Imprenditrici si Diventa: e non è troppo tardi! - YouTube
Ciao sono Cecilia Sardeo, fondatrice di BizAcademy. Ti do come sempre il benvenuto ad un'altra
puntata di Impact Girl. Questa puntata è ideale per te se stai pensando di lanciare
la tua attività imprenditoriale ma non ti senti proprio all'altezza. Prima di entrare nel
cuore della nostra puntata ti ricordo come sempre di iscriverti al canale YouTube, se stai guardando
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al pulsante Iscriviti, oppure via mail, se stai guardando il podcast dalla pagina
Biz-Academy.it/podcast Mi raccomando solo in questo modo potrai evitare
di perderti tutti i più preziosi aggiornamenti di Impact Girl, cominciamo [Musica]
C: Benvenute ad una nuovissima puntata di Impact Girl, il podcast italiano dedicato
alla crescita professionale tutta al femminile. Oggi ragazze scopriremo che imprenditrici si diventa
e andremo a sfatare il mito secondo il quale noi donne non siamo fatte per questo mondo.
Lo faremo insieme a Margherita Pagani, fondatrice di Impact On, Ciao Margherita e benvenuta!
M: Grazie mille Cecilia, è un piacere mio essere qui!
C: Tu Margherita sei la massima espressione, mi piace definirti, di una donna ad alto impatto
e infatti con Impact On hai fondato -ce l'ho qui davanti- un'organizzazione che si concentra
solo ed esclusivamente sul trovare, analizzare e selezionare progetti d'impatto sociale ambientale
esistenti che siano anche efficaci, mettendoli poi a disposizione di altre realtà in tutto
il mondo, quindi perché possano replicarle in modo più rapido e veloce. E la tua intuizione
è funzionata al punto che nel 2018 finisci niente di meno che tra gli italiani under
thirty di maggior talento, gli italiani under 30 di maggior talento, su Forbes, però il
tuo background è molto variegato. Tu hai giocato a pallavolo credo a livelli notevoli,hai
studiato arte.. non sei quindi partita forse con questa idea di diventare un'imprenditrice
quando avevi cinque anni a un'idea che è arrivata nel tempo e quindi aiutaci a capire
da dove sei partita, che domande ti sei fatta in maniera tale che chi ci sta ascoltando
e sta pensando “vorrei partire ma non so da dove” possa avere una sorta di gps.
M: Allora tutto verissimo! Il mio background, la mia traiettoria, diciamo che non segue
le linee ufficiali infatti soprattutto in contesti internazionali e quando mi chiedono
che cosa ho studiato io rispondo “Fine Arts, Belle Arti” loro mi chiedono “Finance?” no no no “Fine Art”
ho veramente studiato Belle Arti a Brera e ho giocato a pallavolo fino
in B1 ho giocato 12 anni e definitivamente non arrivo da una famiglia dove il fare impresa
o l'essere imprenditori sia mai stato un riferimento particolare quindi per me è stato particolarmente
difficile quando negli anni mi sono resa conto che ero interessata al fare impresa, era interessata
a creare dei progetti miei ma tutte le realtà intorno a me mi dicevano che o mi mancava un
titolo o non era per donne o la tecnologia era tutta male first e quindi ci sono state tante
domande che ho iniziato ad ascoltare nella mia stessa testa prima che nella realtà che
mi circondava e che in qualche modo mi stavano frenando quindi ho iniziato tu mi chiedevi
"dove sei partita?" credo che chiunque voglia avere un progetto proprio e chiunque lo voglia
fare soprattutto rispondendo a un'urgenza personale della cosa, della situazione che
vogliamo creare si debba partire da se stessi. Quindi nel mio caso per partire la mia stessa
devo per forza a sedermi di fronte allo specchio sulla mia serie di fronte una pagina bianca
e capire quali domande avevo dentro e che cosa realmente ne stanno dicendo con rispetto
ai miei stessi pensieri e alle mie stesse paure. Per esempio una che è sempre stata
e a volte nei giorni difficili continua a essere un po un problema: “perché io perché
io ce la posso fare perché io posso fare questo progetto perché io dovrei avere successo
perché io” e quando ho iniziato a capire che tutte le domande io le potevo girare a
mio favore per esempio il perché io è diventato “perché no?” il famoso“why not “ perché
alla fine ci sono due cose molto importanti che negli anni ho imparato,scoperto, che le
persone mi hanno aiutato a scoprire. La prima per esempio che i riferimenti che abbiamo
ancora è stato e le storie di successo purtroppo per fortuna sono sempre un pò dei soliti
noti quindi il profilo pop o il profilo che riusciamo a ricondurre ai nostri è semplice
e anche quello che fondamentalmente mediaticamente chiama più l'attenzione o richiama un pò
più le attenzioni delle persone ma questo non significa che siano gli unici esempi esistenti
assolutamente no. Quindi hanno accordi o iniziasse chiedermi perché non io perché non una studentessa
di belle arti caso ho fatto pallavolo che la prima volta che ha sentito parlare di un
business plan era cinque anni fa e ha sentito per edin visita nella prima cosa che ho chiesto
è “perchè fate questa cosa? Non è più importante parlare con le persone sul territorio
a capire se quello che si vuole fare veramente ha un senso invece di passare 37 agendo con
merito un finanziatore?” Ma l'altra molto importante per esempio è un pò più si collega
diciamo un po di più alle mie passioni viene da alcune anche nozioni di neurologia in europa
la siccità noi sappiamo che il nostro cervello è è molto plastico soprattutto nei primi
20-25 anni di vita ma poi continua a essere plastico, soprattutto in personalità e le
persone che ricercano modi di apprendere sempre o imparare cose nuove o creare cose nuove.
E da un punto di vista neurologico e neuroplastico la cosa interessante è che quello che ci
diciamo, quello che ci chiediamo, è un pò come se settassimo nel nostro cervello una
notifica. Noi diciamo ok io non posso. Noi stiamo dicendo il nostro cervello di confermarci
e trovare tutte le conferme possibile nostra nella nostra realtà o sui media piuttosto
che, del perché io non posso. Se invece rigiriamo quella domanda e iniziamo a chiederci che
il perché non io il cervello inizierà a cercare da un punto di vista litri frontal
cortex perché sì, quali sono tutti gli altri elementi tutti gli altri esempi che invece
confermano che si noi possiamo. Quindi una delle domande resta quella e ho iniziato a
girarla al contrario proprio perché mi sono resa conto che non volevo più dare quei cerchi
comandi non voleva più avere l'attenzione sul fatto che non si può. Sì che si può
e se mancano i tragitti..spianeremo quello che ci sarà da spianare per creare quei cammini.
C: Mi piace moltissimo questa questa questo cambio di prospettiva che mi fa venire in
mente come la mente non faccia distinzione fra quello che è reale e quello che è immaginato
quindi che è un po quello che dici che ci stava dicendo pochi secondi fa, per cui le
reazioni chimiche sono le stesse sta a noi poi decidere se vogliamo crogiolarsi nella
nell'idea che possiamo farcela o piangerci addosso e affondare nell'idea che invece non
siamo portate per riuscirci. E in effetti senza queste fondamenta non c'è finanziatore
o business plan che vecchio possa tenere.
M: Esattamente oppure sì però lì dove troviamo a queste persone ma che si autoconvincono
così tanto che devono fare qualcosa per dimostrare il loro valore ad altri e seguendo lo scripto
il formato o la ricetta di altre persone, che quelle stesse domande interne o quegli
stessi dialoghi interni si trasformano nelle voci di altre persone che realmente oa livello
immaginario ci dicono o noi pensiamo che vogliano, che non si vada in una direzione piuttosto
che un'altra. Quindi assolutamente, per il nostro cervello, per il nostro sistema operativo,qualunque
cosa noi ci diciamo ma anche qualunque cosa noi decidiamo di ascoltare e di assumere come
verità intoccabile decide i livelli di energia e i livelli di capacità che otterremo per
poter fare una certa cosa piuttosto che un'altra.
C: Potentissima questa cosa. Poi è però una volta che hai gettato le fondamenta e
con un certo allenamento perché non è una cosa che fai dal giorno alla notte, ma devi
continuare a praticarla ti convinci il senso realistico perché poi hai detto ok adesso
dobbiamo spianare la strada a capire cosa devo fare, come farlo da dove partire.. Ti
convinci che ce la puoi fare, che cosa ti ha portato poi a scegliere quello che stai
facendo oggi? Come hai scelto a che cosa dedicarti, a quale progetto dedicare tutta la tua attenzione?
M: è stato decisamente un percorso interessante perché ho sempre avuto interessi molto diversi
tra loro. Quando giocavo a pallavolo ero la pecora nera perché facevo Belle Arti invece
di avere un day job che semplicemente mi permettesse giocare a pallavolo quando ero a Belle Arti
ero la pecora nera perché entravo parlando di politica, di movimenti sociali alla Occupy
Wall Street, quindi c'è voluto un pò per capire che è arrivato per me il momento,e
sentivo m questa necessità, di invece di stare spilucchiando qua e là cercando stimoli
da diverse parti fece ritrovare il mio posto nel mondo, ero arrivata a un livello di maturazione
o a una stagione mia personale per cui volevo dedicare o riunire queste cose in un progetto
mio, che oggi si chiama appunto Tecnologia ad Impatto Sociale o un progetto che a che
fare con quello che si chiama lo sviluppo sostenibile a livello internazionale come
tu dicevi anche prima. E per me, ci ho pensato poi negli anni e ci ho pensato anche prepararmi
a questa intervista, in realtà ho capito che io per primi otto anni di liceo scientifico
artistico, poi Belle Arti Brera poi vari anni facendo ricerca se questioni psicologiche,di
comunicazione, di neurologia e così via, mi sono resa conto che i miei riferimenti
non sono mai stati appunto il finanziatore o il business plan o il Zuckerberg di turno,ma
sono stati i filosofi e pensatori, i creativi, i pittori, i poeti, gli innovatori che hanno
fatto da un punto di vista culturale un movimento che poi ha portato allo sviluppo della nostra
società perché se ci pensiamo dal Rinascimento per esempio ma anche nell'Antica Grecia non
c'era questa separazione tra politica, scienza e innovazione e correnti di pensiero perché
tutte quante parlavano o rappresentavano le nostre narrative individuali e collettive
e ovviamente quando la sfera dello sviluppo individuale e la sfera dello sviluppo collettivo
si incontra, e quello è automatico che sia così, nessuno di noi vive in una scatolavuota
o isolamento totale quando la sfida dello sviluppo rurale e la sfera dello sviluppo
collettivo si incontrano lì è dove a seconda delle narrative noi possiamo creare una certa
realtà o un'altra. E oggi per esempio si parla di impatto sociale ma non è nulla di
diverso realmente, stiamo parlando di quali sono i diritti di un individuo, quali sono
le capacità o gli strumenti che noi diamo a disposizione a tutti gli individui del mondo
per esempio quasi fosse appunto un diritto umano e quali sono gli narrative di successo
collettive alle quali stiamo puntando. Di nuovo ai nostri cervelli che cosa stiamo dicendo
che è possibile o impossibile? Stiamo dicendo che per avere successo bisogna fare terra
bruciata intorno a noi, in modo tale che nessuno ci possa minacciare o nessuno ci possa contrastare
o competere con noi o stiamo cercando di creare una realtà dove veramente la prosperità
possa essere condivisa dove certi sistemi verticali e di sfruttamento dell'altro abbiamo
capito che se non ci servono più? E quindi oggi io mi dedico a casa l'impatto sociale
perché la mia più grande passione è questa cosa succede quando la sfera individuale incontra
quella collettiva, cosa cosa c'è lì in mezzo e quali sono i nostri modelli di riferimento,
per quello Impact On, come dicevi tu, è questa libreria a volte quando parlo italiano di
questo Giallo Zafferano delle ricette d'impatto. Invece di essere ricette di cibo che noi possiamo
cucinare a modo nostro e dandoli il nostro touch personale in tutto il mondo sono ricette
l'impatto sociale che hanno bisogno assolutamente del nostro contributo, della nostra prospettiva
e delle nostre individuale forma di crearle nella nostra proprio contesto ma che non è
molto diversa da quello che faremo per cucinare una cena. Quindi da lì arriva, dal concetto
di Rinascimento. Anzi dopo tanti anni all'estero credo che non ci sia mai stato un momento
storico più importante per iniziare a chiederci se non sia il caso di avere un altro Rinascimento
Italiano, se non possa essere ancora la nostra bella Italia o il nostro Sud Europa a sollevarsi
e alzarsi da questi tempi abbastanza oscuri da un punto di vista intellettuale e culturale
e dire che cos'altro è possibile esattamente come i nostri Ancestors hanno fatto quando
sono lentamente vitale loro appaia decimata dalle piaghe. Quindi mi sembra che sia lì
un pò dove dove io ritrovo le radici del perché faccio quello che faccio.
C: Quindi sei partita chiedendoti “Perché non io?” poi hai proseguito con “ok è
che cosa posso fare?”, da dove sei partita una volta che era chiaro quello che potevi
fare?
M: Allora sono partita e la mia più grande difficoltà è stato il fatto che quando ho
iniziato a capire che lo volevo fare non sentivo in Italia la possibilità o lo spazio per
farlo. Ovviamente, guardando la prospettiva bisogna ricordarci che nel 2011-2012 l'Italia
era nel suo peggior momento dopo il picco della crisi economica. Quindi non è una questione
né del mio essere donna, ne del mio nel contesto italiano ci sono molti fattori che hanno giocato
a favore o contro questa mia prospettiva. Quindi la prima cosa che ho fatto per me è
che sentite importante trovare il modo di distanziare vediamo contesto in cui sentivo
di non poter pensare in modo sano. Amo l'Italia sono italiana tutto quello che faccio lo faccio
chiaramente dalle mie radici italianissime anche se all'estero pensano sempre che sia
olandese, altissima bionda giraffa, quindi nel mio caso è stato veramente nella necessità
di trovare uno spazio dove io potessi pensare in modo un pò più sano, quindi prendere
le distanze da quelle che io sentivo come pressioni o come domande o richieste o esigenze
dall'esterno, per poter trovare la mia propria voce, in tutto quel gran coro di voci che
sentiamo sempre nella nostra testa. Nel mio caso sono andata in Latino America la mia
storia include quasi cinque anni in LatinoAmerica a partire dal 2014. Quindi ho iniziato a cercare
non solo quello spazio più sano e diverso stimolante anche è assolutamente una sfida
perché comunque stiamo parlando di un contesto molto diverso da quello europeo e l'intento
trovare riferimenti diversi. Io non avevo esempi di qualcuno che ce l'avesse fatta senza
seguire il sentiero comune o il sentiero che tutti sentiamo parlare quindi non potevo rimanere
un contesto dove l'unica narrativa possibile, o l'unica conversazione che si potesse avere
dovesse per forza essere quella.
C: Quindi possiamo dire che poi questi viaggi sono stati un catalizzatore per lo sviluppo
del tuo progetto anche perché ti hanno dato la possibilità di vedere dei progetti di
impatto sociale e ambientale esistenti e da lì poi l'idea di replicarli altrove o come
come è nato poi tutta l'idea di scalabilità del progetto ecco?
M: Quella storia ha molto a che fare con l'Italia in realtà perché io ho iniziato a pensare
a questa cosa dei blue print o delle ricette ad impatto sociale che altri potessero usare
in qualunque parte del mondo tra il 2015 e il 2016. Io ero in Cile, ero già in Latino
America, stavo già dicendo a me stessa ok andiamo a toglierci questa sete di curiosità,
andiamo a vedere altre realtà, anche locali a mio proprio rischio e pericolo perché non
avevo nessun tipo di in rete ho nessun tipo di materasso sul quale cadere in Cile e in
Latino America. nel 2015 per me è stato un pò momento c'è un primo e solo dopo per
me perché il 2015 noi come Europa e come Italia abbiamo iniziato a vedere la crisi
i rifugiati quindi un incremento delle crisi umanitarie più importanti e più pesanti
degli ultimi anni arrivare alle nostre spiagge allevare a casa nostra e ci siamo dovuti scontrare,
e soprattutto la nostra generazione di millennial,con l'ennesima e forse definitiva conferma dell'incapacità
istituzionale di rispondere a questo tipo di crisi in modo onorevole. Perché non sto
dicendo che non ci sono stati tentativi non sto dicendo che non ci siano stati migliaia
di persone di europei che hanno voluto prendere un certo tipo tipo sistemi in ma fondamentalmente
da un punto di vista di prospettiva più ampia abbiamo fallito e continuiamo a fallire. E
non perché non ci interessa ma forse per l'incapacità di rivedere che gli strumenti
che stiamo usando nostro più con i corretti o i più efficaci. Quindi nel 2015 quando
ero letteralmente nei paesi più lontani possibile dall'Italia perché il Cile è più o meno
15.000 km ho iniziato a vedere l'Europa crollare sotto il peso di questa crisi e ho sentito
un richiamo personale molto importante come “con il tornare a casa”. Ripeto, io non
ho un background in scienze sociali non ha fatto scienze politiche internazionali quindi
nessuno o immagine su una fondazione o nessun corpo delle nazioni unite ne avrebbe presa
come volontaria. Con gli anni scoperto che realtà questo ha giocato a mio favore perché
come volontaria ti permettono di stare solo tre settimane in un certo territorio, quindi
nel momento in cui ti rendi conto di cose che non hai fatto bene ti chiedo di andartene.
Quindi la mia indipendenza non voler fare le cose un po più a modo mio a parte essere
un po un filo conduttore di tutta la mia vita si è si è confermato essere cosa che ha
giocato in vantaggio. Quindi nel 2015 quando iniziato avere questa grande urgenza ho deciso
di tornare in Europa. Sono stata in Grecia,sono stata alla frontiera tra la Grecia e i Balcani,
un filo l'Ex Macedonia e sono stata poi in Italia, per cercare di capire perché tante
persone volessero fare qualcosa per questa crisi e volessero onestamente essere porto
sicuro per queste persone e perché non ce la fa non ce lo stavamo facendo e da lì era
soprattutto in Grecia, nel giorno mio compleanno, mi ricordo -3 ai domini è un gran casino
internazionale per la questione della Germania quando Angela Merkel ha deciso di ritrattare
una questione di programma rifugiati,mi ricordo che alcuni dei cittadini locali dei villaggi
nei paesini che sono vicino alla frontiera con Ex Macedonia hanno iniziato a chiedermi,
era riconosciuta come ragazza da Latino America, hanno iniziato a chiedermi se ci fossero dei
progetti che io conoscevo del Latino America che stessero funzionando in Favelas o in settlements
quindi in contesti vulnerabili che si potessero semplicemente replicare e adattare lì dov'erano
loro. Emi ricordo chiedere “Perché? Perché non possiamo creare qualcosa noi?” e la
loro risposta è stata “Perchè è tutto così pesante e complesso che non possiamo
pensare”.Quindi poter contare su un modello o bluprint, o una ricetta come oggi lo chiamiamo
noi in Impact On, ci permetterebbe quell'aspetto di passaggio e di sblocco al non posso, non
so come fare, non so come iniziare al sì posso, capisco questa ricetta, immediatamente
vedo come posso fare nel mio proprio territorio. Quindi tra la fine 2015-2016 è stato per
me un pò un momento di epifania dove ho capito che forse quelle narrative intellettuali filosofiche
e veramente di sviluppo individuale-collettivo oggi uno dei formati che si potrebbero usare
sono anche di progetti dove le persone si possono ritrovare non solo con tutte le capacità
per rispondere alle sfide che vedono intorno a loro ma capire che lo possono fare anche
meglio e in modo ancora più efficace delle ricette che hanno avuto come riferimento.
C: Diventa quasi una sorta di gara virtuosa, ok prendo il tuo modello però provo a farlo
meglio bellissimo questo perché una delle domande che avevo per terra proprio se l'idea
di proporre dei modelli da altri paesi fosse magari stata accolta con un certo scetticismo
da quelli in cui venivano portati, della serie “ah! ha funzionato per loro ma per noi,per
tutta una serie di ragioni non può funzionare!”. Quindi se avessi fatto i conti con un atteggiamento
un pò fatalista ma invece sono stati loro stessi a proporti, a farti questa domanda.
M: In quel caso sì. In realtà uno dei miei timori principali quando ho iniziato a fare
questo progetto è proprio il fatto che da ambedue le parti ci potessero essere le resistenze.
Da una parte “perché dovrei condividere il mio progetto con qualcuno in altro territorio”,quindi
un pò il modello e gol tra egocentrico che conosciamo da un punto di vista prettamente
imprenditoriale nel senso negativo, l'imprenditoria non è negativa di per sé ovviamente. E dall'altra“perché
dovrei usare una ricetta che arriva dal Messico e io sono in Vietnam” quindi in realtà
quelli erano timori che anche dal punto di vista puramente sociologico - psicologico
io sicuramente avevo, che però non si sono rivelati così forti come io magari mi aspettavo.Mi
sono chiesta e credo che mi chiedo al giorno d'oggi, quale sia il cambio forse di coscienza
a cui stiamo in qualche modo che ci stiamo trovando davanti perché sicuramente chi ha
creato un progetto e magari ha investito tre cinque dieci anni il progetto sicuramente
vuole un riconoscimento, vuole un credito, vuole un ritorno economico, ci possono essere
diverse cose. Ma io credo che chiunque oggi decida di fare un progetto per il benessere
proprio degli altri a un certo punto a qualche livello dentro di sé c'è un'urgenza maggiore
a permettere a tutti virtualmente di poterlo usare piuttosto che “è il mio lo tengo
io le voglio fare io”. Anche perché onestamente un progetto quasi sempre non può scalare
da una località a tutte località dove è necessario, soprattutto se stiamo parlando
di impatto sociale perché la struttura di costi perché logistica, perché culture diverse,perché
lingua diversa. Quindi credo che ci sia un click interno che stiamo avendo a livello
collettivo rispetto al fatto di dire “ok, questa cosa funziona per me, questa ricetta
mi è piaciuta, lo facciamo tutti con la questione del cibo, lo facciamo tutti con la questione
di pratiche di benessere”. Se ha fatto bene ma fondamentalmente infondo a me vorrei che
facesse bene anche agli altri. Chiaramente se si può trovare un win-win è meglio, credo
che quello un pò il gran cambio collettivo a cui stiamo arrivando da un punto di vista
proprio filosofico quasi.
C: Al quale siamo finalmente pronti, mi verrebbe da dire. Ascolta Margherita tu mi dicevi che
non hai chiesto finanziamenti quindi la domanda mi sorge spontanea: con che risorse sei partita,
come le hai trovate, come le continui a trovare?
M: Si è stato decisamente una scelta dura perché purtroppo o per fortuna la narrativa
del fatto che noi donne stiamo entrando e stiamo diventando sempre più attive nel mondo
dell'imprenditoria oggi fa sì che un'impresa fondata da una donna con un team quasi tutto
al femminile diventa un pò un unicorno, diventa un pò un unicorno che gli investitori o altre
istituzioni vogliono più per una pressione di comunicazione di branding, che effettivamente
perché sono interessati a capire cosa vogliamo fare e come lo vogliamo fare e essere parte
di quella avventura con noi. Ovviamente queste sono state anche le mie esperienze, nel senso
che la scelta di non prendere finanziamenti è stata una scelta anche di ideali per poter
dare priorità a una libertà nostra del team rispetto a una volontà di un finanziatore.Un
finanziatore nel momento in cui tira fuori i soldi ed entra in equity nella tua impresa
ha un obiettivo e può essere e ci sono tantissimi finanziatori lungimiranti con ottimi valori
e che possono essere partiti ovviamente di progetti e di avventure bellissime, ma nel
momento in cui finanziatori entra con un interesse di ritorno economico quella sarà la sua priorità.
E questo progetto per me è nato ripeto da un background dalle Arti, della pallavolo,una
necessità che si possa avere e creare una realtà migliore individualmente in modo collettivo
quindi la mia priorità non sarà mai profit invece che d'impatto. Ovviamente la stiamo
facendo funzionare come impresa ovviamente siamo interessati a generare sempre di più
un valore anche economico ma se dovessi scegliere a qualcosa che fa il bene alle persone verso
o contro un aspetto economico non sarei a mio agio dovendo litigare o dovendo avere
un contrasto non risolvibile con qualcuno che invece vorrebbe dare priorità alla parte
economica. Quindi nel nostro caso è stata una scelta durissima come nel caso di chiunque
prenda delle posizioni simili alle nostre e alle mie di fondatrice del progetto, e quello
che abbiamo fatto è stato, nel mio caso, rimanere per esempio più tempo in Latino
America poter abbassare quello che si chiama il board rates, il tuo costo al mese o il
tuo costo all'anno, in modo tale che ti possa con meno risorse economiche fare lo stesso
tipo di lavoro o anche di più proprio per il fatto che non è così tanta urgenza, quindi
quello da una parte e dall'altra uscire un pò della narrativa start up tech, che ti
dice di avere i finanziamenti al secondo anno devi averne un altro e al terzo devi averne
un altro, perché quello è un copione o è uno script che funziona solo per certi progetti
ed è un copione che ovviamente è molto conosciuto, se ne parla molto ma soprattutto perché secondo
me riprende un pò il concetto di successo quasi americano, è tipico della Silicon Valley
e ci dobbiamo assolutamente ricordare è quasi un obbligo morale ricordarci che non è necessariamente
un ottimale per qualunque tipo di progetto con qualunque tipo di contesto socio culturale.Invece
che avere finanziamenti da 3 milioni, 20 milioni, 400 milioni ogni due anni che gli amici se
vogliamo che questo progetto sia indipendente, da un punto è stato dato intellettuale e
lui deve funzione con un'impresa, se deve funzione che un'impresa deve avere clienti
magari all'inizio faremo un prezzo troppo basso o ingresso rapporto ci diranno di no
o staremo cercando clienti in un posto invece in un altro posto. Quindi nel nostro caso
è stato un abbassare il burn rate e andare in posti dove questo processo di validazione
un processo di test potesse comunque funzionare potesse comunque essere fatto, senza dover
per forza sottostare alle volontà di fondamentalmente un partner economico che oggi da un punto
di vista legale, purtroppo, avrebbe molto più potrete nuovi nel dire che cosa si fa.
C: Nel momento in cui fatto questa scelta, ma probabilmente sarebbe accaduto comunque,ci
sono delle competenze che ti sei trovata a dover acquisire con fatica cioè nel senso
competenze per le quali essere donna si è rivelato uno svantaggio, che insomma hai faticato
ad acquisire?
M: Sicuramente ci sono stati tantissimi strumenti,metodologie, terminologie anche da un punto vista di posture
che sicuramente non erano familiari per me, che ho dovuto acquisire nel tempo e che in
un certo senso non volevo acquisire, perché non mi sono mai sembrate necessariamente sane.
Possiamo parlare dalla verticalità del pensare a certi sistemi in modo piramidale. Possiamo
parlare al fatto che appunto nel business “as usual” il profit va prima, il profit
è la priorità assoluta e non necessariamente d'impatto. O il fatto che per esempio noi
oggi parliamo di impatto sociale, di imprese con impatto sociale, pochissimi sanno che
è un modello che è stato creato in Italia, è stato solo ufficializzato in Inghilterra
ma noi italiani facciamo impresa sociale da ben prima che si chiamasse impresa sociale,
nel vero senso del termine.. e vedere come per esempio in molti ambiti in molti eventi,
in molti pannel,in molti gala di fund raising, il fare impatto era prima questione il branding
o di comunicazione piuttosto che una reale urgenza interna di realmente fare le cose
in modo diverso, di realmente mettere strumenti a disposizione della collettività in modo
tale che si possono creare realtà che sostenibili. Tutte queste mentalità finanziarie o del
business o dell'establishment della filantropia, per esempio, sono tutte posture o modelli
o valori che erano particolarmente lontani non solo dalla mia formazione ma dai miei
valori personali che ho dovuto recentemente a cui seguirà il tempo e ho visto essere
soprattutto posture maschili. Con questo non voglio dire che siano un maschi contro femmine,
con questo non voglio dire che non ci siano assolutamente e soprattutto nella filantropia
moltissime donne e fondazioni che mantengono quel sistema in piedi però so che mi sono
trovata dal punto di vista tecnologico o della finanza molto spesso e ti direi quasi troppo
spesso in pannel, in eventi o in stage solo di uomini e con questa particolare postura
di contrasto, di io contro te, noi contro loro, con vincere significa vincere contro
un altro, non c'è un concetto di quello che io chiamo di “Sisterhood”, non c'è un
concetto di possiamo vincere tutti se le cose vengono disegnate in un certo modo.
C: E quindi tu sei riuscita in qualche modo ad acquisire, più che ad acquisire, a conoscere
ecco quello che è appunto era un mondo che non necessario di cui non necessariamente
condividevi le dinamiche ed è stata quella conoscenza giusto condividevi come prima della
registrazione che ti ha permesso poi di proporre un modello alternativo giusto?
M: Si per me devo assolutamente fare una menzione il fatto che tutti noi o tutte noi nel momento
in cui decidiamo di fare un percorso di questo tipo bisogna per forza aspettarci che ci scontreremo
con qualche parete. Nel senso nel mio caso non è stato facile capire che quelle erano
le regole del gioco che quelle erano i valori di base che quel sistema era costruito con
solo quei valori e qualunque voce esterno normalmente veniva allontanata o spenta. Quindi
per me si è stato importante arrivare al punto ok voglio imparare veramente con funzione
queste regole del gioco ma quel momento è venuto dopo un gran un grande scontro è una
grande delusione personale nel non trovare le cose che per me dentro di meno erano in
qualche modo quasi ovvie. Quello prima, e poi appunto capire, una volta ritrovate le
forze, dopo il grande incontro con la parete nel mio caso cilena, soprattutto, un capire
che se confermavo con me stessa, come poi ho fatto ovviamente, la volontà e la necessità
di creare un'alternativa, quelle regole del gioco le dovevo imparare per due ragioni:
primo perché volevo essere nell'arena e per essere in quell'arena assolutamente devi capire
le regole del gioco almeno per capire come muoverti e come sopravvivere, come essere
parte della conversazione. Ma poi capire le regole gioco per cambiarle. E non necessariamente
per cambiarle con la stessa mentalità con cui magari possiamo pensare ai cambia le regole
del gioco perché non l'arrivo del gioco per poi sconfiggere tutti gli altri. Quello dipende
molto dal tipo di realtà che vogliamo creare se noi stiamo decidendo di creare un ponte
o una transizione verso un modello che veda vincere la collettività invece che un individuo
o pochi eletti, dobbiamo per forza impararele regole gioco perché quel tipo di gioco quel
tipo di obiettivo avrei bisogno di creare un'alternativa dove quelle stesse persone
sono coinvolte. Quindi imparare le regole del gioco è quasi come imparare una lingua
nuova e capire come avere la conversazione come comunque sederci allo stesso tavolo come
comunque avere quel tipo di confronti, da un punto di vista di confronto non distruttivo,
un confronto che viene da una chiarezza interna e da una postura estremamente ferma, estremamente
anche severa con certi valori che vogliamo difendere ma senza ricadere nell quindi devo
annullare l'altro ho quindi non ci voglio parlare, che è un po il grande problema della
grande polarità culturale e intellettuale che stiamo riconoscendo oggi, l'incapacità
di apprendere una lingua diversa, delle regole in gioco diverse per poter poi accompagnare
la trasformazione. Per me è stato fondamentale.
C: Quindi possiamo dire che alcune caratteristiche tipicamente femminili, poi qui non vogliamo
appunto fare polarismi, però tipicamente femminili che possono essere l'empatia possono
essere la sensibilità, ti sono venute incontro nel momento in cui dopo aver conosciuto le
regole del gioco hai cominciato a creare un ponte, un ponte comunicativo.
M: Assolutamente, la l'empatia la capacità di aggiustarci a diversi ambienti la residenza
il fatto che non ho ancora conosciuto nessuna donna che messe una situazione di pericolo
o messa una situazione d'emergenza, non sia riuscita tira fuori dalla borsa o dal cappello
magico cose con cui creare una soluzione dal nulla, quindi quell'aspetto creativo, l'aspetto
resiliente quell'aspetto del comunque si può fare quell aspetto dei in qualche modo ce
la facciamo ma anche e soprattutto quell'aspetto di Sisterhood fuori quell'aspetto di sorellanza
veramente unica che chiaramente ha il suo alto basso non come sempre come noi donne
possiamo essere veramente imbattibile quando ci vediamo che siamo anche essere estremamente
crudeli quando decidiamo di essere una contro l'altra. Nessuno estremo è buono e tutto
quello che ha una buona potenzialità per qualcosa di molto luminoso molto positivo
chiaramente può essere molto negativo se viene gestito male. Da un punto di vista didonne
credo che noi, non così spesso come mi piacerebbe, riconosciamo a noi stesse questa capacità
di essere resilienti e creative in un modo unico, che se oltretutto lo sommiamo al fatto
che possiamo esserlo insieme e fare fronte comune in un modo unico, che non conosce cultura
non conosce frontiere e non conosce nessun tipo di barriere, quello è il tipo di forza
che ho automaticamente incontrato nelle mie vene e che so che tutte le ascoltatrici in
questo momento che ci stanno ascoltando assolutamente hanno e assolutamente possono usare e che
giocano a nostro vantaggio.
C: Questo pensiero ti ti aiuta anche a così ritrovare la motivazione quando le cose non
vanno come previsto?
M: Si è ovviamente sì anche quale narrative che dicono che i vincitori non hanno mai dei
punti bassi nel loro percorso ci farà mai non è assolutamente vero. Credo che da qualche
anno ha finalmente si parli un po di più di del fatto che i fallimenti gli errori e
le scivolate sono parte di un percorso. Credo che noi donne siamo particolarmente brave
ad essere dure con noi stesse forse perché la realtà è sempre stata dura come stesse
da vari millenni e quindi non riusciamo ancora a distinguere le due cose ad avere una prospera
un pò più amorevole. Nel mio caso, oltretutto allenata come appunto atleta professionista,è
stato particolarmente difficile allenarmi invece nell'essere un pò più morbida, nell'essere
un pò più appunto amorevole e gentile con me stessa. Però sicuramente nei miei momenti
o nelle mie giornate un pò più buie quando cammino con questa nube nera in testa e ovviamente
si vede benissimo quando sono in queste situazioni o momenti, questa resilienza questa sorellanza,il
ricordarmi quante volte io con altri, con altre e grazie a altri e altre sono riuscita
a sollevarmi, a rialzarmi, è sicuramente un aspetto molto importante, perché a volte
ci dimentichiamo che non credo tu l'abbia detto, non è necessariamente quante volte
cadi ma quante volte ti rialzi, giusto?
C: Giustissimo! Hai anche una un suggerimento pratico da mettere nella cassetta degli attrezzi
per che ti senti di dare soprattutto alle donne imprenditrici o aspiranti tali quando
le cose non vanno come previsto?
M: Sicuramente sicuramente. Io credo che nessun progetto creativo imprenditoriale esista senza
che ci siano intoppi, resistenze, rifiuti e dei grandi no, che a volte bruciano tanto,perché
a volte arrivano veramente da realtà o da persone che non ti aspettavi avrebbero o avrebbero
assunto una certa postura. C'è un concetto molto importante che ho trovato particolarmente