×

We gebruiken cookies om LingQ beter te maken. Als u de website bezoekt, gaat u akkoord met onze cookiebeleid.


image

Il deserto dei Tartari - Dino Buzzati, EXTRA 3 La fortuna. (NO AUDIO)

EXTRA 3 La fortuna. (NO AUDIO)

La fortuna.

La figura e la presenza di Buzzati nel Novecento italiano furono certamente condannate in un primo tempo alla solitudine, all'isolamento e talora al disprezzo. Era uno scrittore che pochi presero sul serio, soprattutto per via della esigenza più vistosa: quella di essere messaggio affidato alla pagina scritta e non decorazione di stile da esibire sul foglio bianco. L'importanza della sua opera fu certamente messa in evidenza dalla critica francese, che ha scelto Buzzati come primo autore italiano a cui dedicare dei "Cahiers". L'esegesi italiana ha avuto, invece, la tendenza a schematizzare la sua opera o, addirittura, la tentazione di considerare i suoi scritti come "novellette" fra la cronaca e la favola. Nel "Viaggio agli inferni del secolo" lo stesso Buzzati esclamava: "i critici, si sa, una volta che hanno messo un artista in una casella, ce ne vuole a fargli cambiare parere". I giudizi, comunque, che più lo indispettivano, erano quelli che lo consideravano una sorta di emulo di Kafka. In in un suo elzeviro del 31 marzo 1965 egli scrive: "Da quando ho cominciato a scrivere, Kafka è stato la mia croce. Non c'è stato mio racconto, romanzo, commedia dove qualcuno non ravvisasse somiglianze, derivazioni, imitazioni o addirittura sfrontati plagi a spese dello scrittore boemo. Alcuni critici denunciavano colpevoli analogie anche quando spedivo un telegramma o compilavo un modulo Vanoni". Fino al 1965, quindi, malgrado fossero usciti numerosi interventi, soprattutto su quotidiani e riviste, i giudizi non rivelavano certo l'importanza del "messaggio" letterario di Buzzati. Quando uscì "Un amore", molti gli si scagliarono addirittura contro accusandolo di aver voluto scrivere di proposito un libro che potesse avere un successo di cassetta. Eppure, già nel 1960, Buzzati aveva pubblicato la raccolta di aforismi "Egregio signore siamo spiacenti di…." dove l'autore informava il lettore e il critico che si continuava a non capire la sua opera e che sentiva l'esigenza di dire come stavano realmente le cose. Lo stesso intento si può ravvisare nel "Viaggio agli inferni del secolo" e, soprattutto, nella "Presentazione all'Opera completa di Bosch", testo trascurato ma indispensabile per comprendere il discorso etico e letterario di Buzzati. Tutto questo potrà apparire perlomeno curioso, soprattutto dopo il successo ottenuto con la pubblicazione del suo terzo libro, "Il deserto dei Tartari", che fu tradotto in varie lingue. Eppure la predilezione dell'autore per il fondamento antropologico dell'opera e il suo apparente distacco dalla storia, dall'ideologia, dal realismo, dai miti della modernità, il suo rifiuto ad appartenere a gruppi e correnti, lo avevano rinchiuso in una specie di sottordine letterario. Le cose sono certamente cambiate dopo la sua morte e l'interesse della critica e dei lettori sta restituendo a Buzzati anche qui da noi il posto che gli compete nella storia letteraria del nostro Novecento.


EXTRA 3 La fortuna. (NO AUDIO)

La fortuna.

La figura e la presenza di Buzzati nel Novecento italiano furono certamente condannate in un primo tempo alla solitudine, all'isolamento e talora al disprezzo. Era uno scrittore che pochi presero sul serio, soprattutto per via della esigenza più vistosa: quella di essere messaggio affidato alla pagina scritta e non decorazione di stile da esibire sul foglio bianco. He was a writer whom few took seriously, above all because of the most obvious need: that of being a message entrusted to the written page and not a style decoration to be displayed on the white sheet. L'importanza della sua opera fu certamente messa in evidenza dalla critica francese, che ha scelto Buzzati come primo autore italiano a cui dedicare dei "Cahiers". L'esegesi italiana ha avuto, invece, la tendenza a schematizzare la sua opera o, addirittura, la tentazione di considerare i suoi scritti come "novellette" fra la cronaca e la favola. Nel "Viaggio agli inferni del secolo" lo stesso Buzzati esclamava: "i critici, si sa, una volta che hanno messo un artista in una casella, ce ne vuole a fargli cambiare parere". I giudizi, comunque, che più lo indispettivano, erano quelli che lo consideravano una sorta di emulo di Kafka. In in un suo elzeviro del 31 marzo 1965 egli scrive: "Da quando ho cominciato a scrivere, Kafka è stato la mia croce. Non c'è stato mio racconto, romanzo, commedia dove qualcuno non ravvisasse somiglianze, derivazioni, imitazioni o addirittura sfrontati plagi a spese dello scrittore boemo. Alcuni critici denunciavano colpevoli analogie anche quando spedivo un telegramma o compilavo un modulo Vanoni". Fino al 1965, quindi, malgrado fossero usciti numerosi interventi, soprattutto su quotidiani e riviste, i giudizi non rivelavano certo l'importanza del "messaggio" letterario di Buzzati. Quando uscì "Un amore", molti gli si scagliarono addirittura contro accusandolo di aver voluto scrivere di proposito un libro che potesse avere un successo di cassetta. Eppure, già nel 1960, Buzzati aveva pubblicato la raccolta di aforismi "Egregio signore siamo spiacenti di…." Sin embargo, ya en 1960, Buzzati había publicado la colección de aforismos "Estimado señor, lamentamos...". dove l'autore informava il lettore e il critico che si continuava a non capire la sua opera e che sentiva l'esigenza di dire come stavano realmente le cose. Lo stesso intento si può ravvisare nel "Viaggio agli inferni del secolo" e, soprattutto, nella "Presentazione all'Opera completa di Bosch", testo trascurato ma indispensabile per comprendere il discorso etico e letterario di Buzzati. Tutto questo potrà apparire perlomeno curioso, soprattutto dopo il successo ottenuto con la pubblicazione del suo terzo libro, "Il deserto dei Tartari", che fu tradotto in varie lingue. Eppure la predilezione dell'autore per il fondamento antropologico dell'opera e il suo apparente distacco dalla storia, dall'ideologia, dal realismo, dai miti della modernità, il suo rifiuto ad appartenere a gruppi e correnti, lo avevano rinchiuso in una specie di sottordine letterario. Le cose sono certamente cambiate dopo la sua morte e l'interesse della critica e dei lettori sta restituendo a Buzzati anche qui da noi il posto che gli compete nella storia letteraria del nostro Novecento.