'Il governo dei giudici', con Cassese, Pignatone e Bonini
Allora oggi ci prendiamo del tempo per discutere insieme e ragionare del libro del professor
Sabino Cassese, Il governo dei giudici, un pamflet assai tagliente, e lo facciamo direi
con la persona più adatta, probabilmente, che è il procuratore, mi ostino a chiamarlo
procuratore, anche se ormai è ex presidente del Tribunale Vaticano, quindi ha cambiato
mestiere ma fino a un certo punto, Giuseppe Pignatone che peraltro per la terza ha scritto
un libro che ha molto a che fare con l'argomento di cui discuteremo oggi che è fare giustizia.
Allora io comincierei dal titolo di questo libro, se voi siete d'accordo, per farvi
una domanda la faccio innanzitutto al professor Cassese, cioè esiste il governo dei giudici?
Beh intanto questo titolo lo posso dire è copiato, perché in realtà è il titolo di un
libro famosissimo in tutto il mondo, edito in Francia da uno studioso molto noto, Lambert,
che un secolo fa ha scritto un libro, Le gouvernements des juges, in cui illustrava
l'esperienza del ruolo dei giudici negli Stati Uniti d'America, e con questa espressione nel
mondo è stato identificato il ruolo diverso e più forte che svolgono i giudici nelle società
moderne, perché secondo Montesquieu, cioè quello che ha costruito diciamo i tre poteri e quindi
i poteri dei giudici sono nulli, lui dice proprio nulli, nel capitolo sesto del libro undicesimo
dell'Esprit de l'Ouag. Quindi questo è un fenomeno mondiale, il ruolo importante svolto dai giudici,
che in Italia ha presentato delle caratteristiche peculiari. Qual è la peculiarità del governo dei
giudici in Italia? La prima peculiarità è l'assenza della risposta data dall'ordine
giudiziario alla domanda di giustizia. Io sono sempre colpito dal fatto che ci sono sei milioni
di cause pendenti, i giudizi civili si chiudono nei tre gradi di giudizio in poco più di sette
anni e quelli penali in poco più di tre anni. La fiducia nella giustizia nel giro di circa dieci
anni è caduta da circa il 70 al 30 per cento, il che vuol dire che noi abbiamo oggi una situazione
peculiare dell'Italia, in cui c'è un ruolo importantissimo svolto dall'ordine giudiziario,
ma che non è quello fondamentalmente richiesto all'ordine giudiziario perché sostanzialmente
c'è una fuga dalla giustizia. Infatti se si vedono le ultime statistiche si vede che c'è
una diminuzione dell'accesso alla giustizia in Italia, derivante dal fatto che una giustizia
troppo lenta non è una giustizia come dicono gli inglesi e quindi le persone fuggono dalla
giustizia. Questo non lo dico io naturalmente, lo dicono in una delle relazioni del governatore
della Banca d'Italia, c'è una documentazione di questo fatto e ci sono degli ottimi studi
della Banca d'Italia su questo problema. Nei rapporti economici oggi si cercano dei
surrogati della giustizia. Questa è la peculiarità del sistema italiano, un ruolo
importante svolto dalla giustizia nel campo giudiziario, nel campo amministrativo, basta
pensare che il Ministero della Giustizia ha dominato tutto da magistrati che quindi fanno
parte del potere esecutivo pur essendo parte dell'ordine giudiziario e poi qual è il paese
del mondo nel quale due magistrati hanno costituito due partiti politici? Non mi risulta
di nessun paese del mondo, per non parlare dei magistrati che svolgono funzioni di sindaco,
di presidenti di regioni, di parlamentari, che hanno svolto funzioni di ministri e così via.
Esiste? Parlare della crisi della giustizia e della magistratura oggi è come sperare sulla
croce rossa, siamo tutti d'accordo. Io non sono d'accordo con l'analisi che ha accennato,
ovviamente sviluppata molto di più nel libro del professor Cassese, è ovvio io parlo solo di penale,
facciamo questa doverosa premessa. Secondo me proprio quando si parla di inefficienza della
giustizia che poi è il capo d'accusa fondamentale a cui oggi non solo nella polemica giornalistica,
ma lo stesso governo giustifica le riforme che sta facendo in nome dell'Europa prendendo come
cosa l'inefficienza della giustizia e utilizzando le statistiche tra cui quelle che ha accennato il
professor Cassese. Io dico questo, sono statistiche che come la famosa barzelletta di Trelussa
dipingono una realtà diversa, parziale. Mancano in queste statistiche due numeri semplici semplici,
8 e 3. Dico cosa sono 8 e 3? 8 allude al carico che ogni pubblico ministero italiano, quindi in
realtà è l'entrata nell'imbuto della giustizia, quello che viene introdotto da lavorare nell'intero
sistema giustizia, il pubblico ministero italiano ha un carico di lavoro otto volte superiore il
carico medio europeo. Quindi significa che noi facciamo una gara di corsa con i nostri concorrenti,
semplicemente prendiamo quelli importanti inglesi, francesi, tedeschi e italiani. Gli
altri tre hanno alla partenza uno zaino per dire di 10 chili, il PM italiano ha uno zaino di 80
chili. Mi pare normale che i tempi si allungano e molto non si riesce a fare. L'altro numerino è 3,
3 sono i gradi di giudizio. L'inglese col suo zainetto da 10 chili si fa un giro di pista,
c'è un grado di giudizio, è arrivato, non c'è motivazione, c'è il sistema della giuria,
non c'è motivazione, non c'è appello, non c'è cassazione, lui ha finito il suo compito.
Francesi e inglesi con il loro zainetto da 10 chili ne fanno, quando va bene, due, perché la
cassazione è quasi teorica. Il numero è che ci sono meno di 5.000 sentenze della cassazione
penale in Francia e Germania, 55.000, 58.000 l'anno in Italia. L'appello è molto scoraggiato
perché esiste una serie di filtri, di sistemi vari, più quello più clamoroso della possibilità
di condannare se l'imputato fa appello e viene rispinta a una pena maggiore di quello invitti
in primo grado, che costringe l'imputato e il suo avvocato a pensarci dieci volte a fare
l'appello. Invece in Italia, naturalmente, siccome tanto peggio non può andare, chiunque fa appello.
Quindi, bene che vada, inglesi e francesi con il loro zainetto si fanno due giri di campo.
L'italiano col suo zaino da 80 chili deve fare minimo tre giri, cioè con la cassazione,
spesso di più perché se c'è una misura cautelare o un sequestro allora c'è il ricorso del Tribunale
alla libertà, poi di nuovo cassazione. Quindi la statistica, quelle che cita il professore,
sono quelle che girano, quelle che l'ufficiale del Ministero, però dimenticano questo piccolo
particolare. Che secondo me invece è la cosa su cui si dovrebbe cominciare a incidere. E su
questo la magistratura, l'avvocatura no, ma la magistratura e pezzettini della politica dicono
facciamo una serie di penalizzazioni, non se ne parla nemmeno. I provvedimenti sono di segno
contrario. Il danno che ha fatto la legge sull'omicidio stradale, sulle elezioni stradali
procedibili, l'ufficio non acquerele ha generato decine di migliaia di processi perfettamente
inutili perché il problema è di fare avere il risarcimento danni alle persone, non dare tre
mesi all'investitore. La magistratura era contraria e è stata fatta la legge. È stato fatta la legge
con cui non è più possibile fare il giudizio abbreviato per l'omicidio. Sembra poco perché
alla fine i processi di omicidio sono un centinaio l'anno, forse meno. Però un processo di omicidio
inabbreviato durante il gruppo dura due udienze, tre udienze al massimo in corte d'assise,
come sappiamo dalle cronache del giornale almeno un anno, un anno e mezzo. Moltiplicato 70-80 è
come se noi avessimo buttato 100 anni di tempo come sistema giusto. Questo è a monte perché,
ripeto, il capo di imputazione e la giustificazione di tante cose è l'inefficienza della giustizia.
L'altra cosa su cui nel quadro generale che correttamente dipinge il professor Casale,
la politica. Vero è che solo qui abbiamo avuto due pubblici ministeri che hanno fatto due partiti,
però è anche vero che sono finiti miseramente. Uno è abortito addirittura, l'altro è durato lo
spazio di un mattino. Io sono con rarissimo, ma non io che poco importa, da vent'anni a questa
parte ci sono posizioni, l'Anm e il Csm una volta tanto d'accordo fra loro, a fare contro le cosiddette
porte girevoli, a chiedere alla politica una legge che in qualche modo riduca il fenomeno
del passaggio alla politica. Su questo forse lo stanno facendo ora, forse perché le cronache
quotidiane non sono rassicuranti. Ma è vent'anni che se prendiamo i verbali del Consiglio Superiore
dell'Associazione Nazionale Magistrati, vent'anni fa troveremo questo problema. Poi sul Ministero
di Giustizia sono d'accordissimo con il professor che almeno due terzi o tre quarti dei magistrati
che ci sono dovrebbero andare via ed essere sostituiti da funzionari. Mi pare un po' più
delicato i ruoli apicali, ma lì si potrebbe andare a distinguere. Il capo dell'ufficio
legislativo potrebbe essere benissimo un professor di università o un avvocato. Sul disciplinare
probabilmente è meglio che sia un magistrato per non avere una pesantissima ingerenza di un qualcuno
da fuori. Però su questo, che il fenomeno delle porte girevoli, come per usare lo so, vada ridotto
mi pare chiaro. Sulla politica magari vengo dopo, voglio prevaricare la rapidità del professor.
L'osservazione sulle statistiche mi sembra interessante. Cioè che in qualche modo la
magistratura italiana opera in un quadro, in un perimetro legislativo ipertrofico. Io aggiungerei
anche non solo ipertrofico, ma pasticciato, confuso. Il legislatore italiano negli ultimi
vent'anni ne ha passati buona parte a riscrivere ossessivamente alcune parti del codice di procedura
penale e non sempre necessariamente, come dire, avendo in testa come fine ultimo l'efficienza
del servizio della giustizia penale. Per stare alla giustizia penale. Volevo capire se su questo
punto sollevato da Pignatone lei è d'accordo. Cioè se in qualche modo a questo quadro drammatico,
che stiamo adesso sul piano dell'efficienza del servizio giustizia, ha contribuito in modo
decisivo uno sciagurato e lunghissimo arco di tempo di politiche giudiziarie da parte del
Parlamento e quindi anche di maggioranze diverse che si sono alternate nel tempo la vita del Paese.
Io sono totalmente d'accordo con quello che diceva il presidente Pignatone. Io ho cercato di fare
prima un quadro della situazione. Adesso stiamo affrontando il problema delle cause,
cioè che cosa ha prodotto questa situazione e non c'è dubbio che tra le cause vi sia una
complessità legislativa, il fatto di non aver tentato il legislatore di trovare delle soluzioni
non giudiziarie ai conflitti. Noi nel secondo dopoguerra ci siamo subito allineati alla
formula americana. Lei sa che nel mondo esistono due sistemi sociali. I due paragoni fatti dai
sociologi sono il Giappone e gli Stati Uniti. Nel Giappone i conflitti hanno nella maggior parte
dei casi delle soluzioni che sono o corporative o familiari o aziendali o della gruppa in cui si
vive, non third party dispute resolution. Invece quella americana è il ricorso continuo all'autorità
giudiziaria e quindi una forte intermediazione di tutti i conflitti. Noi ci siamo allineati
subito a questa soluzione e quindi abbiamo aperto troppe strade. Pensi che noi non abbiamo
il leave inglese. Il magistrato inglese può dire questo fatto non è rilevante. Persino la Corte
Suprema americana c'è una procedura che in latino si direbbe certiorari ma in americano si
pronuncia certiorari e che sostanzialmente è una decisione di ammissibilità. Questo per me non è
rilevante, io non lo decido. Sarebbe contrario alla nostra Costituzione però ce l'hanno. Quindi
in più abbiamo delle procedure che hanno portato, vedi l'enorme quantità di questioni che vanno alla
Cassazione, che hanno portato a tutti e tre i livelli le decisioni nel civile e nel penale.
Il civile è ancora più drammatico del penale ovviamente per i termini che dicevo prima. Quindi
non c'è dubbio che una delle cause sia stata questa. Il problema è che questa causa non è stata
mai eliminata e la mia domanda è ma il ruolo svolto negli uffici legislativi dai magistrati
stessi non avrebbe dovuto portare la loro esperienza a suggerire delle modificazioni
legislative. Proprio il ruolo svolto dentro il Ministero della Giustizia dovrebbe consentire
questo. Il ruolo dei magistrati del Ministero della Giustizia nasce in epoca giolittiana,
cioè un secolo fa, e nasce quando non esisteva, poi dopo fu costituito, ma con pochissimi poteri,
il Consiglio Superiore della Magistratura e fu visto dai magistrati giustamente come uno strumento
per garantire l'indipendenza della magistratura perché la magistratura stava all'interno del
Ministero della Giustizia in un'epoca in cui i magistrati erano ancora ritenuti assimilabili
ai dipendenti pubblici sostanzialmente. Nel momento in cui è stato costituito lo scudo
Consiglio Superiore della Magistratura, che è sostanzialmente il Consiglio Superiore della
Magistratura, è stato concepito dal Costituente come una specie di Direttore Generale del Personale
composto di 30 persone invece che di una persona sola sostanzialmente. Cioè uno scudo per evitare
che attraverso il governo delle carriere si governi l'attività che consiste nel dare giustizia. Ora,
questo ruolo importante è svolto all'interno del Ministero, il ruolo importante è svolto in molti
gabinetti ministeriali e il ruolo, diciamo, la qualità eccellente dei nostri magistrati, perché
questa è una cosa singolare del nostro Paese, e che noi abbiamo poi dei magistrati che in generale
sono selezionati molto bene. Sono tra i dipendenti pubblici meglio selezionati, diciamo, coloro che
lavorano per lo Stato meglio selezionati, più accuratamente, con concorsi che si ripetono più
velocemente, quindi non con quegli stop and go che ci sono per il resto del pubblico impiego. Però non
c'è mai stato, secondo me, nel corpo dei magistrati, ripeto sempre civile e penale, che sono stati
i magistrati, quelli di cui mi sono interessato, una consapevolezza della necessità di mettere in
ordine la casa comune. Io qualche volta dicevo, scarzando ai miei colleghi che venivano dalla
Cassazione alla Corte Costituzionale, tu saresti capace, l'ho detto a qualche mio collega e quindi
lo posso ripetere, tu saresti capace di stare a tavolino e scrivere una perfetta sentenza con il
soffitto che ti cade addosso e tu continui a scrivere una sentenza perfetta e a cercare di
dare giustizia, mentre nel frattempo ti sta cadendo la casa addosso. Questo, secondo me,
è un fatto importante, è un fatto di cultura importante. E la cosa bella è che è dimostrato,
diciamo, c'è una controprova, e cioè che ci sono stati dei magistrati, un famoso presidente
del Tribunale di Roma, un famoso presidente del Tribunale di Torino, che sono delle eccezioni e
ci sono state delle best practice. Allora la domanda è, ma perché i capi degli uffici giudiziari
non hanno fatto quello che hanno fatto i loro colleghi a Roma e a Torino? Io ne sto citando
solamente due, perché tra l'altro uno dei due lo conoscevo anche personalmente, che hanno gestito
la giustizia in maniera eccellente, cioè si sono interessati non di scrivere soltanto la bella
sentenza, ma anche del tetto che perdeva, dell'acqua che penetrava dal tetto rotto.
È d'accordo che la magistratura è stata un po' pigra?
Sì, io sono d'accordo, meno sulla possibilità che i magistrati del Ministero potessero decidere,
fare grandi passi avanti sul piano legislativo, perché lì come vediamo, fino a stamattina c'è,
e ci torneremo penso inevitabilmente sul tema, gli schieramenti politici sono talmente forti
e arroccati sulle loro posizioni in materia di giustizia, che è una delle materie in cui non
sentono neanche i tecnici, paradossalmente, forse un tema di trasporti, di sanità o di altro,
lì invece non ci sono. Secondo me lo spazio che storicamente hanno avuto i magistrati del
Ministero, ripeto, hanno preso posizione sui casi che facevo prima io, dell'omicidio stradale,
ma di tante altre cose, sempre lì il politico, il ministro e il suo entourage politico,
anche se non tecnico, qualche tecnico c'è sempre, resiste agli input della struttura tecnica. Sono
invece assolutamente d'accordo con il professore, avendolo visto per 45 anni dall'interno,
che nella categoria, io penso che sia questo, ha prevalso su tutto un, a volte in questo senso
malinteso, privilegio del mito dell'indipendenza, cioè non si è capito e non si capisce tuttora,
che il giudice o anche il pubblico ministero con le sue caratteristiche particolari devono
essere indipendenti finché fanno attività giurisdizionale, cioè decidono la sentenza,
la causa civile, decidono se arrestare qualcuno, non fare una perquisizione, devi assicurare
l'indipendenza. Quello che la mia ex categoria non riesce a capire, secondo me, in larghissima
misura, è che questa indipendenza non vale rispetto al tema organizzazione, organizzazione
degli uffici, organizzazione del lavoro dei singoli, invece nella testa del singolo magistrato,
come dice il professore, cade la casa. Tutto quello che dai servizi di cancelleria alla
fotocopiatrice, agli orari dell'udienza, deve essere qualcosa che miracolosamente,
per virtù dello Spirito Santo, funziona da sola, senza problemi di bilancio, problemi
del personale. Quando io facevo il capo dell'ufficio e non avevo neanche tanti assistenti per tanti
magistrati, veniva quello che diceva, ma il mio è troppo scarso, dammelo un altro,
io ne ho 80, voi siete 90, ce ne sono 10 che dobbiamo in qualche modo arrangiare, tu dammelo
a me, per chi altro non mi importa. Cioè è la logica di non rendersi conto che il cosetto
servizio di giustizia, si diceva prima, è composto, oltre che da una componente giuridica,
l'indipendenza assoluta, da una componente organizzativa, in cui è essenziale l'opera
dei capi degli uffici. È difficilissimo riuscire, e per la giudicante è più ancora che per
la requidente, riuscire a scalfire questo muro mentale, cioè ma io sono indipendente,
ma tu non è che sei indipendente nel senso che non puoi venire in ufficio, o che se non
ci sei non avvisi, oppure che in udienza non te la studi e poi ci deve andare uno all'ultimo
minuto per dire esempi banali, oppure che tu dai la precedenza per dire agli incidenti
stradali invece che ai delitti di mafia, dico per cose paradossali. Anche il tema delle
priorità rientra, che particolarmente è delicato perché è misto di giurisdizione
e di amministrazione, rientra in questa logica. Se un ufficio del suo insieme decide, ripeto
per fare il paradosso, priorizzare i delitti di mafia o la corruzione agli incidenti stradali,
i singoli si devono adeguare. Invece a me è capitato uno, secondo me il relato più grave
è il mancato pagamento degli alimenti alla moglie. Giuro, un jeep di Roma mi disse, dieci
anni fa quando io arrivai, se facevano questo tipo di scopo, no per me è il relato più grave,
tutto il resto può aspettare. E non ci sono santi che riescano a smuoverlo. Quindi dice bene
il professore, è un problema di cultura, cioè di rendersi conto che bisogna vedere l'insieme del
panorama, rendersi conto delle lacune, delle possibilità, dare una mano all'esoluzione
dei problemi comuni. Questo purtroppo è una delle lacune, ripeto, io l'ho ravviso nel mito
tra virgolette dell'indipendenza, che non è relativa a questo. Lì c'è un grosso deficit
della scuola superiore della magistratura che non riesce a sfondare questo muro e mi spiace
dirlo, esprimo un'opinione assolutamente minoritaria in quello che sto per dire,
l'attacco in corso anche a livello legislativo alla posizione dei capi degli uffici, come se
il capo dell'ufficio per sé è il male, è il singolo sostituto, il singolo giugno, rappresenta
il bene, inspiegabile come poi tu sei sostituto fino al primo di marzo e sei il santo. Il 2 marzo
diventi aggiunto procuratore e all'improvviso sei il male assoluto, è una cosa che io non
sono riuscito a capire in 45 anni, ormai non capirò più. Però con quello che sono le circolari
già emesse dal Consiglio Superiore e la legge, il progetto di riforma che c'è all'esame del
Parlamento andiamo nella direzione esattamente opposta, cioè sempre più anarchia, sempre meno
attenzione all'organizzazione. Mi pare che sulle radici dell'inazione o del cattivo lavoro fatto
al Parlamento siate abbastanza d'accordo. Insistendo su questo punto, io mi volevo chiedere,
la produzione del libro a un certo punto lo accenna, soprattutto nella parte statistica,
facendo vedere come in coincidenza della vicenda di Mani Pulite la fiducia del Paese in fronte
alla magistratura conosce il suo ACME e poi da quel momento in poi, quella investitura di fiducia,
vive la fase della disillusione prima e poi addirittura del tradimento. Lei non pensa,
non crede che è stato proprio in quel momento, ma adesso io provo a capovolgerlo rispetto
alla lettura che normalmente viene data. Una lettura che viene data normalmente è che Mani
Pulite fu la stagione in cui la magistratura prese consapevolezza, addirittura qualcuno sostiene
pianificò la liquidazione per via giudiziaria di una storia politica di un pezzo di classe
dirigente del Paese, politica ma anche economica, e che lì in qualche modo si è consumato il peccato
originale, che poi ha reso impossibile o comunque molto difficoltoso un percorso di riforma negli
anni successivi. Io provo a chiedervi invece se non fosse vero, se non possa essere vero il
contrario, cioè che in qualche modo se siamo d'accordo che quella stagione è stato un momento
spartiacque della storia politica, ma anche giudiziaria del Paese, non sia stato quello il
momento in cui la politica ha assunto, lei sì si è macchiata del peccato originale, cioè quella di
trasformare il discorso politico in discorso giudiziario. Anche su questo in alcune pagine del
suo libro ho trovato dei riferimenti, la giudiziarizzazione del discorso pubblico,
del discorso politico. A me fa impressione come spesso la responsabilità politica,
per mano della politica, prima ancora diciamo che per mano del giornalismo, della stampa o
della magistratura, conosca una sovrapposizione con quella penale. Quante volte mi è capitato
di ascoltare politici che si difendevano dagli attacchi che erano sottoposti,
eccependo di non aver ricevuto un avviso di garanzia, come se in qualche modo l'avviso di
garanzia fosse il discrimine nel decidere se un soggetto andasse in qualche modo rimproverato
una responsabilità, nel caso politica in senso lato non necessariamente penale. Si può essere
responsabili politicamente e penalmente non responsabili, ma questa sembra una distinzione
che la politica ha smarrito. Per tornare al punto, non crede che quella stagione sia stata
una stagione di un'occasione mancata, ma da parte della politica, perché poi le riforme,
le leggi le scrive e le vota e le approva il Parlamento, fino a prova contraria. Che che ne
dica il CSM, che che ne dica come del resto, peraltro stiamo vedendoci nel momento in cui
il Parlamento, adesso vedremo che fine farà questo primo blocco di riforme della giustizia,
ma nel momento in cui il Parlamento e il governo hanno deciso di tirare dritto sulla giustizia,
il CSM, la NM hanno detto quello che hanno voluto, ma non mi pare che questo abbia impedito alle
riforme di cominciare il loro percorso. Che quella sia la svolta non c'è dubbio,
due indicatori, primo muoiono sostanzialmente i tre partiti fondamentali su cui si reggeva la
storia italiana per 50 anni, Democrazia Cristiana, Partito Socialista e Partito
Comunista, qualcuno trasformandosi, qualcuno estinguendosi e secondo si cambiano le leggi,
la regola del gioco, cioè la formula elettorale si passa dal conto dei voti, nel passaggio dai
voti ai seggi, diciamo si passa dal parlamento, dal proporzionale al maggioritario. Io credo che
sia vero quello che lei accenna, io credo che sia vero ciò è che in realtà era la politica che aveva
in qualche modo esaurito le sue idealità e che a quel punto affida a qualcuno di fare una specie
di buttozza e di fare piazza pulita, va bene. Per ricominciare da capo, perché la verità è che
se armoniscono le finalità fondamentali dei partiti, le due correnti principali della storia
italiana sono stata quella popolare e quella socialista. Ora l'una e l'altra, la componente
liberale di quella popolare e quella solidaristica di quella socialista si erano esaurite in quegli
anni lì. Non c'è più un piano beverage, il piano beverage è del 42. Quindi c'era una sorta di
esaurimento della politica. L'innesco quindi non è stato nella magistratura, l'innesco è stato nella
politica che ha delegato sostanzialmente il controllo della virtù ai magistrati, i quali
hanno in questo caso alle procure che hanno come dire fatto l'opera, hanno completato l'opera. E
da lì si ricomincia da capo, basta vedere il modo in cui Forza Italia raccoglie voti e raccoglie
l'eredità elettorale dei partiti che erano morti. Diciamo ricomincia da capo. Io ricordo un fatto,
ero, sono stato per dieci giorni, era il governo Ciampi, io ero ministro del governo Ciampi e
siamo stati per dieci giorni perché dovevamo assegnare le frequenze, perché c'era stata la
prima gara per l'assegnazione delle frequenze telefoniche e si stavano svolgendo le elezioni e
stavo nel luogo dove, nel vertice del governo, nella stanza del presidente del consiglio dei
ministri. Per noi eravamo un bel gruppo di ministri, per noi erano una novità, va bene,
nessuno di noi immaginava che vi sarebbe stata una trasformazione così radicale. Quindi è vero,
l'innesco non è stato Mani Pulite, l'innesco è stato altrove, nella crisi dei partiti che per
50 anni, un mio amico americano, T.J. Pemple, che ha insegnato a lungo a Princeton, ha scritto un
bellissimo libro intitolato Uncommon Democracies, Democrazia fuori del comune. La sua tesi era
questa, che in Italia e in Giappone c'erano delle democrazie fuori del comune, costituite
dal fatto che c'era stato sempre un partito al governo e non c'era mai stato alternanza.
Si cambiavano le associazioni, mutavano i governi, ma c'era una cerniera e la cerniera
era assicurata dal partito della democrazia cristiana. Quindi è vera la diagnosi costituita
dal fatto che c'è stato un esaurimento dei policy makers, come dire, sono diventati solo politicians.
Se siamo d'accordo su questo, cioè il peccato originale della politica, invece dall'altro
lato la mia domanda è se in questi ultimi vent'anni la magistratura italiana non ha
scontato non soltanto una forma di pigrizia, ma non ha scommesso in modo sciagurato sul
ventennio berlusconiano. Cioè l'idea che in qualche modo il ventennio berlusconiano
consentisse una sorta di glaciazione di qualunque fremito, anche proposito di autoriforma,
era talmente sproporzionato il disegno di manomissione dell'impianto, pensate alla giustizia
penale, del processo penale, che in qualche modo una parte della magistratura riteneva
che fosse condizione necessaria e sufficiente a starsene dove uno stava.
Ovviamente la diagnosi del professor Cassese è assolutamente esatta, al manipulito aggiungerei
sempre le stragi mafiose, perché vanno insieme, cioè la distruzione della classe politica
è forse per due terzi sulla corruzione e per un terzo almeno sul versante mafia, quindi
che porta in sé peraltro un carico di sangue, non c'è altra parola per dirlo, da rendere
ancora più pesante l'intervento, le conseguenze, eccetera.
Si parla tanto di autoriforma, ma autoriforma della magistratura non è facilissima. Una
cosa è se per autoriforma intendiamo un'autoriforma culturale, come quella di cui parlavamo prima,
o anche banalmente etica su cui possiamo essere d'accordo. E' chiaro che così come c'è un degrado
dell'intera società, il degrado colpisce anche la magistratura, lo testimoniano, lo scrive spesso
Violante, giustamente in questo caso il numero degli arresti o comunque di magistrati imputati
per corruzione è certamente cresciuto, specchio di una società in cui c'è questo degrado.
Però la magistratura non è una normale burocrazia che si possa autoriformare facilmente. La
magistratura procede e la giustizia attorno a lei, perché sono poi intrecciate, per schemi
molto rigidi, molto formali. E' difficile con le circolari del CSM che rappresentano il massimo
sforzo di autoriforma, non parliamo del sindacato, dell'ANM ovviamente. Qualcosa si può fare,
nel bene e nel male, però il grosso dei problemi li deve risolvere necessariamente il legislatore,
questo come premessa. Dopodiché non c'è dubbio che la storia italiana sia stata quella che è
stata. Non c'è dubbio che c'è stato il ventennio berlusconiano. Il ventennio berlusconiano è stato
quello che è stato, ci sono stati progetti, alla fine hanno fatto anche, il progetto Alfano era
perlomeno chiaro, era onesto intellettualmente perché voleva modificare la Costituzione. Se
fosse riuscito, nulla da dire. Molti altri tentativi sono stati fatti invece a Costituzione
vigente e immutata di sotterfuggi vari. C'è stato uno scontro frontale con la magistratura,
non c'è dubbio. Però io continuo a dire che condannando tantissimi magistrati che ci hanno
giocato, ci hanno costruito carriere, si sono poi anche schierati apertamente, facendo il
presidente del provincio, del regione, conservando però senza neanche dimettersi dalla magistrate,
cioè tanti casi singoli. Oggi i deputati credo siano tre, quattro forse giudici, non
particolarmente diciamo né famosi né incisivi. In passato non è stato così. Dico però chi dà le
carte, chi le ha date è sempre la politica. Cioè questi stessi magistrati alla fine con
loro grossi vantaggi personali in molti casi. Però sono stato uno strumento, non voglio dire
gli utili idioti, ma uno strumento in mano alla politica. La politica si è spaccata su un crinale
perlusconi, antiperlusconi, per semplificare al massimo. E uno dei due pezzi della politica,
tutte e due, uno in modo più chiaro e manifesto, l'altro in modo, c'erano le toghe azzurre si
dicevano, hanno utilizzato la magistratura. La sinistra per ribaltare perlusconi ha fatto
un manifesto di ricorso alla leva giudiziaria. Ma chi dava le carte è sempre la politica.
Del Ristò quasi paradossalmente già nasce con Tangentopoli la prova che è la politica che
comanda. Perché non c'è dubbio che tutto il pool di mani pulite, e possiamo pure metterci
i magistrati palermitani dell'epoca, tutto si auguravano e non la vittoria di perlusconi.
Cioè tutto, inutile fare i nomi che conosciamo, ma sia a Milano che a Palermo che a Napoli i
magistrati si auguravano la vittoria di Occhetto, della gioiosa macchina della guerra di Occhetto,
lavoravano in qualche modo, quantomeno oggettivamente nel loro auspicio quello
era e ha vinto perlusconi. Perché alla fine è sempre la politica che comanda.
E oggi la magistratura è senza voce. La caduta di credibilità che indubbiamente c'è,
certo in buona parte è colpa della magistratura, della caduta etica, eccetera, però è anche vero
che a un certo punto i giornali, ormai in realtà il panorama informativo è molto più
ampio e complicato, però visto che sia io che il professore abbiamo una certa età,
diciamo i giornali hanno avuto un input diverso, hanno cambiato posizione. Hanno cambiato posizione
e tranne qualche scheggia, alcuni a difesa assoluta, altri ad attacco assoluto alla
magistratura, qualunque cosa faccia. Per certi giornali se un magistrato oggi dice ma sta piovendo
è un motivo per attaccarlo. La sfonda opposta dice c'è il sole, è 30 gradi, lo difende lo stesso.
Però i giornali, è come la cronaca giudiziaria, i giornali non è che li fa il magistrato,
non fanno i titoli, non fanno le linee editoriali, non fanno niente, rispondono ai loro direttori
e agli interessi che ci sono dietro. Da alcuni anni la magistratura ha fatto del suo meglio
per perdere incredibilità, però questo crollo è verticale anche perché è cambiato lo schieramento
dei mezzi che influenzano l'opinione pubblica.
Siamo alla conclusione, abbiamo ancora una decina di minuti. Il libro su questo lascia una porta aperta,
però proviamo a dire almeno una o due cose che potrebbero o che dovrebbero essere fatte subito
e rispetto alle quali non ci sono controindicazioni. Non peraltro, perché visto che ha detto che servirebbe
un nuovo Giustiniano, ma siccome di Giustiniani in giro non se ne vedono almeno al momento,
e forse non è neanche più il tempo di Giustiniano, forse non è neanche più un tempo in grado di partorirlo,
ma quali sono quelle tre cose su cui oggi il Parlamento ha maggior ragione, peraltro nel contesto politico peculiare
che il Paese sta attraversando, quindi anche in forza di un indubbio vantaggio rappresentato oggi
da una maggioranza trasversale dovrebbe fare.
La prima, indubbiamente, è tenere conto che la domanda di giustizia della nostra società
ha davanti degli operatori della giustizia di un numero troppo ristretto, perché per diversi motivi è stata fatta una politica maltusiana.
Se se leve delle statistiche del numero dei magistrati dall'immediato secondo dopoguerra ad oggi nota che c'è un aumento,
se non ricordo male, del 30-40%. Prenda il numero degli abitanti in Italia, è aumentato di 10 milioni,
quindi è passato da 50 a 60 milioni, e prenda il numero dei dipendenti pubblici siamo arrivati a 3 milioni e mezzo.
Il che vuol dire che l'offerta di giustizia, la domanda di giustizia, c'è una discrassia tra le due cose,
cioè ci sarebbe bisogno di più magistrati, questa è la prima cosa.
La seconda cosa che si sta facendo di dotare i magistrati di assistenti è uno dei progetti del ministro Cartabia,
mi sembra un eccellente progetto. La terza cosa che si sta facendo è quella di modificare una serie di norme del processo civile,
del processo penale, in modo da evitare questo peso eccessivo delle magistrature superiori,
perché lo diceva prima il presidente Pignatone, non è possibile che tutti vogliono andare.
Questo in parte deriva, e questa è un'altra modificazione da fare, dall'alto numero di magistrati, di avvocati scusi.
Se non ricordo male, in questo momento le cifre, il numero di avvocati in Italia supera i 240 mila,
se non ricordo male sono 150 mila in Germania, dove il numero di abitanti è di 80 milioni contro i nostri 60.
È abbastanza chiaro, no? C'è un problema, insomma.
L'altra cosa che io farei è invitare tutti i magistrati che siedono negli organi esecutivi,
anche nelle strutture serventi del CSM, prima addirittura nella Secretaria della Corte Costituzionale,
di ritornare a fare i magistrati, perché lì fanno il capo del Dipartimento degli Affari Penitenziari.
Che cosa fa il presidente? Fa il gestore di un settore alberghiero, innanzitutto,
perché il carcere, come è noto, è un albergo dove si è costretti a stare chiusi dentro, non si può uscire.
Un albergo in condizioni non ottime, ma insomma...
Con una stella.
Come?
Con una stella.
Con una stella, appunto.
E poi deve gestire tutto l'approvvigionamento, di così via.
Questo è un compito tipicamente amministrativo.
Quella persona che svolge quella funzione amministrativa è stato scelto per le sue conoscenze giuridiche,
per la sua capacità di fare il magistrato.
Se io l'ho selezionato in quel modo lì, voglio che venga utilizzato in quel modo lì,
non per fare un'altra cosa.
Era abituato a guidare un'automobile, non a guidare un autobus.
No.
Per dire due cose che si possono somigliare.
Queste secondo me sono proprio le...
Come dire?
I passi immediati più urgenti.
Poi chiudere le porte.
Se io sono un giudice, devo essere giudicato, non voglio che la persona che mi deve giudicare,
se voglio che sia imparziale, lui non solo non deve appartenere a un partito,
ma non deve neppure ricordarmi che ha appartenuto ad un partito,
o che si è presentato nella lista di un partito.
Se no, imparziale vuol dire non parziale.
E parziale e partito hanno la stessa radice nella lingua italiana.
Quindi una esclusione assoluta all'accesso alla politica da parte dei magistrati.
Si sa che non si può manifestare una propria opinione come appartenenza politica al di fuori,
perché questo comporta un burnus grave per l'indipendenza dei magistrati.
Se già questo venisse fatto, io penso che sarebbe...
E poi un'ultima cosa che secondo me bisognerebbe fare.
La selezione dei capi degli uffici giudiziari,
invece che essere fatta sulla base delle appartenenze alle correnti e così via,
che hanno permesso di avere degli eccellenti capi di uffici giudiziari nonostante questo,
dovrebbe essere fatta sulla base delle esperienze che le persone hanno fatto come capi degli uffici.
Una persona... a me è capitato, alla Corte Costituzionale,
di avere dei colleghi che sono stati i migliori giudici,
le persone con cui ho imparato di più e sono stati i peggiori presidenti.
Come si spiega?
Per il semplice fatto che se fai giudice è un mestiere, se fai presidente è un altro mestiere.
Ci vogliono delle capacità organizzative,
bisogna saper dialogare con le persone, saper dare la parola,
saper condurre la discussione in un collegio in modo tale da arrivare a una conclusione.
E questo deve essere valutato dal CSM.
Per valutarlo, secondo me, bisogna prendere il curriculum di una persona,
vedere come ha fatto in precedenza, chiamarlo, ascoltarlo.
Io ho fatto parte spesso di commissioni per la nomina di professori
all'Istituto Universitario Europeo di Firenze.
Noi abbiamo fatto le selezioni sulla base delle cose che loro avevano fatto, che avevano scritto,
poi ci siamo seduti intorno a un tavolo, in pubblico,
loro stavano lì, qualche volta erano persone più anziane di me,
stavano lì e dovevano rispondere alle nostre domande.
E noi gli chiedevamo che progetti c'erano,
secondo te per fare questo che cosa bisogna fare,
come si organizza il lavoro di insegnamento in un organismo che ha studenti
che vengono da 25 paesi europei,
e quali criteri faresti per la chiamata dei professori universitari.
Ecco, alla fine noi sapevamo chi stavamo nominando, va bene.
Li conoscevamo.
E questo è il modo con cui si sceglie le persone migliori.
Presidente, c'è qualcosa in più o di diverso che si può fare?
La cosa su cui io ho scritto il mio primo articolo per Repubblica
e il mio primo articolo prima ancora per la stampa è la depenalizzazione.
Perché accanto all'aumento del numero dei magistrati,
che poi non può essere illimitato perché si vede
che non si riescono a coprire neanche i posti a concorso,
perché questa è una triste realtà,
che all'ultimo concorso credo per 350 posti
gli ammessi degli orali sono meno di 350.
C'è per il penale sempre, per la giustizia civile ci sono gli altri strumenti,
altre vie di fuga prima di arrivare davanti al giudice, altre vie di soluzione.
Per il penale ci vorrà depenalizzazione.
Lì senza di quella il penale non si risolverà.
L'altro auspicio sarebbe, basta quello che ho detto all'inizio,
una rivisitazione almeno parziale delle impugnazioni,
perché non si può prevedere i tre giri di campo
per questo povero disgraziato con gli 80 chili sulle spalle.
Però quando uno dice queste cose gli avvocati ti saltano addosso
dicendo che sono violati i principi della Corte europea,
della Corte mondiale, della Corte planetaria,
il che non è vero perché è applicato in Francia e Germania,
che sono paesi credo civili non meno di noi.
Su questo e sul versante.
Le varie riforme cartabbie, penale, civile, processuale eccetera,
io sono anche abbastanza nella difficoltà del momento
quella sul Consiglio superiore,
già cambiare il sistema elettorale,
già qualcosa, smuovi le acque,
senza farsi molta illusione.
Sulla selezione dei capi degli uffici,
ha ragione il professor,
ora hanno disposto addirittura per legge che si debbano fare le audizioni,
la difficoltà è che la gran parte dei capi degli uffici
viene dall'avere fatto il soldato semplice,
cioè o il giudice o il sostituto.
Io credo per la verità che al livello dei capi,
specie degli uffici più importanti,
il gioco delle correnti non abbia inciso.
Cioè alla fine quelli che dovevano essere nominati sono stati nominati.
Magari non è stato nominato nella città,
ma piuttosto in quella B,
ma quelli erano, non è che sono rimasti fuori,
per quello che noi stessi, fra di noi ci conosciamo,
personaggi eccezionali che non hanno avuto l'incarico di procuratore
della Repubblica o di Presidente del Tribunale.
Sul livello invece intermedio,
c'è Presidente di sezione dei Tribunali,
della Corte d'Appello,
qualche volta anche Procuratore,
aggiunti il gioco delle correnti è pesato di più.
Ma perché pesa di più?
Perché è facile che per uno stesso posto
ci siano tre, quattro, cinque candidati
più o meno equivalenti.
Più o meno equivalenti sulla base dei curriculum,
delle esperienze
e probabilmente per quello che giravano le voci nel nostro ambiente
più o meno equivalenti anche nella sostanza.
A questo punto è chiaro che il gioco delle correnti è pesato.
Questa è la mia personalissima sensazione.
Dopodiché nominare i capi degli uffici giudiziari,
intanto bisogna rendersi conto che gli uffici giudiziari sono tanti,
duecento e passa fra procure,
poi devi raddoppiare quei tribunali,
più le corti d'appello,
cioè si richiede un livello qualitativo
a un numero elevatissimo,
abbastanza elevato di persone.
Quindi non ci si può fare manco l'illusione di avere dei fuoriclasse
pure al presidente del tribunale
dell'ultima cittadina della Calabria o del Piemonte.
Dopodiché la selezione,
la difficoltà nasce che normalmente sono soldati semplici
che aspirano a diventare ufficiali, diciamo.
Io penso che ancora una volta,
qua per esempio quello che è lo spirito del tempo è controindicato,
perché oggi si vuola,
alcune delle correnti della magistratura dicono
che chi ha fatto un incarico direttivo
deve tornare a fare il soldato semplice.
Errore tragico,
perché tu non puoi diventare Presidente o Procuratore del Tribunale di Roma
se prima non hai visto come funziona
un ufficio medio piccolo o medio grande.
Non puoi diventare da sostituto Procuratore di Roma.
E poi da Procuratore di Roma devi tornare per due anni
di Roma, di Milano, di Torino,
a fare il sostituto per poi magari dopo X anni, non si sa bene.
Torniamo al discorso fondamentale prima della cultura.
Cioè bisogna rendersi conto che qua il problema non è di mortificare
l'ambizione che è una malattia professionale dei magistrati,
è il problema di rendere il servizio giustizia il migliore possibile.
Sotto questo profilo,
se uno ha fatto bene il Procuratore della Repubblica
in un ufficio di medie dimensioni,
va preferito a quello che ha fatto il sostituto o il giudice.
Ma per forza di cose devi imparare centomila cose
che non sono scritte nel codice di procedura penale.
Purtroppo lo sfido dei tempi non è in questa direzione.
Comunque non c'è da farsi illusione,
secondo me e secondo anche l'esperienza,
sui criteri dati o dalle circolari o dalla legge troppo dettagliati,
perché più sono dettagliati i criteri di nomina,
aumenta paradossalmente la possibilità per chi nomina di scegliere,
facendo pesare un criterio piuttosto che un altro.
Ed aumenta esponenzialmente, come abbiamo visto negli ultimi tempi,
la possibilità per il giudice amministrativo di dire
che ti sei dimenticato questa virgola,
che ci voleva il punto e virgola,
e quindi annulliamo e ricominciamo.
Io ringrazio entrambi.
Davvero è stata una chiacchierata molto molto stimolante,
credo, spero anche illuminante.
E naturalmente auguro grandi fortune al libro.
A entrambi gli autori di entrambi i libri.