POVERI: i primi 30 anni d'UNITÀ D'ITALIA (1861-1893)
Oh, ma bentornati in una nuova puntata di Whatsapp Economy.
E oggi il mio obiettivo sarebbe quello di raccontarvi i primi 30 anni dell'unità d'Italia,
ovviamente a livello economico.
Ma prima di raccontarvi questa storia, ve ne vorrei raccontare un'altra.
Anzi, più precisamente una metafora, ideata da Bertrand Russell, un famoso filosofo.
Questa metafora si intitola il tacchino induttivista,
perché la metafora racconta che c'è un tacchino qui gli viene dato da mangiare ogni giorno alle 9,
che venga la pioggia, che venga il sole, qualsiasi situazione,
ogni giorno che scassa il mondo, alle 9 del mattino, gli viene dato da mangiare a questo tacchino.
Quindi il tacchino cosa pensa?
Beh, induce una regola generale a delle proprie esperienze,
e cioè che ad ogni giorno alle 9 del mattino gli viene dato da mangiare.
Peccato però che poi arriva la vigilia di Natale e alle 9 del mattino non gli viene dato da mangiare,
bensì lo sgozzano.
Perché ho raccontato questa storia?
Per due semplici ragioni.
La prima è vedere tutta la storia economica italiana
e non cercare di fare per l'appunto il tacchino induttivista,
quindi vedere da singoli episodi che sono successi all'interno di un contesto italiano
e strapolare da questi episodi delle regole generali economiche.
Anzi, io vi consiglio di fare tutto il contrario,
e cioè magari tramite alcuni episodi successi all'interno dell'economia dell'Italia
all'interno di questi 150 anni e oltre,
di distruggere alcuni miti, credenze o regole generali riguardo l'economia italiana.
E quindi fare tutto il contrario del tacchino induttivista.
La seconda ragione è che ci serve, per iniziare questa storia dell'unità d'Italia,
Bertrand Russell.
Anzi, più precisamente ci serve il nonno di Bertrand Russell,
e cioè John Russell.
Ma per capire cosa serve John Russell alla nostra storia,
facciamo una cosa che forse non è mai successa all'interno di Whatsapp Economy,
e cioè uscire da questo studio.
Vi porto in giro a Torino. Scopriamo il perché.
È il 17 marzo 1861,
e in questo palazzo il re Vittorio Emanuele II dichiara l'unità d'Italia.
Questo palazzo rappresenta forse uno dei primi sprechi pubblici italiani mai esistiti.
Infatti, appena subito dopo l'unità d'Italia,
si accorsero che il Parlamento, che era in questo palazzo,
era troppo piccolo per tutti i deputati,
e quindi decisero di iniziare dei lavori di ristrutturazione per ingrandire il Parlamento,
che iniziarono nel 1863.
Peccato solo che nel 1864, quindi subito un anno dopo la decisione di ristrutturare il Parlamento,
la capitale si trasferì da Torino a Firenze,
e tutti i lavori di ingrandimento del Parlamento erano praticamente inutili,
e terminarono da un decennio dopo.
Il 30 marzo 1861, il nostro amico John Russell invia una lettera per nome della regina,
dichiarando la legittimità dell'unificazione d'Italia.
E l'Inghilterra fu il primo Stato a riconoscere a livello internazionale l'Italia come un vero e proprio Stato unificato.
La lettera di Russell fu inviata al governo italiano, presieduto da Cavour.
E proprio qui dietro c'è la casa di Cavour, dove nacque e morì.
E chissà come sarebbe cambiata la storia italiana se non fosse morto da lì a qualche mese dopo l'unificazione d'Italia.
Dovete sapere che Cavour, oltre a essere stato un ottimo economista, fu anche un grande giocatore di borsa.
Per questo mi immagino un mondo immaginario dove ci sono Cavour, John Russell e Otto von Bismarck.
E Cavour propone ai due primi ministri inglese e tedesco una scommessa.
E cioè quella che da lì a primo o poi l'Italia sarebbe diventata tanto ricca quanto l'Inghilterra e la Germania.
La reazione dei due all'ascoltare questa scommessa probabilmente sarebbe stata un sorriso.
Sarebbero stati molto divertiti da questa scommessa.
Ma per capire le motivazioni di questa reazione dobbiamo tornare in studio.
Eccoci, siamo tornati in studio.
Ora c'è da capire per quale motivo questa reazione così incredula da parte di John Russell e Otto von Bismarck
di fronte a questa scommessa di Cavour.
Semplicemente perché nel 1861 l'Italia era considerata un gigante dai piedi d'arcilla.
Infatti aveva una delle popolazioni più grandi del mondo, addirittura l'ottava più grande del mondo,
però l'economia era indietrissima.
Era praticamente un'economia agricola.
Quando in realtà tutte le altre nazioni, dall'Inghilterra ai Paesi Bassi, la Germania e la Francia,
non solo avevano vissuto la prima rivoluzione industriale, ma stavano già entrando nella seconda rivoluzione industriale.
Perché questa grande arretratezza dell'Italia e gli unici albori di industria si potono vedere solo in alcune parti della Lombardia?
Semplicemente questa arretratezza arriva addirittura dal Rinascimento.
Se infatti nel Rinascimento l'Italia era il centro economico globale,
all'interno del Mediterraneo, con dei protagonisti che potevano essere i mercanti veneziani e quelli genovesi,
beh, da lì a poco il centro economico mondiale si spostò prima nei Paesi Bassi
e poi successivamente, grazie alla prima rivoluzione industriale, nell'Inghilterra.
Ora, questo video ovviamente non spiegherò i motivi di questo spostamento del centro economico globale.
Però, più o meno successe questo e l'Italia rimase praticamente indietro.
E per dimostrarvi ancora una volta questo fatto, vi snocciolo alcuni numeri.
Il pil per abitanti italiano nel 1861 era all'incirca la metà di quello della Gran Bretagna, la nazione più ricca a quel tempo.
Con grandi forme di disuguaglianza all'interno della nazione italiana.
E per farvi capire l'arretratezza dell'industria italiana,
se nel 1861 venivano prodotti all'incirca mezzo milione di fusi di cotone in Italia,
in Gran Bretagna ne venivano prodotti 30 milioni di fusi di cotone, mentre in Francia 5,5 milioni.
Oppure ancora, la quantità di chisa prodotta in Italia nel 1861 era pari a 30.000 tonnellate,
mentre in Gran Bretagna era pari a 3,8 milioni di tonnellate,
in Francia 1 milione di tonnellate, mentre in Germania 600.000 tonnellate.
Oppure ancora, le ferrovie, che erano uno dei mezzi di trasporti più innovativi a quel tempo,
erano lunghe solamente 2.000 km in Italia, contro i 15.000 km della Gran Bretagna,
gli 11.000 km della Germania o ancora i 9.600 km della Francia.
Ah! Quindi, per capirci, gli italiani nel 1861 erano praticamente degli straccioni.
Ma allora, per quale motivo nel nostro mondo ipotetico,
propone questa scommessa a John Russ, Le Hot Bombe Ismarck,
vista le situazioni economiche del paese?
Beh, perché una delle grandi idee del Risorgimento era quella che
la ristrettezza economica che stava vivendo la penisola durante tutto quel tempo
era dovuta alla frammentazione del mercato interno all'interno della penisola,
e che quindi, una volta riunito il mercato,
la crescita economica sarebbe dovuta essere un evento naturale
e conseguenziale appunto alla unificazione del paese.
Quindi, Cavour scommetteva che, una volta avvenuta l'unificazione,
ci sarebbe stato un boom economico dell'Italia che avrebbe raggiunto tutte le altre nazioni.
E quindi, Cavour avrebbe vinto questa scommessa?
Beh, la risposta è dipende.
Se prendiamo tutta la storia dell'unità d'Italia, allora possiamo dire di sì,
Cavour avrebbe vinto la scommessa con grande sorpresa di Russell e Bombe Ismarck.
Anzi, in alcune occasioni l'Italia è diventata addirittura più ricca dell'Inghilterra.
E se avessimo detto questa cosa a quel tempo,
probabilmente John Russell si sarebbe ammazzato da ridere.
Ma, un'altra storia è se prendiamo i primi 30 anni dell'unità d'Italia.
Perché i primi 30 anni dell'unità d'Italia sono stati praticamente un disastro.
Se infatti l'Italia nei primi 30 anni dell'unità è cresciuta ad un tasso medio
di pil per abitante pari allo 0,6%,
in Francia il pil per abitante nello stesso periodo è aumentato dell'1,4%,
nella Germania dell'1,5%, nel Regno Unito dell'1,1%,
negli Stati Uniti dell'1,4% e nel Giappone dell'1,2%.
Quindi nei primi 30 anni d'unità d'Italia avvenne tutto il contrario rispetto a quello
che ipotizzavano i più grandi pensatori del Risorgimento.
Invece di vivere un periodo di convergenza rispetto a tutte le altre nazioni più ricche
d'Europa, l'Italia divenne in quegli anni ancora più povera rispetto sempre alle nazioni più ricche.
Ma perché avvenne tutto ciò?
Beh, effettivamente, se ci pensiamo, nel 1861 in Italia avvenne sicuramente un'unificazione
politica e amministrativa, con tutta una serie di sfumature che non stiamo qui ad approfondire.
Ma è avvenuta veramente un'unificazione economica?
Perché quella non avviene dall'oggi al domani.
E dico questo prendendo ad esempio due casi, cioè quello tedesco e quello dell'Unione Europea.
La Germania si fondò a livello politico nel 1871, ma prima di questa unificazione avvenne
un'unificazione economica, cioè una confederazione tra stati a livello economico, che è presa il nome
di Zollverein nel 1834.
E dal 1834 al 1866 tutti gli stati della futura Germania potevano collaborare tra di loro a livello
economico, interagire tra di loro a livello economico.
Allo stesso modo si può dire dell'Unione Europea.
Negli anni 50 avvenne una prima unificazione economica e poi successivamente, ancora tutt'oggi
stiamo vivendo pian piano e faticosamente, un'unificazione politica.
Ora, lungi da me dal dire che l'unificazione di un qualsiasi stato deve avvenire prima a livello
economico e poi a livello politico, ve l'ho già detto, non fate i tacchini.
Ma è palese che questo tipo di unificazione in Italia non ha funzionato.
Infatti nel 1861 non c'è stata alcuna unificazione economica.
E andiamo a vedere perché.
Semplicemente nel 1861 l'Italia non era pronta alla crescita.
Lo vediamo da un sacco di indicatori.
Innanzitutto il livello di istruzione dei sudditi del re Vittorio Emanuele II, che erano
praticamente disastrosi.
Il tasso di alfabetizzazione e di istruzione erano praticamente infimi e la situazione
peggiorava nelle regioni meridionali.
L'italiano non era una lingua diffusissima all'interno della popolazione italiana e anzi
molto spesso gli italiani sapevano solo leggere e parlare il dialetto locale e da qui forse
probabilmente venne la famosa citazione di D'Azeglio che fatta l'Italia bisogna fare
gli italiani proprio perché non c'era una connessione addirittura neanche linguistica
tra le varie regioni del paese.
Si sa inoltre che l'Italia non è ricca di carbone e minerali di ferro che permettevano
una produzione industriale sostenuta.
Cosa che effettivamente risultò un freno alla crescita economica fino alla fine del
1800.
Abbiamo già detto delle infrastrutture di trasporto estremamente scarse all'interno
della nazione nel 1861 e nonostante il grande impegno dei governi dall'unità in poi a
costruire ulteriori infrastrutture di collegamento, queste ebbero un impatto nei confronti dell'economia
solo all'inizio degli anni 80 del 1800 quando effettivamente la capellarità delle
infrastrutture di trasporto raggiunse un certo target che permise un trasporto dei
beni tra gli attori economici all'interno dell'Italia efficiente e a basso costo.
Per non parlare delle diverse guerre che dovette affrontare il governo italiano da lì a poco
per unificare completamente l'unità d'Italia, per non parlare ulteriormente di tutti i soldi
spesi per mantenere un intero esercito nel meridione, per contrastare il fenomeno del
brigantaggio.
E in più piove sul bagnato, perché addirittura le nazioni estere avevano poca fiducia della
tenuta dell'unificazione italiana e questo ovviamente comportava un grande grado di incertezza
negli attori economici che avevano una forte riluttanza a investire in Italia.
Addirittura vi do una chicca, nel 1870 lo spread tra i titoli di stato del Regno Unito
e quelli italiani era di 500 punti base, che è la soglia raggiunta tra i titoli di stato
italiani e quelli tedeschi nel 2011.
Questo sta a indicare la grande incertezza sulla tenuta dell'Italia a livello non solo
economico ma anche politico, incertezza che poi si affievolì dopo il 1880, ma questa
è un'altra storia che vedremo magari dopo.
Inoltre c'era anche un problema di monete e di banche di emissione, infatti queste ultime
erano numerose e frammentate all'interno della penisola anche dopo l'unificazione,
mentre per quanto riguarda le monete, la moneta ufficiale per Regno d'Italia era la lira,
ma nel 1870, quindi 9 anni dopo l'unificazione, solo il 50% di stocchi di monete all'interno
della penisola era stato convertito in lire e si dovette aspettare il 1897 per eliminare
definitivamente anche l'ultimo stocco di monete appartenente al Regno delle Due Sicilie.
Oppure ancora, solo nel 1882 fu varato un codice di commercio capace di sostenere lo
sviluppo economico e anche l'amministrazione fino agli anni 90 era praticamente inesistente
e non dava alcun supporto alla crescita economica.
Quindi sostanzialmente, come abbiamo capito, l'unificazione economica non avvenne nei primi
30 anni di Unità d'Italia.
Ma in tutto ciò, cosa fecero i governi per cercare di risollevare una situazione già
all'inizio disastrosa e che comunque aveva difficoltà a migliorarsi?
Lo vediamo subito, distinguendo due periodi in maniera abbastanza scolastica.
Il periodo del governo della destra storica e il periodo di governo della sinistra storica.
Partiamo col primo, destra storica.
I tre pilastri di questo governo, che come sappiamo fa parte dell'età liberale della
storia italiana, erano sostanzialmente tre.
Libero scambismo, costruzione di infrastrutture e pareggio di bilancio.
Riguardo il primo pilastro, era in totale prosecuzione riguardo l'idea di un'unificazione
anche economica che avrebbe dato nuovo slancio all'economia italiana.
E quindi cosa fecero?
Eliminarno completamente dal giorno alla notte tutti i dazzi intra-regionali all'interno
del regno.
E questa politica è molto decriticata da tutti gli economisti.
Perché in generale queste politiche si fanno in maniera graduale e quindi abituando tutte
le imprese alla nuova competizione senza dazzi.
Cosa che non avvenne assolutamente nel appena unificato regno d'Italia.
Le piccole e poche imprese del regno delle due Sicilie furono quelle più colpite da
questa politica non proprio lungimirante.
Detto ciò comunque non è che adesso a causa di questo episodio abbiamo la questione meridionale.
Per dire questo ce ne vuole un bel po'.
Anche la costruzione delle infrastrutture proseguiva quest'idea di costruzione di un
mercato unico.
E riguardo a questa politica gli economisti sono molto discordanti.
C'è chi dà un giudizio favorevole riguardo questa politica perché ha messo le basi per
la futura crescita economica dell'Italia dagli anni 90 e dell'800 in poi.
E c'è chi invece dà delle colpe al governo di destra storica che non ha sfruttato al
dovere tutte le potenzialità di una costruzione di una rete non solo ferroviaria ma in generale
una rete di trasporti che potesse dare un maggior impulso all'economia italiana.
Riguardo il pareggio di bilancio la storia è abbastanza divertente.
Partiamo dall'inizio.
Nel 1861 il rapporto debito sui pil dell'Italia è pari al 40%.
Questo debito proviene in gran parte dal Regno di Sardegna che aveva una grande quantità
di debito accumulata a causa non solo dei costi delle guerre di unificazione ma anche
da una serie di investimenti che aveva fatto per poter progredire nella propria crescita
ad esempio nella costruzione di infrastrutture, nel diritto all'istruzione ecc.
Tutto il contrario del Regno delle due Sicilie che aveva sì un debito pubblico basso ma
anche il livello di tassazione e di servizi erogati alla popolazione era veramente infimo.
E qui ancora i no borbonici che si lamentano di questo episodio e cioè della possibilità
del Regno di Sardegna di usufruire di questa condizione per diminuire il proprio debito
pubblico.
E' un po' attuale questa polemica no?
Se noi parliamo di eurobond ecc.
Peccato però che comunque questa situazione veramente effimera è anche qui.
Non è che adesso che il debito pubblico del Regno di Sardegna è stato trasferito all'Italia
allora da qui è stata generata la questione meridionale.
Di nuovo le cose sono molto più complesse di così.
Detto ciò il governo era fedele agli ideali liberali che addirittura erano all'interno
dello statuto albertino.
Quindi lo Stato all'interno dell'economia doveva avere un ruolo minimo e doveva puntare
al pareggio di bilancio che cercarono, il governo di destra storica cercò di raggiungere
in tutti i modi con non poche difficoltà.
Infatti doveva affrontare numerose spese di guerra per finire l'unificazione dello Stato.
La riscossione delle tasse era difficoltosa soprattutto al sud che non era abituato a
pagare le tasse e inoltre la crescita economica era veramente scarsa quindi non solo c'era
un problema di riscossione delle tasse ma anche la gente era così povera che molto
spesso non poteva neanche permettersi di pagare le tasse.
Insomma dopo varie peripezie il governo di destra storica nel 1876 riesce a raggiungere
il pareggio di bilancio.
Peccato solo che il debito pubblico aumenta dal 40% nel 1861 al 108% e da lì a pochi
mesi perde anche il governo introducendo il periodo della sinistra storica.
Ora uno dei problemi principali della destra storica era che era composta da persone provenienti
dalla classe medio-borghese soprattutto del regno di Sardegna che aveva dei forti interessi
riguardo l'economia agricola.
E questo era uno dei grandi problemi effettivamente perché qualsiasi avvento del nuovo, qualsiasi
tipo di accenno di industrializzazione all'interno del paese era fortemente osteggiato dalla
destra storica e questo è un grosso problema perché in Italia l'unica speranza di industrializzazione
era quello di recepire le nuove tecnologie dagli altri paesi.
Ma se già dal governo c'è un forte osteggiamento riguardo l'accettazione delle nuove tecnologie
e dei nuovi progressi industriali, sostanzialmente la crescita economica non avviene, cosa che
poi effettivamente è accaduto.
Dagli anni 70 del 1800 però la nascente classe industriale inizia a reclamare i propri interessi
anche a livello politico e questi richiami vengono accolti dalla sinistra storica che
introduce da quando sale al potere nel 1876 una vera e propria prima politica industriale
a livello statale.
Quindi tutti contenti, lo stato finalmente si attiva per incentivare lo sviluppo economico.
In realtà non proprio, infatti proprio a causa della sinistra storica di queste politiche
si ebbe inizio a una pratica che ormai conosciamo molto ed è molto diffusa all'interno dello
stato e c'è una pratica clientelare tra pubblico e privato, con rapporti di favore
tra pubblico e privato.
Infatti fin dall'inizio dei rapporti tra industriali e sinistra storica le politiche protezionisti
o comunque il piano industriale della sinistra storica era posto in essere per mettere in
favore le industrie siderurgiche e tessili che erano delle industrie molto forti ma che
comunque appartenevano al passato, mentre non era fatto alcun riferimento alle nuove
industrie che promettevano una crescita economica maggiore, e cioè quelle meccanica e quella
chimica che ovviamente subirono numerosi danni e ovviamente ci furono delle ripercussioni
anche per la crescita economica.
Questa è la storia economica italiana dal 1861 al 1893.
Nel 1893 successe qualcosa di molto particolare che ha tanti paragoni con la crisi bancaria
del 2008-2011 ma questo lo vedremo in un video futuro.
Ovviamente questo video dà un quadro generale sulla situazione di questi 30 anni che ovviamente
non ha la pretesa di essere esaustivo.
Magari non abbiamo parlato di tanti episodi come ad esempio la crisi agricola o l'abbandono
del gold standard da parte della lira che magari approfondiremo in dei video selettivi
in futuro.
Tirando le somme, al livello di PIL è successo ben poco.
Come abbiamo detto il tasso di crescita è stato pari allo 0,6% in questi 30 anni e la
ricchezza della nazione si è discostata ulteriormente da tutte le altre nazioni europee ma anche
quelle statunitense.
Ci sono stati diversi fattori che hanno influito su questa dinamica del PIL e una buona parte
della colpa è dovuta soprattutto alle istituzioni e alle amministrazioni e anche ai governi
di questi primi 30 anni.
Vi annuncio anche che per gli abbonati ci sarà un video dietro le quinte e anche un
po' di approfondimento riguardo questi argomenti.
Comunque il grosso è, l'ho già detto qui, ci sarà solo qualche chicca in più che comunque
su tutto quello che ho studiato non potevo mettere tutto qua dentro e magari vi dirò
anche un po' la storia dietro questo video, tutte le disavventure che ho vissuto, nel
video per gli abbonati che ringrazio per sostenermi ogni giorno con il loro contributo per rendere
questo progetto fattibile e ringrazio anche voi che siete arrivati fin qui per staremi
ascoltando anche adesso che fondamentalmente non sto dicendo nulla.
Ve l'ho già detto che vi ringrazio, sì, quindi vi dico lo slogan di Whatsapp Economy
che è se non ti occupi di economia l'economia si occuperà di te e ci vediamo alla prossima
puntata che come al solito è ogni sabato verso pomeriggio.
Così.
Alla prossima!
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