XVI puntata
Da Mosca La Voce della Russia!
Vi invitiamo all'ascolto della XVI puntata del ciclo "1812.
La bufera napoleonica" a cura di Dmitrij Mincenok. I francesi attraversarono il fiume Neman il 12 giugno, secondo il calendario giuliano in vigore in Russia.
Questa notizia fu pubblicata, insieme al Manifesto di Alessandro I, sul giornale ufficiale "Moskovskie Vedomosti". Nel decreto imperiale si diceva: Non deporrò le armi fino a quando un nemico solo rimarrà nel mio regno. Ma su Napoleone queste espressioni retoriche non fecero nessun a impressione.
Fra meno di due mesi, - commentò l'imperatore, - la Russia invocherà la pace. I grandi proprietari terrieri avranno paura e molti saranno portati al fallimento. L'imperatore Alessandro si troverà immerso nelle difficoltà in quanto ai russi importa ben poco dei polacchi e non vogliono affrontare sacrifici per la Polonia". Ed era proprio così.
Secondo le testimonianze dei contemporanei, la notizia della guerra non aveva toccato affatto il bel mondo di Mosca e Pietroburgo. Allora era piuttosto raro che in estate non ci fosse qualche guerra.
Poi, a proposito di quel conflitto, si arrivava alla conclusione che dopo un paio di vittorie Napoleone avrebbe costretto la Russia alla pace sottraendole qualche territorio e ripristinando il regno di Polonia. Il che veniva visto da alcuni come una cosa giusta e per niente affatto offensiva. La presa di Vilnus, conquistata senza nemmeno sparare un colpo, confermò in Napoleone il convincimento che sconfiggere la Russia sarebbe stata cosa facile.
Lo lasciava perplesso soltanto il comportamento della popolazione. Egli si era ormai abituato all'accoglienza entusiastica a lui riservata dalla borghesia illuminata dei paesi conquistati.
Nel piccolo corso si vedeva la personificazione degli ideali portati in Europa dalla rivoluzione francese Il malcontento e una certa resistenza veniva soltanto dai vertice del potere spodestato.
Tutti gli altri e specialmente i commercianti avevano sempre salutato l'ingresso di Napoleone. Le leggi economiche francesi, subito applicate nei territori conquistati, favorivano il commercio.
Le truppe francesi non molestavano le popolazioni locali.
E in un certo senso, l'impero napoleonico, esteso praticamente su tutta l'Europa, precorreva l'attuale Unione Europea. Una valuta unica, un unico spazio economico, frontiere aperte: ecco i beni che gli europei avevano conosciuto un paio di secoli fa e ne erano rimasti soddisfatti.
Napoleone veniva visto come un conquistatore che aveva spazzato via i vecchi rapporti economici e sociali esistenti fra la società e il potere costituito.
E Napoleone era convinto che anche in Russia sarebbe stata la stessa cosa. Ma le accoglienze di Vilnus lo portarono a riconsiderare le sue opinioni sul paese che si accingeva a conquistare. L'imperatore aveva attraversato la città con crescente irritazione.
Per le strade alcuni ebrei col talled, il tradizionale manto da preghiera, e gente del popolo. Ecco chi lo accoglieva in un paese cosiddetto amico! L'imperatore ne era rimasto sconvolto e non era riuscito a trattenere l'esclamazione: "I polacchi di qui somigliano ben poco a quelli di Varsavia!
Qualcuno gli disse che questi polacchi erano soddisfatti del governo russo e che non avevano nessuna voglia di cambiare.
"Allora gliela faremo venire noi la voglia!
" - aveva commentato Napoleone. Intanto rimaneva soltanto da attendere la grande battaglia campale con la conseguente richiesta di pace.
Ma di battaglie non c'era nemmeno un segno. Mentre con una proposta di pace si presentò, all'improvviso a Vilnus, il ministro di polizia Balasciov. Una descrizione della missione di Balasciov, ma alquanto tendenziosa, la troviamo in " Guerra e pace" di Tolstoi.
Nella storiografia russa questo episodio viene considerato come l'ultimo tentativo di pace da parte di un imperatore debole e titubante. Ma non è esatto.
Quella missione non puntava alla pace, ma ne era soltanto una ipocrita dimostrazione.
L'ex ambasciatore francese a Pietroburgo Arman De Colencour ricorda che prima della guerra Alessandro aveva minacciato che sarebbe ritirato fino in Kamciatka, ma non avrebbe mai accettato di capitolare. Ed adesso, ad appena una settimana dall'inizio delle operazioni, per chiedere la pace si presenta a Napoleone una volpe come il ministro Balasciov.
Nell'analizzare poi quel testo si veniva colpiti dal fatto che fosse così volutamente inopportuno.
L'imperatore russo infatti proponeva a Napoleone di ritirare immediatamente al di là del Neman un esercito di mezzo milione di uomini, dopo che per portarli sul confine della Russia erano stati spesi parecchi milioni.
Per tutta compensazione a lui veniva offerto un bacio fraterno accompagnato da propositi di pace eterna.
Alessandro si prendeva gioco di lui.
E Napoleone non poteva permetterlo. Ma qui bisogna chiedersi se il sovrano russo fosse veramente uno stratega geniale oppure si era lasciato trascinare dall'istinto senza pensare alle conseguenze dell'inevitabile scoppio d'ira che quella mossa avrebbe provocato.
Napoleone cadde nella trappola e in preda all'ira decise di mettere da parte il piano di guerra originario.
Quel piano prevedeva una campagna di due o forse tre anni, basata su una conquista graduale dei territori, con una linea logistica di rifornimenti per gli uomini e i cavalli.
Ed ecco che con quella sua proposta Alessandro costringe Napoleone ad accantonare questi propositi e a battere la strada di una rapida avanzata nel cuore della Russia.
Il ministro di polizia Balasciov lascia Vilnus in preda a cupi pensieri.
Dalla battaglia di Borodinò mancavano meno di tre mesi.
Avete ascoltato la XVI puntata del ciclo "1812.
La bufera napoleonica" a cura di Dmitrij Mincenok.