilità, con la diffusione di un certo tipo

di istanze e di discorsi ci rendiamo conto insomma che c'è un lavoro da fare da quel punto di vista,

però a me interessava anche e diciamo che mi interessa anche sempre vedere come delle

esperienze affettive primarie, complicate se non proprio negative, si traducano e si trasformino

in una energia anche positiva. Quindi quello che racconto nel libro è sicuramente anche un po' di

come queste mancanze originarie in qualche modo hanno alimentato e forse ha cresciuto un desiderio

che non sarebbe stato magari così grande se non ci fossero state queste mancanze. In altri casi,

anche se non è affatto detto, ci può essere una sensibilità e una capacità di tenuta affettiva

più grande proprio appunto per queste mancanze primarie. E quindi ecco, insomma, una delle cose

che mi affascinano di più anche proprio nel rapporto con la scrittura è questa compresenza

di dimensioni opposte che nelle relazioni spesso si tengono insieme, convivono.

Certo, un po' amore-odio, odio forse è una parola diversa, però l'amore-odio e sicuramente

torneremo su questo tema anche più avanti. Un'altra forma ancora che ci tenevamo a

menzionare è l'amore politico. Luciano, nel tuo libro Amore e comunisti tu racconti tre storie

di amori molto appassionati e coinvolgenti in cui amore e politica sono fortemente legati. Si

parla di politica appunto degli anni 60 e 70 e sembra proprio una storia d'amore la politica

in quell'ambito. Ce lo racconti? Ma io devo dire che sono contenta che mi fai questa domanda

perché ero un po' colpita che si parlasse di amore soltanto come amore di coppia, che è un pezzo,

una parte, e neanche direi così decisiva della questione dell'amore. Fra l'altro perché mi

colpisce una cosa, io non credo che ci sia un amore vero di coppia se non c'è prima l'amore

per l'umanità. Quello è un aspetto molto importante, naturalmente, non dico questo,

però insomma è un pezzo di quella cosa. Ho visto raramente dei grandi amori di coppia che non

fossero interpretati da persone che avevano un grande interesse per le relazioni umane in

generale e quindi, perché sono un elemento... insomma prima ci deve essere l'amore per conoscere

gli altri, per avere le relazioni con gli altri, che non è una cosa molto diffusa. Io credo che

oggi se c'è una difficoltà delle coppie nasce dal fatto che c'è sempre meno amore, interesse,

curiosità per la relazione con gli altri. Viviamo una sindrome individualista molto forte,

molto di gente ripiegata su se stessa, l'apoliticismo è innanzitutto originato da un

non interesse, non passione, non curiosità, non amore dunque per le relazioni con gli altri esseri

umani, animali e così via. Allora sono contenta della tua domanda perché mi riporti sul libro,

sul quale come sai ci fu una polemica perché il giorno in cui, ti parlo di un aneddoto ma che

forse spiega, il giorno in cui presentai questo libro per la prima volta fra l'altro che era il

Festival della letteratura di Castiglioncello e a presentarlo c'era Giuliano Ferrara, direttore

del foglio allora ancora. E quel giorno stesso la fidanzata di Di Maio aveva fatto una dichiarazione

dicendo che lei aveva lasciato Di Maio perché siccome Di Maio aveva deciso di dedicarsi

essenzialmente alla politica e dunque la politica e l'amore erano due cose che non si potevano

conciliare e naturalmente ho colso l'occasione di questa dichiarazione che era fatta proprio quel

giorno sul giornale per dire che io pensavo esattamente il contrario e cioè che un grande

amore, una grande passione di coppia non fosse arricchita caso mai dalla una se vissuta insieme

a una passione più generale e politica intesa in questo senso non per un progetto particolare

ma come passione per gli altri, per l'altro, riconoscimento dell'importanza della nostra

esistenza dell'altro. Questa polemica se ne discusse a Castiglioncello e siccome il moderatore era

stato Giuliano Ferrara due giorni dopo il foglio uscì con una pagina intera come amano i cinque

stelle come amano i comunisti come amano tutte le varie specie degli umani in modo diverso e

è diventato una cosa che qualsiasi volta che ho presentato questo libro si è ritornati su questa

cosa come amano i cinque stelle, come amano i cilestri eccetera eccetera e io credo che non sia

un caso perché i cinque stelle sono nati come protesta verso la politica, mi ricordo sempre

la campagna elettorale della nostra sindaca di Roma che cominciò in un modo che a me mi aveva

molto scioccato perché andavo in giro per Roma facendo la campagna elettorale e ogni buca che

trovavo ogni cosa che non funzionava diceva è colpa della politica mentre io le interpretavo

nell'opposto è colpa della mancanza di politica, dell'assenza di politica, cioè di partecipazione

di collaborazione di interrogarsi su quello che una buca significava per gli altri e così via,

ecco però va bene sono contento in questo senso come avete capito bene io sono per il fatto che

la parola amore mi richiama all'amore per tante cose non soltanto per una coppia fra una coppia.

Tra l'altro così come la politica l'amore può essere e oggi soprattutto molto performato,

postiamo tante foto, ci sposiamo con centinaia di persone, abbiamo bisogno di far vedere questo

amore, pubblicizzarlo in qualche modo. Jennifer che impatto ha questo aspetto sulla il vivere

le relazioni poi e che impatto ha sulle emozioni? Nella nostra società secondo te è ancora possibile

vivere un amore diverso che sia un amore privato per esempio?

La parola privato non mi convince perché anche io come come Luciana sono convinta che l'amore

abbia una dimensione pubblica di per sé proprio perché l'amore è mettersi in relazione con gli

altri però il problema sta nel capire dove arriva il confine tra la come dire la condivisione perché

appunto voglio che gli altri siano compartecipi della mia felicità che l'amore mi provoca,

qualsiasi tipo di amore sia, alla performatività cioè alla fine possiamo anche traslare questo

discorso con le amicizie ci sono persone che frequentano centinaia di persone e vogliono che

tutti sappiano che hanno così tante amicizie perché anche quella fa parte della costruzione

di una performatività delle proprie relazioni e io credo che questo sicuramente è un fenomeno

che è ampliato anche dal fatto che noi siamo ormai una società iperconnessa,

iper performativa che appunto anche attraverso i social sente il bisogno comunque di condividere

nel senso negativo tutta questa accumulazione però io credo che il problema sia proprio in

questa accumulazione, cioè il fatto che noi viviamo in una società che mette al primo posto il profitto,

l'accumulare, l'essere sopra gli altri, l'essere più bravi degli altri e siamo anche imbevuti di

quest'ideologia per cui tutta la responsabilità della nostra realizzazione personale ricade

esclusivamente su di noi e non esiste più un contesto sociale in cui questa

nostra realizzazione ha delle concause, dei fattori che possono migliorare la

nostra condizione, ricade tutto sulla nostra responsabilità personale per cui se abbiamo

successo è merito nostro, se falliamo è colpa nostra e questo modo di pensare io credo che

esista molto anche nelle relazioni. Ci sono delle condizioni materiali che influenzano

la nostra possibilità di amare, anche la nostra possibilità concreta, il tempo che

dedichiamo all'amore ad esempio, è una cosa che cambia moltissimo in base alle condizioni

materiali, quindi io credo che il problema della performatività che poi si traduce anche

in delle pratiche, dei rituali dell'amore che possono essere molto discutibili,

come dire, possono arrivare alla sgradevolezza in maniera molto facile, però è più legata a questo

problema dell'accumulazione, del dover sempre dimostrare di essere di essere appunto conformi

a questa norma sociale così diffusa. Ecco, su questo tema della performatività volevo

fare una domanda a tutti quanti, partendo da Luciana e poi Jonathan. Nella nostra società,

secondo voi ha ancora senso il matrimonio, il vincolo del matrimonio? Cioè molti giovani un

po' rimpiangono il passato nel quale forse era più semplice o forse sembra adesso più semplice

capire se qualcuno ti corteggiava e quali erano le intenzioni. Quanto abbiamo perso e quanto in

qualche modo invece abbiamo guadagnato? Luciana, partiamo da te, rispetto ai tuoi tempi.

Ma adesso mi colpiva che oggi l'amore ha bisogno di manifestarsi, di comunicarsi, eccetera. A me mi

sembra il contrario perché il fatto che tantissimi vivono insieme e decidono di vivere insieme ma non

di sposarsi, che poi magari si sposano ma non è quello il primo punto, vuol dire anche in qualche

modo il contrario, cioè che è diventato di più una cosa che anzi rimane importante il rapporto

che c'è ma non ha bisogno di manifestazione sociale come è il matrimonio e quindi proprio

affermazione, condivisione eccetera. È un fenomeno che non sono ancora riuscito bene a spiegarmi io,

perché mi spieghi in un modo, cioè perché si considera oramai che l'amore quasi sempre non è

un amore per tutta la vita e che quindi si fa meno di crearsi le complicazioni che ci si crea se invece

si sposa e quindi poi bisogna dividersi, separarsi, fare tutta una serie di, se non altro, di pratiche

burocratiche. E quindi una relativizzazione dell'amore non coincide più con la vita,

quindi mi pare che sia il contrario. Ormai è diffusissimo, io non conosco quasi più nessuno

che si sposa, cioè conosco chi si sposa da anziano. Io celebro molti matrimoni,

come sapete ormai puoi celebrare i matrimoni anche non solo se non sei un sacerdote ma neanche se sei

un consigliere comunale come ero un tempo. E quindi ne celebro molti e allora scopro che la

grande bisogno di performance per l'appunto c'è in chi si sposa molto tardi o alla fine,

diciamo dopo aver sperimentato un rapporto per molto tempo, oppure di averlo intrecciato

soltanto tardi nella vita. Ma non è più un fatto giovanile e questo è curioso. Adesso casomai è

una cosa dell'età matura, come ve l'ho spiegato poi questo? Io devo dire che quando mi guardo

attorno vedo davvero di tutto un po', nel senso che vedo ancora coppie giovani che si sposano e

si portano dietro anche un certo carico, una certa vicinanza, una volontà di portarsi dietro appunto

tutto quello che il rito in qualche modo è una anche per certi aspetti una retorica più o meno

consapevole, più o meno vissuta consapevolmente può avere. E poi sì invece appunto coppie che

che vivono anche insieme magari ma senza nessun bisogno di conformarsi, di aderirsi a quel tipo

di modello, di struttura. Quindi io credo che noi viviamo forse nel momento in cui c'è, vige la

maggior diversità di sempre, cioè dove accanto a dei modelli tradizionali se ne sono affermati,

se ne stanno affermando di altri appunto non tradizionali. Devo però dire anche un po' diciamo

per il mio ruolo e per la mia storia questa sera che viviamo in un paese in cui quei modelli

tradizionali hanno ancora il loro peso, cioè dove noi siamo in questo paese dove non è neppure

possibile parlare di matrimonio egualitario, perché il peso che una visione tradizionale

che poi ha le sue radici insomma nel magistero, nella teoria, nella visione che è portata avanti

nei secoli dalla Chiesa, fa sì che ancora oggi in politica in qualche modo le possibilità con

cui ci si confronta e i modelli che vengono proposti non si possano distaccare troppo da

quelli. Io sento molto questa cosa, trovo abbastanza scandaloso che qua si fatica appunto così tanto

anche solo ad approvare il DDL ZAN, mentre appunto si è faticato molto per gli unioni civili e sulla

questione del matrimonio pare sia impossibile qui, perché come ci si avvicina scatano tutti

quei dispositivi che sono molto retorici, simbolici, che proteggono quella zona dell'esperienza

riservandola appunto ad un'appartenenza fondata sulla biologia, sulla diversità proprio genitale,

perché di questo si tratta. Infatti poi torneremo anche su questo argomento,

sicuramente l'amore viene interpretato in tante forme ma ha anche proprio delle visioni più

comuni e sicuramente più diciamo che si avvicinano di più al pensiero tradizionale, però torneremo su

questo. In realtà volevo pizzicare Jennifer con un commento di Francesco Pierantoni che ci dice

probabilmente ci si sposa per benefici amministrativi come successione e pensione

di reversibilità e adoro perché Jennifer tu ti stai per sposare o sbaglio o ti sposerai. Esatto,

esatto esattamente il motivo per cui mi sposo. In realtà è molto buono questa cosa perché appunto

tutti nelle varie interviste o nelle presentazioni del mio libro mi chiedono sempre chiaramente di

parlare di matrimonio pensando e aspettandosi che io dica di essere contrari al matrimonio,

quindi sono tre mesi che sto spiegando tutto il mondo le ragioni per cui voglio sposare,

quindi ho pensato molto bene in questi tre mesi. Però ecco in realtà diciamo per me

personalmente non credo sia un sentimento comune perché sono d'accordo con quello che dice Jonathan,

cioè io mi sento un outsider quando dico che mi voglio sposare, ho 25 anni, cioè le persone a

volte reagiscono anche con quasi con ostilità a questa notizia, quindi effettivamente c'è un

po' di tutto e forse come diceva Luciana il matrimonio tra i giovani è l'eccezione e non

più la regola, quindi io mi sento appunto un po' un'eccezione. Però devo dire che insomma

l'idea che mi sono fatta è proprio il dire pubblicamente, condividere pubblicamente

questo amore con le persone che amo, a cui voglio bene la mia vita e anche devo dire

a un'autorità, cioè il sentirmi un'autorità che sia quella civile o quella religiosa,

cioè il sentirsi come dire un impegno pubblico poi rispetto alla propria relazione. Credo sia una

cosa che dipende moltissimo dalla sensibilità che ognuno ha, dalle idee che ognuno ha su

l'amore e su quanto insomma sia disponibile da gli spazio e rilevanza nella propria vita,

l'amore di coppia, l'amore romantico. Però ecco, io credo che fermo restando il fatto che appunto

il matrimonio ha ancora quella validità di istituzione per eccellenza che senza dubbio ha

proprio come dimostra la questione del matrimonio dualitario, perché noi abbiamo le unioni civili

che non sono matrimonio, non prevedono alcuni punti fermi nel matrimonio. Le unioni civili ad

esempio non prevedono l'obbligo di fedeltà, che questa è una cosa molto curiosa, perché secondo

me ci dice moltissimo anche su l'impostazione di questa norma. Però possiamo dare un significato

più moderno al matrimonio forse in questo senso, io personalmente è questo il motivo per cui mi

sposo e anche ovviamente per tutti i vantaggi economici che appunto il matrimonio dualitario

porterebbe a tutti e quindi perché siamo ancora qua, ma questa è un'altra storia. Un'altra forma

ancora, e forse mi verrebbe da dire la più difficile, è amare se stessi. Jonathan tu hai

parlato spesso di dove sei nato che è Rozzano e in qualche modo la tua è una storia proprio di amore

e odio, però da una parte è anche parte della tua identità, quindi com'è che si impara ad amare e

anche un po' ad accettare se stessi probabilmente? Allora, dal punto di vista proprio biografico ho

un po' vissuto questa esperienza sicuramente di una di un mancato affiatamento e proprio di

una separazione tra me e quello che mi stava attorno, sia dal punto di vista geografico,

quindi le caratteristiche del posto in cui sono cresciuto, caratteristiche sociali ma anche

semplicemente estetiche e anche per certi aspetti proprio familiari. Io proprio mi porto dietro

delle caratteristiche che sono anche semplicemente nel modo di parlare, nel tono della voce, sono

molto diverse le caratteristiche della mia famiglia ed è qualcosa che ad un certo punto

ho cominciato proprio a pensare così che sia forse qualcosa di innato e che può succedere

di venire fuori con delle caratteristiche che non sono quelle delle persone che abbiamo attorno.

Io in questo rapporto ho attraversato diverse fasi, quindi c'è stata una prima fase in cui

sicuramente me ne sono molto vergognato e quindi evitavo anche di essere accostato a quel luogo,

alle caratteristiche appunto del posto in cui sono cresciuto. Io sono, per chi magari non lo

sapesse, però sono cresciuto in un paese, in un comune, una fortissima prevalenza di case popolari,

io sono cresciuto tra quelle case popolari che avevano quindi un aspetto che immediatamente a

colpo d'occhio ti classificava e quindi evitavo di essere, di farsi che le persone vedessero per

esempio il posto in cui io vivevo quando mi raccompagnavano a casa eccetera. E quindi diciamo

che fino a quando ho vissuto lì mi ha accompagnato questo sentimento di vergogna e di non rispecchiamento,

di non identificazione. Però poi nel corso del tempo e soprattutto da quando ho smesso di vivere

sono affiorati dei sentimenti diversi e quindi oggi io riconosco invece degli aspetti anche

positivi, cioè delle delle parti, le componenti di eredità positiva che mi porto dietro da quel

posto e che possono essere anche semplicemente diciamo nelle cose che attirano la mia attenzione

come autore scrivendo e quindi e che non sarebbero state le stesse se fossi nato

probabilmente da un'altra parte. Quindi venendo proprio alla domanda che mi facevi, io non so e

ho anche poi di mio un po' di problemi con questa idea dell'amore per se stessi, dell'amare

che non so bene che cosa significhi perché non credo di capire bene anche poi che cosa

significhi. Però una cosa in cui credo è sicuramente il fatto di riuscire ad integrare

in quello che siamo un po' tutte le parti che ci che ci costituiscono e quindi a non rimuoverle

più, a non vergognarcene più, a non quindi tentare di occultarle ma di trovare il modo per appropriarci

anche di quelle parti appunto che ci sono capitate per sorte, condizione economica, sociale,

geografica, trovare il modo di appunto di abitarle e di viverle secondo dei termini del discorso che

ci appartengono, che sono quelli che noi in qualche modo introduciamo sulla scena.

Adesso dicevi che appunto non capisci bene che cosa sia, questa è una domanda che volevo fare a

tutti ma parto da te. Si parla moltissimo oggi di self love, self care eccetera, cioè cercare di

imparare ad amarsi, che è una cosa veramente difficile, a me riesce molto difficile. Quindi

questo concetto di amore per se stessi secondo te è utile o è un po' diciamo una piega di

quell'individualismo di cui parlava prima anche Jennifer ed è un po', cioè si nasconde un po'

una convenienza per poi vendere, non so, al corso di yoga, al corso di bellezza, fatti la maschera

perché ti devi amare, no? Tu vali eccetera. Cioè esiste un concetto di amore per se stessi che

va dal di là di questa commercializzazione dell'amore in qualche modo. Ma io trovo che la

formulazione di per sé è così come viene, come circola un po' anche in ambito sia commerciale o

di questi spot slogan motivazionali sia abbastanza piatta, ecco, che ci possa essere

diciamo una dimensione di autoosservazione e di uso anche di caratteristiche proprie che sono,

per esempio, soggette a un a un certo tipo di lettura dall'esterno non positiva, no? Ecco,

in questo io credo sì e credo che ci possa essere anche questo un in questo un potenziale

di vario tipo, cioè che può essere un potenziale sociale, politico, ma anche creativo e qui,

quindi, torno anche un po' al mio libro, no? Quindi in Febbre io ho un po' cercato di fare

questo, cioè di dare un senso diverso a una caratteristica, e parlo della sieropositività,

che ha una che ha e ha avuto un'interpretazione, una lettura tendenzialmente negativa, però diciamo

che la mia, io lì devo dire che sono stato anche supportato nel fatto di dargli un'interpretazione

diversa un po' da qualcosa appunto che è forse uno di quegli aspetti, diciamo, dell'eredità,

che mi ha consegnato il posto in cui sono cresciuto, positiva in qualche modo, perché io

inevitabilmente ho sperimentato molto presto una certa separazione da chi mi stava attorno e quindi

anche dai giudizi e inevitabilmente per una per una questione di sopravvivenza mi sono abituato

presto a non dare un credito automatico ai giudizi di chi mi stava attorno e quindi forse questo l'ho

in qualche modo in una zona d'ombra dal punto di vista della consapevolezza di ciò che è conscio

e inconscio, l'ho capitalizzato e mi è tornato utile quando appunto ho scoperto di essere sieropositivo,

io non sentivo che le cose che si dicono e si dicevano della sieropositività erano fondate e

quindi invece ho cercato di raccontare un'esperienza che è innanzitutto un'esperienza aggiornata e un'

esperienza che fa uso di un altro tipo di linguaggio e quindi non so bene cosa sia l'amore

per se stessi però sicuramente sì credo che le persone dovrebbero essere più libere di muoversi

all'interno delle proprie caratteristiche magari provando a farne qualcosa di diverso rispetto a

ciò che ti viene detto, ti viene insegnato che quelle caratteristiche sono. Su questa onda dell'amore

per se stessi vorrei passare un altro concetto di cui volevo sentire parlare Luciana soprattutto,

perché lei c'era ed è il passaggio nel 1970, 1 dicembre, l'approvazione della legge sul divorzio

che in alcuni casi probabilmente è stato anche amore per se stessi, è l'inizio di un processo

che sicuramente ci ha reso più liberi, più moderni. Oggi Luciana, secondo te quali sono le battaglie

che bisogna ancora affrontare e soprattutto le battaglie che devono affrontare gli uomini e le

battaglie che devono affrontare le donne? Sono le stesse, cioè quindi c'è un fronte diciamo comune

o sono battaglie diverse? Ma io credo che ci sia soprattutto la questione della taglia per il

divorzio. Si sottolinea ancora troppo poco oggi, credo, nel ricordo della battaglia per il divorzio

e il divorzio l'ha avuto in più aspetti perché uno era il diritto certamente di poter sciogliere

un matrimonio e quindi di fare altre scelte nella vita, ma c'era dentro un problema enorme che è

stato del tutto sottovalutato e cioè che, stante la legislazione di allora del diritto familiare,

il divorzio poteva comportare il fatto che la donna divorziata, diciamo dalla scelta dell'uomo,

rimaneva persino senza il letto per poter dormire la sera, nel senso che rimaneva priva di qualsiasi

diritto sulla casa in cui abitava, sul reddito, su tutto quanto. Questo è stato uno dei grandi

aspetti traumatici della battaglia del divorzio, cioè non è stata solo una battaglia che riguardava

l'amore, se stiamo parlando di questa parola, ma anche che la scelta aveva conseguenze molto diverse

sull'uomo e sulla donna perché la gran parte delle donne ancora non lavorava, allora non aveva

un reddito proprio e non aveva alcun diritto. La nostra parte, la parte dei comunisti,

si batteva molto perché fossero associate la legge sul divorzio con la riforma del diritto

familiare, quella che siamo riusciti ad ottenere purtroppo non contemporaneamente,

ma solo cinque anni dopo con la riforma del codice di famiglia che ha dato quello che oggi c'è e cioè

alla donna un diritto automatico ad essere compropietaria di quello che la famiglia è

andata accumulando, la casa e così via. Non è soltanto una questione di alimenti,

capisci? Cioè è una questione appunto del diritto che venga riconosciuto un apporto economico da

parte della donna per il lavoro di cura. È stato forse il primo riconoscimento in questo senso.

Quindi la battaglia sul divorzio poi nella sua realtà ha molto intrecciato questa argomentazione.

Oggi che cosa c'è di diverso? Il divorzio è tanto, ad un certo punto, si è rivelato più inutile di

quanto si credeva perché oggi un uomo e una donna vivono tranquillamente insieme,

decidono di vivere incontroveramente insieme. Io mi ricordo che quando mia mamma si è separata

negli anni 30, ha dovuto farlo attraverso il tribunale, la sacra nota, la cosa semplicissima

che era di andare comunque a vivere insieme con l'uomo con cui volevi stare, non era possibile,

non era, come dire, eticamente, socialmente praticabile. Tutto questo ancora in qualche

modo era vero nel 1970. Oggi, francamente, non c'è più nessun problema da questo punto di vista.

Questo è molto comunicato. Resta un problema comunque, diciamo, in qualche modo collegato

alla questione del divorzio, è che il problema tuttora riguarda le donne. Io non credo,

bada la... c'è stata una battuta di parte vostra, l'Italia arretrata. L'Italia non è più arretrata

degli altri paesi, per esempio. Io ho girato molto nella mia vita, nel mondo, e non trovo

mai questa differenza così profonda. Anzi, la prima esperienza che ho fatto arrivando al

Parlamento Europeo, che facevo una verifica tra le donne elette dei diversi paesi e dei diversi

partiti, io scoprì che le donne italiane avevano molti più vantaggi legislativi delle donne nord.

Quest'immagine non la trovo giusta. C'è una differenza enorme fra il nord e il sud dell'Italia,

ma il grosso dell'Italia è totalmente simile al resto d'Europa. Allora, che cosa c'è di arrestato

come un problema? Il problema di tutte le donne, non soltanto dell'Italia, e cioè che il lavoro di

cura è ancora largamente apprenduto alle donne, sia che lavorino, sia che non lavorino. Certo,

ci sono gli uomini più volenterosi che lavano i piatti, magari... poi adesso c'è il lavastoviglie

di niente meno drammatico, quella cosa, il lavoro di cura è molto più... è una cosa molto più

complessa e questo è ancora un'altra questione. Tant'è vero che quello che succede, che è un

problema che chiarisce tutto, che la grande battaglia per le quote rose, perché le donne

possono accedere tutte le carriere, oddio sono poche ministre, sono poche presidenti della

Repubblica, eccetera, eccetera, è una cosa che secondo me ha un segno totalmente diverso,

nel senso che certamente quello che... non è che non accedono più tutte le carriere,

ma sono tantissime nella magistratura, fra i medici, fra i deputati. Quello che c'è,

un'altra cosa è che... ti do un dato che è molto significativo. Guardate i dati delle donne manager,

sapete che sono una delle categorie in cui le donne sono di più aumentate, anche ad alto livello,

però puoi vedere una cosa che scopri che gli uomini manager hanno figli al 95%,

donne manager hanno figli soltanto al 30-35%, vuol dire che per diventare manager sono riuscite a

diventare manager, ma per questo hanno dovuto scegliere una cosa importante dell'essere donne,

che non è obbligatoria, perché le donne possono scegliere ovviamente di non poter fare figli ed è

loro delgittimo diritto, però in generale voi mi stiamo vedendo i figli e questo non lo puoi fare,

non lo puoi fare perché tutta l'organizzazione della società è fatta in modo tale da dare

per scontato che il lavoro di cura deve essere fatto dalle donne e che comunque se tu il lavoro

di cura diventi particolarmente grato perché hai tre figli, quattro figli eccetera, allora devi

rinunciare a lavorare. Quindi questo fatto formale, l'accesso alle carriere, alla cosa eccetera,

secondo me è un obiettivo sbagliato del movimento femminista che ogni tanto turna,

avere, teniamoci simbolicamente, molto importante dimostrare che le donne sono anche capaci di fare

il ministro, non sono imbecilli, va benissimo, però il problema non è quello, il problema è

che la società è organizzata in modo tale da ritenere il broglio e che si pensa che tutti

quanti gli uomini e donne sono uguali. Quando si dice questa cosa assurda, tutti sono uguali di

fronte alla legge, ma manco per niente perché siccome siamo diversi non possiamo essere uguali

di fronte alla legge, siccome siamo diversi si pensa che la società è tutta organizzata sul

modello del cittadino neutro che non esiste, i bambini neutri come sapete non ne nascono,

i bambini femmini e i bambini maschi. Si è fatto il broglio di dire che il modello che si è scelto

per l'organizzazione della società, dell'aspetto giuridico ma anche dell'aspetto sociale, degli

orari dei negozi, del modo come si lavora e tutto, è fatto sulla base del modello dell'essere neutro.

Siccome l'essere neutro non è, è quello maschile ed è stato assunto come si comprendesse anche

l'esistenza delle donne che invece richiede tutta un'altra forma di organizzazione della società,

altri diritti e altre cose. Quindi sicuramente battaglie diverse diciamo. Battaglie diverse

che hanno molto a che fare con l'amore perché è difficile pensare che l'amore possa essere davvero

quello che noi vorremmo essendo che però scunta il fatto che tutti i nostri rapporti, anche il

matrimonio è un rapporto sociale, il rapporto fra di noi è basato su un imbroglio. Io ho sempre

molto fastidio a vedere che di questo imbroglio non si parla mai e si continua a dire. Dopodiché

vada che è chiaro che ci sono tanti altri problemi di mezzo. Negli anni, primi anni

sessanta mi ricordo che noi organizziamo come sezione femminile del partito comunista,

ancora a Nile degli occhi che era la responsabile femminile, cercamo di fare una cosa molto

polemica e organizziamo un seminario che si chiamava Famiglie e società nell'analisi marxista

e lo facciamo come donne per togliere di mezzo i pregiudizi della famiglia tradizionale,

cattolica eccetera, ricorrendo a Engels eccetera, tutte quante le cose che erano state scritte che

era un modo molto dissacrante di parlare della famiglia, tanto spingevano in questo senso,

perché anche delle grandi pettinate, cioè esisteva soltanto un problema del rapporto

dell'individuo con la società e che non c'erano mediazioni tra il rapporto individuo società,

come la famiglia, la famiglia è una mediazione di questo rapporto naturalmente, è un'articolazione

del rapporto. Mi ricordo che Togliatti due settimane dopo fece un commento a questo

convegno che noi avevamo fatto su Rinascita dicendo una cosa sempre ossanta, che io tutte

le volte che celebro un matrimonio adesso ricordo, dicendo che Togliatti aveva ragione,

era una critica che diceva, diceva, vabbè non esageriamo, è vero che c'è un rapporto

individuo società, però c'è anche la mediazione a uno certo valore, a un certo conto,

sono i rapporti attentivi, i rapporti familiari, l'amore di coppia, eccetera. La cosa è molto

complicata. Infatti Jennifer ci sono una quantità di temi sul piatto che adesso non so neanche più

da dove iniziare, ma allora battaglie, quindi battaglie uomo-donna, ma sappiamo come giustamente

ha detto Jonathan prima, ci ha ricordato, che non è solo quello, non è solo una battaglia

uomo-donna, ma ci sono ben altre battaglie, le battaglie dei diritti LGBTQ+, le battaglie che le

donne che non vogliono figli devono in qualche modo combattere per cercare di mantenere questo

diritto, eccetera. Da dove partire? Cioè in questione battaglie, l'amore per se stesse,

anche che prima non abbiamo analizzato, ma semplicemente perché c'è così tanta roba che

voglio darvi i più sfonti possibili. E poi c'è la retratezza, Luciana diceva che non è vero che

in Italia siamo un paese arretrato, rispetto a cosa? In realtà io sono molto d'accordo sull'analisi

che ha fatto Luciana, quindi non mi sento di aggiungere molto altro rispetto a quello che lei

ha detto sull'argomento delle battaglie, sono molto d'accordo e forse ecco magari non sono

così d'accordo sull'idea che l'Italia non sia un paese arretrato, però per questo c'è una cosa

interessante che però conferma quello che poi ha detto Luciana, ovvero ogni anno l'Istituto

Europeo per la Parità di Genere schila un indice che assegna un punteggio ai vari paesi europei in

base ad alcuni criteri molto diversi che riguardano la parità di genere, il lavoro, la salute e anche

la rappresentanza politica, cioè la presenza delle donne nella politica. La cosa interessante è che

negli ultimi dieci anni il punteggio dell'Italia è uno di quelli che è aumentato di più, l'Italia

ha fatto un salto enorme nella parità di genere negli ultimi dieci anni, ma solo ed esclusivamente

sul piano della rappresentanza politica, noi abbiamo con l'introduzione delle parti di genere

in Parlamento e nei consigli di amministrazione, abbiamo aumentato moltissimo questo nostro

punteggio, il problema è che ad esempio se guardiamo l'occupazione femminile non soltanto

in termini appunto di quante donne sono occupate, ma come sono occupate, cioè con che tipo di lavoro,

che tipo di contratto, quanto carico di lavoro non retribuito hanno sulle loro spalle, cioè il

lavoro di cura, i nostri livelli sono praticamente gli stessi di dieci anni fa, cioè non c'è stato

un salto neanche di un punto percentuale rispetto al 2010 e se nel 2010 questo disastro italiano,

ben al di sotto della media europea, si spiegava con la crisi del 2008, però in dieci anni non

si è colmato questo buco che si è creato e anche se sul piano della presenza delle donne nella

politica c'è stato un grande miglioramento, questo miglioramento non ha portato poi un

miglioramento alla base e quindi l'idea del trickle down nella rappresentanza di genere

secondo me non funziona, è un po' un pensiero magico pensare che se metti la donna automaticamente

le condizioni delle donne migliorano finché appunto la donna che è al potere continua a

ragionare su quella neutralità che citava Luciana, se non appunto assumo una prospettiva di genere,

se uno si chiede quali sono i problemi delle donne, tra l'altro problemi che sicuramente lei

avrà incontrato nella sua vita, nella sua carriera, allora non cambia niente, è indifferente nel

momento in cui tu metti una donna, altrimenti diventa un po' del donnismo. A parte questo dico

anche due parole sull'amore di sé, poi mi taccio, mi piace quello che dice Jonathan sulla difficoltà

di capire che cos'è l'amore di sé perché effettivamente è una cosa su cui anche io mi

sono fatte delle domande, a volte sembra un obbligo amare se stessi, qualcosa che diventa

poi un'ennesima prigione della propria felicità, diventa quella performatività di cui parlavamo

prima, per cui anche ad esempio per quanto riguarda il corpo, quindi l'aspetto materiale più immediato,

più contingente, sappiamo si parla molto di body positivity, quindi avere dei sentimenti

positivi nei confronti del proprio corpo, ma se io non li voglio provare questi sentimenti,

se non sono capace di provarli, che cosa posso farci? Cioè è colpa mia se io non amo il mio corpo?

E molto spesso questa colpevolizzazione viene fatta ed è l'ennesima colpevolizzazione sulle

donne e sul modo in cui si presentano, presentano il loro corpo, il loro aspetto di fronte alla

società, per cui c'è anche questa cosa molto bella che è in risposta alla body positivity,

che è la body neutrality, cioè io voglio essere neutra rispetto al mio corpo e apprezzarlo per

quello che il corpo sa fare e le potenzialità che ha come strumento e non soltanto come forma

esteriore. E questo è un oggetto molto interessante proprio perché non sono obbligata ad amarmi,

ad amarmi almeno da questo punto di vista dell'aspetto fisico, credo sia più, anche a lungo

andare, meno snervante che stare con l'ansia del devo amarmi a tutti i costi.

C'è una cosa che mi viene da chiederti visto che parli di questa body neutrality,

una persona che si colpevolizza tendenzialmente è anche una persona che viene facilmente

manipolata in qualche modo. Mi attacco a questa cosa per dire che appunto la Terza recentemente

ha pubblicato un libro di fumetti che si intitola L'amore non basta come sono sopravvissuta a un

manipolatore, che spesso si attacca alla questione del corpo, del corpo delle donne. Pensi che sia

però un problema solo femminile, la manipolazione intendo, o un problema anche maschile? Se pensi

che sia un problema di oggi, cioè è una cosa recente, mentre parlavi mi veniva in mente

quanti messaggi io continuo a vedere sui social che mi dicono come mi devo sentire in qualche

modo o come dovrei provare o come la persona accanto a me si dovrebbe comportare o come

dovrebbe essere la mia relazione. Tutto questo cappello è una questione del presente o è una

questione che va avanti da sempre? Rispondete tutte e due, vai Luciana, vai tu e poi dopo

riprendiamo anche con gli altri. Non so risponderti bene a questa domanda,

a me su tutta questa questione qua mi colpisce una cosa adesso che c'entra forse poco con la

cosa che mi hai domandato ma che in qualche modo vi allude, cioè la minimizzazione del

movimento femminista più giovanile della differenza delle donne, cioè tu stessa hai

detto là una differenza genitale, è molto più grossa la differenza e c'è invece una tendenza

attuale a dire siamo uguali, siamo uguali, quindi vogliamo avere l'uguaglianza riconosciuta perché

siamo uguali, invece io penso che siamo diversissimi fra uomini e donne e noi della

mia generazione abbiamo fatto un errore per decenni di pensare che il problema fosse quella

di somigliare agli uomini, abbiamo fatto di tutto, abbiamo nascosto il nostro essere femminile

perché dire donna significava dire un po' deboluce, un po' inricappata, un po' cretina,

un po' meno, e oggi vedo questa tendenza opposta che è quella di dire siamo uguali e non affermare

fino in fondo che il problema anche del mio corpo e della mia vita, di come sono eccetera,

è di dire io sono diversa e voglio che questa diversità sia affermata, riconosciuta,

rispecchiata nei valori, nelle leggi, nel modo di organizzazione della società eccetera. Perché

questa cosa c'è nella parte più giovane del movimento femminista questa smania di minimizzare

la differenza e quindi anche l'amore per se stesso diciamo diventa, non c'è amore per il

proprio corpo, io lo interpreto in questo modo, per la propria diversità, non è così?

Jennifer ma anche Jonathan perché ho capito che Jonathan aveva qualcosa da dire su questo.

Ma io parto da quel discorso che stavo facendo prima, era più legato alla questione dell'aspetto

esteriore e devo dire più a una questione di immagine, mentre credo che il discorso su

diciamo il corpo come dire come soggetto è qualcosa che va oltre questa cosa che ho appena

citato e sicuramente diciamo io non credo che sia una questione che viene minimizzata,

anzi credo che stia tornando in maniera un po' diversa, onestamente rispetto alle ragazze della

mia età, si parla molto della questione della differenza sessuale ma la si problematizza,

la si problematizza nel senso che stiamo andando oltre l'idea della binarietà,

soltanto del prendere in considerazione il corpo maschile e il corpo femminile e ci interroghiamo

su come questo dualismo possa essere superato, ma non nella direzione dell'uguaglianza,

non nella direzione del siamo tutti uguali e diciamo dell'indifferenza se vogliamo dei corpi,

ma io credo si vada verso un ampliamento della questione, quante sono le nostre singolari

differenze, almeno questo è secondo me il punto delle nuove generazioni sulla questione della

differenza sessuale, mentre dalla mia prospettiva io penso che ci sia stato un disinteresse nelle

femministe, nelle donne un po' più vecchie di me, insomma la generazione di mezzo dove la

questione è sparita completamente perché si è arrivati poi a quella illusione dell'uniformità,

dell'uguaglianza formale che diventa in realtà un inganno, un imbroglio per garantire poi anche

un'illusione di parità, però io credo che appunto la cosa stia tornando ma in maniera diversa,

senza andare in quella dimensione del siamo tutti uguali, tutti identici, tutti indistinguibili,

cioè al contrario credo ci sia proprio una moltiplicazione delle differenze,

però insomma è un tema enorme, potremmo stare qui per me per ore.

Consoli dicendo questo, io credo c'è un pezzo del femminismo se vuoi, però in questo momento

invece tende a parlare insomma come se fossero tutti quanti uguali e poi sì certo ci sono

vocazioni diverse, cioè la differenza biologica conta, non è che non conta, poi uno è libero di

scegliere, di accettarla, di non accettarla, di non volerla, di metterla in discussione,

però conta. E con questo dire che non conta non mi piace, su quello che dicite sono d'accordissimo

con te. Volevo dare la parola anche a Jonathan perché credo che in qualche modo appunto quando

si parla anche di questione biologica e siamo tutti uguali e non siamo tutti uguali è molto

interessante vedere dove sta questa libertà, perché noi oggi parliamo anche della libertà

di poter amare, dall'altra parte però c'è chi forse ancora non è libero di poter scegliere chi amare.

No, sì anche diciamo che io per esempio buona parte della mia vita, soprattutto quando ero

piccolo, dell'infanzia e dell'adolescenza, è stata segnata proprio da un'aver patito l'uso

della differenza biologica come criterio per assegnarmi da una parte o dall'altra,

perché io, e questa è un'esperienza che poi ancora mi porto dietro, non sono a mio agio con

l'identità maschile, col fatto di essere definito maschio e di essere definito uomo. Io mi sento più

una zona di mezzo tra questi due grandi poli che la tradizione ci ha consegnato, anche se sulla base

della corporeità, ma quando noi facciamo uso, quando ci riferiamo appunto a questi due poli,

ci portiamo dietro tutta una serie anche di significati e di interpretazioni che

inevitabilmente già predeterminano tutta un'atmosfera. L'autodeterminazione anche del

proprio dato biologico che non può essere imposto da criteri esterni, ma è qualche cosa che uno ha

il diritto di autodeterminarsi, di autodefinirsi, naturalmente come diceva Jennifer, quindi è

diverso. Non è di negarlo, non di non poterlo scegliere. Ragazzi, io vi scuso, ma devo scappare,

perché ho un impegno. Va benissimo Luciano, ci mancherebbe. Ti aggiorniamo. Grazie mille.

Tanto siamo comunque in chiusura e io, Jonathan, volevo che tu finissi il tuo pensiero,

giustamente perché volevo capire dove volevi andare a parare, ma soprattutto a questo punto

mi collego all'ultima domanda che volevo fare a tutti, cioè cosa vedete nel futuro? Cioè tu che

cosa speri per il futuro, dato anche quello che è una difficoltà evidentemente? No, sì, io sono un

grande fan, diciamo proprio per indole del futuro e non ho nessun tipo di, forse anche ho una posizione

radicale, diciamo, ma non ho nessun tipo di timore nei confronti appunto delle trasformazioni in atto

né di quelle a venire. Quindi anche appunto parlando di trasformazione del corpo appunto,

perché la verità è che poi quando si parla di identità, di genere, insomma di tutte le questioni

che le gravitano attorno, intervengono delle resistenze che per esempio fanno uso, e lo

sappiamo, del concetto di natura e di un uso forte, strong, del concetto di natura che non vale

assolutamente in altri ambiti, per esempio, no? Quindi si ritiene che la natura sia qualcosa di

molto più sottile appunto e modificabile quando per esempio, non so, si ha a che fare con la

malattia o anche quando si ha a che fare con i rapporti tra i sessi o tra i generi, perché tutti

siamo d'accordo che per esempio la disponibilità di una maggiore forza fisica degli uomini non si

deve tradurre allora in un rapporto di tipo come era diciamo nella preistoria. Quando però poi si

entra in altri ambiti allora si tenta di fare un uso appunto del concetto di natura che è fatto

per fermare delle rivendicazioni più di tipo culturale, psicologico, emotivo, che è quello

che stiamo vedendo un po' in atto appunto, sempre tornando alle discussioni ed anzi un po' il despaio

più che discussioni che è montato sulle dielle Zan e che proprio una certa parte diciamo, una sinistra,

non nel senso politico ma proprio nel senso di effetto emotivo, una sinistra alleanza tra delle

componenti minoritarie proprio spero insomma del femminismo e di una certa impostazione

insomma un po' tradizionale nel senso di passatista del femminismo con delle invece

fazioni tipicamente reazionari e quindi di fondamentalismo cattolice. Si è creata questa

sinistra alleanza e lo stiamo vedendo proprio anche nei volti di queste figure che hanno chiesto

di essere, di poter dire la loro proprio anche ora nell'ambito delle discussioni istituzionali

sulle dielle Zan. E quindi ecco io nei confronti per esempio di tutte queste remore che poi si

declinano in vario modo come anche nel caso della gestazione per altre dove è chiaro che per esempio

non ci devono essere elementi di sfruttamento ma tutta quella mistica della maternità che viene

buttata sul sul tavolo strumentalizzando anche insomma è chiaro che ci sono delle resistenze

che possono essere secondo me riassunte appunto in quanto ci si sente legati a quella che secondo

me non è affatto come si dice oggi la dittatura del politicamente corretto credo sia molto più

forte la dittatura della tradizione nel nostro paese e non solo. Jennifer? In tutto questo mi

sono dimenticata la domanda. Il futuro, il futuro perché siamo giusti. Sì perché mentre Jonathan

faceva questo intervento stavo pensando a tante cose. Allora sì sostanzialmente diciamo io auspico

per il futuro la maggiore fluidità possibile e libertà nelle relazioni nel sentirsi validati e

riconosciuti nelle proprie esigenze materiali perché molto spesso le questioni legate all'identità

sessuale in genere sia per quanto riguarda l'orientamento sessuale che le questioni di

genere che l'identità di genere stessa vengono considerate un po' di vezzi cioè delle cose per

cui io mi impunto su questa cosina perché sono fatto così voglio voglio che insomma tutti mi

riconoscano nella mia nella mia nella mia persona nei miei bisogni individuali e si lascia perdere

sempre il fatto che in realtà queste questioni l'amore la il trovare un proprio posto nel mondo

l'affermazione della propria validità del proprio corpo della propria identità sono questioni

estremamente materiali che hanno delle ricadute sulla vita delle persone ricadute concrete quindi

ogni ostacolo ogni freno a questo tipo di progresso chiamiamolo così è un ostacolo alla

vita pratica delle persone e questo è un punto su cui io diciamo cerco di essere sempre molto

molto ridondante perché spesso si perde il vista no il fatto che queste cose sono molto intrecciate

quindi il il il futuro deve essere capace di riconoscere l'interdipendenza di questi fattori

quindi questo è il mio mio auspicio e la mia visione del futuro quindi speriamo insomma che

la successione e la pensione riversibilità possono essere condivisi la più persone possibili nel

nel brevissimo futuro io vi ringrazio ringrazio luciana cartellino non c'è più

giornata ambazzi e jennifer guerra per aver partecipato a questo nono incontro di interregno

e speriamo di sentirci presto grazie mille grazie grazie a giornata nelle persone