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Storia D'Italia, La vendetta di Didone (433-442) - Ep. 29 (3)

La vendetta di Didone (433-442) - Ep. 29 (3)

L'Impero al verde

Qualcosa era avvenuto che spiegava l'accettazione di un accordo talmente umiliante per Ravenna. Qualcosa di terribile, qualcosa di talmente devastante che l'intera spedizione in Sicilia fu richiamata frettolosamente in oriente. Non preoccupatevi, ve ne parlerò prima della fine dell'episodio, ma non subito. Ora concentriamoci sulle conseguenze del disastro africano.

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Ovviamente Merobaude, la pravda imperiale, si mise subito all'opera per indorare la pillola amara dell'accordo con Genseric con il miele dei suoi versi di generale-poeta. Dice nel suo ultimo panegirico ad Ezio “l'occupante della Libia ha osato rovesciare con le braccia cariche di un destino eccessivo la sede del regno di Didone, riempiendo la cittadella cartaginese di nordiche orde. Ma da allora egli ha dismesso il manto del nemico e ha bramato vincolare saldamente l'accordo con Roma con un patto personale, tramite l'unione del suo rampollo e della principessa dei Romani in una promessa matrimoniale. Così il nostro generale Ezio riporta il barbaro al pacifico riconoscimento della toga e ordina al seggio consolare, oramai in pace, di deporre le trombe di guerra”.

In sostanza la propaganda imperiale ci tiene a sottolineare che Genseric si è sottomesso a Roma e ha scelto la pace. Roma avrà pure ceduto un pezzo fondamentale del suo impero ed è stata costretta a sposare una delle sue principesse al Re barbaro ma – ehi – Roma ha trionfato. Ci vuole una bella faccia tosta ma i regimi autoritari di ogni tempo non hanno il senso del ridicolo. Il fatto è che come sempre l'ideologia imperiale sosteneva che l'impero e l'imperatore erano sotto la protezione divina, Dio aveva voluto il destino imperiale di Roma: sostenere che Roma avesse perso era come negare l'esistenza di Dio o la sua incapacità di proteggere il suo imperatore, era in sostanza eresia.

Nonostante la propaganda di Merobaude, il trattato con Genseric fu sicuramente un disastro finanziario per le già provate casse imperiali: con il trattato del 442 buona parte del reddito proveniente dal Nordafrica andò definitivamente perduto mentre quel che rimaneva dell'Africa, devastata dalla guerra, ebbe una riduzione delle tasse dell'80%. Una serie di leggi seguente al 443 dimostra quanto la situazione finanziaria fosse grave: furono annullate tutte le esenzioni e riduzioni fiscali che erano state accordate agli uomini più potenti di Roma e soprattutto alla chiesa, le terre imperiali subaffittate ai senatori più ricchi di Roma dovettero pagare le tasse come tutti gli altri, furono aboliti anche altri privilegi della classe dominante, come l'esenzione dalle tasse di scopo volte alla costruzione e manutenzione delle strade, la manifattura delle armi, la riparazione delle mura e al mantenimento di tutte le opere pubbliche necessarie alla vita delle città romane. La cosa scandalosa, con occhi moderni, è che i ricchi prima di allora fossero esenti da queste tasse: la tassazione romana era una sorta di sistema fiscale progressivo rovesciato, dove i più ricchi e potenti pagavano meno tasse delle classi medie e povere e anche tra i ricchi le tasse variavano a seconda del peso politico della persona in questione. Ma non mi stancherò mai di ricordare di come iniqua fosse la distribuzione della ricchezza e del potere nello stato romano.

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Cosciente che ci fosse la possibilità di girare la frittata, la corte di Valentiniano giustificò questi provvedimenti come una correzione delle iniquità passate: “Gli imperatori delle età precedenti hanno concesso tali privilegi a persone di illustre rango nell'opulenza di un'era di abbondanza, senza che ciò comportasse il disastro per gli altri. Nelle presenti difficoltà, invece, tale pratica diventa non solo ingiusta ma anche insostenibile”

Certo, qualche anima pia si sarà consolata nel notare una maggiore equità del sistema fiscale ma va notato che il sistema imperiale si basava su un semplice scambio di favori: i grandi proprietari terrieri pagavano le loro tasse – con vari sconticini – e in cambio ricevevano la sicurezza necessaria a investire nelle proprie terre, facendole fruttare il più possibile e contribuendo al benessere dell'impero. Ora l'equazione era sempre più sfavorevole: il peso fiscale aumentava ogni giorno e la sicurezza, tra Goti, Vandali, Burgundi, Franchi, Alemanni e Svevi in giro per l'impero, diminuiva. Le armi imperiali erano sempre meno in grado di garantire la sicurezza, in particolare nelle regioni periferiche dell'impero, meno fortunate dell'Italia che ancora poteva dirsi relativamente sicura e protetta grazie al suo grande esercito d'Italia. Per i possidenti italiani l'equazione aveva ancora senso, ma lontano, nelle province, alcuni possidenti iniziarono a pensare che forse fare causa con i Bagaudi o con i Germani non fosse una idea così cattiva. Per questi proprietari terrieri poteva sembrare una scelta sempre più allettante quella di liberarsi degli esattori imperiali facendo proteggere le proprie terre da armate meno costose, composte da Germani o da paesani armati. E così sarà, sempre più spesso, nei prossimi decenni. Il mondo Romano, che fino ad allora era stato unito attorno al mediterraneo, si avviava verso la frammentazione politica.

La sicurezza era in caduta libera anche perché Ravenna non poteva più permettersi perfino il ridotto esercito di Flavio Costanzo. Peter Heather ha provato a calcolare l'impatto della perdita del Nordafrica, partendo dai pochi dati che possediamo sulla Mauritania e la Numidia, il cui reddito diminuì di circa 106.000 solidi all'anno, quanto bastava per armare, nutrire e pagare circa 18 mila fanti e 10 mila cavalieri. Ma la perdita peggiore fu quella dell'africa proconsolare, certamente più ricca e le cui tasse non si ridussero ma furono completamente perse al fisco Ravennate. Nel complesso lo storico calcola che la perdita fiscale fu pari alla riduzione di 40 mila fanti e 20 mila cavalieri: sicuramente una parte del buco fu rattoppata dalle nuove tasse, ma non tutto. Nel complesso si tratta di una riduzione importantissima del potenziale militare dell'impero d'occidente che, al 420, aveva circa 130 mila uomini al suo servizio. Una riduzione di quasi il 50% che sicuramente non fu immediata ma che ci fu: purtroppo non sappiamo quali unità furono sciolte ma l'esercito che si ritroverà Ezio negli anni a venire sarà una pallida immagine del grande esercito imperiale che aveva tenuto a bada le innumerevoli nazioni barbare insediatesi nell'impero.

La minaccia fantasma

È quindi tempo di tornare al perché di questo disastro: perché l'impero d'oriente richiamò la missione in Africa? Perché Ezio fu costretto ad un tale devastante accordo per l'economia e la sicurezza dell'impero? La ragione è che Costantinopoli all'improvviso aveva avuto un problema molto più pratico e pressante di assicurarsi che i Vandali non rovinassero i traffici del mediterraneo. Un problema esistenziale.

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Per più di venti anni gli Unni erano stati l'asso nella manica di Ezio e dell'impero d'occidente: l'alleanza tra Ezio e Rua era talmente salda che nessun nemico di Ravenna aveva potuto dormire sonni tranquilli. Ma Rua, in un anno imprecisato a fine decennio, morì, lasciando il regno ai suoi nipoti, Bleda e Attila.

Questi non erano cresciuti in un mondo in cui l'Impero Romano era la superpotenza regionale, ma in un mondo in cui erano gli Unni a fare da martello militare di Roma. Per anni gli Unni si erano accontentati di sedere al confine dei due grandi imperi Romani, venendo pagati a turno da entrambi per combattere o anche solo per non razziare l'Impero. Era uno stato di cose che agli Unni era andato bene per decenni ma i due fratelli avevano deciso che era arrivato il momento di svolgere un ruolo più attivo nella politica Romana. Nel prossimo episodio cercheremo di descrivere più a fondo la cultura e la storia del popolo Unno, per quello che siamo riusciti a capire. Vedremo come l'attacco improvviso dei Borg della tarda antichità espose la debolezza della frontiera danubiana e pose un rischio esistenziale per l'Impero d'oriente, convincendoli a richiamare la spedizione verso l'Africa. Perché è arrivato il giorno in cui il mondo romano imparerà a tremare alla sola menzione di questa frase: gli Unni stanno arrivando.

Grazie mille!

Grazie mille per aver letto questo articolo! Se vi ha interessato vi pregherei di lasciare una recensione o un commento, se pensate che valga la pena sostenermi trovate di lato e in basso la possibilità di fare una donazione con Paypal, oppure potete diventare miei mecenati cliccando su Patreon: http://www.patreon.com/italiastoria: avrete diritto alla citazione nel podcast e ad un episodio premium, oltre che l'accesso al gruppo telegram dei miei sostenitori. Come sempre mi trovate anche su Facebook, alla pagina “storia d'Italia”, su Twitter e su Instagram. Alla prossima puntata!

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La vendetta di Didone (433-442) - Ep. 29 (3) Die Rache der Dido (433-442) - Ep. 29 (3) Dido's Revenge (433-442) - Ep. 29 (3) La vengeance de Didon (433-442) - Ep. 29 (3) A Vingança de Dido (433-442) - Ep. 29 (3)

L'Impero al verde

Qualcosa era avvenuto che spiegava l'accettazione di un accordo talmente umiliante per Ravenna. Qualcosa di terribile, qualcosa di talmente devastante che l'intera spedizione in Sicilia fu richiamata frettolosamente in oriente. Non preoccupatevi, ve ne parlerò prima della fine dell'episodio, ma non subito. Ora concentriamoci sulle conseguenze del disastro africano. |let's concentrate||||| Now let us focus on the consequences of the African disaster.

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Ovviamente Merobaude, la pravda imperiale, si mise subito all'opera per indorare la pillola amara dell'accordo con Genseric con il miele dei suoi versi di generale-poeta. ||||||||||||pill||||||||||||| Dice nel suo ultimo panegirico ad Ezio “l'occupante della Libia ha osato rovesciare con le braccia cariche di un destino eccessivo la sede del regno di Didone, riempiendo la cittadella cartaginese di nordiche orde. |||||||||||||||||||||||||||filling|||||| Ma da allora egli ha dismesso il manto del nemico e ha bramato vincolare saldamente l'accordo con Roma con un patto personale, tramite l'unione del suo rampollo e della principessa dei Romani in una promessa matrimoniale. Così il nostro generale Ezio riporta il barbaro al pacifico riconoscimento della toga e ordina al seggio consolare, oramai in pace, di deporre le trombe di guerra”.

In sostanza la propaganda imperiale ci tiene a sottolineare che Genseric si è sottomesso a Roma e ha scelto la pace. Roma avrà pure ceduto un pezzo fondamentale del suo impero ed è stata costretta a sposare una delle sue principesse al Re barbaro ma – ehi – Roma ha trionfato. Ci vuole una bella faccia tosta ma i regimi autoritari di ogni tempo non hanno il senso del ridicolo. Il fatto è che come sempre l'ideologia imperiale sosteneva che l'impero e l'imperatore erano sotto la protezione divina, Dio aveva voluto il destino imperiale di Roma: sostenere che Roma avesse perso era come negare l'esistenza di Dio o la sua incapacità di proteggere il suo imperatore, era in sostanza eresia.

Nonostante la propaganda di Merobaude, il trattato con Genseric fu sicuramente un disastro finanziario per le già provate casse imperiali: con il trattato del 442 buona parte del reddito proveniente dal Nordafrica andò definitivamente perduto mentre quel che rimaneva dell'Africa, devastata dalla guerra, ebbe una riduzione delle tasse dell'80%. Una serie di leggi seguente al 443 dimostra quanto la situazione finanziaria fosse grave: furono annullate tutte le esenzioni e riduzioni fiscali che erano state accordate agli uomini più potenti di Roma e soprattutto alla chiesa, le terre imperiali subaffittate ai senatori più ricchi di Roma dovettero pagare le tasse come tutti gli altri, furono aboliti anche altri privilegi della classe dominante, come l'esenzione dalle tasse di scopo volte alla costruzione e manutenzione delle strade, la manifattura delle armi, la riparazione delle mura e al mantenimento di tutte le opere pubbliche necessarie alla vita delle città romane. La cosa scandalosa, con occhi moderni, è che i ricchi prima di allora fossero esenti da queste tasse: la tassazione romana era una sorta di sistema fiscale progressivo rovesciato, dove i più ricchi e potenti pagavano meno tasse delle classi medie e povere e anche tra i ricchi le tasse variavano a seconda del peso politico della persona in questione. Ma non mi stancherò mai di ricordare di come iniqua fosse la distribuzione della ricchezza e del potere nello stato romano.

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Certo, qualche anima pia si sarà consolata nel notare una maggiore equità del sistema fiscale ma va notato che il sistema imperiale si basava su un semplice scambio di favori: i grandi proprietari terrieri pagavano le loro tasse – con vari sconticini – e in cambio ricevevano la sicurezza necessaria a investire nelle proprie terre, facendole fruttare il più possibile e contribuendo al benessere dell'impero. Ora l'equazione era sempre più sfavorevole: il peso fiscale aumentava ogni giorno e la sicurezza, tra Goti, Vandali, Burgundi, Franchi, Alemanni e Svevi in giro per l'impero, diminuiva. Le armi imperiali erano sempre meno in grado di garantire la sicurezza, in particolare nelle regioni periferiche dell'impero, meno fortunate dell'Italia che ancora poteva dirsi relativamente sicura e protetta grazie al suo grande esercito d'Italia. Per i possidenti italiani l'equazione aveva ancora senso, ma lontano, nelle province, alcuni possidenti iniziarono a pensare che forse fare causa con i Bagaudi o con i Germani non fosse una idea così cattiva. Per questi proprietari terrieri poteva sembrare una scelta sempre più allettante quella di liberarsi degli esattori imperiali facendo proteggere le proprie terre da armate meno costose, composte da Germani o da paesani armati. E così sarà, sempre più spesso, nei prossimi decenni. Il mondo Romano, che fino ad allora era stato unito attorno al mediterraneo, si avviava verso la frammentazione politica.

La sicurezza era in caduta libera anche perché Ravenna non poteva più permettersi perfino il ridotto esercito di Flavio Costanzo. Peter Heather ha provato a calcolare l'impatto della perdita del Nordafrica, partendo dai pochi dati che possediamo sulla Mauritania e la Numidia, il cui reddito diminuì di circa 106.000 solidi all'anno, quanto bastava per armare, nutrire e pagare circa 18 mila fanti e 10 mila cavalieri. Ma la perdita peggiore fu quella dell'africa proconsolare, certamente più ricca e le cui tasse non si ridussero ma furono completamente perse al fisco Ravennate. Nel complesso lo storico calcola che la perdita fiscale fu pari alla riduzione di 40 mila fanti e 20 mila cavalieri: sicuramente una parte del buco fu rattoppata dalle nuove tasse, ma non tutto. Nel complesso si tratta di una riduzione importantissima del potenziale militare dell'impero d'occidente che, al 420, aveva circa 130 mila uomini al suo servizio. Una riduzione di quasi il 50% che sicuramente non fu immediata ma che ci fu: purtroppo non sappiamo quali unità furono sciolte ma l'esercito che si ritroverà Ezio negli anni a venire sarà una pallida immagine del grande esercito imperiale che aveva tenuto a bada le innumerevoli nazioni barbare insediatesi nell'impero.

La minaccia fantasma

È quindi tempo di tornare al perché di questo disastro: perché l'impero d'oriente richiamò la missione in Africa? Perché Ezio fu costretto ad un tale devastante accordo per l'economia e la sicurezza dell'impero? La ragione è che Costantinopoli all'improvviso aveva avuto un problema molto più pratico e pressante di assicurarsi che i Vandali non rovinassero i traffici del mediterraneo. Un problema esistenziale.

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Questi non erano cresciuti in un mondo in cui l'Impero Romano era la superpotenza regionale, ma in un mondo in cui erano gli Unni a fare da martello militare di Roma. Per anni gli Unni si erano accontentati di sedere al confine dei due grandi imperi Romani, venendo pagati a turno da entrambi per combattere o anche solo per non razziare l'Impero. Era uno stato di cose che agli Unni era andato bene per decenni ma i due fratelli avevano deciso che era arrivato il momento di svolgere un ruolo più attivo nella politica Romana. Nel prossimo episodio cercheremo di descrivere più a fondo la cultura e la storia del popolo Unno, per quello che siamo riusciti a capire. Vedremo come l'attacco improvviso dei Borg della tarda antichità espose la debolezza della frontiera danubiana e pose un rischio esistenziale per l'Impero d'oriente, convincendoli a richiamare la spedizione verso l'Africa. Perché è arrivato il giorno in cui il mondo romano imparerà a tremare alla sola menzione di questa frase: gli Unni stanno arrivando.

Grazie mille!

Grazie mille per aver letto questo articolo! Se vi ha interessato vi pregherei di lasciare una recensione o un commento, se pensate che valga la pena sostenermi trovate di lato e in basso la possibilità di fare una donazione con Paypal, oppure potete diventare miei mecenati cliccando su Patreon: http://www.patreon.com/italiastoria: avrete diritto alla citazione nel podcast e ad un episodio premium, oltre che l'accesso al gruppo telegram dei miei sostenitori. Come sempre mi trovate anche su Facebook, alla pagina “storia d'Italia”, su Twitter e su Instagram. Alla prossima puntata!