'Manifesto anarca-femminista' di Chiara Bottici
Ciao Chiara, io sono Claudia Durastanti e oggi ho il piacere di presentare l'ultimo saggio di
Chiara Bottici, Manifesto Anarca Femminista. Saluto anche tutti quelli che ci stanno seguendo,
che seguiranno questa conversazione registrata. Chiara Bottici è filosofa, insegna filosofia e
dirige e coordina il programma di Gender Studies e Sexuality alla storica e leggendaria New School
for Social Research. Sono molto contenta, grazie Chiara, per la disponibilità a fare questa
conversazione. Faccio prima un preambolo su che cos'è questo testo. È un modo per, direi,
introdurre, probabilmente considerata la diffusione e la conversazione attorno al filone
femminista del pensione anarchico, come in questo specifico, proprio la posizione anarca femminista,
uno slittamento linguistico importante di cui parleremo in questa conversazione.
Ai lettori e alle lettrici italiane, questo è un saggio che tra l'altro Chiara ha scritto in
inglese, è uscito per la Bloomsbury Academic, adesso l'ha pubblicato alla terza con la traduzione
di Agnese Diricio. Quindi è un modo per introdurre e smuovere una serie di concetti dati nel momento
in cui pensiamo alle forme dei femminismi contemporanei, soprattutto con un taglio
radicale. La mia prima domanda è sul formato che hai deciso di dare a questo testo. Se voglio
ripercorrere un po' una serie di letture, un'educazione sentimentale, dei testi critici
fondamentali, manifesto una parola che chiaramente associamo al marxismo o al cyberfeminismo di Don
Haraway, ci muoviamo comunque nell'orizzonte di un formato che è di impatto assertivo. E dato che il
tuo libro invece contribuisce un po' a smuovere, a decentrare una serie di pensieri dati per
perfissi, mi interessava, un po' mi incuriosiva questa fluidità tra un genere così di impatto
dichiarativo come il manifesto e invece un contenuto che invita proprio a restare aperti
e aperte. Ma questa è anche un'altra cosa di cui parleremo. Quindi se proprio ci volevi raccontare
perché manifesto? Grazie intitutto per la domanda, è un ottimo modo per iniziare. Penso che coglie
proprio il punto centrale del testo. Ho iniziato a lavorare questa tematica prima per un libro
di diciamo di più grande respiro, che appunto è uscito in inglese, uscirà anche in traduzione
per la terza. Sono 300 pagine di filosofia, si chiama infatti Anarca Feminismo, in cui si
ricostruisce tutti, diciamo, diversi aspetti di questa tradizione di pensiero. Il manifesto è
nato invece da un grido di disperazione. Mi avevano invitato a presentare in una serie di
lecture sulla questione, diciamo, mi avevano chiesto di scrivere un manifesto e tra i manifesti
possibili che si poteva scrivere, ho sentito letteralmente l'urgenza di scrivere un manifesto
che situasse il femminismo in un contesto in cui non può venire copiato, come abbiamo visto,
essere successo di continuo dalle élite al potere. Quindi da un lato c'è il senso dell'urgenza di
articolare una forma di femminismo, quindi un grido di dolore. I manifesti sono un po' un grido
di dolore, se no si scrive delle lettere, se no si scrive dei trattati. Se uno scrive un manifesto
è perché avverte l'urgenza critica del momento e molto spesso la si avverte proprio sulla propria
pelle. Sicuramente è il caso di questo testo, insomma, che articola una filosofia anarcha
femminista più che ricostruire una tradizione, più che inserirsi in una tradizione. Ecco, questo
forse va detto sin dall'inizio. Tu parlavi del tentativo, insomma, di rientrare, fornire una
mappatura di questo filone femminista del pensiero anarchico. Ho iniziato a lavorare sulla tematica
con questa idea, ma più ci lavoravo più mi rendevo conto, anzitutto, che l'idea di una tradizione o
di un canone anarcha femminista è una sorta di contraddizione interna. Il marxismo, infatti,
fa riferimento a un preciso filone di pensiero, addirittura a un preciso nome, Marx, che poi
può essere declinato come marxista, marxismo, diverse, però ha un punto di riferimento unico,
diciamo, un corpus di scritti e si può discutere anche, appunto, relativamente a questo corpus
di scritti cosa appartiene al marxismo, cosa non appartiene al marxismo. Nel caso dell'anarca
femminismo, in realtà, questo non è possibile e quindi più facevo ricerca, ho fatto ricerca per
dieci anni su questa tematica, più facevo ricerca più mi rendevo conto che non solo chi aveva
veramente sviluppato una filosofia anarcha femminista non era particolarmente interessato
a costruire scuole di pensiero o canoni da sacralizzare, cosa che corrisponde appunto
alla tradizione stessa, ma anche che le forme più interessanti e, come dire, più vicine a quella che
secondo me era, diciamo, da un punto di vista contemporaneo la parte più attuale di una filosofia
anarcha femminista non si definisce necessariamente tale, cioè chi sviluppa una filosofia anarcha
femminista non va necessariamente a giro dicendo ecco siamo parte di questa tradizione di pensiero,
vogliamo difendere questo canone che si è costruito nel tempo, questi sono i suoi santini,
questi sono i suoi testi sacri. In una filosofia anarcha femminista questo non è possibile e credo
che sia un po' la sua debolezza, la ragione per cui è rimasta storicamente meno visibile, ma credo
che oggi sia anche la sua forza. Sì, hai già anticipato la domanda che volevo fare, io condivido
insomma questo spirito di emancipazione dal pensiero genealogico in un certo senso che
quasi inevitabilmente diventa un pensiero gerarchico, però nell'ambito proprio di un
ragionamento sulla diffusione anche spaziale mi ha colpito che un nome di riferimento che fai,
una figura che io non conoscevo proprio del pensiero anarcho femminista all'epoca,
lo definisco così per una questione di storicizzazione, è Zhen, spero che sia la
pronuncia corretta questa pensatrice cinese attiva nei primi anni del novecento. Allora,
inevitabilmente se consideriamo al periodo storico, al contesto, al mondo in cui operava
e pensiamo oggi cosa nell'ambito dei femminismi si è diffuso, è diventato popolare o è diventato
mainstream o è diventato maggioritario o dominante, è chiaro che parlando della ricezione
delle nuove ondate del femminismo in Italia, l'intersezionalità che oramai 30 anni se vogliamo
di vita, in un certo senso di operatività nel contesto americano, è forse stata la novità più
recente che si è proprio diffuse su una base popolare anche nei femminismi italiani. Allora
ti volevo chiedere, tu accennavi prima alla forza, alla debolezza, perché in parte è una
risposta che dai nel racconto che fai nel manifesto sul fatto che è più difficile che un pensiero che
proprio si occupa della questione non di smantellare l'ordine, ma di cercare l'ordine senza degli
ordinanti, perché poi va a mettere in discussione l'entità statale, lo Stato sovrano in sé è
chiaramente una posizione di margine, di nicchia, di suo, questo vale per il pensiero anarchico in
generale e quindi di conseguenza anche per questo tipo di filone, però volevo ci raccontassi un po'
come mai alcune interpretazioni o scuole di pensiero correnti sono diventate così forti,
guidano la conversazione e qualcosa che invece ha una sua dimensione provocatoria, ma nel senso
benigno, come l'anarca e il femminismo, in realtà vive in questa posizione di questo tipo, questo
volevo insomma sapere. Allora, anzitutto accennavi giustamente He Jinchen, che è un'autrice che
diciamo ha sofferto soprattutto della censura, appunto si tratta di una delle fondatrici del
femminismo cinese, che apparteneva a un gruppo e tra le altre cose è quello che ha tradotto,
oltre ai testi anarchici, ha tradotto il manifesto comunista in Cina, è attualmente bandita, non la
si può leggere, infatti io ne ho scoperto l'esistenza tramite delle antologie di pensiero
anarcha femminista, che ne riportano frammenti, poi ho scoperto che esiste una traduzione francese,
quindi non letta in francese, e poi proprio di recente hanno tradotto alcuni pezzi del suo
lavoro anche in inglese. Credo per esempio che in italiano non sia disponibile, anzi questa sarebbe
assolutamente un'autrice da tradurre. La cosa che colpisce leggendo questi testi che sono stati
scritti all'inizio del novecento è l'incredibile attualità, quindi diciamo, nella misura in cui
io mi sono resa conto che il femminismo, sia che sia il femminismo accademico, sia che sia il
femminismo che domina nella sfera pubblica, in realtà riproduce una visione estremamente
ristretta della tradizione femminista. Questo già per me era un po' la contraddizione principale.
Ecco, come può essere che pur avendo attraversato diversi continenti e che io,
rendomi tratta che sia New York, che io sia in Brasile, che io sia in Australia,
perché i punti di riferimento per il dibattito femminista sono sempre quelle tradizioni di
pensiero sviluppate in 3-4 paesi, fondamentalmente. A quel punto mi sono resa conto che c'è dentro la
tradizione femminista un pregiudizio eurocentrico che in realtà è una struttura che si trova non
soltanto all'interno del femminismo, ma all'interno della cultura in generale,
che vige non solo in Europa, ma anche nel resto del mondo, che tende a escludere le voci che non
appartengono a, diciamo, il canone costruito sulla base dell'eurocentrismo. E questo è stato il
primo ostacolo. Non appena ho iniziato a ricercare quali sono le voci femministe più interessanti
dentro la tradizione anarchica, mi sono accorta che non appena uno va a cercare le antologie del
pensiero classico, e lì ho scoperto che è anarchico, trova cosa? I soliti 4-5 uomini,
o europei o come Bakunin e Kropotkin, russi che però hanno vissuto e operato principalmente in
Europa. Questa è stata la prima scoperta che se uno inizia da il canone, quello che viene presentato,
con una contraddizione come il canone, il pensiero anarchico, non trovi il femminismo. Uno perché non
trovi figure di donne che hanno fatto esperienza diretta dell'oppressione di genere o, diciamo,
coloro che appartengono al secondo sesso. Uso il termine secondo sesso in modo allargato rispetto
al concetto tradizionale di De Beauvoir per indicare tutti quelli che sono esclusi dal primo,
cioè tutti quelli che non sono cis men, uomini diciamo, in italiano si dice anche cis? Per me il
secondo sesso include tutti quelli che sono messi in una posizione secondaria rispetto a quelli che
approfittano o che si trovano nella situazione strutturale di godere di privilegi dovuti alle
strutture di genere. Paradossalmente per me il primo dato allarme è come può essere che se
anarchismo vuol dire quella filosofia che mette in discussione tutte le forme di oppressione,
come può essere che il sessismo e l'eurocentrismo non vengano messi in discussione e che quindi si
costruiscono dei canoni di pensiero anarchico che contengono questa contraddizione performativa
al loro interno, cioè tu hai una filosofia che invita a mettere in discussione tutte le forme
di oppressione costruita attraverso un canone che di fatto perpetua l'oppressione del secondo sesso.
Stessa cosa rispetto all'eurocentrismo perché tutte queste voci che pure circolavano e che
hanno circolato e che in un movimento anarchico anzi hanno costituito la parte più vitale del
movimento stesso non sono presenti nella discussione anche diciamo più accademica di quello che è
l'anarchismo e quindi lì ho dovuto fare davvero proprio il lavoro di ricerca cioè andare a scovare
dove posso trovare queste voci e quindi mettendo in discussione l'eurocentrismo, mettendo in
discussione andando a cercare se c'era una tradizione africana, andando a cercare se c'è
una tradizione cinese e questo diciamo è stata la parte come dire più consapevole della ricerca,
quella che uno dirige e va a rintracciare e cercare. Però nel processo stesso mi sono resa
conto che in realtà voci che non si definivano necessariamente anarcha-femministe ma voci come
Maria Lugones che si definisce femminismo decoloniale in realtà hanno sviluppato una
filosofia anarcha-feminista che è ancora più interessante e forse più anarcha-feminista di
quella che si trova se si va consciamente a cercare i frammenti di coloro che diciamo
hanno usato l'etichetta stessa anarcha-feminismo. E questa è una cosa che il lavoro di Marcus Bay
che è un pensatore molto giovane americano che si occupa di trans-anarchismo di colore,
scrive appunto in diversi dei loro volumi, la stessa cosa vale con la tradizione del black
anarchismo. Cioè molti dei pensatori e delle pensatrici all'interno del femminismo nero
negli Stati Uniti anche se non si definiscono anarchici però hanno delle concezioni che sono
estremamente vicine a quello che si intende con filosofia anarcha. L'idea è che per mettere in
discussione l'oppressione di genere bisogna mettere in discussione tutte le altre. Ad esempio
quel testo che viene citato moltissimo del Combahee Riverside Collective, considerato come uno dei
testi fondatori del pensiero femminista nero radicale negli Stati Uniti, inizia con questa
dichiarazione se le donne nere che appartengono alla classe lavoratrice americana fossero libere
allora tutti dovrebbero essere liberi. Cosa vuol dire un'affermazione del genere? Vuol dire che per
chi è posto come nel caso appunto di questo collettivo di donne lesbiche working class
nere negli Stati Uniti ti trovi a fare esperienza di forme di oppressione che sono talmente connesse
l'una all'altra, talmente vicine l'una all'altra che se per diciamo smantellarne anche solo una
le devi smantellare tutte. Ecco appunto il senso della loro affermazione se le donne nere fossero
libere allora tutti lo sarebbero che poi appunto è un po' quello che è il senso di un manifesto
anarcha femminista cioè lo slogan è se o tutte o nessun sarà libero cioè o tutte ma intendendo
quindi non solo le poche donne privilegiate che stanno ad assumere una posizione di privilegio
ma o tutte le donne e tutti gli esponenti del secondo sesso sono liberi o nessun lo sarà.
Si no e mi riaggancio a questo attraverso qualcosa che dici tu stessa nel manifesto
ma nello specifico considerato nello specifico qual è l'esperienza razionalizzata d'oppressione
americana se le donne trans nere americane sono libere allora tutte e tutti sono liberi
perché in questo momento statisticamente l'istituzione carceraria colpisce particolarmente
quel tipo di soggettività e di persone e di corpi e quindi ne approfitto perché...
Vedi già bene qui come il perché anarcha femminismo no? Quando quelle del Combahee
Riverside Collective avevano scritto il loro manifesto dalla loro posizione pensavano ok
siamo lesbiche quindi oppresse dall'eteronormatività oppresse in quanto lavoratrice oppresse in quanto
nere peggio di così non può essere siamo noi che rappresentiamo diciamo un punto di vista più
radicale da cui esperire il tipo di oppressione. Ecco oggi da un punto di vista delle statistiche
vedi che ci sono sempre degli altri come dire forme di vissuto dell'oppressione che sono ancora
più radicali oggi per esempio se si vede alle statistiche di chi viene messo in prigione di
sicuro le donne trans sono le più colpite però c'è mai un limite a questo e vogliamo fare la
classifica dei più oppressi? No ecco perché la necessità di tenerle aperte. E appunto a questo
mi ricollego c'è una delle parti e mi rendo conto che una domanda complessa più interessanti del
testo è quando ragioni sulla trasformazione no dell'idea di donna di quello che associamo al
sesso al genere cercando di superare questa impostazione anche falsamente naturalizzata
no del binarismo di genere che in realtà invece è una sorta di idea tecnica invenzione che lo
stato sovrano mette in pratica per disciplinare e ordinare che soprattutto è eurocentrica perché
nel momento tu citi fra i vari esempi quando parlavi prima delle fonti in questo senso mi
ha ricordato pur essendo un testo diverso ho iniziato a leggere l'alba di tutto di David
Graeber no di David Van Gogh che messo in crisi non avendolo finito non posso insomma raccontare
la mia posizione rispetto al testo però già il fatto che si sia scardinato ampliato tantissimo
non un ruolo di riprove o di conti soprattutto prese dalle esperienze indigene per mettere in
discussione questa idea di stato di natura no di innocenza rossiana è interessante e in questo
senso nel tuo libro vedo la stessa volontà no di smuovere una serie di pensieri fissi è un qualcosa
di distintivo è chiaro che quando noi cresciamo leggiamo facciamo esperienza no della sessualità
o delle idee che stanno attorno alla sessualità la mia idea di donna oggi non coincide assolutamente
con quella che io avevo 8 10 anni in un certo senso neanche senza interfacciarmi col pensiero
transgender o pensiero queer è proprio l'idea anche la più eteronormativa se vogliamo no di
donna cambia perché in costante mutamento perché ci sono una serie di trasformazioni storiche
politiche ambientali che interagiscono con la percezione della femminilità e allora partendo
da questo che io considero una esperienza naturale spontanea no dei viventi è chiaro che attualmente
la categorizzazione la resistenza all'opposizione transfobica all'interno dei femminismi di alcuni
femminismi è qualcosa che mi mette in una grande difficoltà ma che soprattutto fatico a capire da
un punto di vista filosofico e cognitivo è una delle parti più belle del tuo testo appunto in
cui usi quest'idea la filosofia del trans individualismo in un certo senso per parlare
delle persone e quindi anche di chi si identifica si riconosce diventano oltre si trasforma in donna
di essere dei processi in qualche modo dei processi aperti e quindi ti volevo chiedere
da pensatrice e da critica cosa pensi che sia dovuto in questo momento questa opposizione
resistenza così forte non nell'idea di persone che sono processi anche di donne che sono
processi? Si questa è una domanda assolutamente centrale e ancora una volta accogli uno dei
motori principali di questo progetto perché appunto dico sempre sono scappata dall'Italia
di Berlusconi e sono finita nell'America di Trump e cosa si vede? Si vede che cosa voglio
dire con questo? Voglio dire che mentre le varie posizioni femministe lottano e si accaniscono
l'una con l'altra in particolare adesso con il femminismo transfobico e quello trans inclusive
è diventato qui negli Stati Uniti uno spettacolo penosissimo e per me la domanda centrale è stata
proprio come possiamo costruire un femminismo che non crei altre strutture di oppressione?
Ecco questa è veramente per me la domanda centrale, questo ovviamente ha richiesto anche
un processo di riflessione su cosa crea, quali sono le fonti della transfobia. Allora anzitutto
c'è ovviamente, possiamo speculare sulle ragioni psicologiche, psicoanalitiche che diciamo
guidano atti transfobici in singoli individui o in certe società e non è a caso spesso che i più
transfobici sono i più repressi e quindi diciamo lì c'è tutto il flusso psicoanalitico che fornisce
delle risposte. In quanto filosofa a me stava a cuore cercare di capire le ragioni filosofiche,
cioè diciamo quelle che ci adduciamo o quelle che come dire più o meno esplicitamente assumiamo
come cosiddetti dati di fatto. Cosa assumiamo come dati di fatto? Che una donna è ecco un
individuo dato lì che ha certi genitali, certi cromosomi, certi ormoni, ecco questa è una donna.
Allora in questa operazione si concepisce i corpi come letteralmente degli individui, cioè come
qualcosa che è dato e che non è ulteriormente separabile, cioè qualcosa di primario e sappiamo
da vari lavori sull'emerge della nozione di individuo nell'epoca moderna che questa è una
concezione del corpo legata che emerge ad un certo punto anche all'interno della filosofia
occidentale in una certa epoca che si produce a diciamo certe conseguenze che vanno insieme
a quell'apparato concettuale e anche economico e politico che è la modernità e che si può
riassumere con l'etichetta di individualismo moderno. Cos'è l'individualismo moderno? È
l'idea che il dato primario con cui diciamo la lente con cui guardiamo al mondo è un mondo
costituito da diverse individualità, cioè individuo cose che non possono essere ulteriormente
separate dentro di sé. Ricercando la tradizione o quella che per me era la filosofia anarcha
femminista al di fuori dell'occidente nel pensiero indigeno ma anche appunto le influenze taoiste per
esempio nel pensiero di He Jinchen che accennavi prima, ciò che ho scoperto è invece una visione
del corpo, dei corpi, come risultato di procedi di formazione, di individualizzazione che avvengono
sempre al di fuori dell'individuo stesso. Per cui parlare di individualità diventa forviante,
cioè l'idea che ciò che tu vedi andare a giro siano individui dati è una visione appunto che
possiamo piazzare in un certo momento storico, forse non è destinata a rimanere lì per sempre.
Ecco, il tentativo di sviluppare questa filosofia del transindividuale che in realtà nel libro
poi faccio usando da un lato la filosofia transindividuale di Spinoza che è una forma
di filosofia completamente moderna ma anche molto eccentrica dentro la modernità occidentale,
non è caso che Spinoza occupava una posizione davvero particolare all'interno dell'ontologia
e della filosofia moderna europea e dall'altro traendo anche però ispirazione dal buddismo e
dalla nozione di pratitia samuppada che è spesso tradotta come interdipendenza, l'idea che ogni
essere dipende dall'altro. Allora interdipendenza è un termine che ci dice che le cose sono date
ma dipendono l'uno dall'altro, ciò che la transindividualità fa è di andare un passo
oltre e di dire non è che individui già costituiti si trovano a dipendere l'uno dall'altro,
la transindividualità ci dice che gli individui sono tali in quella specificità solo perché sono
tutti transindividui, esistiamo tutti come processi di individuazione all'interno di
network che sono sia sovraindividuali, interindividuali ma anche infraindividuali,
l'ispirazione spinosista è l'idea che ogni corpo è composto di altri corpi, cosa che tra l'altro la
filosofia della biologia contemporanea in particolare con l'idea del symbiont ci dice
essere esattamente la stessa cosa. Quindi questa operazione filosofica che mette insieme pezzi
della filosofia spinosista con pensiero indigeno e biologia contemporanea mi sono detta ma se
invece di vedere i processi di definizione di genere all'interno di questo individualismo
che abbiamo aneditato dalla modernità europea iniziamo a concepire i corpi come tutti tra
processi di definizione che sono per definizione trans, non vuol dire transgeneri ma transindividuali
nel senso appunto che si determinano, si individualizzano attraverso relazioni inter,
sovra e anche infraindividuali. Ecco se iniziamo a guardare le questioni di genere in questa ottica
secondo me si sfalda anche la matrice ideologica della trasfobia perché invece di essere un'eccezione
da accettare il processo di transizione di genere diventa uno dei tanti modi di individualizzarsi
in quanto donna per cui che uno sia nato e sia venuto come dire sia stato categorizzato come
donno uomo alla nascita diventa solo uno dei tanti processi di individuazione che si attraversa per
cui chi come me non ha effettuato una transizione di genere ha costruito la propria transindividualità
accettando e negoziando questa assegnazione di genere alla nascita, chi è diventato donna
mettendo in discussione l'assegnazione di genere che è stata data alla nascita ha effettuato un
processo di divenire donna diverso ma non per questo meno legittimo in questo modo. Quindi
diciamo per mettere insieme la risposta credo che all'origine della trasfobia sia l'ansia come dire
psicologicamente generata da questa apertura, la paura che questa apertura nei confronti del
del genere che sta diventando fluido cioè che ci piace o meno, queste forme come dire anche
estremamente caricaturali di reazione transfobica sono una conferma di quanto in realtà il movimento
femminista sia potente al momento e quindi le reazioni sono ancora più violente a mio avviso
proprio perché c'è un senso di una potenza del movimento, è un potenziale del movimento
femminista trans inclusive in particolare che fa paura e di qui la reazione è altrettanto violenta.
Si approfitto di questa parola che hai utilizzato che è potente perché è uno dei primi concetti
che associamo al potere e la sua assenza o la sua perdita e io credo che questa riflessione
anarca femminista potrebbe essere utile nello specifico nel contesto italiano e non è una
pagina che voglio aprire però sulla questione proprio della lingua, questo timore che la
diffusione del neutro al tentativo di immaginare una lingua che sia più inclusiva comporti una
sorta di perdita di un potere di un capitale accumulato dall'ordine simbolico femminile che
finalmente in qualche modo conquista spazi nella lingua attraverso il sovrasteso femminile si vede
già defraudato da qualcosa che invece in qualche modo è un ritorno del potere antecedente sotto
mentite sfoglie. Ecco io trovo che questa discussione impostata proprio su questa acquisizione o perdita
di potere sia un po' un preinteso e che però è molto diffusa se pensiamo leggendo il tuo manifesto
ragionavo su questo entusiasmo che spesso nell'ambito della letteratura young adult o
della rilettura dei miti è molto somatica in un certo senso perché si sostituiscono gli eroi in
qualche modo i protagonisti degli antichi miti con delle eroine oppure con delle soggettività
gender fluid però le dinamiche di potere restano inalterate in qualche modo quindi una sorta di
atto di travestitismo che ha dei suoi effetti stilistici e voglio dire sono anche delle letture
magari piacevoli ma non necessariamente nuove e allora questo è qualcosa a cui ho pensato perché
appunto il tuo mi invito invece a distrutturare proprio quel concetto di acquisizione del potere
o di posizione no gerarchicamente costituita una domanda che ti volevo fare però è appunto perché
c'è una parte del libro volevo tu la mettessi più a fuoco in cui dici questo invito a restare aperte
no questo invito a restare aperti però senza negare la dimensione della differenza in qualche
modo perché questa idea che si resta totalmente aperte viene facilmente strumentalizzata no è
come questa idea soprattutto dalle destre di dire è un mondo in cui tutto equivale a tutto e non ci
sono riconoscimenti no di alterità che pure hanno una loro funzione nel modo in cui noi organizziamo
la nostra vita effettività e rapporto con gli altri quindi volevo ci raccontassi un po come
tiene insieme questa idea di apertura e di specificità e differenza ancora una volta domanda
utilissima grazie perché mi consenti appunto di dichiarire ancora una volta un nodo centrale di
questo processo di definizione di una filosofia narca femminista che in realtà appunto è proprio
come la filosofia stessa è trans individuale quindi si inutile di questi scambi e arricchimenti
continui quando l'ho scritta iniziamo la questione della lingua quando l'ho scritto ho scritto
manifesto ovviamente in inglese le cose erano molto sono molto più semplici perché l'inglese
come tu pensai in quanto traduttrice è molto più d'utile su queste questioni di genere per cui
lo slogan del manifesto era assolutamente non solo gender neutral all inclusive cioè either all or
nobody will be free con either all intendevo proprio tutto cioè non solo uomini donne trans
lgbtq plus third spirit due spiriti che è il nome che usano un nome ombrello usato da diverse
indigenous tribes per definire le solidità fluide in termini di genero di orientamento
sessuale con all intendo non solo tutti gli umani ma anche i quelli il più che umano ok e questo
è nel come fai a tradurre questo concetto di either all quindi incluso o l'intero pianeta è
libero o nessuno sarà libero in italiano non si può perché anche se dici tutto devi scegliere fra
tutto tutta tutte tutti o tutt'o l'opzione della sfa che teniamo anche presente che in la persona
che ha tradotto il manifesto stessa cioè ecco qui non so cosa fare e alla fine ci siamo accordati
per questa versione dello slogan che in realtà recupera un po la differenza cioè la versione
dello slogan che abbiamo usato è o tutte o nessun sarà liber cosa vuole cosa si voleva suggerire
con questo che è diverso della versione dello slogan che è uscito in inglese cioè si voleva dire
che l'aprire come ha forme di scrittura diversa come appunto l'asterisco lo sfa l'uso di forme
neutrali non vuol dire necessariamente eliminare la possibilità di usare definizioni come appunto
la e al finale per significare in questo caso che la liberazione del terro pianeta dalle forme
del dominio capitalista e ratale deve comunque anche passare attraverso la liberazione di coloro
che si percepiscono come appartenenti al secondo sesso quindi diciamo l'invito a essere aperti
tutti o nessun sarà libera va insieme a una rivendicazione della necessità di non dimenticarsi
del femminismo ecco perché appunto si chiama manifesto anarcha femminismo e non semplicemente
manifesto anarchico cioè manifesti anarchici ne abbiamo visti moltissimi per esempio negli
stati uniti adesso c'è una parte della tradizione come dire anarchica che usa il concetto la forma
diciamo lessicale della x alla fine quindi woman x anarchist x feminist x invece di dire
anarcho o anarcha femminismo io ho fatto proprio volontariamente la scelta in inglese ma anche in
italiano di usare in realtà questo termine che non è un neologismo anarcha cioè non anarcho
femminismo ma anarcha femminista per dire sottolineare questo fatto cioè che l'invito a essere
aperti e l'invito a usare le forme neutre non vuol dire necessariamente il l'escluso della differenza
anzi che la differenza si può dare solo se si tiene questa dimensione dell'apertura e diciamo
filosoficamente il modo per tenere insieme queste due dimensioni per me è questa idea della
filosofia del transindividuale dove ogni individualità che sia io o questo bicchiere
d'acqua è sempre un essere costituito da processi di individualità di individuazione
che avvengono a questi diversi livelli cioè a partire da il legame tra le molecole che
tiengono insieme ciò che costituisce l'acqua che però guarda le molecole piccolissime dell'acqua
collegano questo bicchiere d'acqua con tutto l'Hudson River da cui viene l'acqua di New York
e quindi tutti i circuiti diciamo davvero a livello sovraindividuale che collegano non solo
le acque del Hudson River ma con meccanismi di condensazione e formazione delle acque che sono
davvero planetari ecco davvero l'apertura nel senso del either all or nobody will be free.
No, tra l'altro occupandomi di traduzione mi rendo conto che forse le soluzioni più felice
da questo punto di vista sono fatte sia di invenzione in qualche modo di apertura però
senza rinunciare a dei mezzi che tu hai già a disposizione linguisticamente anche perché consentono
una maggiore accessibilità quindi quello che sto notando anche nel campo della scrittura
narrativa è un po' alternanza tra i tipi di sovraesteso che si possono usare in lingua
italiana o come hai fatto tu appunto questa alternanza di mettere accanto questi due momenti
in cui in qualche modo riesce ad aggirare questa inerzia luttuosa ossessionata un po' da quello
che si perde io credo che il momento dell'invenzione può stare accanto a quello di quello che hai già
in qualche modo conosci a disposizione. Io avrei mille domande anche una soprattutto entrando
sull'elemento del lavoro di cura del lavoro nascosto che è un altro aspetto che tu tratti
insomma nel libro dove appunto oltre a parlare di femminicidio parli di gendericidio per far
capire come anche da quel punto di vista quando si analizza il tipo di violenza viene applicata
viene applicata tutta una serie di secondi sessi che quindi in qualche modo ampliando l'idea
familiare che abbiamo di un secondo sesso definito e dato e appunto dato che si tratta di un manifesto
che ha i suoi slogan e i suoi ritornelli io lo volevo far sentire prima di salutarci e quindi
se ci leggevi la parte finale che è quella un po' più appunto di invito a una messa in pratica
di questo tipo di ispirazione e di letture che è fine ma anche mezzo. Fine che è anche mezzo.
Con piacere e sì solo per sottolineare questo elemento prima della cura che mi inviti a fare
il termine gendericidio appunto non so neanche se credo che sia un neologismo insomma di sicuro
lo era in inglese gender side ma è proprio come tu dici la lingua non è qualcosa proprio come
anche quella un'individualità quindi non è qualcosa che ossificato e che non cambia mai
è qualcosa che si dà in un processo e quindi davvero spero che avremo anche altre occasioni
di discutere e confrontarci su questo tema. Davvero abbiamo a nostra disposizione sia
quello che ereditiamo dal passato ma anche quello che con la nostra individualità se a sua volta
è il risultato di un processo possiamo creare per cui appunto perché non come dire lasciare
aperta questa porta ecco perché chiuderci dietro a questa idea assolutamente falsa che le cose sono
date in un certo modo e non possono essere date altrimenti le cose hanno sempre cambiato e non
c'è nessuna ragione di pensare che abbiano smesso di cambiare per l'appunto adesso. E con questo la
conclusione che però è anche un inizio del manifesto anarcha femminista. Non c'è e non può
esserci un programma definitivo per un manifesto anarcha femminista la libertà è il fine ultimo
e sarebbe contraddittorio pensare di porterla a raggiungere per mezzo di qualcosa di diverso
dalla libertà stessa. Anarchismo significa qui metodo, metodo per identificare le forme di
dominio e non modello che può essere dato una volta per tutte e applicato allo stesso modo in
tutti i contesti. Questo non significa che non possano non debbano esserci programmi specifici
adatti alle diverse situazioni. Programmi d'agende politiche di questo tipo sono e devono essere
moltissimi. Nello stesso modo in cui i corpi sono plurali e plurali sono le forme della loro
oppressione altrettanto plurale deve essere la strategia per combattere questa oppressione. Ma se
la libertà è al tempo stesso il mezzo e il fine allora è possibile immaginare un mondo libero
dalla stessa nozione di genere e dalle strutture oppressive che è stata creata. Dal momento che i
corpi genderizzati sono ancora oggetto di sfruttamento e di dominazione a livello globale
abbiamo bisogno di un manifesto anarcha femminista qui e ora. Momenti critici richiedono mezzi
critici e i manifesti sono adesso, lo sono sempre stato in passato, un'espressione di urgenza
critica. Quegli anarcha femministi però non possono essere costruiti come una scala di cui
potenzialmente disfarsi una volta giunti alla cima. Il fatto che dobbiamo aspirare ad un mondo
che sia al di là di quell'opposizione tra uomini e donne, di quel binarismo di genere che consente
di porre i primi sopra le seconde e dunque in un certo senso aspirare ad andare al di là del
femminismo stesso è in effetti implicito nell'atto stesso di intraprendere questo processo anarcha
femminista. Contrariamente ad altri manifesti, quell'anarcha femminista non può che essere
aperto e soggetto a continui sviluppi così come la filosofia del trans individuale che lo nutre.
Anche se ci assumiamo piena responsabilità per il suo contenuto questo testo è già il prodotto di un
processo trans individuale di azione, riflessione e scrittura e nel testo uso sempre il noi che è un
buon esempio di come si può mettere insieme qualcosa della tradizione, l'italiano che usa il
noi nella scrittura con l'innovazione concettuale dell'idea che il nostro io è sempre un noi perché
siamo sempre esseri trans individuali e quindi così scrivo anche se ci assumiamo piena
responsabilità per il suo contenuto questo testo è già il prodotto di un processo trans individuale
di azione, riflessione e scrittura. Il processo del pensare assieme a tutti gli eventi, le idee e
le pratiche femministe in cui ci siamo imbattute nel corso della nostra vita. Speriamo che chi tra
voi possa trovare dentro di sé anche il minimo impulso anarcha femminista si unirà allo sforzo.
Il processo è in aree stabile e questa volta siamo disposti ad andare fino in fondo fino a che gli
ultimi detriti dell'ordine uomocratico attuale non collasseranno su se stessi e tutti gli esponenti
del secondo sesso saranno liberi non una di meno o tutte o nessuno sarà libero. Grazie. Grazie
grazie Chiara allora aspettiamo il testo che verrà attorno a questo che uscirà per la terza
e grazie a chi ci ha seguito. A presto.