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Conversazioni d'autore, 'Lezioni di Fantastica: Storia di Gianni Rodari'

'Lezioni di Fantastica: Storia di Gianni Rodari'

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Buongiorno Vanessa, siamo in diretta giusto?

Buongiorno Vanessa, buonasera Vanessa, grazie di essere qui per questa chiacchierata di circa un'oretta

con la terza, parliamo oggi di questo libro che è uscito appena appunto è finito il lockdown

e cioè Lezioni di Fantastica, forse c'è un po' di rumore di fondo che è dovuto a una telecamera rimasta accesa

ok, adesso ce n'è di meno, mi senti bene tu Vanessa?

Io ti sento, ma se riaccendo il microfono ho paura che ci sia di nuovo il rumore, però adesso mentre tu parli io lo tengo spento

ok, questo libro Lezioni di Fantastica è una vita, è una biografia su Gianni Rodari ma insomma è anche molto altro

perché intorno alla biografia di Gianni Rodari tu hai costruito soprattutto una biografia culturale come hai fatto già con Don Lorenzo Milani

e cioè hai cercato di capire chi è, cos'è stata la figura di Gianni Rodari nella storia culturale dell'Italia ma non solo

e a un certo punto questo libro si apre e si chiude con una sorta di dimostrazione di quello che è la tua tese

cioè che Gianni Rodari sia stato un intellettuale centrale nella vita culturale non solo italiana

e quindi che la sua figura è in qualche modo che spesso viene non ridotta ma semplicemente appunto parzializzata

rispetto al fatto che sia un grandissimo scrittore di filastrocche, va ripensata e va ragionata con molto del suo lavoro intellettuale

che è stato un lavoro appunto di giornalista, è stato un lavoro all'interno della costruzione della politica italiana

quindi nei partiti, è stato un lavoro di grande educatore e quindi da un certo punto di vista nonostante la sua vita sia stata breve

perché poi questo libro esce nel quarantennale della sua morte, nel centenario della sua nascita, è vissuto dal 1920 al 1980

è stato veramente un centro irradiante di idee ma soprattutto di posture, quasi sempre in contrasto, fuori sincrono rispetto al tempo che viveva

è stato come dire, ne viene fuori il ritratto di un intellettuale molto gentile nonostante appunto i tempi con cui invece si è confrontato

gli anni 60, gli anni 70, sono stati anche degli anni molto duri in cui essere un intellettuale così gentile, un intellettuale così dolce

non era forse la postura più adatta per essere riconosciuto come un intellettuale, abbiamo un'idea di intellettuale che ci ha dato Sartre

o che ci hanno dato intellettuali militanti, militanti anche in modo molto aggressivo, mentre sicuramente Gianni Rodari non è stato un militante aggressivo

ma la sua intelligenza è stata un'intelligenza molto gentile. Io la prima domanda che ti volevo fare, poi appunto riassumiamo un po' come è costruito questo libro

è proprio sul perché a un certo punto tu sei scivolata su Gianni Rodari, un percorso che hai fatto di ricostruzione di storia contemporanea

e che è partito con questi due libri precedenti, cioè con La Lettera Sobversiva che è una storia culturale di Lorenzo Milani e Tullio De Mauro

e poi con l'Auto Fiction, o comunque la storia culturale dell'eroina di Piccola Città, quindi due storie, anche queste radicate moltissimo

tra gli anni 50, 60 e 70, quindi negli anni appena dopo la nascita della Costituzione.

E questo libro mi sembra un terzo libro che racconti cosa è nato di bello dalla Costituzione e quali sono stati invece le forze antagoniste a quello che c'era di bello nella Costituzione.

Ma magari tu sei arrivata a Rodari per altre ragioni e ti voglio dire perché a un certo punto ti sei trovata capultata lì dentro, ne sei uscita benissimo, poi ci sei ancora dentro.

Spero che il mio microfono non faccia problemi e che mi si senta bene. Intanto grazie Cristian di dialogare con me su questo libro, il dialogo con te va avanti da anni sui temi relativi alla scuola, alla storia della scuola

e quindi insomma grazie di essere ancora una volta qui a parlare insieme di cose che ci stanno così a cuore, in questo caso appunto un aspetto della storia culturale di questo paese nel dopoguerra che è appunto Gianni Rodari.

Io per risponderti a come sono arrivata a Gianni Rodari voglio riprendere un po' la prima parte della tua domanda, cioè quando contestualizzavi Rodari nella storia culturale dicendo che effettivamente pur considerato un grandissimo raccontatore di filastroche è sempre stato messo un po' da parte come intellettuale,

perché l'idea che abbiamo dell'intellettuale è un'idea che si è fondata su un altro modo di esserlo, non intellettuale. Devo dire che all'inizio forse pure io un po' malgrado tutto in qualche modo ero vittima di questo sguardo,

cioè pensavo che restituire a Rodari il suo ruolo all'interno del XX secolo, della vita culturale del XX secolo si potesse fare a patto di raccontare il Rodari tutto intero, il Rodari giornalista, il Rodari saggista, il Rodari teorico.

Come se anche io in qualche modo fossi vittima di quest'idea che la parte dell'infanzia, la parte specifica rivolta all'infanzia fosse una parte di un tutto che giustificava il mio pensarlo come intellettuale.

Quello che ho scoperto alla fine lavorando su Gianni Rodari e che mi ha fatto rovesciare lo sguardo è che Rodari è un grande intellettuale proprio perché si è occupato di infanzia, ed è questo il suo carattere originale, non il fatto che poi scrivesse anche articoli per bambini.

Il suo essere intellettuale non lo ha esercitato all'interno del mondo degli adulti e poi in quello per bambini ha esercitato il mestiere di letterato, no, lui ha disegnato una figura nuova di intellettuale nel momento in cui in modo consapevole ha deciso di occuparsi a 360 gradi di infanzia.

Questo io credo che sia un tema che ci deve stare particolarmente a cuore e particolarmente attuale perché ci siamo resi conto in questi mesi di come manchi da parte di chi pensa un pensiero organico sull'infanzia.

L'infanzia è sempre appunto considerata una sorta di sottogenere del pensiero, quando appunto come avrebbe detto Rodari occuparsi dell'infanzia significa occuparsi del proprio presente ma soprattutto del proprio futuro, quindi non c'è nessuna forma, se vogliamo usare un lessico veramente intellettuale novecentesco, nessuna forma dialettica più alta rispetto alla realtà di quella dell'occuparsi dell'infanzia.

Perché l'infanzia ci proietta appunto nel futuro e per chi come Rodari si è formato all'interno del pensiero marxista novecentesco è chiaro che il pensiero del futuro è un pensiero ineludibile, un pensiero con il quale dover fare i conti.

E' chiaro che nel novecento c'è stato chi ha fatto i conti con il futuro in termini completamente negativi da un certo punto in poi, Rodari invece come un suo grande contemporaneo, anche il di comunista Ernest Bloch ha posto al centro del suo pensiero la questione della speranza e sempre si è posto il problema del futuro in termini dialettici e positivi.

Quindi Rodari mi ha aiutato non solo a ripensare la mia impostazione iniziale, che era un po' in chiesta della mia formazione di storica tradizionale, ma a ripensare proprio che cosa è un intellettuale all'interno della storia del novecento.

Per Don Milani era più semplice perché Don Milani è riconosciuto da tutti, era abbastanza unanime, pure il movimento del 77 lo mette fra i maestri, per dire la critica più antiretorica che abbiamo avuto nel secolo scorso.

Comunque Don Milani c'è anche Basaglia di cui mi ero occupata in modo più tangenziale definendolo intellettuale, comunque anche lui lo era.

Ci sono arrivata perché mi interessava chiudere, o meglio chiudere in qualche modo, rilanciare il discorso sulla scuola e sull'infanzia che avevo iniziato con la lettera subversiva.

Senti, emergono tante cose, è un libro che chiaramente come i libri più belli apre tante strade di ricerca più che cercare di riassumere le strade di ricerca già percorse.

E una delle cose che è evidente nel ritratto che fai di Rodari e del tempo di Rodari è che è stato un grande intellettuale perché è stato un grande intellettuale che ha sempre cercato di stare in un movimento collettivo.

Questo veniva fuori anche nel tuo lavoro su Don Milani e su De Mauro e nel tuo lavoro su Basaglia. L'idea di un intellettuale che gioca un po' da cane sciolto, da battitore libero, è un'idea un po' romantica e forse anche un po' dovuta a un pensiero che dagli anni 80 e poi ha pensato di costruire l'intellettuale.

Non è un intellettuale scisso da un ambiente, da un contesto, da un partito o da una redazione di un giornale. Quindi si sente molto che Gianni Rodari è un intellettuale del Partito Comunista Italiano, dell'MCE, dell'Unità, del Paese Sera.

Una delle cose che fa un po' tristezza è che spesso lui diventa un intellettuale organico a dei contesti diversi e che molti di questi contesti non ci sono più.

Non c'è più il Partito Comunista, non c'è più l'Unità, non c'è più il Paese Sera. Quindi a noi rimane Rodari, rimane tantissimo di Rodari, rimane di quello che è letto di Rodari, perché Rodari è un autore ancora un bestseller in tutto il mondo.

E quindi non c'è più il Partito Comunista, non c'è più il Partito Comunista, non c'è più il Partito Comunista.

In questo devo dire che Rodari non è passato di moda, nel senso che che cosa dice Rodari? In senso che non smette neanche oggi di essere organico a qualcosa che esiste.

Perché è vero che la manifestazione transitoria del Movimento Operaio è stata per un periodo il Partito Comunista e per un altro periodo magari il Movimento di Insegnanti Democratici e per un altro periodo magari alcune riviste o giornali.

Ma appunto il Movimento Operaio che significa poi detto in termini odierni, contemporanei, un riferimento a un mondo di persone che lavorano, che si percepiscono in qualche modo come un'entità omogenea, allora questa cosa con tutte le sue sfumature ancora oggi esiste.

Rodari diciamo che in questo era per dirla con Gianni Bosio, al quale comunque era molto vicino un intellettuale rovesciato, un intellettuale che non aveva l'idea della direzione, ma che stava insieme e che insieme costruiva il percorso da fare.

Lui questo sguardo l'ha messo in tutto quello che ha fatto, dalla condivisione, a me per esempio colpisce moltissimo la grammatica della fantasia se paragonata alle lezioni americane di Calvino.

Le lezioni americane di Calvino sono un libro che deve moltissimo alla grammatica della fantasia, sia in termini di elaborazione, sia in termini proprio di costruzione.

Ora però la differenza salta gli occhi come direbbe De Gregori, nel senso che la generosità di Rodari nel momento in cui scrive la grammatica della fantasia è la generosità dell'intellettuale rovesciato che non vuole appunto come dice lui farvi vedere quanto sono bravo ad andare in bicicletta con le mani alzate,

ma appunto vuole condividere con gli altri gli strumenti del suo mestiere, perché il suo mestiere è il mestiere che da a tutti la lingua, la parola, tutti gli usi della parola a tutti, mi sembra un bel motto dal bel suono democratico, non perché tutti siano artisti ma perché nessuno sia schiavo.

Rodari questo ci crede veramente, ci crede e credendoci appunto cerca di restituire a tutti quanti quello che fa, Calvino invece fa esattamente l'opposto, Calvino fa l'intellettuale novecentesco classico che fa vedere quanto è bravo ad andare in bicicletta con le mani alzate e però appunto ti lascia con la sensazione che quella cosa che ha fatto può farla solo lui, invece Rodari no.

In questo senso io credo che il suo essere organico al movimento operaio, che significa essere organico a un movimento reale, insomma che oggi potrebbe essere quello della scuola, per dire lo rende molto più attuale di tanti intellettuali che invece si sono messi al di sopra per dirigere.

Ci sono, diciamo questo ideale emancipatorio che appunto è molto presente in tante delle cose che scrive Rodari, sia di saggistica che anche appunto di narrativa e di poesia, sia anche creative, lo fanno essere appunto un intellettuale stranamente appunto molto organico politicamente al lavoro diciamo

tutta l'ideologia anticlassista del movimento operaio e comunque tutta la storia del comunismo del novecento e dall'altra parte però lo fanno essere anche invece molto fuori sincro rispetto ad alcuni atteggiamenti culturali del partito comunista e del movimento operaio.

C'è nel libro racconti per esempio la polemica sui fumetti che è una delle volte in cui Rodari non si trova dalla parte dell'organico, diventa appunto un isolato di fatto nel contesto, eppure come dire aveva ragione in quella polemica

e ogni volta che appunto sembra attraversare poi altre fasi dal sessantotto alla stagione appunto più complicata degli anni settanta fino appunto all'arrivo dei cartoni animati mentre sembra attraversare appunto le evoluzioni dei partiti, del giornalismo, delle classi sociali, una delle cose che fa impressione appunto del tuo libro e della storia di Rodari è che sembra che Rodari aveva sempre ragione

nel senso che è strana questa cosa perché spesso appunto quando noi leggiamo le biografie anche degli intellettuali più grandi poi troviamo appunto delle grandi topiche che prendono la storia, Foucault che si innamora del comunismo o magari Sartre che non capisce in tempo quali sono le derive del comunismo, invece Rodari appunto sembra sempre stare dalla parte giusta non perché fosse al centro di una storia, ma perché è sempre una storia che è stata

al centro di un qualche osservatorio privilegiato. Allora mi chiedo, ti faccio una domanda perché tu poi parli molto dell'intellettuale che è capace di essere un intellettuale anche dell'infanzia, quindi fa parlare molto ai bambini, l'interroga, cerca di dare credito alle cose che dicono, quando li fa parlare i bambini Rodari non sono mai degli imitatori o delle… sono sempre degli imitatori,

delle voci molto serie che vengono molto sul serio, allora mi chiedo se questo stare dalla parte giusta in qualche modo fosse ottenuto attraverso questo ruolo, questa diversa capacità dell'intellettuale di mettersi anche a sentire la serietà della voce dei bambini.

Voglio pure ammettere che esiste una mia selezione che ovviamente forse poteva andare più a fondo rispetto ad alcuni aspetti più contraddittori e che magari oggi troveremo meno condivisibili, ma che all'interno di un lavoro come questo mi sembrava che portasse veramente un po' fuori luogo e che però approfondirò per esempio alcuni suoi giudizi sull'Unione Sovietica,

degli anni 50 che riporto nel libro, ma che forse insomma approfondire i quali sarebbe stato veramente un libro a parte lo farò, perché ci sono delle cose che mi interessano moltissimo, però come sull'Unione Sovietica io credo che anche questa domanda risenta comunque,

non risenta ma che abbia come dire che sia debitrice di una questione di fondo, cioè la questione è a che cosa pensiamo quando pensiamo al Partito Comunista, cioè nel senso che noi ormai oggi un po' per pigrizia, un po' perché il Partito Comunista è stato rimosso dai suoi stessi eredi, diciamo dal discorso pubblico nazionale ormai da 20 anni e non se ne parla più,

però insomma c'è un po' questa idea monolitica del Partito Comunista, che organico sembra sempre come dire riferito a una posizione principale intorno alla quale si muovevano tutti quanti, insomma da storica, da studiosa io non ho mai visto discussioni più feroci di quelle che si sono viste forse appunto recentemente in qualche gruppo Whatsapp scolastico,

ho visto lo stesso tipo di conflitto e di divergenza rispetto appunto a quelle che ho visto all'interno del Partito Comunista, per cui il Partito Comunista non era un monolite, e anche quando Rodari nel 51 difende i fumetti non era l'unico a farlo, esprimeva appunto un punto di vista che in quel momento all'interno del Partito Comunista trovava come dire delle voci che in qualche modo si stavano delineando,

anche perché se Rodari fosse stato questa figura così eterodossa rispetto al partito non gli avrebbero affidato lo stesso anno la direzione del pioniere, che era appunto l'organo dell'Associazione Pionieri d'Italia, cioè i Boy Scout per capirsi insomma legati al Partito Comunista, quindi appunto nel Partito Comunista era tante cose e dentro queste tante cose c'era appunto Rodari che stava sempre dalla parte giusta,

e questo ci fa riflettere appunto su qual è stata la parte giusta nella storia di questo paese e che tanta parte giusta nella storia di questo paese, volenti o nolenti dobbiamo in qualche modo riferirla a una parte del Partito Comunista, a una parte del Partito Socialista, anche a una parte della democrazia, ma come dire, comunque delle forze laiche che si sono impegnate per rendere questo paese un posto minoritario,

e per farlo migliore tu dicevi prima che io in questi tre libri, ma soprattutto in questa nella lettera sovversiva ho cercato di ricostruire il contesto, perché non credo che nessuno faccia niente da solo appunto, Tullio De Mauro questa cosa la definisce il testuto democratico, mi sembra un bellissimo modo molto chiaro di definire che cosa è questa cosa di cui stiamo parlando,

cioè tanti fili magari di materie diverse, di colori diversi che convergono a disegnare un tessuto che però li tiene tutti insieme, questo tessuto che li tiene tutti insieme è la democrazia.

Ti volevo chiedere una cosa invece che riguardava appunto più la sua, tu non sei appunto, spesso le biografie degli scrittori in qualche modo le fanno i critici letterari, mentre appunto tu sei una storia che spesso appunto si occupa anche di storia culturale, ma appunto non sei una critica letteraria,

e ti volevo chiedere come ti eri invece appunto approcciata alla lettura, alla critica, alla storia dell'opera di Rodari, sicuramente viene fuori appunto, è molto bello questo, un'idea di dover scrivere in qualche modo anche i libri che poi sono fuori dal tempo e dallo spazio,

insomma le sue filastrocche vengono lette in Giappone come appunto in un piccolo paese della provincia di Caltanissetta e quindi prescindono completamente dal contesto in cui sono state raccontate.

Però invece tu per esempio metti a celeste in grao, in bocca a celeste in grao le parole che appunto Cipollino è una storia di una lotta di classe e quindi in qualche modo queste storie qui, ti volevo chiedere come hai lavorato per cercare di scavare, di fare un carotaggio rispetto a delle cose che sembrano magari degli organismi così semplici e così leggeri per provare a capire che cosa c'era di,

di strati che si erano accumulati dentro?

contemporanea per cui per esempio ora per dirne una ma insomma la relazione con Montale è una relazione che appartiene alla storia della cultura non solo letteraria ma della cultura tucurdi di questo secolo, la relazione con questo scrittore era stato per noi Montale, dice la penna quello che era stato De Santis per una certa generazione e così appunto la storia delle letture di Rodari è sicuramente una storia che è interessante per costruire l'identikit di un intellettuale novecentesco appunto,

con gli opardi che è un rapporto costante di tutta la vita che emerge in filigrana anche da alcune filastroche, non sarebbe meglio la tempesta non farla per niente appunto invece appunto dell'idea che il piacere è il figlio d'affanno, Rodari dialoga tutta la vita con gli opardi anche se poi nessuno insomma lo dice mai o lo coglie mai però è un dialogo costante come si vede poi da tante cose che invece ha scritto per esempio sullo Zimbaldone,

quindi da questo punto di vista questo è stato abbastanza semplice e non ho dovuto inventarmi niente, invece più difficile è stato quello di avere a che fare con la storia della lettura invece della letteratura che è un argomento molto meno approfondito in Italia e la storia su quello insomma ci sono dei libri importantissimi soprattutto in Inghilterra,

c'è il libro fondamentale di Rose che è la vita intellettuale delle classi operaie inglesi sul quale volevo in qualche modo lavorare per costruire una storia della lettura popolare di Rodari, anche lì mi sono ritagliata come dire in un futuro un momento di approfondirlo e nel frattempo ho preso alcune interviste che ho fatto come quella a mio parere bellissima,

a Celeste Ingrao che ti ringrazio se ci sta ascoltando che appunto racconta la storia di questa bambina figlia di due intellettuali comunisti che ricorda le sue letture.

Poi c'è ovviamente il Rodari letto da tutti quanti, quello per cui se prendi un taxi a San Francisco e ti carica un tassista moldavo e gli chiedi se conosce Cipollino, lui lo conosce, questo è un altro aspetto molto interessante e divertente che anche io ho affrontato in parte perché Rodari è ancora oggi e soprattutto Cipollino un libro molto letto nei paesi dell'ex blocco sovietico per tanti motivi che non hanno soltanto a che vedere con l'ideologia,

ma proprio e di questo ringrazio Paolo Nori che mi ha indicato alcuni classici della lettura novecentesca anche per l'infanzia sovietica, che appunto ci sono elementi di Rodari che risuonano letterariamente in quel contesto e che l'hanno reso uno scrittore così amato.

A proposito di questa cosa della Russia, c'è tanta Russia nel tuo libro ed è abbastanza impressionante perché effettivamente noi siamo più o meno coetanei e abbiamo sfiorato il contesto in cui c'erano sì grandi romanzieri russi che ancora vengono letti, Tostoyeschi, Tolstoi,

però poi di Russia, di intellettuali russi, di nuova letteratura russa oggi sicuramente si parla meno, influisce meno nel dibattito e questa mi sembra una grande perdita, mentre leggevo il tuo libro su Rodari chiaramente ritrovo Macarenko che oggi è sicuramente un nome che fa parte del canone della pedagogia novecentesca,

ma non è sicuramente un nome dei più noti anche a chi fa filosofia o a chi si occupa di storia del pensiero novecentesco.

Secondo te Rodari vive un secolo brevissimo, dal 20 all'80 potremmo dire, è un secolo in cui trova tutto quello che Hobsbawm nel secolo breve dice, l'età delle catastrofe da una parte e i gloriosi 30 dall'altra,

però nei gloriosi 30 abbiamo attraverso la lente del tuo libro su Rodari una rappresentazione un po' diversa della guerra fredda, perché da una parte noi pensiamo che la guerra fredda sia Cuba, la Corea e la corsa allo spazio, mentre anche era moltissimo una grandissima competizione intellettuale,

sembra che la guerra fredda fosse un tentativo di egemonizzare e che però in questa grandissima competizione intellettuale fossero messi a lavoro i partiti, ma anche l'università, le accademie, le ricerche e tantissima sperimentazione,

questo mi sembra molto forte, che anche lì abbiamo l'idea della Unione Sovietica come di un posto claustrale, conservatore che poi a un certo punto viene giù tutto con il lavoro, mentre sembra ed è stata evidentemente un grande posto di sperimentazione culturale e di innovazione politica.

La Unione Sovietica è centrale, io credo che in questo pesi tantissimo il fatto che molto spesso gli storici che si occupano di storia politica dei paesi dell'est non hanno letto abbastanza la letteratura russa, io da che ho iniziato a studiare Rodari ho iniziato a leggere romanzi russi che non avevo mai letto,

e devo dire che appunto mi ha molto colpito, perché volevo ricostruire l'immaginario con cui Rodari era andato la prima volta in Unione Sovietica, e quindi ho letto Gogol, Pushkin, Goncharov, Lermontov, insomma mi sono letta tutti quegli scrittori che Rodari aveva letto.

Se leggiamo i resoconti anche di Calvino dei primi viaggi in Unione Sovietica nei primi anni 50, è chiaro che lo sguardo dell'intellettuale italiano che arrivava lì, dell'intellettuale oltretutto comunista, che quindi in qualche modo aveva pensato che la battaglia di Stalingrado aveva risarcito le purghe staliniane degli anni 30, in qualche proprio per essere generosi,

quando arrivava lì vedeva quella Russia che si era sognato in tanti anni di letture, e la ritrovava ancora in tante cose, la ritrovava soprattutto in una relazione con un popolo, per usare una parola desueta, che era un popolo curioso.

Io spero che Paola Rodari non me ne voglia se racconto questo episodio che lei mi ha raccontato, privatamente, ma non è un episodio privato, cioè la sua sorpresa di bambina viaggiando con il padre in Unione Sovietica, di questa curiosità che avevano tutti nei confronti di loro che arrivavano dall'Italia,

che per un paese così, per esempio, legato all'opera come mezzo popolare di intrattenimento, era l'Italia, per cui lì fermavano per strada, in metropolitana, erano curiosi, volevano parlare.

Allora questa immagine, questo rapporto con quel paese è un rapporto che noi non ci possiamo più immaginare, che io ho cercato in qualche modo di ricostruire con grande fatica nel libro, ma che è in qualche modo un rapporto che ci fa vedere la guerra fredda in un'ottica completamente diversa, senza togliere, e questo Rodari lo sapeva, non solo lo sapeva, ma lo ha attraversato dal di dentro, senza niente togliere, al discorso sulle censure,

sulle purghe e sulle persecuzioni che hanno riguardato intellettuali, anche che Rodari ha conosciuto, non ultimo Rodari stesso, che come racconta la sua traduttrice Giulia Dobrevolskaya, è stato censurato nella grammatica della fantasia per ben due volte,

cioè rispetto all'inizio quando dice insegnavo ai figli di una famiglia di ebrei tedeschi e nella traduzione volevano togliere la parola ebrei, e la Dobrevolskaya disse guardate che sta nella prima pagina del libro, Rodari se ne accorge perché lo parla, è russo e quindi la tennero, ma non riuscì a spuntarla rispetto invece al nonno di Lenin,

che aveva un cognome ebreo, il padre della madre, il cui nome è stato tolto dall'edizione russa della grammatica della fantasia e c'è scritto il nonno di Lenin e basta, e non il suo nome.

L'antisemitismo è un tema, però Natalia Ginzburg non è mai stata tradotta, è stata una delle scrittrici mai invitate, quindi come dire, lui ne sapeva bene queste cose e le ha attraversate con tutte le sue contraddizioni.

Senti, vorrei chiederti un po' del suo lavoro con l'infanzia, tu chiaramente l'hai detto, ogni libro ne ricerca questo di bello che spiazza le idee iniziali, tu avevi un'ipotesi di partenza che Rodari fosse stato un grande intellettuale,

hai capito man mano come dicevi prima perché lo è stato o come lo è stato, attorno alla figura di Rodari, la figura di un intellettuale che si è occupato tantissimo di infanzia, ci sono anche molti altri maestri che spesso non sono ricordati,

perché poi fanno un lavoro nella scuola e quindi chiaramente ognuno ricorda il suo maestro, il suo insegnante importante, ma che poi non figurano tra il canone del Novecento, e quindi fa abbastanza impressione quando nel tuo libro tu citi Mario Lodi, Bruno Ciari,

che sono delle persone tra i pochi maestri che noi ricordiamo nel Novecento e che appunto sono stati molto importanti perché hanno capito quanto fosse fondamentale ragionare sull'infanzia per ragionare anche sulla democrazia.

In che senso secondo te questo legame è così forte? Perché ragionare sull'infanzia è così fondamentale per ragionare sulla democrazia? E un po' come dire tu nella scelta di questo titolo che è un titolo ossimorico, lezioni di fantastica, forse un po' ci tenevi a dirlo?

Certo, veramente c'è tutto il senso politico del lavoro di Rodari, cioè Rodari ha una visione progressiva del lavoro dell'intellettuale, che quindi significa una visione di una veramente dialettica del presente rispetto al futuro.

E in questo, quindi è chiaro proprio da un punto di vista empirico che il bambino è la cosa migliore su cui scommettere per costruire un futuro migliore, come dici no è tautologico, cioè io costruisco, lavoro su un'infanzia migliore per costruire un domani di adulti migliori.

E se fosse soltanto questo, in qualche modo però si potrebbe dar ragione a chi appunto in Rodari ha visto soltanto l'intellettuale comunista che appunto aveva questa visione ideologica del rapporto con l'infanzia, che era un'infanzia da indottrinare.

Ma proprio nella relazione con i maestri di cui parlavi te, cioè Ciari, Tamagnini, Lodi, il movimento di cooperazione educativa, Rodari ha inserito all'interno del discorso sul futuro che è tipico dei comunisti, un discorso sul presente che è tipico della migliore cultura progressista, se così vogliamo chiamarla, italiana.

Cioè l'idea che nell'attesa della grande riforma, la rivista del Partito Comunista si chiama Riforma della Scuola, non è scuola e città, ma è appunto Riforma della Scuola.

Allora invece appunto Rodari mentre ragionava sulla grande riforma della scuola insieme ai maestri del movimento di cooperazione educativa si è domandato, va bene ma nel frattempo che facciamo? Che fare? Che si fa nel frattempo? Che si fa tutti i giorni quando si entra in classe? Come ci si comporta nel momento in cui si chiude la porta e i bambini sono al meglio silenti, al peggio terrorizzati e vedono una felicità soltanto nel momento della campanella?

Come racconta Mario Lodi in C'è speranza se questo accade al VO. Il punto è che appunto scommettere sull'infanzia non solo in una dimensione futura, ma anche in una dimensione presente è per Rodari l'atto politico più importante e come si può non condividerla questa cosa?

Credo che spiegandola così la capiscono tutti, non so se ci dobbiamo mettere anche delle figure rispetto a questa cosa, però è chiaro che quello che facciamo oggi ai bambini e ai ragazzi ci ritornerà indietro come un boomerang domani e però appunto racconta anche molto di quello che siamo oggi, questi mesi di quarantena e di chiusura forzata in casa per dire sono stati uno specchio abbastanza spaventoso,

per raccontarci come la nostra società pensa, vede e ragiona sull'infanzia politicamente.

di guerra fredda e dei partiti, insisse tantissimo su questo pacifismo e di fatto c'è un po' un pensiero pacifista che ha attraversato forse tutto il novecento italiano e che è un pensiero che lega molti intellettuali che poi sono delle figure non eterodosse ma sicuramente terze rispetto ai vari poli, Capitini, Langer e anche le persone della politica,

alcuni pensatori cattolici fino appunto a ritrovarci anche appunto negli anni novanta e negli anni duemila appunto un pensiero pacifista che è stato forse l'ultima grande ondata di pensiero politico di massa.

Secondo te appunto anche questo pensiero pacifista che lui chiaramente non ha mai scritto un tattato pacifista però ha scritto delle bellissime poesie, la sua idea di pacifismo e di internazionalismo insomma la ritroviamo, di multiculturalismo la ritroviamo in tantissime delle cose che ha scritto,

è strana come gli veniva secondo te da uno che come appunto tanti intellettuali di quel periodo lì erano invece dei grandi provinciali, insomma poi la storia italiana è stata appunto una storia di grandi provinciali e di grandi periferici e invece appunto questa cosa Rodari come dicevi tu prima te lo ritrovi in un taxi a New York o ma anche in un taxi appunto in Moldavia,

effettivamente ed è stato un intellettuale che ha cercato di essere internazionalista e ha cercato di essere internazionalista e pacifista e cosmopolita.

In questo si vede la nostra differenza di formazione del fatto che tu non sei cresciuto in una casa del popolo toscana perché appunto come diceva Roberto Benigni le case del popolo toscane sono quei luoghi nei quali ci si può permettere di fare un dibattito dove va l'America oppure arrivi sondoli di sotto, crisi del petrolio, soluzioni, ecco in questa anche una presunzione che è stata fatta da un'altra persona,

però c'è secondo me ben riassunta come soltanto Benigni in certi anni ha saputo fare la cultura comunista italiana e appunto Rodari questo lo racconta, lui i suoi primi libri che l'hanno tolto dalla provincia, anche per quello che era la letteratura italiana dei tardi anni 30,

appunto sono stati libri che gli sono stati dati da compagni del partito comunista, è chiaro che negli stessi anni per fortuna come dicevano Pavese e Vittorini poi si scopriva il mondo attraverso le traduzioni, quindi questo cortocircuito meraviglioso fra l'attività editoriale di Einaudi da un lato che ha portato grazie a Ginsburg, Pavese e Vittorini la grande letteratura mondiale in Italia attraverso le traduzioni,

e poi la cultura comunista hanno reso tanti intellettuali provinciali italiani invece delle persone in grado di parlare di crisi del petrolio e di provare pure ad abbozzare delle soluzioni.

La questione della pace è una questione più forse complicata perché non dobbiamo dimenticarci ai noi che la battaglia per la pace del PC dell'immediato dopoguerra era la battaglia che diceva che l'Unione Sovietica doveva dotarsi dell'atomica perché l'atomica era uno strumento di pace quando gli americani avevano l'atomica, però è anche vero che poi anche su questo Rodari cambia rotta,

la torta in cielo che è del 1965 è un manifesto veramente contro la guerra di ogni tipo, forse il romanzo più interessante della guerra fredda scritto in Italia questa torta in cielo nel quartiere del Trullo.

E così poi per tanti versi l'averle conosciute de visu, poi i luoghi sognati e poi visti l'ha reso molto più consapevole del fatto che per fare la pace non bisogna fare prima la guerra,

che la guerra come dice un Garetti non serve mai a fare la pace, questo Rodari ce l'ha chiarissimo così come ce l'ha chiarissima tanta cultura italiana negli anni 60 soprattutto con la svolta del pacifismo dei primi anni 60 che è una svolta legata poi a tutto un pensiero che ho raccontato nell'altro libro al quale rimando.

Mi cito.

Faccio l'ultima domanda, perché in questi giorni i bambini non possono andare a scuola e quindi i libri alle volte sono il ponte attraverso il quale ci confrontiamo con i compagni e con le maestre, etc.

Secondo te appunto sull'aspetto dello stare in classe, sull'idea di scuola, abbiamo bisogno tantissimo di una nuova idea di scuola e Rodari ragiona moltissimo sul che tu hai detto appunto nel frattempo, sul come stare in classe, sul come ripensare.

Oggi ci sono dibattiti di appelli tutti i giorni, di oggi c'è il dibattito sul togliere il voto numerico e tornare al giudizio per le classi della primaria, c'è l'idea che forse le aule sono troppo strette, forse si dovrebbe cominciare a pensare quali possono essere altri luoghi.

Si può dire che si potrebbe prendere un po' più alla lettera Rodari, che alle volte è stato letto come uno scrittore di fantasia, perché diamo alla fantasia un significato quasi diminutivo rispetto ai problemi della realtà e non gli diamo quel significato in dialettica che tu dicevi prima.

Quindi si potrebbe prendere Rodari e quello che ha scritto con un po' più di serietà, di legittimarlo anche nelle sue idee su cosa vuol dire pedagogia, organizzazione dell'istruzione eccetera.

Sì!

Soprattutto con Educatori, è un libro veramente molto complesso, è un libro aperto che come era capitato già con il libro su Don Milani e De Mauro toglie un po' i pericoli delle figurine, dei miti, cioè di renderle da una parte dei grandi maestri che non si reggono più e dall'altra parte dei padri di cui a un certo punto bisogna sbarazzarsi.

E invece essendo il miglior comunismo novecentesco ci ha insegnato anche a avere un rapporto dialettico con i nostri maestri.

Quindi grazie a Vanessa Rochi, grazie alla Terza che ci ha fatto fare questa diretta, grazie alle persone che ci hanno ascoltato, leggetelo e comprate Lezioni Fantastiche di Vanessa Rochi.

Eccolo lì!

Grazie mille Christian, buona serata, grazie!

Grazie a tutti!

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Buongiorno Vanessa, siamo in diretta giusto?

Buongiorno Vanessa, buonasera Vanessa, grazie di essere qui per questa chiacchierata di circa un'oretta

con la terza, parliamo oggi di questo libro che è uscito appena appunto è finito il lockdown

e cioè Lezioni di Fantastica, forse c'è un po' di rumore di fondo che è dovuto a una telecamera rimasta accesa

ok, adesso ce n'è di meno, mi senti bene tu Vanessa?

Io ti sento, ma se riaccendo il microfono ho paura che ci sia di nuovo il rumore, però adesso mentre tu parli io lo tengo spento

ok, questo libro Lezioni di Fantastica è una vita, è una biografia su Gianni Rodari ma insomma è anche molto altro

perché intorno alla biografia di Gianni Rodari tu hai costruito soprattutto una biografia culturale come hai fatto già con Don Lorenzo Milani

e cioè hai cercato di capire chi è, cos'è stata la figura di Gianni Rodari nella storia culturale dell'Italia ma non solo

e a un certo punto questo libro si apre e si chiude con una sorta di dimostrazione di quello che è la tua tese

cioè che Gianni Rodari sia stato un intellettuale centrale nella vita culturale non solo italiana

e quindi che la sua figura è in qualche modo che spesso viene non ridotta ma semplicemente appunto parzializzata

rispetto al fatto che sia un grandissimo scrittore di filastrocche, va ripensata e va ragionata con molto del suo lavoro intellettuale

che è stato un lavoro appunto di giornalista, è stato un lavoro all'interno della costruzione della politica italiana

quindi nei partiti, è stato un lavoro di grande educatore e quindi da un certo punto di vista nonostante la sua vita sia stata breve

perché poi questo libro esce nel quarantennale della sua morte, nel centenario della sua nascita, è vissuto dal 1920 al 1980

è stato veramente un centro irradiante di idee ma soprattutto di posture, quasi sempre in contrasto, fuori sincrono rispetto al tempo che viveva

è stato come dire, ne viene fuori il ritratto di un intellettuale molto gentile nonostante appunto i tempi con cui invece si è confrontato

gli anni 60, gli anni 70, sono stati anche degli anni molto duri in cui essere un intellettuale così gentile, un intellettuale così dolce

non era forse la postura più adatta per essere riconosciuto come un intellettuale, abbiamo un'idea di intellettuale che ci ha dato Sartre

o che ci hanno dato intellettuali militanti, militanti anche in modo molto aggressivo, mentre sicuramente Gianni Rodari non è stato un militante aggressivo

ma la sua intelligenza è stata un'intelligenza molto gentile. Io la prima domanda che ti volevo fare, poi appunto riassumiamo un po' come è costruito questo libro

è proprio sul perché a un certo punto tu sei scivolata su Gianni Rodari, un percorso che hai fatto di ricostruzione di storia contemporanea

e che è partito con questi due libri precedenti, cioè con La Lettera Sobversiva che è una storia culturale di Lorenzo Milani e Tullio De Mauro

e poi con l'Auto Fiction, o comunque la storia culturale dell'eroina di Piccola Città, quindi due storie, anche queste radicate moltissimo

tra gli anni 50, 60 e 70, quindi negli anni appena dopo la nascita della Costituzione.

E questo libro mi sembra un terzo libro che racconti cosa è nato di bello dalla Costituzione e quali sono stati invece le forze antagoniste a quello che c'era di bello nella Costituzione.

Ma magari tu sei arrivata a Rodari per altre ragioni e ti voglio dire perché a un certo punto ti sei trovata capultata lì dentro, ne sei uscita benissimo, poi ci sei ancora dentro.

Spero che il mio microfono non faccia problemi e che mi si senta bene. Intanto grazie Cristian di dialogare con me su questo libro, il dialogo con te va avanti da anni sui temi relativi alla scuola, alla storia della scuola

e quindi insomma grazie di essere ancora una volta qui a parlare insieme di cose che ci stanno così a cuore, in questo caso appunto un aspetto della storia culturale di questo paese nel dopoguerra che è appunto Gianni Rodari.

Io per risponderti a come sono arrivata a Gianni Rodari voglio riprendere un po' la prima parte della tua domanda, cioè quando contestualizzavi Rodari nella storia culturale dicendo che effettivamente pur considerato un grandissimo raccontatore di filastroche è sempre stato messo un po' da parte come intellettuale,

perché l'idea che abbiamo dell'intellettuale è un'idea che si è fondata su un altro modo di esserlo, non intellettuale. Devo dire che all'inizio forse pure io un po' malgrado tutto in qualche modo ero vittima di questo sguardo,

cioè pensavo che restituire a Rodari il suo ruolo all'interno del XX secolo, della vita culturale del XX secolo si potesse fare a patto di raccontare il Rodari tutto intero, il Rodari giornalista, il Rodari saggista, il Rodari teorico.

Come se anche io in qualche modo fossi vittima di quest'idea che la parte dell'infanzia, la parte specifica rivolta all'infanzia fosse una parte di un tutto che giustificava il mio pensarlo come intellettuale.

Quello che ho scoperto alla fine lavorando su Gianni Rodari e che mi ha fatto rovesciare lo sguardo è che Rodari è un grande intellettuale proprio perché si è occupato di infanzia, ed è questo il suo carattere originale, non il fatto che poi scrivesse anche articoli per bambini.

Il suo essere intellettuale non lo ha esercitato all'interno del mondo degli adulti e poi in quello per bambini ha esercitato il mestiere di letterato, no, lui ha disegnato una figura nuova di intellettuale nel momento in cui in modo consapevole ha deciso di occuparsi a 360 gradi di infanzia.

Questo io credo che sia un tema che ci deve stare particolarmente a cuore e particolarmente attuale perché ci siamo resi conto in questi mesi di come manchi da parte di chi pensa un pensiero organico sull'infanzia.

L'infanzia è sempre appunto considerata una sorta di sottogenere del pensiero, quando appunto come avrebbe detto Rodari occuparsi dell'infanzia significa occuparsi del proprio presente ma soprattutto del proprio futuro, quindi non c'è nessuna forma, se vogliamo usare un lessico veramente intellettuale novecentesco, nessuna forma dialettica più alta rispetto alla realtà di quella dell'occuparsi dell'infanzia.

Perché l'infanzia ci proietta appunto nel futuro e per chi come Rodari si è formato all'interno del pensiero marxista novecentesco è chiaro che il pensiero del futuro è un pensiero ineludibile, un pensiero con il quale dover fare i conti.

E' chiaro che nel novecento c'è stato chi ha fatto i conti con il futuro in termini completamente negativi da un certo punto in poi, Rodari invece come un suo grande contemporaneo, anche il di comunista Ernest Bloch ha posto al centro del suo pensiero la questione della speranza e sempre si è posto il problema del futuro in termini dialettici e positivi.

Quindi Rodari mi ha aiutato non solo a ripensare la mia impostazione iniziale, che era un po' in chiesta della mia formazione di storica tradizionale, ma a ripensare proprio che cosa è un intellettuale all'interno della storia del novecento.

Per Don Milani era più semplice perché Don Milani è riconosciuto da tutti, era abbastanza unanime, pure il movimento del 77 lo mette fra i maestri, per dire la critica più antiretorica che abbiamo avuto nel secolo scorso.

Comunque Don Milani c'è anche Basaglia di cui mi ero occupata in modo più tangenziale definendolo intellettuale, comunque anche lui lo era.

Ci sono arrivata perché mi interessava chiudere, o meglio chiudere in qualche modo, rilanciare il discorso sulla scuola e sull'infanzia che avevo iniziato con la lettera subversiva.

Senti, emergono tante cose, è un libro che chiaramente come i libri più belli apre tante strade di ricerca più che cercare di riassumere le strade di ricerca già percorse.

E una delle cose che è evidente nel ritratto che fai di Rodari e del tempo di Rodari è che è stato un grande intellettuale perché è stato un grande intellettuale che ha sempre cercato di stare in un movimento collettivo.

Questo veniva fuori anche nel tuo lavoro su Don Milani e su De Mauro e nel tuo lavoro su Basaglia. L'idea di un intellettuale che gioca un po' da cane sciolto, da battitore libero, è un'idea un po' romantica e forse anche un po' dovuta a un pensiero che dagli anni 80 e poi ha pensato di costruire l'intellettuale.

Non è un intellettuale scisso da un ambiente, da un contesto, da un partito o da una redazione di un giornale. Quindi si sente molto che Gianni Rodari è un intellettuale del Partito Comunista Italiano, dell'MCE, dell'Unità, del Paese Sera.

Una delle cose che fa un po' tristezza è che spesso lui diventa un intellettuale organico a dei contesti diversi e che molti di questi contesti non ci sono più.

Non c'è più il Partito Comunista, non c'è più l'Unità, non c'è più il Paese Sera. Quindi a noi rimane Rodari, rimane tantissimo di Rodari, rimane di quello che è letto di Rodari, perché Rodari è un autore ancora un bestseller in tutto il mondo.

E quindi non c'è più il Partito Comunista, non c'è più il Partito Comunista, non c'è più il Partito Comunista.

In questo devo dire che Rodari non è passato di moda, nel senso che che cosa dice Rodari? In senso che non smette neanche oggi di essere organico a qualcosa che esiste.

Perché è vero che la manifestazione transitoria del Movimento Operaio è stata per un periodo il Partito Comunista e per un altro periodo magari il Movimento di Insegnanti Democratici e per un altro periodo magari alcune riviste o giornali.

Ma appunto il Movimento Operaio che significa poi detto in termini odierni, contemporanei, un riferimento a un mondo di persone che lavorano, che si percepiscono in qualche modo come un'entità omogenea, allora questa cosa con tutte le sue sfumature ancora oggi esiste.

Rodari diciamo che in questo era per dirla con Gianni Bosio, al quale comunque era molto vicino un intellettuale rovesciato, un intellettuale che non aveva l'idea della direzione, ma che stava insieme e che insieme costruiva il percorso da fare.

Lui questo sguardo l'ha messo in tutto quello che ha fatto, dalla condivisione, a me per esempio colpisce moltissimo la grammatica della fantasia se paragonata alle lezioni americane di Calvino.

Le lezioni americane di Calvino sono un libro che deve moltissimo alla grammatica della fantasia, sia in termini di elaborazione, sia in termini proprio di costruzione.

Ora però la differenza salta gli occhi come direbbe De Gregori, nel senso che la generosità di Rodari nel momento in cui scrive la grammatica della fantasia è la generosità dell'intellettuale rovesciato che non vuole appunto come dice lui farvi vedere quanto sono bravo ad andare in bicicletta con le mani alzate,

ma appunto vuole condividere con gli altri gli strumenti del suo mestiere, perché il suo mestiere è il mestiere che da a tutti la lingua, la parola, tutti gli usi della parola a tutti, mi sembra un bel motto dal bel suono democratico, non perché tutti siano artisti ma perché nessuno sia schiavo.

Rodari questo ci crede veramente, ci crede e credendoci appunto cerca di restituire a tutti quanti quello che fa, Calvino invece fa esattamente l'opposto, Calvino fa l'intellettuale novecentesco classico che fa vedere quanto è bravo ad andare in bicicletta con le mani alzate e però appunto ti lascia con la sensazione che quella cosa che ha fatto può farla solo lui, invece Rodari no.

In questo senso io credo che il suo essere organico al movimento operaio, che significa essere organico a un movimento reale, insomma che oggi potrebbe essere quello della scuola, per dire lo rende molto più attuale di tanti intellettuali che invece si sono messi al di sopra per dirigere.

Ci sono, diciamo questo ideale emancipatorio che appunto è molto presente in tante delle cose che scrive Rodari, sia di saggistica che anche appunto di narrativa e di poesia, sia anche creative, lo fanno essere appunto un intellettuale stranamente appunto molto organico politicamente al lavoro diciamo

tutta l'ideologia anticlassista del movimento operaio e comunque tutta la storia del comunismo del novecento e dall'altra parte però lo fanno essere anche invece molto fuori sincro rispetto ad alcuni atteggiamenti culturali del partito comunista e del movimento operaio.

C'è nel libro racconti per esempio la polemica sui fumetti che è una delle volte in cui Rodari non si trova dalla parte dell'organico, diventa appunto un isolato di fatto nel contesto, eppure come dire aveva ragione in quella polemica

e ogni volta che appunto sembra attraversare poi altre fasi dal sessantotto alla stagione appunto più complicata degli anni settanta fino appunto all'arrivo dei cartoni animati mentre sembra attraversare appunto le evoluzioni dei partiti, del giornalismo, delle classi sociali, una delle cose che fa impressione appunto del tuo libro e della storia di Rodari è che sembra che Rodari aveva sempre ragione

nel senso che è strana questa cosa perché spesso appunto quando noi leggiamo le biografie anche degli intellettuali più grandi poi troviamo appunto delle grandi topiche che prendono la storia, Foucault che si innamora del comunismo o magari Sartre che non capisce in tempo quali sono le derive del comunismo, invece Rodari appunto sembra sempre stare dalla parte giusta non perché fosse al centro di una storia, ma perché è sempre una storia che è stata

al centro di un qualche osservatorio privilegiato. Allora mi chiedo, ti faccio una domanda perché tu poi parli molto dell'intellettuale che è capace di essere un intellettuale anche dell'infanzia, quindi fa parlare molto ai bambini, l'interroga, cerca di dare credito alle cose che dicono, quando li fa parlare i bambini Rodari non sono mai degli imitatori o delle… sono sempre degli imitatori,

delle voci molto serie che vengono molto sul serio, allora mi chiedo se questo stare dalla parte giusta in qualche modo fosse ottenuto attraverso questo ruolo, questa diversa capacità dell'intellettuale di mettersi anche a sentire la serietà della voce dei bambini.

Voglio pure ammettere che esiste una mia selezione che ovviamente forse poteva andare più a fondo rispetto ad alcuni aspetti più contraddittori e che magari oggi troveremo meno condivisibili, ma che all'interno di un lavoro come questo mi sembrava che portasse veramente un po' fuori luogo e che però approfondirò per esempio alcuni suoi giudizi sull'Unione Sovietica,

degli anni 50 che riporto nel libro, ma che forse insomma approfondire i quali sarebbe stato veramente un libro a parte lo farò, perché ci sono delle cose che mi interessano moltissimo, però come sull'Unione Sovietica io credo che anche questa domanda risenta comunque,

non risenta ma che abbia come dire che sia debitrice di una questione di fondo, cioè la questione è a che cosa pensiamo quando pensiamo al Partito Comunista, cioè nel senso che noi ormai oggi un po' per pigrizia, un po' perché il Partito Comunista è stato rimosso dai suoi stessi eredi, diciamo dal discorso pubblico nazionale ormai da 20 anni e non se ne parla più,

però insomma c'è un po' questa idea monolitica del Partito Comunista, che organico sembra sempre come dire riferito a una posizione principale intorno alla quale si muovevano tutti quanti, insomma da storica, da studiosa io non ho mai visto discussioni più feroci di quelle che si sono viste forse appunto recentemente in qualche gruppo Whatsapp scolastico,

ho visto lo stesso tipo di conflitto e di divergenza rispetto appunto a quelle che ho visto all'interno del Partito Comunista, per cui il Partito Comunista non era un monolite, e anche quando Rodari nel 51 difende i fumetti non era l'unico a farlo, esprimeva appunto un punto di vista che in quel momento all'interno del Partito Comunista trovava come dire delle voci che in qualche modo si stavano delineando,

anche perché se Rodari fosse stato questa figura così eterodossa rispetto al partito non gli avrebbero affidato lo stesso anno la direzione del pioniere, che era appunto l'organo dell'Associazione Pionieri d'Italia, cioè i Boy Scout per capirsi insomma legati al Partito Comunista, quindi appunto nel Partito Comunista era tante cose e dentro queste tante cose c'era appunto Rodari che stava sempre dalla parte giusta,

e questo ci fa riflettere appunto su qual è stata la parte giusta nella storia di questo paese e che tanta parte giusta nella storia di questo paese, volenti o nolenti dobbiamo in qualche modo riferirla a una parte del Partito Comunista, a una parte del Partito Socialista, anche a una parte della democrazia, ma come dire, comunque delle forze laiche che si sono impegnate per rendere questo paese un posto minoritario,

e per farlo migliore tu dicevi prima che io in questi tre libri, ma soprattutto in questa nella lettera sovversiva ho cercato di ricostruire il contesto, perché non credo che nessuno faccia niente da solo appunto, Tullio De Mauro questa cosa la definisce il testuto democratico, mi sembra un bellissimo modo molto chiaro di definire che cosa è questa cosa di cui stiamo parlando,

cioè tanti fili magari di materie diverse, di colori diversi che convergono a disegnare un tessuto che però li tiene tutti insieme, questo tessuto che li tiene tutti insieme è la democrazia.

Ti volevo chiedere una cosa invece che riguardava appunto più la sua, tu non sei appunto, spesso le biografie degli scrittori in qualche modo le fanno i critici letterari, mentre appunto tu sei una storia che spesso appunto si occupa anche di storia culturale, ma appunto non sei una critica letteraria,

e ti volevo chiedere come ti eri invece appunto approcciata alla lettura, alla critica, alla storia dell'opera di Rodari, sicuramente viene fuori appunto, è molto bello questo, un'idea di dover scrivere in qualche modo anche i libri che poi sono fuori dal tempo e dallo spazio,

insomma le sue filastrocche vengono lette in Giappone come appunto in un piccolo paese della provincia di Caltanissetta e quindi prescindono completamente dal contesto in cui sono state raccontate.

Però invece tu per esempio metti a celeste in grao, in bocca a celeste in grao le parole che appunto Cipollino è una storia di una lotta di classe e quindi in qualche modo queste storie qui, ti volevo chiedere come hai lavorato per cercare di scavare, di fare un carotaggio rispetto a delle cose che sembrano magari degli organismi così semplici e così leggeri per provare a capire che cosa c'era di,

di strati che si erano accumulati dentro?

contemporanea per cui per esempio ora per dirne una ma insomma la relazione con Montale è una relazione che appartiene alla storia della cultura non solo letteraria ma della cultura tucurdi di questo secolo, la relazione con questo scrittore era stato per noi Montale, dice la penna quello che era stato De Santis per una certa generazione e così appunto la storia delle letture di Rodari è sicuramente una storia che è interessante per costruire l'identikit di un intellettuale novecentesco appunto,

con gli opardi che è un rapporto costante di tutta la vita che emerge in filigrana anche da alcune filastroche, non sarebbe meglio la tempesta non farla per niente appunto invece appunto dell'idea che il piacere è il figlio d'affanno, Rodari dialoga tutta la vita con gli opardi anche se poi nessuno insomma lo dice mai o lo coglie mai però è un dialogo costante come si vede poi da tante cose che invece ha scritto per esempio sullo Zimbaldone,

quindi da questo punto di vista questo è stato abbastanza semplice e non ho dovuto inventarmi niente, invece più difficile è stato quello di avere a che fare con la storia della lettura invece della letteratura che è un argomento molto meno approfondito in Italia e la storia su quello insomma ci sono dei libri importantissimi soprattutto in Inghilterra,

c'è il libro fondamentale di Rose che è la vita intellettuale delle classi operaie inglesi sul quale volevo in qualche modo lavorare per costruire una storia della lettura popolare di Rodari, anche lì mi sono ritagliata come dire in un futuro un momento di approfondirlo e nel frattempo ho preso alcune interviste che ho fatto come quella a mio parere bellissima,

a Celeste Ingrao che ti ringrazio se ci sta ascoltando che appunto racconta la storia di questa bambina figlia di due intellettuali comunisti che ricorda le sue letture.

Poi c'è ovviamente il Rodari letto da tutti quanti, quello per cui se prendi un taxi a San Francisco e ti carica un tassista moldavo e gli chiedi se conosce Cipollino, lui lo conosce, questo è un altro aspetto molto interessante e divertente che anche io ho affrontato in parte perché Rodari è ancora oggi e soprattutto Cipollino un libro molto letto nei paesi dell'ex blocco sovietico per tanti motivi che non hanno soltanto a che vedere con l'ideologia,

ma proprio e di questo ringrazio Paolo Nori che mi ha indicato alcuni classici della lettura novecentesca anche per l'infanzia sovietica, che appunto ci sono elementi di Rodari che risuonano letterariamente in quel contesto e che l'hanno reso uno scrittore così amato.

A proposito di questa cosa della Russia, c'è tanta Russia nel tuo libro ed è abbastanza impressionante perché effettivamente noi siamo più o meno coetanei e abbiamo sfiorato il contesto in cui c'erano sì grandi romanzieri russi che ancora vengono letti, Tostoyeschi, Tolstoi,

però poi di Russia, di intellettuali russi, di nuova letteratura russa oggi sicuramente si parla meno, influisce meno nel dibattito e questa mi sembra una grande perdita, mentre leggevo il tuo libro su Rodari chiaramente ritrovo Macarenko che oggi è sicuramente un nome che fa parte del canone della pedagogia novecentesca,

ma non è sicuramente un nome dei più noti anche a chi fa filosofia o a chi si occupa di storia del pensiero novecentesco.

Secondo te Rodari vive un secolo brevissimo, dal 20 all'80 potremmo dire, è un secolo in cui trova tutto quello che Hobsbawm nel secolo breve dice, l'età delle catastrofe da una parte e i gloriosi 30 dall'altra,

però nei gloriosi 30 abbiamo attraverso la lente del tuo libro su Rodari una rappresentazione un po' diversa della guerra fredda, perché da una parte noi pensiamo che la guerra fredda sia Cuba, la Corea e la corsa allo spazio, mentre anche era moltissimo una grandissima competizione intellettuale,

sembra che la guerra fredda fosse un tentativo di egemonizzare e che però in questa grandissima competizione intellettuale fossero messi a lavoro i partiti, ma anche l'università, le accademie, le ricerche e tantissima sperimentazione,

questo mi sembra molto forte, che anche lì abbiamo l'idea della Unione Sovietica come di un posto claustrale, conservatore che poi a un certo punto viene giù tutto con il lavoro, mentre sembra ed è stata evidentemente un grande posto di sperimentazione culturale e di innovazione politica.

La Unione Sovietica è centrale, io credo che in questo pesi tantissimo il fatto che molto spesso gli storici che si occupano di storia politica dei paesi dell'est non hanno letto abbastanza la letteratura russa, io da che ho iniziato a studiare Rodari ho iniziato a leggere romanzi russi che non avevo mai letto,

e devo dire che appunto mi ha molto colpito, perché volevo ricostruire l'immaginario con cui Rodari era andato la prima volta in Unione Sovietica, e quindi ho letto Gogol, Pushkin, Goncharov, Lermontov, insomma mi sono letta tutti quegli scrittori che Rodari aveva letto.

Se leggiamo i resoconti anche di Calvino dei primi viaggi in Unione Sovietica nei primi anni 50, è chiaro che lo sguardo dell'intellettuale italiano che arrivava lì, dell'intellettuale oltretutto comunista, che quindi in qualche modo aveva pensato che la battaglia di Stalingrado aveva risarcito le purghe staliniane degli anni 30, in qualche proprio per essere generosi,

quando arrivava lì vedeva quella Russia che si era sognato in tanti anni di letture, e la ritrovava ancora in tante cose, la ritrovava soprattutto in una relazione con un popolo, per usare una parola desueta, che era un popolo curioso.

Io spero che Paola Rodari non me ne voglia se racconto questo episodio che lei mi ha raccontato, privatamente, ma non è un episodio privato, cioè la sua sorpresa di bambina viaggiando con il padre in Unione Sovietica, di questa curiosità che avevano tutti nei confronti di loro che arrivavano dall'Italia,

che per un paese così, per esempio, legato all'opera come mezzo popolare di intrattenimento, era l'Italia, per cui lì fermavano per strada, in metropolitana, erano curiosi, volevano parlare.

Allora questa immagine, questo rapporto con quel paese è un rapporto che noi non ci possiamo più immaginare, che io ho cercato in qualche modo di ricostruire con grande fatica nel libro, ma che è in qualche modo un rapporto che ci fa vedere la guerra fredda in un'ottica completamente diversa, senza togliere, e questo Rodari lo sapeva, non solo lo sapeva, ma lo ha attraversato dal di dentro, senza niente togliere, al discorso sulle censure,

sulle purghe e sulle persecuzioni che hanno riguardato intellettuali, anche che Rodari ha conosciuto, non ultimo Rodari stesso, che come racconta la sua traduttrice Giulia Dobrevolskaya, è stato censurato nella grammatica della fantasia per ben due volte,

cioè rispetto all'inizio quando dice insegnavo ai figli di una famiglia di ebrei tedeschi e nella traduzione volevano togliere la parola ebrei, e la Dobrevolskaya disse guardate che sta nella prima pagina del libro, Rodari se ne accorge perché lo parla, è russo e quindi la tennero, ma non riuscì a spuntarla rispetto invece al nonno di Lenin,

che aveva un cognome ebreo, il padre della madre, il cui nome è stato tolto dall'edizione russa della grammatica della fantasia e c'è scritto il nonno di Lenin e basta, e non il suo nome.

L'antisemitismo è un tema, però Natalia Ginzburg non è mai stata tradotta, è stata una delle scrittrici mai invitate, quindi come dire, lui ne sapeva bene queste cose e le ha attraversate con tutte le sue contraddizioni.

Senti, vorrei chiederti un po' del suo lavoro con l'infanzia, tu chiaramente l'hai detto, ogni libro ne ricerca questo di bello che spiazza le idee iniziali, tu avevi un'ipotesi di partenza che Rodari fosse stato un grande intellettuale,

hai capito man mano come dicevi prima perché lo è stato o come lo è stato, attorno alla figura di Rodari, la figura di un intellettuale che si è occupato tantissimo di infanzia, ci sono anche molti altri maestri che spesso non sono ricordati,

perché poi fanno un lavoro nella scuola e quindi chiaramente ognuno ricorda il suo maestro, il suo insegnante importante, ma che poi non figurano tra il canone del Novecento, e quindi fa abbastanza impressione quando nel tuo libro tu citi Mario Lodi, Bruno Ciari,

che sono delle persone tra i pochi maestri che noi ricordiamo nel Novecento e che appunto sono stati molto importanti perché hanno capito quanto fosse fondamentale ragionare sull'infanzia per ragionare anche sulla democrazia.

In che senso secondo te questo legame è così forte? Perché ragionare sull'infanzia è così fondamentale per ragionare sulla democrazia? E un po' come dire tu nella scelta di questo titolo che è un titolo ossimorico, lezioni di fantastica, forse un po' ci tenevi a dirlo?

Certo, veramente c'è tutto il senso politico del lavoro di Rodari, cioè Rodari ha una visione progressiva del lavoro dell'intellettuale, che quindi significa una visione di una veramente dialettica del presente rispetto al futuro.

E in questo, quindi è chiaro proprio da un punto di vista empirico che il bambino è la cosa migliore su cui scommettere per costruire un futuro migliore, come dici no è tautologico, cioè io costruisco, lavoro su un'infanzia migliore per costruire un domani di adulti migliori.

E se fosse soltanto questo, in qualche modo però si potrebbe dar ragione a chi appunto in Rodari ha visto soltanto l'intellettuale comunista che appunto aveva questa visione ideologica del rapporto con l'infanzia, che era un'infanzia da indottrinare.

Ma proprio nella relazione con i maestri di cui parlavi te, cioè Ciari, Tamagnini, Lodi, il movimento di cooperazione educativa, Rodari ha inserito all'interno del discorso sul futuro che è tipico dei comunisti, un discorso sul presente che è tipico della migliore cultura progressista, se così vogliamo chiamarla, italiana.

Cioè l'idea che nell'attesa della grande riforma, la rivista del Partito Comunista si chiama Riforma della Scuola, non è scuola e città, ma è appunto Riforma della Scuola.

Allora invece appunto Rodari mentre ragionava sulla grande riforma della scuola insieme ai maestri del movimento di cooperazione educativa si è domandato, va bene ma nel frattempo che facciamo? Che fare? Che si fa nel frattempo? Che si fa tutti i giorni quando si entra in classe? Come ci si comporta nel momento in cui si chiude la porta e i bambini sono al meglio silenti, al peggio terrorizzati e vedono una felicità soltanto nel momento della campanella?

Come racconta Mario Lodi in C'è speranza se questo accade al VO. Il punto è che appunto scommettere sull'infanzia non solo in una dimensione futura, ma anche in una dimensione presente è per Rodari l'atto politico più importante e come si può non condividerla questa cosa?

Credo che spiegandola così la capiscono tutti, non so se ci dobbiamo mettere anche delle figure rispetto a questa cosa, però è chiaro che quello che facciamo oggi ai bambini e ai ragazzi ci ritornerà indietro come un boomerang domani e però appunto racconta anche molto di quello che siamo oggi, questi mesi di quarantena e di chiusura forzata in casa per dire sono stati uno specchio abbastanza spaventoso,

per raccontarci come la nostra società pensa, vede e ragiona sull'infanzia politicamente.

di guerra fredda e dei partiti, insisse tantissimo su questo pacifismo e di fatto c'è un po' un pensiero pacifista che ha attraversato forse tutto il novecento italiano e che è un pensiero che lega molti intellettuali che poi sono delle figure non eterodosse ma sicuramente terze rispetto ai vari poli, Capitini, Langer e anche le persone della politica,

alcuni pensatori cattolici fino appunto a ritrovarci anche appunto negli anni novanta e negli anni duemila appunto un pensiero pacifista che è stato forse l'ultima grande ondata di pensiero politico di massa.

Secondo te appunto anche questo pensiero pacifista che lui chiaramente non ha mai scritto un tattato pacifista però ha scritto delle bellissime poesie, la sua idea di pacifismo e di internazionalismo insomma la ritroviamo, di multiculturalismo la ritroviamo in tantissime delle cose che ha scritto,

è strana come gli veniva secondo te da uno che come appunto tanti intellettuali di quel periodo lì erano invece dei grandi provinciali, insomma poi la storia italiana è stata appunto una storia di grandi provinciali e di grandi periferici e invece appunto questa cosa Rodari come dicevi tu prima te lo ritrovi in un taxi a New York o ma anche in un taxi appunto in Moldavia,

effettivamente ed è stato un intellettuale che ha cercato di essere internazionalista e ha cercato di essere internazionalista e pacifista e cosmopolita.

In questo si vede la nostra differenza di formazione del fatto che tu non sei cresciuto in una casa del popolo toscana perché appunto come diceva Roberto Benigni le case del popolo toscane sono quei luoghi nei quali ci si può permettere di fare un dibattito dove va l'America oppure arrivi sondoli di sotto, crisi del petrolio, soluzioni, ecco in questa anche una presunzione che è stata fatta da un'altra persona,

però c'è secondo me ben riassunta come soltanto Benigni in certi anni ha saputo fare la cultura comunista italiana e appunto Rodari questo lo racconta, lui i suoi primi libri che l'hanno tolto dalla provincia, anche per quello che era la letteratura italiana dei tardi anni 30,

appunto sono stati libri che gli sono stati dati da compagni del partito comunista, è chiaro che negli stessi anni per fortuna come dicevano Pavese e Vittorini poi si scopriva il mondo attraverso le traduzioni, quindi questo cortocircuito meraviglioso fra l'attività editoriale di Einaudi da un lato che ha portato grazie a Ginsburg, Pavese e Vittorini la grande letteratura mondiale in Italia attraverso le traduzioni,

e poi la cultura comunista hanno reso tanti intellettuali provinciali italiani invece delle persone in grado di parlare di crisi del petrolio e di provare pure ad abbozzare delle soluzioni.

La questione della pace è una questione più forse complicata perché non dobbiamo dimenticarci ai noi che la battaglia per la pace del PC dell'immediato dopoguerra era la battaglia che diceva che l'Unione Sovietica doveva dotarsi dell'atomica perché l'atomica era uno strumento di pace quando gli americani avevano l'atomica, però è anche vero che poi anche su questo Rodari cambia rotta,

la torta in cielo che è del 1965 è un manifesto veramente contro la guerra di ogni tipo, forse il romanzo più interessante della guerra fredda scritto in Italia questa torta in cielo nel quartiere del Trullo.

E così poi per tanti versi l'averle conosciute de visu, poi i luoghi sognati e poi visti l'ha reso molto più consapevole del fatto che per fare la pace non bisogna fare prima la guerra,

che la guerra come dice un Garetti non serve mai a fare la pace, questo Rodari ce l'ha chiarissimo così come ce l'ha chiarissima tanta cultura italiana negli anni 60 soprattutto con la svolta del pacifismo dei primi anni 60 che è una svolta legata poi a tutto un pensiero che ho raccontato nell'altro libro al quale rimando.

Mi cito.

Faccio l'ultima domanda, perché in questi giorni i bambini non possono andare a scuola e quindi i libri alle volte sono il ponte attraverso il quale ci confrontiamo con i compagni e con le maestre, etc.

Secondo te appunto sull'aspetto dello stare in classe, sull'idea di scuola, abbiamo bisogno tantissimo di una nuova idea di scuola e Rodari ragiona moltissimo sul che tu hai detto appunto nel frattempo, sul come stare in classe, sul come ripensare.

Oggi ci sono dibattiti di appelli tutti i giorni, di oggi c'è il dibattito sul togliere il voto numerico e tornare al giudizio per le classi della primaria, c'è l'idea che forse le aule sono troppo strette, forse si dovrebbe cominciare a pensare quali possono essere altri luoghi.

Si può dire che si potrebbe prendere un po' più alla lettera Rodari, che alle volte è stato letto come uno scrittore di fantasia, perché diamo alla fantasia un significato quasi diminutivo rispetto ai problemi della realtà e non gli diamo quel significato in dialettica che tu dicevi prima.

Quindi si potrebbe prendere Rodari e quello che ha scritto con un po' più di serietà, di legittimarlo anche nelle sue idee su cosa vuol dire pedagogia, organizzazione dell'istruzione eccetera.

Sì!

Soprattutto con Educatori, è un libro veramente molto complesso, è un libro aperto che come era capitato già con il libro su Don Milani e De Mauro toglie un po' i pericoli delle figurine, dei miti, cioè di renderle da una parte dei grandi maestri che non si reggono più e dall'altra parte dei padri di cui a un certo punto bisogna sbarazzarsi.

E invece essendo il miglior comunismo novecentesco ci ha insegnato anche a avere un rapporto dialettico con i nostri maestri.

Quindi grazie a Vanessa Rochi, grazie alla Terza che ci ha fatto fare questa diretta, grazie alle persone che ci hanno ascoltato, leggetelo e comprate Lezioni Fantastiche di Vanessa Rochi.

Eccolo lì!

Grazie mille Christian, buona serata, grazie!

Grazie a tutti!