'Ebrei e capitalismo: Storia di una leggenda dimenticata'
Buongiorno, credo che possiamo incominciare salutando chi ci ascolta e dando il benvenuto
a Francesca Trivellato, una storica italiana che insegna negli Stati Uniti, a Princeton
insegna storia economica, in particolare dell'età moderna e ha pubblicato, ora tradotto
da La Terza, pubblicato dapprima nel 2019 negli Stati Uniti, questo Ebrei e capitalismo,
storia di una leggenda dimenticata, edito da La Terza, che io ho trovato non soltanto
interessante e appassionante, ma anche, per concludere con questi aggettivi, un libro
impressionante e un libro che per certi versi non me ne voglia la storica molto rigorosa,
anche nelle sue note, anche nella sua bibliografia, ma talmente pieno di richiami al nostro tempo
presente da potersi considerare in qualche modo attualissimo. Il tutto parte da quella
che lei stessa, quindi credo che non si offenderà, definisce a un certo punto un'ossessione che
le è sopraggiunta scoprendo le origini di un falso storico che però ha dominato le
interpretazioni sulla nascita del capitalismo, anche per tre secoli almeno, fino alla metà
dell'Ottocento e io credo che potremmo dire anche oltre fino a tutto il Novecento, con
appunto richiami, ritorni e ancora nell'oggi, un'matrice ebraica del capitalismo fondata
su un falso storico, quello che lei chiama una leggenda. Naturalmente ora si tratterà
di descriverla, ma prima ancora salutando la professoressa Trivellato, siccome lei stessa
nella premessa del libro fa dei riferimenti sia internazionali, la campagna scatenata
contro il finanziere George Soros, considerato il burattinaio del trapianto etnico di popolazioni,
o più specificatamente lei cita anche un'intervista al Corriere della Sera di Casaleggio, del
figlio di Gianroberto Casaleggio, che cita assai a sproposito Shakespeare e Shylock,
l'ebreo Venezia, il mercante ebreo di Venezia. Possiamo dire che in questa sua ricerca storica
lei è stata spinta anche da forti interrogativi del presente? Intanto grazie Gad Lerner per
questa opportunità e questo dialogo che mi fa moltissimo piacere, oltre che onore. Sì,
non ci sono dubbi, penso, di non essere la sola tra gli storici ad essere animata da interrogativi
sul presente. Penso che le questioni che molti di noi anche accademici ci poniamo sul presente
non ci portino a distorsere il passato, ma ci portino a indagare il passato, in questo caso
a scoprirne lati che erano stati dimenticati, quindi in un certo senso a rendere il passato
meno anacronistico, paradossalmente. Questo è un punto importante, cioè non è che si pensa che
le preoccupazioni sul presente possano rendere l'indagine storica anacronistica, non sempre.
In questo caso tengo a sottolineare le preoccupazioni sul presente, così come l'uso per esempio che
faccio in questa ricerca di alcuni database per la ricerca di libri antichi, che sono ovviamente
degli strumenti anacronistici, che mi hanno consentito di ricostruire un passato che non
conoscevamo e che è più accurato. Quindi ci sono dei paradossi importanti su cui riflettere. La mia
ossessione, su cui se vuole posso commentare, era legata a un problema accademico, storiografico,
non era un'ossessione legata al presente, poi ognuno ha le proprie visioni, le proprie posizioni
sul presente. La mia ossessione era legata al fatto che a un certo punto mi sono resa conto che questa,
che chiamo la leggenda dimenticata, di cui poi parleremo nei suoi continuti più specificatamente,
era presente in moltissimi testi dalla metà del Seicento fino alla metà del Ventesimo Secolo,
e che inevitabilmente io potevo immaginarmi molti dei miei colleghi storici economici,
storici del passato ebraico, che avevano incontrato, letto questi testi e non se ne
erano soffermati su questa leggenda. Perché? Perché gli storici economici ormai sapevano
che era falsa e quindi la storia economica aveva epurato le idee inaffidabili per scrivere
una storia economica empiricamente valida. E gli storici del passato, della vita passata
del popolo ebraico, giustamente per molti versi, soprattutto dopo la tragedia della
Shoah, sono diventati particolarmente sensibili nell'affrontare i temi del rapporto tra ebraismo
e finanza, perché, inutile ripetere, gli aspetti legati al genocidio che questi stereotipi hanno
avuto. Quindi una confluenza di motivi ha fatto sì che una leggenda falsa, che pur ha modellato
aspetti del pensiero economico europeo fondamentali, sia stata estirpata dal soggetto
di studio. E questa è diventata la mia ossessione, perché ci sono moltissime idee false,
cioè la stregoneria. Lei mi dirà, molti ragazzi ancora che vanno all'università fanno dei corsi
sulla stregoneria, i grandi studi di Carlo Ginzburg sulla stregoneria, quelle sono, tutti
sappiamo, sono invenzioni per lo più dell'inquisitore. Ma la delicatezza di questo tema,
faccio sì che fosse stato messo a latere. Dice delicatezza, dice messo a latere, io aggiungerei,
forse dal mio punto di vista soggettivo, che l'ossessione, il motivo per cui io trovo
impressionante il suo lavoro, è che questa leggenda è potentissima. Questa leggenda che
va ad afferrare il tema della perfidia ebraica, della inaffidabilità, della invisibilità,
dell'insidiosità del corpo estraneo ebraico sparso dalla diaspora in tutto il bacino del
Mediterraneo in tutta l'Europa, si rigenera continuamente. Lei parla proprio di reincarnazioni
della leggenda dentro a quelle che definisce una regione carsica, sfunta come da crateri del
terreno. E questo perché è potentissima, perché è come se ci fosse un bisogno di continuare a
presentare così il mistero della persistenza ebraica millenaria nonostante la dispersione.
Questo è stato uno dei temi anche dibattuti in sede di teologia cristiana. Com'è possibile che
il popolo all'interno del quale è nato il nostro signore Gesù, intanto non abbia visto e non abbia
riconosciuto la verità che gli cresceva in seno, ma che poi nonostante questa cecità non è scomparso
ma è perdurato nel tempo e nei secoli. Tant'è che si è inventata anche la teoria secondo cui la
persistenza sarebbe dovuta così a un preciso disegno divino di additare al mondo intero il
destino nefasto che toccherà a chi non ha saputo riconoscerla quella verità. Io voglio adesso
entrare direttamente nel tema che prende come suo soggetto fondamentale un oscuro e sconosciuto
avvocato di Bordeaux del XVII secolo il quale scrivendo una sorta di manuale che raccoglie un'
antologia dei diversi codici marinari dell'epoca, questo avvocato Estienne Cleyrac scrivendo Usi e
costumi del mare, traduciamolo in italiano, butta lì a questa affermazione. Le polize d'assicurazione
e le lettere di cambio furono sconosciute all'antico diritto romano e sono un'invenzione
postuma degli ebrei secondo l'osservazione di Giovanni Villani nella sua storia universale.
Quando questi abominevoli circoncisi furono banditi dalla Francia per i loro misfatti e
crimini esecrabili e avendo visto i loro beni confiscati sotto i reni da Goberto,
Filippo Augusto, Filippo Lungo, per poter ritirare le merci e masserizzi e il denaro che avevano
consegnato o nascosto presso i loro uomini di fiducia prima di partire, la necessità insegnò
a questi furbi infami a servirsi di lettere segrete e di biglietti scritti con poche parole
e sostanza come sono ancora le lettere di cambio indirizzate coloro cui avevano affidato quei beni
e che tenevano loro bordone e tutto ciò lo fecero tramite dei viaggiatori e dei mercanti stranieri.
Ecco, con questo tono così gentile nei confronti degli ebrei si afferma che hanno fatto una grande
invenzione, le cambiali, le lettere di cambio e le polizie assicurative legate al commercio a
distanza per il quale era necessario garantirsi l'avventurosa navigazione. Intanto lei è andata
subito a verificare che Giovanni Villani non aveva affatto scritto questo? Giovanni Villani,
il grande cronista fiorentino, morto durante la peste del 1348, autore di una grandissima
cronica in cui parla di banchieri, lui stesso era impiegato in una delle grandi compagnie
commerciali, finanziarie. Lui stesso non era certo benevolo con gli ebrei? Non era benevole con gli
ebrei, non aveva delle opinioni riguardo all'usura, parla ampiamente di temi economici. Ma non si
sogna di dire che gli ebrei hanno iniziato a scrivere? Non si sogna di dire perché scrive nel
XIV secolo, quando a Firenze gli ebrei sono relegati al cambio al minuto, al cambio-supegno,
quando le lettere di cambio sono materia di cui si occupa la famiglia Medici, la più grande banca
d'Europa. Quindi tra l'altro nel 600 questo autore francese ha un'immagine distorta del
Medioevo, c'è anche un'appropriazione barocca del Medioevo, un uso politico del Medioevo,
come l'immagine di un Medioevo quando gli ebrei erano più separati dal mondo cristiano. Certo,
perché a Bordeaux, questo forse dobbiamo dirlo a chi ci segue, a differenza di quanto avveniva per
esempio a Venezia o in Toscana, gli ebrei c'erano e come, ma erano cripto ebrei, nel senso che erano
stati obbligati al battesimo e quindi ufficialmente risultavano cristiani come gli altri, ciò che non
avveniva, ripeto, in Italia a quel tempo, ma questo paradossalmente li rendeva ancora più
sospetti. Certo, perché in un mondo dove c'è il ghetto, in un mondo nel quale ci sono dei confini
netti, c'è il tentativo e in un certo senso una realtà in cui gli ebrei sono controllabili,
sono subordinati, sono una realtà chiusa. Perché ha avuto questa fortuna straordinaria la falsa
notizia secondo cui proprio gli ebrei hanno inventato le cambiali? Ecco, su questo vorrei
soffermarmi, la risposta non è brevissima, perché lei ha citato giustamente per dare
ai lettori il sapore di questo linguaggio anti-ebraico intriso anche di alcuni termini
teologici molto forti, però poi siccome il testo è anche lungo, insomma è un vituperio piuttosto
lungo, l'attacco finale di questo passaggio non sono solo gli ebrei, ma sono addirittura quei
mercanti e quei banchieri cristiani che poi presero ad imitare gli ebrei, cioè coloro che
seppure battezzati senza origini ebraiche, quindi si erano appropriati di questi strumenti
finanziari, cheppure avevano questa ombra, erano stati inventati dagli ebrei. Quindi l'accusa
peggiore che questo testo fa era a coloro che da buoni cristiani si comportavano come ebrei,
che è un'accusa terribile nel mondo cristiano premoderno, ma anche un po' impossibile da
dimostrare. Ancora oggi ogni tanto si sente dire non fare l'ebreo. E non è un'accusa che dice,
non è un'accusa specifica, in tribunale si può essere condannati alla fine di un processo per
un'accusa specifica, se si è portati in tribunale per un credito non pagato, si deve dire la somma,
se si è condannati per una forma illecita di assicurazione marittima, perché si è venduto
un'assicurazione marittima dopo aver saputo che la nave era già affondata, si deve determinare
quando la notizia era arrivata, eccetera. Quindi ci sono dei parametri entro i quali un giudizio dal
punto di vista legale, anche in un mondo premoderno, veniva emesso. Invece questi attacchi che si
trovano in questo manuale, che come lei ha ricordato è scritto da un avvocato, ed è un
manuale che raccoglie norme di diritto marittimo, quindi è un manuale volto ad aiutare lo sviluppo
di questa società commerciale all'interno di una società feudale, quella francese, che in quel
momento stava ancora accogliendo con molta titubanza la crescita del gruppo mercantile
come classe sociale. Queste accuse di dire, lui parla in modo molto elogiativo dei mercanti e
banchieri in generale, fin quando non si comportano alla giudea e questo è il successo paradossale e
terribile della leggenda, perché questo non è un frate francescano, non è San Bernardino che dice
gli ebrei sono la rovina del mondo, questo è un avvocato che vuole sostenere il mondo commerciale,
l'espansione francese, Bordeaux città che diventerà presto, metà 600 in poi, un avamposto
dell'espansione atlantica, del commercio anche degli schiavi, dell'espansione francese nei
Caraibi, di fronte a un'aristocrazia terriera molto più conservatrice. Però per avanzare questa
causa deve dimostrare che questi commercianti e questi banchieri sono uomini, sono un gruppo
onorevole, quindi per poter avanzare queste immagini onorevole dice lo sono fin quando non
si comportano da ebrei, quindi gli ebrei funzionano da questo spettro negativo e in questo senso è più
la plasticità della leggenda che poi come lei ha ricordato viene reinventata, rimodellata in
questo modo carsico con alcune pieghe positive perché Montesquieu cercherà di dargli una
piega positiva ma in altri casi anche con delle pieghe ancora più negative nelle mani di Werner
Sombart e più avanti, ma è la plasticità della leggenda che gli dà la sua forza. Infatti credo
che l'oscuro avvocato Cleyrac di Bordeaux non potesse proprio immaginare che la sua pandonia
come dire sarebbe senza nemmeno essere lui citato, senza nemmeno che lui ne abbia tratto
chissà quale anche nefasta gloria, però avrebbe avuto una simile propagazione. Lei giustamente
citava nel libro, se ne parla diffusamente, anche diciamo riciclata in positivo dal grande Montesquieu
che dice al contrario è un merito degli ebrei quello di avere inventato le cambiali perché in
questo modo hanno umanizzato il commercio, lo hanno separato dalla guerra e dalla violenza,
quindi hanno dato un impulso alla pace e allo sviluppo economico e fino al nostro Cesare Beccaria
prenderà questa interpretazione benevola diciamo. Per arrivare invece al paradosso già piuttosto
noto dell'ebreo Carlo Marx che nel 1844 può scrivere la cambiale è il dio reale dell'ebreo,
il suo dio è soltanto la cambiale illusoria e quindi c'è appunto questa propagazione a seguito
dell'ignaro Cleyrac. Io tra l'altro, lo cito solo perché è uscito negli stessi giorni in cui è uscito
il suo libro nella traduzione italiana, una storica genovese Gabriella Iraldi ha scritto
questo testo per Marietti che si intitola Essere avari storia della febbre del possesso nel quale
si parla a lungo delle cambiali, delle lettere di cambio e delle pollici assicurative ma se ne
attribuisce la genesi ai banchieri genovesi, altri le attribuiscono ai banchieri fiorentini,
poi ci sono i lombardi che ne fanno uso, insomma il libro di Gabriella Iraldi glissa
moltissimo quasi con imbarazzo, sembra voler mettere ad un canto la questione ebraica che
invece è centrale. Se mi permette, questo no, cioè gli storici economici dagli anni 50,
già nell'ottocento, ma insomma dagli anni 50 in poi avevano stabilito con certezza che gli ebrei
non hanno avuto nulla a che fare con l'invenzione delle cambiali e di altri strumenti che hanno
dato esito poi a quello che sono i più avanzati strumenti del capitalismo commerciale e preindustriale.
Anche se naturalmente poi ne hanno fatto uso. Ne hanno fatto uso nella misura in cui erano una
minoranza che faceva uso di tutti… Anche l'episodio storico fondamentale che è l'espulsione del 1492
dalla Spagna quando… È probabile che… 40 giorni per vendere tutte le proprie proprietà e quindi
nel rispetto a qualcuno ha usato anche le lettere di cambio. Sì, probabilmente sì, abbiamo delle
prove documentarie che alcuni genovesi le hanno aiutate, ma hanno svenduto perché ovviamente
quando si è obbligati a vendere, il prezzo a cui si vende è un nulla. Se poi lo strumento per
portare quel poco per cui si è venduto all'estero è una lettera di cambio perché avevano rapporti
stretti con i genovesi. Ma è proprio il fatto che gli storici economici avessero già il grande
Levin Goldschild, il grande studioso del diritto commerciale, il doctor father di Max Weber,
aveva scritto che non c'era nessuna influenza ebraica in questi… nell'origine,
nello studiare l'origine legale di questi strumenti. Quindi dalla… Ma poi poi vari
studiosi hanno trovato le verifiche empiriche, ma paradossalmente è proprio questo empirismo
che ha portato a non indagare una storia del pensiero che è inseparabile dalla storia
economica. Perché per molti versi la storia, cioè quello che io cerco anche di dire attraverso
questa leggenda, è che la storia del mercato, e per questo sono le risonanze odierne,
la storia del mercato, la storia del capitalismo è una storia di un tentativo di immaginare
collettivamente nella politica, nella cultura dell'Occidente, un mercato in cui si possa
partecipare nel modo più ampio possibile e nel modo più, come si dice in inglese,
fair, no? In modo più equo, in cui tutti possano… in cui le forze, gli oligopoli,
le forze che disequilibriano… E qui infatti c'è… Siano tenute sotto controllo e questo
lo si può fare… E' una forza occulta diciamo… Ma allora questo lo fanno gli scienziati politici,
lo fanno gli economisti, lo fanno gli storici economici, lo fanno gli storici del pensiero,
ma una volta… Io quello che voglio dire è che questa leggenda è stata un modo, non l'unico,
ma è stato un modo importantissimo per tre secoli di pensare in modo sbagliato,
ma di pensare a questo problema, cioè alla difficoltà, alla difficoltà che come si vede
dalla manifestazione di piazza di oggi, dalla diseguaglianza economica, dalle angosce degli
individui, delle famiglie, dalla diseguaglianza tra i paesi, dalla difficoltà di costruire il
capitalismo bentemperato, come l'ho voluto chiamare, un capitalismo in cui tutti vogliono
beneficiare in modo se non uguale, ma comunque non drammaticamente diseguale e non potendo
contenere le forze esterne al mercato ed interne al mercato che creano queste diseguaglianze,
nei momenti di debolezza, dibolezza delle istituzioni in particolare, perché nel mondo
premoderno le istituzioni che regano il mercato sono ancora più debole di quelle odierne,
si creano queste fantasie. Ecco, le fantasie. E' proprio sulle fantasie che vorrei soffermarmi un
attimo. Le confesso che leggendo il suo libro ho pensato più volte a Umberto Eco,
al suo Pendolo di Foucault, al suo Cimitero di Praga, come diciamo teorie di natura
cospirativa, l'invenzione di grandi complotti, maturano dentro al travaglio della società e
dentro lei giustamente ce lo ricordava, ha quel continuo bisogno di distinguere tra una finanza
viziosa, parassita, che andrebbe separata dal commercio delle merci e dalla cosiddetta
economia reale. Questa è una polemica assolutamente... odierna, certo... odierna,
laddove però la maledizione in assoluto del concetto di credito e del concetto di finanza
può dare luogo appunto a falsificazioni di questa natura per le quali gli ebrei fanno
molto molto comodo. Mi ha colpito infatti, un altro passaggio del suo libro, quando lei,
spostando la sua attenzione da Bordeaux a Marsiglia, al tempo del re Sole di Colbert,
rileva come anche lì, dovendo regolamentare le forme del commercio, anzi in quel momento si
doveva incentivare anche l'aristocrazia a mettere dei quattrini nel commercio per dare vitalità a
un'economia in crisi, però sotto la categoria degli ebrei vengono messi anche gli armeni,
vengono messi anche i greci, tutti ebrei. Lei prima diceva, a proposito di Clay Rack,
che si comportano da ebrei anche i lombardi o anche quelli che... è impressionante questo
bisogno di andare all'ebreo perché l'ebreo in qualche modo racchiude in sé delle categorie
di invisibilità. Qui volevo chiederle di spiegarci bene che cosa intende. Lei dice che c'è una
difficoltà a individuare l'ebreo perché non è l'africano, è tra noi e se non è chiuso nel
ghetto rischia di assomigliarci, di sembrare un cittadino come gli altri, mentre in realtà è una
quinta colonna, mentre ha doppia lealtà, non è davvero un suddito fedele e quant'altro e nello
stesso tempo invisibile è anche il valore di quel pezzo di carta, non è oro, non è una merce,
quindi l'ebreo e la cambiale si somigliano? Riprendo il primo punto che lei ha sollevato
che mi preme molto sottolineare un attimo, l'ebreo nell'immaginario cristiano premoderno,
in particolare in rapporto alla finanza, per motivi teologici ha un ruolo esponenziale.
Ciò non vuol dire che l'ebreo è l'unico stereotipo, è l'unica minoranza. Io credo
molto che non esista una competizione tra gruppi discriminati, anzi spesso la discriminazione si
somma e questo è un discorso che ci porterebbe lontano, ma oggi in Europa c'è chi dice c'è
l'islamofobia e c'è l'antisemitismo, che cosa è peggio? No, ci sono entrambi e spesso si rafforzano
a vicenda, che poi a loro volta siano in diretto conflitto tra di loro, i due gruppi e un altro
discorso, ma appunto l'esempio che lei ha citato, il fatto che ci possano essere delle sovrapposizioni
tra diversi gruppi di minoranze, in questo caso armeni e greci sono delle minoranze cristiane
a cattoliche, ma il che non vuol dire che non ci siano delle fortissime specificità ebraiche
nelle forme di discriminazione e pregiudizio cristiane, penso che queste due cose vadano
chiarite in caso ne possiamo parlare. Mi permetta un'interruzione, restituisco subito la parola,
è una battuta, ma neanche troppo, questo fa sì che oggi abbiamo anche il paradosso di antisemiti
filo israeliani, le stesse persone che possono definire Soros usuraio o che per radio possono
dire come è successo di recente che gli ebrei sì sono stati vittime della Shoah, ma sono
compatiti più degli altri perché loro hanno le banche e hanno le lobby, poi quando gli dici ma
questa è una porcheria antisemita ti dicono come puoi accusarmi di ciò, io sono un fervente
sostenitore dello Stato di Israele. Abbiamo Erdoğan e Netanyahu, abbiamo anche un candidato
presidente che pare alla Repubblica Francese con di nuovo stile. La forza del proprio essere ebreo
per poter fare feroci discorsi racisti. Queste sono cose drammatiche su cui penso valgare
in altre sedi forse soffermarsi, ma questo paradosso dell'invisibilità ebraica forse
anche va messo in risalto perché in un certo antisemitismo crasso del periodo cosiddetto
del pseudo-razzismo moderno l'ebreo viene rappresentato, in specie l'ebreo uomo,
in delle caricature che hanno una certa fisionomia, quindi si immagina che l'ebreo
possa venire riconosciuto proprio da delle caratteristiche fisiche, ma qui si parla di
un'invisibilità che ha degli aspetti sia teologici che anche da un certo punto di vista visivi,
nel senso che nella storia ebraica ci sono dei momenti di svolta importantissimi soprattutto
nella storia ebraica dei sefarditi, ovvero di quelli che vivevano originariamente nella
penisola iberica perché già a partire dal 1390 e poi con le grandi espulsioni del 1492,
gli ebrei furono prima più o meno non proprio costretti, ma in gran parte invitati e poi
costretti al battesimo e quindi si creò questa categoria che lei ricordava a Bordeaux e in
altre regioni, una simile a questa categoria paradossale dell'ebreo battezzato. Il cripto
ebreo. L'inquisizione paradossalmente creò il proprio soggetto perché costringendo gli ebrei
a battezzarsi e poi continuava a perseguitarli per dire tu sei battezzato ma sei davvero un
buon cristiano oppure no perché una volta battezzato un cristiano doveva aver abbandonato
tutte le vestigia dei propri tradizioni ebraiche e questa invisibilità però creava sospetto.
Al tempo stesso quelli che invece quegli ebrei che una volta battezzati volevano
tornare al giudaismo o abbracciare un nuovo giudaismo fuori dalla penisola iberica dove non
era possibile tra quelli che andavano sia a Venezia nel ghetto o a Livorno dove non c'era
un ghetto c'era maggiore tolleranza o ad Amsterdam in particolare dove veramente era la città più
tollerante d'Europa, i più agiati, quelli che riuscivano ad avere un successo economico,
se si guardano i ritratti, i quadri dell'epoca veramente avevano degli stili di vita che li
rendevano indistinguibili dalla buona società dell'epoca quindi c'era un'invisibilità anche
se ovviamente chi li conosceva poi sapeva benissimo distinguere perché noi sappiamo
che nelle reti sociali tutto è noto però c'era questa invisibilità da un lato teologica perché
chi è l'ebreo battezzato era l'ossessione non solo dell'inquisizione ma della cultura spagnola
ed iberica e dall'altro questa capacità di muoversi di questi sefarditi nelle piazze ma
anche nei salotti anche nelle buone società nelle società letterarie delle prime società
scientifiche del 600 e quindi questa mancanza di nette divisioni sociali come si immaginava e per
un certo aspetto erano state nel medioevo e come lei dice c'era questa metafora che si mappava
molto bene sulle lettere di cambio che erano su queste cambiali che erano questi strumenti cartacei
che non avevano nessun valore monetario intrinseco, una moneta allora la si morsicava un po' per
vedere se il valore metallico era ancora a quello originario. Come fanno gli atleti che
vincono le olimpiadi adesso? Per vedere se la medaglia d'oro era ancora della lega promessa e
al tempo stesso non solo muovevano grandi somme lungo enormi distanze ma come lei ricordava
avevano iniziato a muoversi in dei mercati completamente separati dallo scambio delle
merci cioè si era iniziato a svilupparsi a partire dalla metà del 500 quella che oggi
chiameremmo una finanziarizzazione delle cambiali, cioè c'erano delle fiere fisicamente delle fiere
stagionali dove dei piccoli gruppi di banchieri si ritrovavano per acquistare e vendere delle
cambiali speculando sui tassi di cambio e sull'arbitraggio e quindi una finanziarizzazione,
un mercato del credito privato. Questa era una rete di mercanti non regolata,
una vera repubblica dei mercanti non regolata da autorità centrali.
L'affermo perché lei qui adopera nel libro una definizione che è molto suggestiva e in qualche
modo io trovo anche molto attuale che è quella della Repubblica Internazionale del Denaro che
ha un autogoverno che in qualche modo prescinde dalle leggi degli stati nazionali e dentro questa
Repubblica Internazionale del Denaro che ripeto è qualche cosa, questa espressione oggi è poco
adoperata ma ce ne sono altre nel dibattito pubblico che alludono appunto al pericolo
rappresentato dalla grande finanza che occultamente predomina e depreda, naturalmente ha una sua
presenza ebraica significativa per ragioni storiche che vanno dalla conoscenza delle
lingue, dal fatto di avere parenti, rami familiari che risiedono in altre nazioni e
quindi diciamo questo abbinare gli ebrei alla finanza, lei ad un certo punto adopera a proposito
anche della indistinguibilità degli ebrei tale da suscitare preoccupazione perfino in coloro che
hanno promosso l'emancipazione nel 1791 in Francia, tant'è che dopo faranno delle leggi
per metterli un po' a posto diciamo, lei dice appunto enigmatici gli ebrei come una lettera
di cambio e oggi potremmo dire enigmatici come un derivato, un futuro o un occupa,
nello stesso identico modo, quindi c'è anche questo a spiegare la persistenza di quel falso,
di quella leggenda. Assolutamente, penso che questo elemento dell'emergenza e della
finanziarizzazione a metà del Cinquecento è stato sottovalutato, pensiamo ai bitcom di oggi che
potrebbero soppiantare alcune monete sovranazionali, non ancora sovranazionali,
eppure sono gestite, sono gestiti completamente da network privati al di là dell'aspetto
drammatico dell'impatto sull'ambiente che sappiamo che hanno. In queste reti,
sì io mutuo il termine Repubblica Internazionale del Denaro, devo dire da uno storico economico
ora decesso di Maddalena che fu per anni un docente della Bocconi e mi è parsa una definizione
particolarmente accademica, ma particolarmente adatta, perché Repubblica nel Cinqueseicento
voleva dire Stato, è anche un gioco di parole, Repubblica è come Jean Baudin chiama il suo
trattato sull'assolutismo, quindi è una specie di Stato nello Stato, queste reti dei mercanti hanno
delle loro forme di aggiudicazione spesso, dei tribunali mercantili, ma non c'è, mentre esistono
ovviamente gli equivalenti dei ministeri del tesoro, esiste una politica economica,
delle monarchie, dei principati, delle repubbliche, questi mercanti che pure a volte collaborano con
i governi hanno una sfera economica assolutamente indipendente. In queste reti mercantili che sono
molto diversificate, questo l'ho studiato in un libro precedente su un gruppo di sefarditi
livornesi, gli ebrei per lo più controllano alcune nicchie, questo è importante, gli ebrei comunque
essendo una minoranza non hanno mai una funzione dominante, sono sempre dal punto di vista numerico
a parte in alcune nicchie, tendono a specializzarsi. Penso al commercio dei diamanti, che oggi è in
mano agli indiani del Guglielmo, e la cosa divertente è che si incontrano in questo
commercio nemici acerimi, perché gli sciiti libanesi hanno le miniere in Africa da cui si
estraggono i grezzi che vengono lavorati ad Anversa da ebrei. Infatti se mi potessi reincarnare come
antropologa studierei quello perché ho scritto prima un libro su Livorno su come questi sefarditi
livornesi cooperavano con gli Hindu in India senza conoscersi e senza avere nessuno scambio
personale o matrimoniale, ma con una selezione di interessi che riguardava appunto questo scambio
del commercio di diamanti, che all'epoca, perché prima dell'inizio del settecento, le uniche
miniere di diamanti note erano in India, fu solo a metà del settecento che vengono scoperte in
Brasile. Mi scusi se sintetizzo, ma spiega anche perché l'ebreo è diventato una metafora del
capitalismo, perfino in Carlo Marx, che solo in un secondo tempo se non sbaglio lo sostituisce con
il borghese. Carlo Marx è una persona di straordinaria complessità e penso ci siano
molti motivi per cui si è scelse di rendere l'ebreo sinonimo del capitalismo, si è scelse
di abbandonare quel sinonimo dopo quella opera giovanile, ma per dire che questo è importante
chiarificare quello sì, empiricamente in tutte le reti commerciali dell'espansione globale europea,
gli ebrei ci sono delle nicchie, ci sono alcune aree della raffinazione dello zucchero ad Amsterdam,
il commercio del diamante, in cui hanno una posizione spesso predominante, ma non dominano
mai tutto il commercio del grano, che è il più importante commercio del Mediterraneo, gli ebrei
non hanno nessuna forma particolarmente influente, quindi questo è anche importante mettere
le cose in prospettiva. Posso fare una domanda che forse è di ognuno dal scuoletto? Certamente.
Che riguarda appunto il rapporto culturale degli ebrei con la povertà e la ricchezza, con l'economia,
con il commercio. Io ho abbastanza caro da te, perché è un libro che ormai ha quasi 20 anni,
un testo di Jacques Attali, questo intellettuale francese, Gli ebrei, il mondo e il denaro,
nel quale lui fa un escursus se vuole più immaginifico, molto diciamo veloce, di storia
mondiale per spiegare anche una differenza rispetto alla cultura, alla tradizione cristiana,
nella quale il povero è beatificato, glorificato, è figura centrale di riscatto. Non c'è nell'ebraismo
questa glorificazione dei poveri così come non c'è la condanna dei ricchi. Attali interpreta così,
citando anche il Talmud, dice la ricchezza per gli ebrei non è una ricompensa, è un incarico. Il
ricco non deve scusarsi di esserlo, deve soltanto assumere una parte di maggiore responsabilità
nella gestione del mondo. Nessun ricco ha il diritto di sottrarsi a questa missione. Diventare
ricco non è dunque il segno di un favore divino, ma di un dovere divino, di un incarico. Questo
forse non è facile da digerire nella tradizione cristiana. Si, potrebbe esserci una leggera
sfumatura calvinista, chissà, in questa lettura. Io in questo libro non mi occupo assolutamente
del pensiero ebraico, a parte che ci sarebbero alcune sfumature interessanti, a cui accenno come
gli ebrei si sono rapportati verso questa leggenda. In alcuni casi, poi nell'Ottocento, si sono
confrontati direttamente. C'è chi l'ha abbracciata in modo eroico, dicendo che c'è un filone
ottocentesco scritto da autori ebrei, il cosiddetto il contributo ebraico alla civiltà
occidentale, in cui c'è un'appropriazione positiva della leggenda di derivazione da Montesquieu,
e dice che noi abbiamo consegnato all'Europa e al mondo questo strumento, e chi invece ne vede
solo l'interpretazione nefasta e dicono assolutamente falsa e non abbiamo nulla a che
fare. Questo solo per dire che ho scelto di non... che è diverso dallo studiare il pensiero
ebraico sulla sfera economica, cosa che richiede una specializzazione anche su testi e tradizioni
sulle quali io non ho particolare competenza, e sui quali nell'Ottocento poi ci furono anche
molte... e anche nel Novecento ci sono sviluppate molte idee molto diverse, perché ovviamente ci
sono oggi molte correnti diverse dell'ebraismo, alcune influenzate prima dal liberismo e poi da
diversi incontri con la modernità, sia col cristianesimo che con la secolarizzazione,
per cui insomma ci sono delle visioni più religiose, più tradizionaliste,
su cui forse Attali si fa in questo caso riferimento, ed altre che poi si sono scontrate
a vicenda. Credo che oggi non si possa parlare di un pensiero ebraico della sfera economica,
così non con un... Mi lasci scherzando dire che c'è una forte diffidenza ebraica, lei lo saprà
benissimo, anche nei confronti delle interpretazioni più benevole che, come dire, esaltano la speciale
particolare intelligenza ebraica, perché di solito si accompagnano poi sempre quelli che ti dicono
a me gli ebrei piacciono, perché sono molto intelligenti, di solito c'è un elemento diabolico
che viene attribuito a questa... Ecco su questo è molto interessante, per esempio negli Stati Uniti
questa diffidenza è molto minore, per cui per esempio i dibattiti sulla famosa bell curve,
qui sono... Tra l'altro negli Stati Uniti ci sono stati, io li cito e prendo le distanze
personalmente nel senso che non sono d'accordo, ci sono studiosi accademici di notevole calibro
che hanno rivalutato le interpretazioni di Sombart, a mio modo di vedere, in modo non
particolarmente critico o duttile, per cui anche questo dipende molto dal contesto. Di recente
ci sono stato un emergere, anche se rispetto al contesto europeo o italiano, molto più
occasionale di alcune forme anche violente di antisemitismo negli Stati Uniti, ma c'è un livello
di sicurezza generale molto diverso nel quale si possono così intrattenere delle visioni
culturali che in un ambito europeo danno adito a maggiore... così titubanza a dir meno, ed è molto
interessante questo perché poi sarebbe da mettere in dialogo questi diversi intellettuali ed
intellettuali. Vediamo, siccome ho qui due domande che sono arrivate da chi ci ascolta,
vediamo se riesco a riassumere la prima che è molto lunga e che prende spunto da una citazione
di George Moss, sul fatto che l'antisemitismo in Germania si sarebbe diffuso con più facilità nelle
campagne che avrebbero accolto l'antisemitismo prima e più diffusamente che non le città e
voleva chiedere se questo è vero più in generale anche per le epoche precedenti e se quindi il
mondo agricolo generalmente più povero fosse più facilmente permeabile agli stereotipi economici
antisemiti. Ma questo non è un tema francamente di cui mi sono occupata, certamente laddove la
predicazione, dipende anche dalle chiese, sono state a mio modo di vedere strumentali
nella diffusione dell'antisemitismo anche per tutto l'ottocento, quindi laddove l'influenza
di pastori protestanti o di preti cattolici si faceva più influente penso che possa avere
avuto. La seconda domanda direi che in gran parte lei ha già risposto ma gliela ripropongo,
Jacopo chiede quanto l'antisemitismo novecentesco sia stato influenzato dal pregiudizio antiebraico
già presente e radicato nel medioevo e negli albori della modernità. No, questo mi sembra
possiamo chiarire, io penso che nell'antisemitismo come in tutti i pregiudizi ci siano delle forme
di persistenza terrificanti ma ci siano anche delle importanti variazioni e cioè che non si
possa pensare all'antisemitismo, al razzismo come qualcosa che non cambia. Per esempio ci sono delle
ovvie continuità nelle forme di antisemitismo ottocentesco rispetto ad alcuni stereotipi
medievali però il cosiddetto pseudo-razzismo, pseudo-antisemitismo moderno a mio modo di
vedere è una reazione proprio contro l'eguaglianza legale concessa agli ebrei, cioè ci sono delle
forme di stereotipi che esistevano quando gli ebrei erano legalmente, religiosamente,
culturalmente subordinati e quindi erano un pericolo che si sentiva comunque contenibile,
una volta consegnata loro tra la fine del Settecento e la metà dell'Ottocento un'eguaglianza
legale, si devono, si devono, non si dovrebbero, ma la società maggioritaria inventa delle nuove
forme di subordinazione, in questo caso razziali, che sono un'altra fantasia perché quelle legali
sono state smantellate e questa è una forma di discontinuità enorme, è la stessa forma di
discontinuità che viene creata con l'abolizione di altre norme discriminatorie per le donne o
soprattutto per le persone di colore, cioè il razzismo come moderno riprende dei temi medievali,
ma è anche una forma nuova e drammatica molto diversa. Non c'è dubbio per dire il razzismo
biologico così. Il razzismo biologico non esisteva. Nella seconda metà dell'Ottocento
e nella prima metà del Novecento oggi non è più riproponibile nelle stesse forme,
ma trova appunto richiami anche antichi per rigenerarsi come la leggenda. Si rigenera sempre,
però in un mondo in cui si diceva che questo gruppo deve vivere all'interno di queste mura,
questo gruppo o i Dalit, posto questo villaggio, non c'è bisogno di dire se hai la pelle di questo
colore non puoi fare questo, perché ci sono altre forme di subordinazione. Ci sono anche altre forme
di manifestazione dell'ostità. Noi abbiamo consumato il nostro tempo perché è una scadenza
della nostra ora di dialogo. Mi lasci concludere con una nota di carattere personale, perché proprio
a proposito di questi richiami antichi declinati in forme nuove, a me è successo di recente di
finire sulla prima pagina di un giornale in un ritratto molto antipatizzante, tra l'altro scritto
da un docente della Università Cattolica di Milano, nel quale venivo in forma dispregiativa
definito sefardita, veniva citato la Kabbalah e dei proverbi iddish, tra l'altro lei saprà bene
che l'iddish e i sefarditi non vanno tanto bene, a riprova della mia avidità e della mia ricchezza,
come dimostrato da un orologio costosissimo che porterei al polso. Queste cose naturalmente mi
fanno amaramente sorridere, ma sono antiche perché richiamano la difficoltà a considerarmi cittadino
italiano a tutti gli effetti, per via del mio nome, per via del mio luogo di nascita,
è comunque diciamo legato alla ricchezza, perché anche dal suo libro viene fuori che l'ebreo o è
sovversivo giudeo bolsevico o è ricco. È un episodio che mi era sfuggito e mi dispiace,
purtroppo non ne sono non ne sono scioccata. Bene, io la ringrazio molto di questa conversazione,
consiglio davvero a tutti la lettura di Ebrei e capitalismo, storia di una leggenda dimenticata,
tradotto dall'editore Laterza, perché è sì un libro di storia molto rigoroso, ma scritto in
una maniera che anche un dilettante come me ha potuto appassionarsi e sinceramente anche un po'
preoccuparsi. Grazie. Grazie davvero. Buon pomeriggio, buona serata a tutti.