Le tribolazioni di due fratelli (365-370) - Ep. 12 (3)
Qui ricevette pessime notizie: nel bel mezzo della campagna di Valente in Gothia sulla frontiera con la Persia si era scatenato l'inferno. Shapur era stato tranquillo per un po' dopo gli ingenti guadagni territoriali in Mesopotamia grazie al trattato con Gioviano. Ora che era sicuro che Valente fosse occupato altrove decise di intervenire nel Caucaso e depose il re dell'Armenia Arshak – che come ricorderete probabilmente fu una delle cause dell'insuccesso di Giuliano. Arshak non aveva voluto che i Romani distruggessero i Persiani e ora era stato esautorato proprio dagli Iraniani trionfanti: poco dopo morirà suicida in cattività.
Per Valente ovviamente i Persiani erano una priorità molto maggiore rispetto ai Goti ma, avendo iniziato la guerra, non poteva interromperla senza un successo: l'ideologia imperiale romana richiedeva la vittoria. L'anno seguente, mentre Valentiniano coglieva il suo successo con gli Alemanni, Valente non riuscì a passare il Danubio a causa delle esondazioni del fiume ma ci riprovò nel 369. Quell'anno riuscì a far uscire dai suoi nascondigli Athanaric, visto che i Romani si stavano avvicinando troppo alle aree fortificate dai Goti, e a batterlo almeno parzialmente. I Goti erano affamati e volevano la pace ma anche Valente aveva fretta di tornare in oriente per affrontare i Persiani.
La pace al centro del fiume
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Si giunse quindi ad una delle mie scene preferite di questo quarto secolo: a quanto pare il padre di Athanaric aveva fatto giurato al figlio di non mettere mai piede nell'Impero Romano, in una scena che ricorda il terribile giuramento di Annibale al padre Asdrubale. Athanaric chiese dunque – e apparentemente miracolosamente ottenne – che l'imperatore e il capo dei Goti Tervingi si incontrassero al centro del Danubio, su due barche accostate. Lì fu siglata la pace, a prima vista molto favorevole per l'Impero: i Romani cancellavano i tributi in grano e vettovaglie che avevano versato da anni ai Goti. Questi perdevano anche i diritti di commerciare in modo privilegiato con i Romani. Abbiamo un testimone diretto, no non Ammiano ma il retore Temistio che ci narra la scena:
“Valente era tanto più intelligente dell'uomo che parlava per conto dei barbari da minare la fiducia che essi avevano in lui. Eppure Valente, dopo aver schiacciato l'avversario con le armi, lo risollevò, tese la mano a quell'uomo confuso e se lo fece amico davanti a molti testimoni”
Non bisogna però dare troppo retta a Temistio, che fu per certi versi il ministro della propaganda imperiale sotto innumerevoli imperatori. Temistio ha ricostruito la solita scena dell'ideologia imperiale romana: gli stupidi barbari sono stati sconfitti dal grande Imperatore dei Romani che, magnanimo e mosso a compassione, decide di risparmiarli.
La realtà stava in modo probabilmente molto diverso, come si può intuire dalla stessa location del meeting: al centro del fiume: i barbari non erano venuti dall'Imperatore per implorare perdono e non avevano fatto atto di sottomissione. Athanaric stava trattando con Valente da pari a pari.
La ricostruzione di Peter Heather – l'autore del magnifico libro “la caduta dell'Impero Romano – è che Athanaric ottenne quello che più gli stava a cuore: ovvero la cancellazione del trattato di foedus imposto da Costantino ai Goti Tervingi, trattato che in cambio di sovvenzioni di grano imponeva ai Goti di fornire supporto militare a Roma e li trattava come un popolo nell'orbita politica Romana. Athanaric aveva concepito chiaramente il progetto di svincolare i Goti Tervingi dalla dominazione romana. Nel 364, quando venne a sapere della sconfitta e morte di Giuliano, aveva chiamato i suoi alle armi per muovere direttamente guerra a Roma, imponendo a Valente di inviare due legioni verso nord per difendere la capitale e le province balcaniche. Queste legioni erano state “dirottate” da Procopio per il suo tentativo di ribellione. Poi i piani di usurpazione di Procopio avevano suggerito ad Athanaric la possibilità di immischiarsi negli affari interni di Roma: se Procopio avesse vinto gli avrebbe probabilmente dato di buon grado quello che aveva dovuto invece strappare a Valente. Valente aveva cercato di punire lui e il suo popolo per l'appoggio a Procopio ma alla fine aveva dovuto concedere quello che voleva il “barbaro che non sa parlare”, nell'immagine-macchietta di Temistio. Quella che esce quindi da questa storia è la figura di un astuto politico e leader militare, molto molto diversa dalla solita immagine di guerrieri urlanti con la barba lunga che ancora spesso ci immaginiamo quando pensiamo ai Germani: insomma credo che molti di voi abbiano in testa il capo barbaro urlante della battaglia iniziale del Gladiatore, con in mano la testa del messaggero Romano. Tra un paio di episodi torneremo su questo punto, ma basti dire che nel quarto secolo questa immagine era decisamente desueta se mai era stata di attualità.
Le nubi della tempesta si addensano
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Ciò non toglie che i Goti Tervingi erano riusciti a sopravvivere ai Romani per il rotto della cuffia, anzi solo a metà dei due imperi romani. Cosa pensereste se vi dicessi che questi stessi Goti Tervingi, tra appena 41 anni saccheggeranno Roma? Nei prossimi 41 anni c'è una grande storia da raccontare, una storia avvincente e tragica per entrambi i popoli i cui capi si incontrarono nel 369 in mezzo al blu Danubio.
Dobbiamo ora lasciare Athanaric e i suoi Goti, è il caso di dire che non è l'ultima volta che sentiremo parlare di loro?
Nel prossimo episodio ci concentreremo ad occidente e vedremo come se la caverà Valentiniano nel resto del suo regno, faremo conoscenza del suo successore e porteremo l'orologio dell'Impero occidentale alla fatidica data del 376 dopo cristo. Perché ad un secolo esatto della caduta dell'Impero una enorme tempesta si addenserà ai confini romani, una tempesta che trasformerà il destino dell'Italia e di tutto il mondo Romano.