FEMMINISMO
Eccoci qui e benvenuti a tutti al quarto incontro di Interregno,
che è uno spazio di confronto intergenerazionale in cui cerchiamo di guardare le differenze e i punti in comune
tra diverse generazioni, con uno sguardo sul passato, presente e anche sul futuro.
Stasera parliamo di femminismo e questioni di genere, grazie a Editori La Terza che ha creato questo spazio
e grazie alle nostre ospiti di questa sera, che sono Chiara Saraceno, sociologa, filosofa e accademica,
Cristiana Videi, che è una giornalista freelance, e Silvia Semenzin, anche lei sociologa.
Sappiamo ormai che molte battaglie per i diritti delle donne sono state vinte
e molti sono i diritti che abbiamo acquisito nel tempo.
Ma non dobbiamo dimenticarci che ci sono anche dei diritti che abbiamo acquisito molto recentemente,
quando si parla per esempio del delitto d'onore, del matrimonio riparatore,
per esempio sono stati abiliti soltanto nell'81, quindi l'altro ieri,
e lo stesso stupro, era un reato contro la morale e non contro la persona fino al 1996,
quindi noi eravamo nate ma da poco.
Oggi questi diritti forse li diamo un po' per scontati,
quindi è interessante parlare di come ci siano delle differenze proprio generazionali su questi diritti.
L'altro giorno stavo ascoltando Margarethe Westager, la vice presidente della Commissione Europea,
che diceva in un'intervista rilasciata proprio l'8 marzo,
di essere una grande fan delle quote rosa,
proprio perché nel tempo ci sono state quote informali per gli uomini,
ma parliamo appunto negli ultimi secoli.
Il nostro governo ancora oggi è composto principalmente da uomini,
in Italia la situazione dirigenziale è ancora gravissima,
c'è solo un dirigente su dieci è donna,
e le donne guadagnano ancora un quinto in meno al mese rispetto agli uomini,
quindi ci sono ancora moltissime differenze tra uomo e donna.
C'è anche un grandissimo problema di rappresentazione, ma non solo.
Oggi siamo, ne parlavamo poco fa, per l'ennesima volta ancora tutti in zona rossa,
ma durante la pandemia, come appunto spesso accade,
le donne si sono trovate a svolgere due lavori,
quello di cura dei figli, della casa, della famiglia, e l'attività professionale.
Abbiamo deciso tutti di darci del tu, quindi do del tu anche alla professoressa,
chiara, rispetto alle politiche sul welfare e sulla famiglia.
Il femminismo è un po' fallito?
In realtà è un po' più complicato di così, perché a parte la situazione eccezionale di oggi,
devo dire che se noi guardiamo all'indietro il tempo lungo,
se noi pensiamo che dopo il fascismo abbiamo dovuto aspettare moltissimi anni
per la riforma del diritto di famiglia, ed è avvenuta proprio anche
perché c'è stato il movimento delle donne nel 75,
cioè la parità uomo-donna in famiglia è avvenuta tardissimo
e solo sulla spinta del movimento.
Quindi moltissime delle riforme che ci sono state nel campo del diritto di famiglia
sono dovute ai cambiamenti femminili, alle cose.
Quindi questo non va sottovalutato, così come non va sottovalutato il fatto che molte leggi,
noi oggi non abbiamo tanto bisogno di altre leggi,
che sono quasi tutte state fatte quelle che garantiscono formalmente la parità.
Il problema è nella pratica, nella cultura, nella divisione del lavoro in famiglia e così via.
Certamente il welfare è il punto debole, di nuovo negli anni 90
c'è stata una grande accelerazione, se penso ai congedi di maternità e parentale ancora nel 2000,
gli asili nido e così via.
Poi ci si è un po' fermati e forse anche senza dire del tutto
che c'è stata una responsabilità del movimento delle donne,
perché naturalmente non è solo loro responsabilità,
anche perché non avevano il potere, c'è questo piccolo particolare,
che le donne non hanno ancora conquistato il potere.
Tuttavia forse c'è stato un momento in cui il movimento femminista si è un po' ripiegato
anche su temi importanti, la differenza, la cultura femminile e così via,
e ha perso forse un po' di vista la crucialità per la vita quotidiana delle donne
di un sistema di servizio, di infrastrutture sociali,
di cui oggi stiamo parlando anche rispetto al PNR,
per poter vivere con maggiore agio.
Questa pandemia è un po' la cartina di Tornasole,
perché il doppio lavoro, ahimè, le donne lo fanno anche in condizioni di normalità.
Il problema del doppio lavoro, come sta avvenendo un anno fa,
e siamo di nuovo adesso, è che avviene in contemporanea, non più in sequenza.
24 ore su 24 si deve essere contemporaneamente sulla scena del lavoro,
sulla scena della prestazione lavorativa e di quella familiare.
Siamo al punto, e io sono veramente sconcertata,
che la ministra della famiglia delle pari opportunità è riuscita a teorizzare
che se una lavora a distanza può anche occuparsi dei bambini,
cioè che non c'è problema, quindi non occorre la babysitter, eccetera.
Come se fosse, come dire, possibile lavorare,
pensate, noi che stiamo parlando, avessi qui un bambino che mi dice
non mi funziona il computer, non vedo la maestra in DAD,
e tutte queste cose qui.
C'è un'idea della conciliazione in cui basta essere a casa e si può fare tutto.
Nella mia generazione si rappresentava questo,
chi era bravo a disegnare, con la figura della donna giocogliera.
Siamo ancora qui, anzi, e la DAD all'estremo,
dove bisogna fare contemporaneamente sette cose,
ed essere anche brave sul lavoro, perché poi dopo ti riproverano
se tu sei distratta, non sei disponibile per la riunione
nel momento in cui tutti gli altri non hanno problemi.
Per cui non è che ha fallito, e questo è chiudo perché sto prendendo troppo tempo,
mi viene in mente un bellissimo libro che vi raccomando,
soprattutto a voi più giovani, se non l'avete già letto,
che è un dialogo tra una madre femminista e la figlia,
è Tramete, in cui Maddalena Vianello e la mamma,
che era Mariella Gramaglio, una donna della mia generazione,
che purtroppo è morta, discutono, in cui la figlia dice alla madre
ma come tu mi avevi promesso, mi avevi detto che mi avevi...
e invece nel frattempo è cambiato il mercato del lavoro,
quindi non basta più studiare per essere, per inserirsi agevolmente
nel mercato del lavoro e così via.
È un dialogo importante, è un bel dialogo tra due generazioni,
adesso sarà una trentenne, una mamma, 30, 40 anni,
una mamma della mia generazione, femminista, militante,
in cui a un certo punto Mariella risponde,
forse noi non abbiamo capito mentre stavamo facendo le nostre lotte
che intanto il mondo stava cambiando attorno a noi
e quindi che i problemi in parte non erano più gli stessi,
magari stavano cambiando forma, questo forse è un problema.
Quindi abbiamo rivisto un po' le stesse dinamiche che vediamo comunque
nella vita normale delle donne, forse a cui irsi in questa situazione
ma non è che si è cambiato poi più di tanto.
Ci sono più donne nel mercato del lavoro, per esempio più mamme
rispetto agli anni 70, quelli del femminismo, ci sono più donne istruite
e quindi anche più donne nel mercato del lavoro
anche con la presenza di figli piccoli, quindi questo sta diventando il dramma adesso
perché forse se ci fosse stata la pandemia negli anni 70
non sarebbe stato un problema così grosso per un numero così importante di donne
anche se purtroppo in Italia il tasso di occupazione femminile
è molto più basso che nella media europea.
Però ci sono molte mamme di figli minorenni che sono nel mercato del lavoro.
Verissimo e soprattutto sappiamo anche che sono quelle che hanno perso più lavoro
ricordavamo a dicembre hanno perso il lavoro su 101.000 persone
che hanno perso il lavoro e 99.000 erano donne.
Non tanto perché sono mamme, anche se lo stimo diventa più difficile,
ma perché sono prevalentemente occupate nei settori più colpiti dalle chiusure.
C'è anche un altro aspetto che è diventato più critico con il Covid
ed è la violenza domestica.
Cristiana tu ti sei occupata spesso nei tuoi articoli di violenza sulle donne,
oggi qual è il panorama e soprattutto qual è la consapevolezza
magari nelle generazioni più giovani?
Allora ancora oggi purtroppo la violenza sulle donne rappresenta
una delle più diffuse violazioni di diritti umani in tutto il mondo.
Avviene in qualsiasi paese indipendentemente dallo stato socio-economico
o dalla collocazione geografica.
È importante rivadire che la violenza sulle donne, che ha tante manifestazioni,
non è una sorta di destino inevitabile e quindi non dobbiamo rassegnarci
all'idea che non possa essere contrastata o prevenuta,
sia con interventi da parte dello Stato, sia con l'educazione
e l'azione della società intera.
Per dare delle stime all'Organizzazione Mondiale della Sanità
stima che nel mondo una donna su tre abbia subito
una violenza fisico-sessuale da parte di un uomo.
Si parla di stime perché quello della violenza sulle donne
è un fenomeno ancora in gran parte sommerso.
Questo è dovuto anche al fatto che molte delle violenze,
soprattutto nelle forme più gravi, sono commesse da uomini
che le donne conoscono bene.
Per esempio sono usciti recentemente i dati ISTAT
sugli omicidi in Italia nel 2019 che ci dicono che
oltre l'80% delle donne uccise sono state uccise da partner,
ex partner, familiari o conoscenti.
Questo dato però non va letto come risultato di relazioni
finite male come a volte vengono presentate anche dai media
perché la violenza maschile sulle donne non è un fatto
legato a dinamiche private ma è legato a dinamiche di genere.
Quindi è l'espressione estrema della non accettazione
da parte di alcuni uomini della libertà e dell'autonomia
della donna.
La pandemia, come accennavi, per molti versi ha peggiorato
la situazione.
Nel 2020 le Nazioni Unite stimavano almeno 15 milioni di casi
di violenza domestica in più in tutto il mondo
legate alle restrizioni dovute alla pandemia
perché chiaramente le limitazioni alla mobilità
ma anche la crisi economica della pandemia,
il distanziamento sociale sono tutti degli ostacoli
alla fuoriuscita della violenza.
In Italia durante il lockdown a marzo e aprile dello scorso anno
c'è stato un aumento di telefonate,
il numero verde antiviolenza, antistalking,
che è il 15,22 del 73% rispetto allo stesso periodo del 2019.
Ma in generale in tutto il mondo le misure di lockdown
hanno portato a un aumento delle richieste d'aiuto
come riporta anche UNWIME,
l'Agenzia delle Nazioni Unite a Sostegno delle Donne.
Spesso si parla di violenza sulle donne in termini di emergenza
e nella pandemia si è spesso parlato giustamente di emergenza,
ma sappiamo che la violenza sulle donne non è un fenomeno transitorio
ma è un problema strutturale che si alimenta
e alimenta la disuguaglianza di genere,
quindi affonda le sue radici che sono profondissime
nei ruoli e negli stereotipi di genere
a cui alcuni uomini rimangono ancorati
e da cui le donne cercano invece sempre più di emanciparsi.
Quindi contrastare la violenza sulle donne
significa anche combattere le sue radici culturali e sociali,
combattere le disclinazioni e gli stereotipi
che sono legati ai ruoli di genere e al sessismo
per creare una società più inclusiva e rispettosa
della dignità e della libertà della donna
con l'educazione e con la realizzazione autentica
delle pari opportunità sia nel privato che in pubblico.
Per quanto riguarda le nuove generazioni,
intendo quelle più giovani anche della mia,
soprattutto gli adolescenti,
ci sono dei sondaggi che ci dicono
che hanno maggiore consapevolezza rispetto al tema della violenza sulle donne,
questo sicuramente a frutto anche di diverse campagne di sensibilizzazione
che comunque negli ultimi anni sono stati fatti,
ma ancora tantissime ragazze per esempio subiscono molestie
e lo studio dell'OMS che citavo all'inizio
ci dice che nel mondo una donna su quattro
aveva già subito violenza da parte di un partner
prima dei 25 anni,
quindi è un problema che tocca veramente da vicino.
Anche più giovani, sì.
E tra gli adolescenti permangono anche qui i pregiudizi,
sia su cose come ad esempio affermarsi sul lavoro
o negli studi sia per esempio più importante per gli uomini rispetto alle donne,
sia sulla violenza,
questi dati che cito sono di un sondaggio di Save the Children
che è uscito lo scorso novembre
che riporta per esempio che il 21% degli adolescenti maschi italiani
crede che le vittime di violenza sessuale
possano contribuire a provocare la violenza
con il loro modo di vestire o di comportarsi.
Quindi chiaramente il lavoro da fare è ancora molto,
però sicuramente si vede anche un rinnovato slancio femminista
nei più giovani,
di un femminismo che sostiene per esempio un'idea più fluida del genere,
della sessualità,
che si rende conto anche di come la discriminazione di genere
si incroci con altri tipi di discriminazioni.
Quindi in realtà siamo in un momento abbastanza dinamico,
credo anche per le nuove generazioni.
Il lavoro è tanto, ma sono anche fiduciosa.
Certo, infatti dopo parleremo anche del futuro del femminismo
e con questo volevo rispondere anche a Cristina
che ci fa una domanda, ci chiede perché parlano solo donne.
In realtà non è stata proprio una scelta specifica,
ma volevamo parlare di diversi tipi di femminismo,
non volevamo mettere in discussione la questione di genere
ed è per questo che abbiamo scelto delle esperte in questi campi.
Non è stata una scelta specifica,
non volevamo assolutamente escludere gli uomini,
infatti ne parleremo poi più avanti.
Silvia, con te, appunto, tornando sul tema dei più giovani,
delle generazioni dei più giovani,
volevo un po' parlare di quello che viene erroneamente
e adesso vorrei che tu ci spiegassi anche perché
è chiamato Revenge Porn,
so che lo ripeti ormai in tutti i panel in cui vai,
però è sicuramente un tema importante.
Tu nel 2018 hai lanciato questa campagna
che si chiama Intimità Violata
per chiedere proprio l'approvazione di una legge in Italia
contro la condivisione consensuale di materiale intimo,
quello che appunto viene comunemente chiamato Revenge Porn,
ma non è il termine adatto.
Quali sono in generale oggi i rischi della violenza di genere online?
Sì, allora, tanto buonasera.
Sì, effettivamente, come dici,
partirei subito spiegando perché non dovremmo parlare di Revenge Porn,
così poi nella conversazione siamo tutti sullo stesso piano.
Revenge Porn è questa parola mediatica
che vuol dire porno vendetta,
dove si riferisce a quegli atti in cui
in una coppia o in una relazione
uno dei due alla fine pubblica per vendetta
materiale intimo su internet,
riguardante l'altro, senza alcun senso.
In realtà, nella maggior parte dei casi,
questo è stato anche l'analisi che io ho fatto,
la vendetta non è necessariamente una matrice di questa violenza
e soprattutto poi non si tratta nemmeno di pornografia
perché poi partiamo dal fatto che appunto il corpo femminile
una volta che viene visto online
o venga considerato necessariamente pornografico.
Quindi in realtà io preferisco parlare di condivisione non consensuale
di materiale intimo, questo giusto per fare un piccolo incipit.
In realtà, per parlare di questo, secondo me,
bisogna parlare poi di una violenza esistente
che è assolutamente in linea con la violenza
che descriveva poco fa Cristiano,
quindi una violenza di genere che esiste
e che attraverso internet si è ampliata,
si è rimpolpata e ha trovato dei luoghi nuovi in cui espandersi.
Purtroppo la violenza online contro le donne
è una violenza a tutti gli effetti reali
e una violenza anche in grandissima espansione
che anche in questo caso con la pandemia si è evoluta.
Ci tengo a dire questo perché poi quando parliamo di violenza e molestie online
spesso pensiamo appunto alla condivisione non consensuale
ma quella è solo la punta del live
perché poi possiamo partire da linguaggio d'odio,
insulti, di offese.
Queste poi vengono spesso riservate a donne che si espongono,
donne che parlano, politiche, giornaliste, accademiche
che ancora danno fastidio quando diventano visibili
e quando le loro voci ti fanno sentire.
Quindi assolutamente in linea con altri tipi di violenza,
poi la violenza di genere online
quello che cerca di fare è silenziare le donne,
zittirle, ridurle, rimetterle al loro posto
e esistono tantissimi tipi di violenza
con delle conseguenze molto reali,
dicevo poco fa, sulla vita delle donne.
Cioè andiamo da panico, ansia, depressione
fino ad arrivare poi nei casi più estremi pure al suicidio.
Pensiamo che il 51% delle vittime di condivisione non consensuale
di materiale intimo pensa al suicidio
come soluzione per uscire poi da questa enorme vergogna
che causa ancora l'essere stata vista in atteggiamenti di ultimi.
Quindi la violenza online vediamo che è una violenza
su tutti gli effetti culturali,
cioè una violenza che appunto si rinforza su stereotipi tabù,
specialmente quelli relativi appunto come diceva poco fa
anche al desiderio femminile, alla libertà sessuale femminile
che ancora viene criminalizzata,
ancora non viene accettata.
E poi cos'è il problema?
Il problema è che questo genere di violenza è molto subdola
perché si intreccia a un lato che è quello tecnico delle tecnologie
e che lo rende, rende questa violenza
non solo più pervasiva ma anche molto difficile da rimuovere
e anche molto semplice da commettere,
nel senso che inviare un commento o inviare una foto
o fare una molestia, insomma inviare una foto non richiesta
per esempio di un membro maschile
si considera tutti gli effetti una molestia oggi,
richiede poco sforzo e spesso poca responsabilità,
cioè è molto difficile ancora andare poi a provare i responsabili,
riuscire a fare le denunce,
questo poi nel caso della condivisione non consensuale è particolarmente vero.
Basta pensare, tutti già conosci già questo caso,
ma per chi non lo conosce è il caso di Telegram,
Telegram è questa piattaforma di messaggistica
che permette di creare dei gruppi di utenti
che arrivano fino alle 200.000 persone
e questa piattaforma viene utilizzata
da quella parte di internet che è stata soprannominata Manosphere,
quindi una parte di internet composta principalmente da uomini
che parlano di donne, parlano di femminismo
e parlano di donne con un tono molto misogeno
per poi creare dei gruppi tematici proprio per l'invio di queste foto,
in cui le donne poi vengono categorizzate, commentate, votate,
addirittura alcune volte scambiate anche attraverso scambi monetari,
quindi ridotte assolutamente a degli oggetti.
Queste persone sono molto difficili da trovare
e si nascondono dietro l'anonimato,
oltre al fatto che poi appunto una volta che del materiale diventa virale
è davvero, davvero difficile rimuoverlo da internet
ed è questo che poi porta molte donne a non farcela più.
Quindi qui io sono d'accordo nel dire che ovviamente
essendo un problema culturale la prima cosa da fare è
continuare a fare cultura, continuare a fare educazione,
forse cominciare a fare educazione anzi sessuale di genere,
però dall'altra parte credo che si tratti anche
di prendere delle decisioni politiche più forti,
cioè delle posizioni politiche che per esempio
riconoscano la responsabilità delle piattaforme digitali
su internet oggi come mediatrici di violenza,
perché se tutti i dati ci raccontano che le donne sono le prime vittime del web,
allora bisogna trovare anche una maniera di limitare questa violenza
e anche dei responsabili, a mio parere principalmente,
probabilmente i detentori di monopoli di piattaforme
che in questo momento se ne davano assolutamente le mani.
Un tema che continua a tornare in tutti questi discorsi
è quello degli stereotipi e anche del linguaggio
con cui vengono chiamate le donne,
i termini che ci vengono asfibbiati.
Le polemiche sono sempre difficili da gestire
perché c'è il buon senso ma c'è anche una battaglia,
una lotta che noi portiamo avanti per cercare di ottenere dei diritti.
Quindi volevo chiedere a Chiara, che è la senior tra di noi,
perché il linguaggio e gli stereotipi hanno un valore così reale,
così pratico, perché a volte è solo un modo di chiamarsi
o è solo una parola, in realtà non è solo una parola.
No, anche riallacciandomi a quello che diceva prima Silvia,
io ho fatto parte, qualche anno fa,
di una commissione sul linguaggio dell'odio
che era stata istituita dall'allora presidente della Camera Boldrini
e avevamo fatto una serie di audizioni
anche con responsabili dei piattaforme,
ed erano venute fuori delle cose.
Io che non sto sui social, dopo di allora ho deciso
che continuavo a non stare sui social
perché i dati che emergevano era che bastava
che si creasse un profilo femminile,
c'erano proprio state fatte delle ricerche,
che immediatamente, a parità di profilo,
se uno era femminile e l'altro maschile,
gli insulti che arrivavano al femminile erano notevolissimi,
erano molto molto di più,
per cui aggiungo a quello che è stato detto
che molte più donne escono dai social che gli uomini
proprio perché devono far fronte a una aggressività
molto maggiore che non gli uomini.
Ma tornando alla domanda,
sempre in questa commissione
avevamo arrivato a discutere di quello
che viene chiamato la piramide dell'odio
che anche a livello internazionale viene chiamata così,
di cui gli stereotipi sono appunto la base.
Sembrano, nel fondo, è anche un modo semplice
di categorizzare le cose, il mondo, le persone,
ma è anche un modo di irrigidirle
in una particolare caratteristica
nel nostro caso, quello di cui parliamo questa sera,
è l'appartenenza di sesso,
potrebbe essere il colore della pelle,
la religione, l'etnia e così via,
per cui una persona viene ridotta
a questa sua caratteristica
e viene totalmente depersonalizzata,
cioè non è quella storia lì,
quelle capacità lì, quei desideri,
quegli interessi, ma è una donna
piuttosto che un nero,
piuttosto che un'altra cosa,
e sulla base di questa caratteristica
le vengono attribuite capacità o incapacità,
opportunità o mancanze di opportunità
che vincolano assolutamente
la sua possibilità poi di muoversi nel mondo,
perché viene continuamente considerata ingabbiata,
così le aspettative che incontra
rispetto al suo poter fare o essere
sono vincolate da questa immagine stereotipica.
Per questo quando nasce un bambino
e si mette fuori un nastro rosa
piuttosto che un nastro blu,
non è un fatto marginale,
però è come se già venisse inserito
in un percorso di vita,
di opportunità e di vincoli
che sono determinati dal fatto
di nascere con quel sesso
piuttosto che con quell'altro.
E quindi hanno una forza reale,
sono semplificazioni molto forti della realtà
che diventano quasi dei destini cristallizzati
per le persone che devono sopportare
questi stereotipi.
Ma anche per fare degli esempi molto pratici,
nell'ultima indagine fatta dall'Istrat
proprio sugli stereotipi,
inclusi gli stereotipi di genere,
è uscito che il 50% delle donne
e una percentuale superiore di uomini
ritiene che gli uomini non siano adatti
per la cura dei bambini,
per cui se la pigliano tutte le donne,
non sono adatti, evidentemente
i bambini gli cascano dalle mani
se li prendono e se gli fanno il bagno,
non sono capaci, perché come uomini,
non lui, lei o perché non hanno imparato.
E viceversa, una buona percentuale,
adesso non ricordo esattamente quanto,
ritiene che in caso di necessità
il lavoro debba prima andare a un uomo.
Quindi sono stereotipi, perché questo?
Un uomo e una donna,
che è il motivo per cui ormai mi secco un po'
quando nel dibattito si dice
ci vuole una donna,
uno non dice ci vuole un uomo,
se organizza un convegno piuttosto che un governo,
non dice ci vuole un uomo,
ci vogliono quattro uomini,
dice ci vuole Chizio, Caio, Sempronio,
quello di quel partito.
La donna come cosa aggiuntiva,
ma come categoria generica,
non ci vuole una persona che sappia fare
questo e quello, a prescindere dal senso
cui appartiene.
Per cui questo funzionare per stereotipi,
ovviamente esistono anche stereotipi sugli uomini,
non solo sulle donne,
però gli stereotipi sugli uomini
sono in genere più articolati,
più ricchi, consentono più possibilità,
quelli per le donne sono più ristretti,
vale anche per la razza,
non vale per altre cose,
è il funzionamento degli stereotipi.
Per cui non dobbiamo sottovalutare
il potere degli stereotipi,
compresi quelli che abbiamo noi,
cioè il 50% di donne che ritiene
che i propri compagni non siano adatti
a fare lavoro di cura,
vuol dire che accettano una divisione del lavoro
e delle responsabilità
che è pesante per loro,
ma anche che depriva di possibilità
i loro compagni.
Assolutamente, siamo tutti coinvolti
in questo cambiamento.
Ne approfitto per dire che c'è Giorgio
che chiede cosa potremmo fare noi uomini concretamente,
ci arriviamo Giorgio,
dacci un attimo di tempo che adesso
arriviamo anche a rispondere
ad alcune delle vostre domande
che vedo nei commenti.
Questo perpetuare degli stereotipi
viene fatto anche,
purtroppo in maniera molto grave,
dai media cristiana,
ti sei occupata anche di studiare questo,
quindi volevo chiederti un po'
come si parla oggi delle donne
sui media.
Allora, intanto non se ne parla molto,
perché ci sono delle indagini,
per esempio il Global Media Monitoring Project
è un'indagine mondiale
sulla parità di genere nei media
che si fa ogni cinque anni,
e l'ultima edizione disponibile al momento
è quella del 2015,
e ci dice che le donne rappresentano
solo il 24% delle persone
che sentiamo, leggiamo o vediamo
sui giornali, nei notiziari TV e in radio.
Quindi la rappresentazione
che i media danno del mondo
è ancora fortemente maschile.
Ci sono degli ambiti
dove le donne sono particolarmente invisibili,
per esempio la politica e l'economia,
dove non raggiungono una presenza mediatica
che corrisponde a quella
che poi hanno nel mondo reale.
Sappiamo che non vengono spesso
interpellate come esperte,
quindi questo contribuisce a delegittimare
la competenza femminile.
Tra l'altro lo scorso ottobre
è uscito uno studio condotto
su delle testate britanniche, americane e australiane
del Global Institute for Women's Leadership
del King's College di Londra,
che ha mostrato che durante la pandemia
le donne sono state marginalizzate
ancora di più nell'informazione,
sia come esperte che come fonti
sono state citate ancora meno.
In generale poi vediamo che
nell'informazione c'è ancora
un'attenzione particolare all'aspetto esteriore
oppure al ruolo di madre
o al ruolo della famiglia
quando si parla di donne,
anche in storie in cui questi
non sono assolutamente rilevanti.
C'è quasi sempre la domanda
sul conciliare la vita domestica
e la vita lavorativa,
la vita privata e la vita pubblica,
cosa che non succede per esempio per gli uomini.
Abbiamo detto che le donne
sono piuttosto invisibili nelle news,
ma in realtà c'è una modalità
in cui compaiono molto più degli uomini
quando sono vittime o sopravvissute
di incidenti, di disastri naturali,
di conflitti, di violenza e di omicidi.
Quindi i media ripropongono
lo stereotipo della donna vittima,
della donna debole
e non danno una visione completa
nel mondo femminile in realtà.
Da una parte non possiamo accettare
che le donne appaiano soltanto
come vittime o sopravvissute
e dall'altra anche quando si parla
per esempio di violenza sulle donne
il lavoro da fare è ancora tanto.
I media si concentrano solitamente
sulle forme più estreme della violenza,
quindi per esempio il femminicidio o lo stupro.
La dentologia è stata aggiornata
per includere come raccontare
la violenza sulle donne,
quindi evitare gli stereotipi di genere,
la spettacolarizzazione della violenza,
non usare espressioni che sminuiscano
la gravità dei fatti commessi.
Eppure non sono scomparsi
gli articoli sui femminicidi
in cui si usano espressioni
che fanno riferimento al troppo amore
o comunque all'amore
quando in realtà sappiamo
che il femminicidio è una questione
di disparità di genere
oppure che fanno riferimenti
al raptus dell'assassino
tendendo a deresponsabilizzarlo,
quasi a giustificarlo.
Ricordo che per esempio
anche il professor Claudio Melcacci
che è past president
della società italiana di psichiatria
ha detto più volte
che questo raptus omicida
non esiste.
Gli articoli spesso danno spazio
alle false giustificazioni dell'assassino
quindi lei l'aveva lasciato,
lei voleva andarsi
dopo di cui aveva perso il lavoro
insinuando quasi
quell'idea che la donna
abbia una qualche colpa
per essere stata ammazzata.
A volte in realtà la donna scompare
dall'articolo
o compare soltanto
in relazione all'uomo
quindi è moglie di,
è fidanzata di,
è madre di
e non una persona con una vita
che le è stata tolta.
Quindi poi i casi di violenza
spesso vengono presentati
come casi isolati
invece andrebbero contestualizzati
magari con interviste a esperte
anche quando si parla di molestie
per esempio
spesso ci si concentra
sui casi singoli
si è dato anche spesso
spazio al pettegolezzo
o alle opinioni
che poi finiscono
per polarizzare il dibattito.
Cosa ne pensava il vicino?
Cosa ne pensava l'amica?
Il villaggio?
Eccetera.
Scusami se ti interrompo
ma ci stanno arrivando
una quantità di domande
incredibili
sono veramente contenta
perché vuol dire
che questo dibattito
è seguito
ed è appassionante.
Una cosa appunto
che volevo chiedere a te
ma in realtà a tutte
perché vedo che appunto
scusate dico il nome
Alice
chiedeva se avere delle categorie
in cui rispecchiarsi
è un passo fondamentale
quali sono gli step
per arrivare a questo tipo di percorso
per arrivare diciamo
io penso che intenda
una rappresentazione
come si può
che si riesca a uscire
un po' da questi stereotipi
chiedo sui media
perché ci sei tu?
Ma in realtà
ci vuole un impegno
autentico
da parte dei giornalisti
e delle giornaliste
perché ormai i corsi
le regole
sono a disposizione di tutti
ma ci vuole
ci vuole un cambiamento
culturale e sociale
anche all'interno del giornalismo
c'è un dato che mi viene
sempre in mente
quando si parla di informazioni
sulle donne
che è quello
di un'indagine realizzata
dalla commissione pari opportunità
della FNSI
che è la federazione nazionale stampa italiana
presentata nel 2019
secondo questa indagine
l'85% dei giornalisti
dichiara di aver subito
una qualche forma di molestia sul lavoro
quindi io mi domando
che informazione
può uscire
da un mondo dove
un problema come questo
sembra ancora così pervasivo
quindi nel senso
è necessario un lavoro
sul lavoro giornalistico
ma è necessario
un cambiamento più ampio
assolutamente
e secondo me
aggiungo
ci vogliono degli esempi
delle rappresentazioni
cioè degli esempi
che possono essere rappresentativi
per
tra virgolette
dare il buon esempio
l'esperta
il fatto di intervistare
le donne come persone
che hanno delle cariche importanti
che ricoprono
delle cariche importanti
che sono competenti
sicuramente aiuta
ma i media
diciamo non sono
l'unico
aspetto
ormai ci sono anche i social
Silvia
e quindi volevo chiedere a te
ormai ovviamente
tutti facciamo
uso
ampio uso dei social
credi che
in generale
abbiano dato più libertà
alle donne
di esprimersi
o di autorepresentarsi
o
in qualche modo
hanno portato
gli stereotipi all'estremo?
Beh allora dipende
nel senso che
da un certo punto di vista
sicuramente i social network
hanno permesso
al movimento femminista
e alle donne
di acquisire visibilità
di comunque anche creare
delle connessioni globali
che prima erano molto più complesse
da creare
basta pensare al movimento
Me Too
e a movimenti del genere
che hanno poi sfruttato
ampiamente
la rete per
per conoscersi
per evolversi
però bisogna sempre partire
dal presupposto
come
come dicevo anche prima
poi che internet
non è assolutamente
un luogo neutrale
quindi a noi viene da pensare
appunto a internet
e alle tecnologie
come delle formule matematiche
che assolutamente
sono lontanissime
dagli stereotipi
dai tabù
dai pregiudizi
ma in verità
come appunto
nel caso della violenza
internet e i social network
non fanno altro che
appunto essere sempre in linea
con disuguaglianze sociali existenti
e di fatto
oggi internet è una gerarchia
cioè ci sono questi
grossissimi monopoli
e non tutti
hanno la stessa possibilità
di emergere
anzi questo sta diventando
sempre più evidente
nel momento in cui
la piattaforma
poi va sempre più
verso il profitto
gli algoritmi
per esempio
quelli di facebook
quello di instagram
stanno cambiando
velocissimamente
proprio per fare in modo
che poi chi
sia più premiato
in visibilità
sia chi ad esempio
passa per dei gatekeepers
tipo i brand
influencer
oppure i media
più tradizionali
diciamo persone
o gatekeepers
che già
possiedono una certa visibilità
quindi l'algoritmo
partiamo sempre dal presupposto
che per noi
è un luogo
che è un luogo
che è sempre
il presupposto
che poi non premi
necessariamente il contenuto
o il valore del contenuto
ma crea
poi cerca di premiare
appunto o il profitto
o comunque il dato
che crea più profitto
quindi quello che ti permette
di restare più tempo
nella piattaforma
in questo caso
per esempio anche la di renta
non è un caso
che poi si espandano
perché crea
più attenzione
e quindi più soldi
per le piattaforme
detto questo
è chiaro che appunto
non essendo neutrali
le piattaforme
rispecchiano poi
un pensiero dominante
quindi gli algoritmi
non sono
quindi gli algoritmi
sono basati
su delle policies
e queste policies
sono create
da esseri umani
e questi esseri umani
hanno dei bias
hanno delle visioni del mondo
hanno degli interessi
e per esempio
per la domanda
che vi facevi
alcuni studi
hanno proprio mostrato
come l'algoritmo
per esempio
tenda a premiare
dei corpi
che si basano
sul modello
Victoria's Secret
esistono proprio
delle guidelines
per esempio
per i brand di costumi
che parlano
ovviamente solo
di corpi femminili
proprio
danno delle guidelines
sulle pose
da seguire
sul tipo di corpo
da avere
per cui
appunto
esiste di fatto
poi una premiazione
del corpo
diciamo tradizionale
stereotipato
femminile
e questa
introiezione
poi di uno sguardo
maschile
alla fine
viene
viene
viene
fatta anche
dalle stesse donne
poi
vediamo molto spesso
anche le donne
molto giovani
che si cercano
di rappresentare
in quel modo
anche in forme
che non sono necessariamente
naturali
però
effettivamente
poi funziona
dal punto di vista
del social network
cioè quella foto
ha più visibilità
e quindi
cioè viene favorita
questa rappresentazione
più tradizionale
piuttosto che premiare
per esempio
la rappresentazione
di corpi
non conformi
o
corpi politici
che
che anzi
non solo
non vengono
non vengono premiati
ma molto spesso
dall'algoritmo
vengono addirittura
censurati
e basta pensare
a corpi
appunto
grassi
o
attivitì queer
anche in realtà
non solo il corpo
ma anche il discorso
tutto ciò che riguarda
la sessualità
la sex positivity
il lavoro sessuale
automaticamente
o dal moderatore
viene rimosta
nelle piattaforme
perciò
diciamo
che per il momento
io temo
che siamo ancora
al punto in cui
in verità
i social network
e le piattaforme
stanno riproducendo
una serie di
linkazioni
e di
stereotipi
che ancora colpiscono le donne
forse
quando arriveremo
a non avere più il tabù
cambierà qualcosa
assolutamente
credo che
in qualche modo
rispecchino un po'
quello che già
sono gli stereotipi
di cui parlavamo prima
ma
non so
se ne sai
ma qui
ci sono tante persone
che chiedono
come fare
a educare
i più giovani
confermiamo
il fatto che
Telegram non è
ancora lì
non è che
succedono le stesse cose
su Telegram
che succedeva
addirittura
ci sono più gruppi
quindi
non è minimamente risolto
non è cambiato niente
come si può fare
in qualche modo
a cercare di
dare
un'indicazione
ai più giovani
visto che ti occupi
proprio di social
beh
sai che
io nel mio piccolo
ci provo
io ho un collettivo
che tu conosci
che si chiama
Vergine Martire
e noi
quello che cerchiamo di fare
è proprio andare nelle scuole
a parlare di
non solo
educazione sessuale
educazione socio emotiva
di genere
ma anche educazione digitale
quindi fare proprio
educazione civica
relativa al digitale
per
imparare insieme
delle regole
che magari avevamo già
prestabilito offline
ma che online
sono magicamente
scomparse
no
tipo
insultare qualcuno
cioè per strada
su una direttiva
qualcuno gli dice
gratta
cecciona no
perché ti arriva
un manrovescio
però su internet
lo si fa
ma magari appunto
portando
a un livello
della conversazione
un pochino più alto
anche per ciò che riguarda
appunto la parità di genere
eccetera
si arriverà magari
a una maggiore
consapevolezza
poi di questi mezzi
infatti
questo
diciamo è
in qualche modo
è stata anche la
la lotta no
del femminismo
in generale
parlare della questione
di genere
parlare delle difficoltà
delle donne
e delle discriminazioni
delle donne
chiara
c'è qualcosa
che critichi tu
primo
movimento femminista
e l'altra mia domanda è
diamo per scontato
non riconosciamo
le conquiste fatte
fino ad oggi
io sto a Torino
e nella strada
davanti a casa mia
è pieno di cartelli
in cui
c'è un'organizzazione
femminista
che non conoscevo
e in cartelli
dice se puoi votare
ricorda
il voto
e se non puoi votare
non importa
non importa
non importa
non importa
non importa
non importa
non importa
se puoi votare
ringrazia una femminista
se puoi fare carriera
ringrazia una femminista
se puoi decidere
se avere o non avere un figlio
ringrazia una femminista
quindi
questo va sempre ricordato
assolutamente
ricordato
e se non fossimo qui
e tutti noi
sulla
come dire
sempre
sulla frontiera
molti diritti
potrebbero anche
tornare indietro
cioè non sono
un'opzione
ma
è una
possibilità
e
è una
possibilità
e
è una
possibilità
e
questo
strumento
sarebbe una cosa
grandiosa
e non si sarebbe
sprecatto
anche un po'
di tempo
assolutamente
infatti
sicuramente
diciamo
la dad
ma anche il fatto
che ragazzi
sono sempre
più spesso da soli
peggiora
questo tipo
di
situazioni
sì
ma la peggiora
anche perché
non gli si da
uno strumento
ma è una
possibilità
e
questo
è un
strumento
che
è
un'azione
di
apprendimento
diverso
assolutamente
in effetti
oggi
diciamo
c'è un
tentativo
no di
dare delle
informazioni
più giovani
a volte
diciamo che
manca forse
una cultura
digitale
in Italia
come come
la
città
di
Italia
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le informazioni
più giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le informazioni
più giovani
a persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
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più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
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più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
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più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
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più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
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più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
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più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
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più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
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più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
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più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
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più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
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più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
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più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone
più
giovani
e
quindi
è
un
tentativo
di dare
le
informazioni
più
giovani
a
persone