EMERGENZA CLIMATICA
Eccoci qui.
Eccoci qui. Buonasera a tutti, buonasera agli ospiti e al pubblico e benvenuti al primo
incontro di Interregno. Interregno vuole essere uno spazio di confronto proprio intergenerazionale,
quindi vuole guardare alle differenze e ai punti in comune tra diverse generazioni,
trapassato presente magari anche con uno sguardo al futuro. Grazie quindi agli Editori
Laterza che lo ha creato e grazie ai nostri ospiti che sono qui con noi stasera, Maria
Virginia Bagnoli, che è Senior Manager al Climate Group, un'organizzazione internazionale,
un'anno profiti che proprio lavora con le aziende e governa in tutto il mondo per ridurre le
emissioni, ma ce lo racconterà poi, Enrico Giovannini che è portavoce dell'ASVIS, l'Associazione
Italiana per lo Sviluppo Sostenibile e Sofia Pasotto di Fridays for Future, il movimento
globale per la giustizia climatica e ambientale. Ora, abbiamo concordato tutti di darci del
tu proprio per superare questa barriera delle generazioni e iniziamo oggi con il primo tema
che è l'emergenza climatica. Anche chi non si occupa di ambiente ormai non può più
ignorare l'impatto dell'emergenza climatica, c'è da parte di governi e società civili
una presa di coscienza che ormai supera anche il desiderio di crescita economica ed è una
consapevolezza che in qualche modo trascende le generazioni, sia i giovani sia i più senior.
Se pensiamo alla rivoluzione che in qualche modo l'interesse per l'ambiente ha portato,
non possiamo che partire proprio da quali sono le prime decisioni sul tema, quindi in qualche
modo la gestione politica di quello che è l'ambiente. Nel passato ci sono state diverse
regolamentazioni, l'ONU ha contato che ad oggi ci sono circa 1100 accordi intergovernativi per la
tutela ambientale, 50 nazioni addirittura hanno dei tribunali e delle corti ambientali e ci sono
circa 176 paesi al mondo che hanno leggi proprio legate alla tutela dell'ambiente. Quindi c'è una
presa di coscienza collettiva che si è in qualche modo evoluta in una forma diversa oggi che è
quella degli stakeholder, quindi non soltanto gli enti governativi ma anche la civil society e anche
il settore privato e di questo poi parleremo. Sofia, tu fai parte di Fridays for Future che è
un movimento globale, che cosa chiedono i giovani oggi e a chi vi rivolgete? Allora intanto grazie
mille per l'invito, è un piacere essere qui e soprattutto sono onorata di poter rappresentare
il movimento di cui faccio parte da ormai due anni. Noi siamo nati come Fridays for Future
chiedendo un'azione alla politica, la nostra interlocutrice era la politica, noi volevamo
parlare con chi faceva politica e è da lì che sono iniziate le varie campagne di Fridays for
Future, non soltanto in Italia ma in realtà a livello anche internazionale, ogni movimento,
ogni gruppo statale fa ancora tuttora le proprie campagne e noi in particolare dall'inizio della
pandemia abbiamo fatto due campagne, Ritorno al futuro e Non fossilizziamoci, che hanno come
destinatario proprio il politico, l'ente politica, l'istituzione politica. Ciò che chiediamo in
realtà è semplicemente di fare ciò che la scienza dice di fare, quindi ascoltare ciò che gli
scienziati stanno dicendo, stanno studiando, stanno preparando da decenni e noi cerchiamo di essere
dei megafoni per ampliare e amplificare la loro voce. Ad esempio l'ultima campagna che abbiamo
fatto è Non fossilizziamoci e parla in particolare del Next Generation EU, che è sulla bocca di
tutti ormai e sebbene noi capiamo che ci sono degli obiettivi che stiamo raggiungendo, comunque
l'ambiente nel dibattito nazionale e internazionale ormai è un argomento che si sente spesso ma non
abbastanza, noi abbiamo delle richieste molto specifiche che passano dall'eliminare i sussidi
ai fossili al passare all'energia al 100% di energia prodotta da fonti rinnovabili al 2030,
tutte soluzioni che già si sanno e noi semplicemente tramite pressione politica,
tramite lo scendere in piazza, tramite l'organizzarci, cerchiamo un dialogo con la
politica e questo è particolarmente importante perché parliamo del prossimo decennio, dei
prossimi due o tre decenni, parliamo del 2050, non stiamo parlando del 2221, stiamo parlando di
30 anni e di conseguenza è particolarmente emblematico quando ad esempio a scuola ci sono
sempre le domande su, non so almeno a me è capitato, la domanda dove ti vedi fra 5 anni,
10 anni e queste domande si fanno a scuola, uno studente o una studentessa che non è
particolarmente preparato su analisi di costi benefici, non studia il futuro come magari
invece dovrebbero studiare i politici e quindi noi magari ci permettiamo di fare una certa domanda,
quella dove ti vedi nel futuro a uno studente o a una studentessa ma non esigiamo che la stessa
domanda a 30 anni a questa parte venga fatta alla politica, questo è semplicemente quello
che chiediamo ovvero ascoltarci e conseguentemente ascoltare la scienza. Ecco Enrico nel tuo libro
L'utopia sostenibile dici che da molti anni a questa parte la vita politica è proprio guidata
dalle statistiche quindi da questi dati, da questa scienza di cui parla Sofia, oggi come viene gestito
l'ambiente a livello politico in Italia e come si misura il benessere del cittadino? Effettivamente
i dati guidano tantissime scelte ma non tutti i dati purtroppo, ci sono alcuni dati che contano
di più sia nell'immaginario collettivo, sia nei media, sia nel modo con cui i cittadini valutano
come sta un paese. L'altro giorno è uscito il dato dell'Istat sull'occupazione, certamente è un
dato importante che tra l'altro ci dice cosa sta succedendo a dicembre e poi qualche giorno dopo è
uscito sempre l'Istat con l'andamento del prodotto interno lordo dell'ultimo trimestre ed eravamo
appunto a fine gennaio. Per sapere la situazione dell'ambiente abbiamo dati di 2, 3, 4 anni fa,
è chiaro che questa asimmetria dà l'impressione che l'economia venga prima dell'ambiente,
non c'è niente da fare, benché oggi sappiamo che potremmo attraverso i sensori, attraverso
i satelliti, attraverso altri strumenti monitorare addirittura in tempo quasi reale una serie di
condizioni ambientali, ma questo non è ancora il modo normale con cui per esempio i media
interagiscono. Ci danno ogni giorno l'andamento della borsa, che spesso si muove dello 0,0,
tanto nei telegiornali quel minuto o quei cinque minuti è programmato, mentre non ci dicono nulla
su come sarà il tempo il giorno dopo in termini di emissioni, in termini di presenza di PM10,
eppure le stime ci sarebbero. Ecco questa distorsione è legata al fatto che noi abbiamo
centrato il nostro modello di sviluppo sulla produzione, su quanto produciamo,
quante persone usiamo, non siamo andati a vedere quello che nella teoria economica
dominante si chiamano le esternalità, come se fossero qualcosa di secondario,
quando ormai sappiamo che invece, secondo molti scienziati, siamo nell'antropocene,
cioè è un'era geologica in cui non è solo l'ambiente a influire sull'uomo, ma è l'uomo
ormai che influisce sull'ambiente e così facendo si autodistrugge. Un'ultima considerazione sull'Italia,
non so se è vero o no, perché io non ho visto documenti, non ho documenti riservati,
ma l'altro giorno ho visto un articolo in cui sappiamo tutti che nei giorni scorsi ci sono
stati questi tavoli presiuti dal presidente Fico per provare a coordinare un eventuale governo
che non è partito. Bene, secondo questo articolo l'ambiente sostanzialmente non c'era, mi sembra
difficile sinceramente, ma vorrei vedere, quei testi ormai diciamo così abbandonati,
se c'era l'impegno ad approvare la legge contro il consumo di suolo, che sono dieci anni che questo
Paese non riesce a elaborare. Perché, e concludo, è vero che in Italia ci sono tante legislazioni a
tutela dell'ambiente, ma in gran parte vengono dall'Europa, gran parte delle norme italiane
sono in realtà frutto della legislazione europea. Se noi non avessimo l'Unione Europea,
è bene ricordarcelo, noi avremmo certamente norme molto poco restrittive, molto poco efficaci,
ciononostante l'Italia sta per ricevere una multa miliardaria, non milionaria, sui temi
del superamento del PM10, cioè le sostanze che inquinano l'aria, ma soprattutto che fanno male
al nostro ambiente, a noi stessi, chiedo scusa, ai nostri polmoni, non a caso c'è tra l'altro una
forte associazione trovata tra letalità del Covid-19 e presenza di PM10, perché quelle malattie
che determinano tra l'altro circa 60 mila morti precoci all'anno in Italia, circa 400 mila in
Europa, sono malattie nascoste in qualche modo, silenziose, perché le nostre città violano
continuamente i limiti di PM10 e altri polveri che inquinano e l'Europa ci sta per infliggere
una salatissima multa perché non facciamo abbastanza per riportare questi dati al di
sotto dei limiti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Ecco, Virginia, tu che lavori per
una compagnia internazionale, un'organizzazione internazionale, oggi non si parla solo di
regolamentazione ma ormai anche di appunto visione politica, magari un po' più di lungo
periodo. Come sono cambiate nel tempo le campagne con Gisteld Kolder, anche quelli che nominavamo
prima? Dunque, io penso che sono cambiate molto e credo che si possa vedere il bicchiere, diciamo,
in mezzo pieno, anche se c'è ancora tantissimo molto da fare, come diceva anche Sofia. Vorrei
fare un passo indietro, credo che sia essenziale raccontare due cose che hanno avuto un impatto
forte sul mio lavoro gli ultimi anni. Uno che è stato quell'incredibile spartiacque dell'Accordo
di Parigi del 2015, perché da lì è davvero cambiato il modo di affrontare la questione,
il problema per tantissimi attori con i quali appunto collaboro io, che sono stati regionali,
ma anche aziende. E poi il secondo è stato il cosiddetto 1.5 report dell'Intergovernmental
Panel on Climate Change, che invece fu pubblicato nel 2018, che è la grande autorità massima della
comunità scientifica, insomma, sui cambiamenti climatici. L'Accordo perché è importante?
Intanto perché ricordo che virtualmente è stato ratificato da praticamente tutti i paesi del mondo,
quindi 190 paesi al giorno d'oggi, e impegna tutti a fissare un target di riduzione delle emissioni
di gaserra per mantenere l'inalzamento della temperatura globale ben sotto i due gradi e
puntare al grado e mezzo. Ma parte integrante dell'Accordo di Parigi, che io trovo molto
affascinante, comunque una parte anche più impegnativa se vogliamo, è che è stato inserito
questo meccanismo per incrementare il target ogni cinque anni, è chiamato il Ratchet Mechanism,
infatti ogni cinque anni gli Stati e i Paesi devono mandare alle Nazioni Unite un nuovo piano
di riduzione delle emissioni, in teoria con molto più ambizione e appunto dei target ancora più
forti. Tra l'altro vi segnalo che appunto le Nazioni Unite rilasceranno proprio tra qualche
settimana il loro, diciamo, un summary report della situazione attuale sui piani di riduzione
delle emissioni, quindi da tenerci sicuramente un occhio. L'altra cosa appunto che volevo citare
è il 1.5 report che essenzialmente ci dice intanto una cosa, cioè che la differenza tra
mantenere la temperatura media globale sotto i due gradi o 1.5, intanto è una differenza enorme
non prendere sotto gambe
gamba e poi cosa ci dice anche? Ci dà anche delle soluzioni, cioè se non dimezziamo le emissioni di
gas serra entro dieci anni e non arriviamo a zero emissioni nette entro il 2050 non raggiungeremo
i target dell'Accordo di Parigi. Contate che questa chiarezza diciamo nel target non escera
anche solo dieci anni fa, c'è una situazione completamente diversa, quindi questo ha aiutato
moltissimo a noi e anche a relazionarci con aziende, città e lentamente anche con i cittadini
come lavoriamo sul pianamento climatico. Quindi diciamo due cose importanti, dimezzare le emissioni
entro dieci anni e raggiungere appunto zero emissioni nette al 2050, questo ha portato
davvero molto a comuna, sia aziende che città e regioni e sono proprio loro che quando vengono a
lavorare con noi ci chiedono supporto per raggiungere questi obiettivi che sono diventati
gli obiettivi di tutti. Volevo concludere anche con un'altra cosa per magari avvicinarci un po'
a sentirci tutti un po' più normali, l'Accordo di Parigi e cercare di rimanere entro la temperatura
di un grado e mezzo, contate che già oggi ci siamo riscaldati di un grado quasi, ha anche
avvicinato tantissimo, ci ha anche avvicinato ai cittadini, alle persone normale o comunque
come siamo consumatori agli occhi delle aziende o ai lettori, agli occhi dei politici, cioè è più
facile quantificare la riduzione della nostra impronta di CO2, invito tutti a farlo ormai
online, trovate facilmente, si può trovare un modo per calcolare la propria impronta di carbonio di
CO2 ed è molto semplice, se dobbiamo dimezzare le nostre emissioni nel giro di dieci anni,
in Europa contate che più o meno abbiamo una carbon footprint personale media sulle 7 tonnellate
l'anno, in America sono 16, quindi c'è una grande differenza, comunque è già tanto anche in Europa
e questo vuol dire che in dieci anni dobbiamo raggiungere 3 massimo 4 tonnellate a testa,
quindi ogni governo che riesce a introdurre, a mettere le condizioni necessarie per far sì che
tutti noi raggiungiamo questi target, vuol dire che sta facendo la cosa giusta e il resto,
secondo me, conta molto poco. E poi chiudo solo un'ultima cosa, così come per visione di insieme,
noi lavoriamo tantissimo con tanti stati americani, con tante aziende americane e ripeto,
credo che quel report e l'accordo di Parigi hanno aggiunto davvero una grande chiarezza sui target,
la narrativa e gli obiettivi che dobbiamo raggiungere, però anche come ha detto prima
Sofia, di fatto le soluzioni sappiamo già quali sono e ci sono già, e l'ha detto anche il
presidente Joe Biden nel suo grande annuncio settimana scorsa su tutti i loro nuovi piani sul
clima, dicendo we know what we have to do, we just need to do it, sappiamo cosa dobbiamo fare,
dobbiamo semplicemente farlo. Di fatto al giorno d'oggi sarà stata anche un po' la pandemia,
adesso non lo so, però di fatto abbiamo soltanto il 28% delle emissioni globali ad oggi,
coperte da piani più ambiziosi rispetto al 2015, target più forti rispetto a 5 anni fa,
quindi l'accordo di Parigi sarà messo molto alla prova quest'anno, per me è ovviamente un grande
obiettivo quest'anno perché siamo a Londra, i negoziati verranno tenuti dal governo inglese
e saranno tenuti a Glasgow in Scozia e quindi tutti gli occhi puntati sugli Stati Uniti che
dovrebbero annunciare un nuovo target al 2030 adesso, tipo ad aprile e soprattutto anche alla
Cina con il loro piano quinquennale che deve uscire a marzo. Vedo un dito al fatto.
È vero che è un dialogo tra generazioni, voglio minimamente mettermi, anche perché faccio la parte
del vecchio, quindi invece cerco di spingere il nostro Paese nella direzione giusta, ma una
correzione. In realtà le soluzioni non ce le abbiamo, non perché teoricamente non ce le abbiamo,
ma perché non le abbiamo a un costo adeguato per far sì che tutto il mondo vada in quella
direzione. Oggi il costo di un kilowatt, comunque insomma di un gigawatt, fatto con energie
rinnovabili è sostanzialmente in linea, era certamente più basso prima del crollo del prezzo
del petrolio, con il costo di energia fossile, quindi veramente alcuni Paesi non si vede perché
dovrebbero investire ancora nei vecchi sistemi. Questo non è però vero ovunque, e poi la questione
del clima è solo un pezzo della storia, perché abbiamo un degrado ambientale molto forte che
richiede il passaggio all'economia circolare di tutto il mondo, e non abbiamo oggi soluzioni
pronte per tutte le trasformazioni. Ultima considerazione, perché così chi ci ascolta
capisce anche che non è la politica che decide soltanto, ma poi siamo anche noi cittadini.
Secondo alcuni dati, per raggiungere il taglio del 55% delle emissioni...
No, sia più bello!
L'Enel ha tagliato la linea, ma vi ho viste agguerritissime entrambe. Adesso aspettiamo
magari un attimo che ritorni, ma mi sembra che il tema sia molto interessante. Sofia
vedevo che proprio alzava la mano veloce. Ditemi voi cosa preferite fare, se preferisci Virgi,
rispondere tu direttamente o nel frattempo facciamo parlare Sofia.
No, ma risponde tranquillamente Virginia, che è così un botte risposto secondo me.
No, ma è il momento in cui ritorna con la connessione.
Sì, dai facciamo così. No, fondamentalmente c'è del vero, ovviamente il mondo è vasto e in tanti
paesi hanno delle esigenze e partiamo tutti un po' da dei livelli diversi. Io credo fortissimamente
nel progresso tecnologico, assolutamente, i costi dell'accumulo dell'energia, quindi battery storage
o anche dell'installazione degli rinnovabili sono scesi incredibilmente negli ultimi dieci anni,
parliamo del 70, dell'80% addirittura e in alcuni paesi, se è vero che non è giù, non è vero per
tutti, in alcuni paesi è ben più conveniente installare Renewable Power, quindi perché non
farlo se si può già fare. Tutte le tecnologie legate anche all'introduzione di nuove tecnologie
come l'idrogeno all'esempio verde stanno migliorando e i costi anche lì stanno scendendo.
Tanti economisti iniziano a dire che siamo arrivati a un momento di grande convergenza
tra l'abbattimento dei costi di queste nuove tecnologie, quindi il green, i rinnovabili,
come anche l'accumulo, quindi battery storage, ma anche l'euro performance stanno migliorando,
ovviamente iniziano a diventare convenienti sotto molti punti di vista, ma soprattutto
l'adoption core curve segue una S, quindi è sempre più veloce l'adozione di nuove tecnologie una volta
che i costi abbassano e si raggiunge questa convergenza. Quindi voglio rimanere positiva e
spero che tanti paesi passeranno al rinnovabili come in un certo caso ha funzionato con la
telefonia mobile, non hanno utilizzato il telefono fisso come tutti noi, ma sono passati all'iphone
quasi direttamente, quindi sono d'accordo che non partiamo tutti dalle stesse basi,
ma voglio essere positiva nel pensare che comunque tante soluzioni ci sono già e il
costo è sceso parecchio negli ultimi 10 anni. Sì ecco scusami, Enrico magari voleva compilare.
Stavo dicendo, secondo me per raggiungere gli obiettivi in Italia del 55% di riduzione delle
emissioni entro il 2030, poiché la tecnologia da qui al 2030 è più o meno data, cioè fotovoltaico
o eolico, perché l'idrogeno verrà ma probabilmente più avanti, vuol dire moltiplicare per 3 o per 4
i parchi eolici e i parchi fotovoltaici che abbiamo e bisogna decidere dove metterli e
quindi già mi immagino le discussioni su delle varie comunità secondo l'approccio NIMBI, non nel
mio giardino, quindi è importante la sensibilizzazione della politica ma è anche importante la
sensibilizzazione del resto della società perché alla fine bisogna fare delle scelte che ci toccano,
ci fanno migliorare la qualità della vita, tagliano drasticamente magari quei 60.000 morti
di cui abbiamo parlato prima, però dobbiamo essere anche noi cittadini e anche noi italiani.
Ecco, Sofia non so se volevi dire un'ultima frase su questo su questo punto.
Velocissima, che in realtà quello che dobbiamo fare per ridurre le emissioni del 55% forse è smettere
di emettere e questo non vuol dire soltanto creare parchi eolici, di solare eccetera eccetera,
ma vuol dire anche implementare piani di riqualificazione energetica, piani di recupero
del territorio, ci sono già tutte delle metodologie che possono andare ad aiutare
la drastica riduzione delle emissioni, quindi noi ci possiamo considerare da quel punto di vista
privilegiati perché possiamo farlo, cioè noi possiamo farlo, dove magari ci sono stati
in quegli stati dove le energie rinnovabili non sono così convenienti, anche se in questo momento
stanno diventando diciamo molto più convenienti rispetto al fossile, un po' ovunque, in quegli
stati si va ad agire con la tecnologia e però noi adesso riconosciamo il privilegio che abbiamo
e evitiamo di buttarlo via, cioè di non sfruttarlo secondo me più che altro.
Ecco, quando parliamo appunto di clima e di emergenza climatica c'è un altro tassello che
secondo me è importante citare, che è quello proprio delle grandi aziende, di quei grandi
gruppi che comunque magari hanno un considerevole carbon footprint, ma che si impegnano sempre di
più e sempre più sensibilmente proprio sulle questioni climatiche. In qualche modo gli impegni
diffusi possono essere interpretati come un segno in qualche modo positivo, un segno veramente di
cambiamento, viviamo tutti sulla stessa terra, siamo tutti interessati a far sì che l'emergenza
climatica sia sempre meno un'emergenza, eppure questi impegni spesso mancano di una pianificazione,
di una direzione, ed è difficile non etichettarli proprio come greenwashing. Ora, Sofia, tu ci puoi
spiegare in due parole che cos'è il greenwashing e qual è il rischio sia per i clienti che per le
aziende? Il greenwashing è quando un'azienda semplicemente dà una pennellata di verde sulle
sue azioni e dice questo è quello che facciamo, siamo un sacco sostenibili e anche se magari
produciamo fast food, siamo una catena di fast food e viviamo di allevamenti intensivi, facciamo
la cannuccia compostabile e raga bellissimo abbiamo salvato il mondo. Questo potrebbe essere
greenwashing, oppure greenwashing in realtà potrebbe anche essere andare nelle scuole e dire
no ma le fonti fossili sono rinnovabili perché ogni tot milioni di anni si rigenerano. Questo
può essere greenwashing perché magari io azienda che produco, cioè insomma trivello in giro e sono
un'azienda di fossili, che mi baso sulle fossili, vado a dire state tranquilli che alla fine il
petrolio è rinnovabile. Questo è banalissimo greenwashing che in realtà possiamo trovare
potenzialmente ovunque, dalla moda all'azienda, anche giornali, alle scuole appunto e potenzialmente
potremmo anche credere, potremmo anche vedere che sia una sorta di greenwashing quello che fanno
magari i governi dicendo dichiaro l'emergenza climatica e poi dopo non agisco di conseguenza,
dico io sto facendo qualcosa, dichiaro l'emergenza climatica in X stato e però continuo magari a
investire 18 miliardi di euro nelle trivellazioni oppure nei sussidi ambientali dannosi. Quello in
cui si incorre in realtà è un pericolo più per il consumatore che per l'azienda in sé, perché
in realtà se fa greenwashing, dal mio punto di vista è un'azienda che si può permettere di farlo,
quindi si può permettere di affrontare eventuali controindicazioni diciamo così, invece il
consumatore semplicemente si trova davanti a questa informazione che magari non sa come prendere o
semplicemente si affida a una parte soltanto della storia e di conseguenza viene in un certo
senso inglobato in questo circolo vizioso che da cui poi dopo è difficile uscirne.
Credo a questo o credo all'altro?
Questo è molto interessante perché appunto Fridays for Future ne ha fatto in qualche modo
anche una bandiera la lotta al greenwashing, ma dall'altra parte c'è anche chi si deve occupare
in qualche modo di come le aziende si impegnano a ridurre le emissioni e questo Virginia è un
volto lavoro, cioè tu aiuti le aziende, i governi anche a ridurre le emissioni.
Abbiamo secondo te raggiunto un punto di svolta su come le aziende, ma anche diciamo gli enti
governativi, le città, le regioni si approcciano a combattere l'emergenza climatica?
Sì, io credo anche un po' per le cose che ho citato prima, credo che siamo arrivati sicuramente
a un momento di svolta. Noi al Climate Group, per chi non ci dovesse conoscere, gestiamo dei
progetti, delle campagne internazionali, globali, per ridurre appunto le emissioni,
totalmente di CO2, ma quando possiamo anche di altri gas, con grandi aziende e regioni.
Ci focalizziamo su azioni di mitigazione, non di adattamento, ma proprio per implementare
quelle azioni che fanno ridurre le emissioni alla sorgente. Uno dei nostri modi di risolvere
la situazione è un modo base, partiamo quasi sempre da un impegno di lungo periodo, dopo
attente ricerche ovviamente capiamo qual è il target verso il quale possiamo andare tutti
insieme e poi aiutiamo aziende e stati regionali, regioni, insomma in Italia, le regioni, offrendo
assistenza durante appunto questo loro viaggio di decarbonizzazione, offrendo una piattaforma
appunto globale anche per misurare e comparare, certificare i propri risultati. Per noi la
trasparenza è importantissima, perché come puoi fare un piano di riduzione delle emissioni,
capire dove arrivare se non sai da dove parti, sarebbe assurdo. Quindi la trasparenza e misurare
le proprie emissioni, un po' anche per il discorso di prima, di misurare anche la nostra impronta di
carbonio personale. Io credo che noi giovani sia diventata quasi una pratica normale, cioè con i
miei amici guardiamo sempre un po', facciamo a gara chi emette di meno, insomma quell'anno. Quindi
è l'uguale anche per le aziende e per i governi. Quindi magari volevo farvi un esempio un po' più
concreto, una campagna che mi piace molto del Climate Group, che si chiama RE100,
quindi sta per rinnovabili 100, che è nata più di cinque anni fa e praticamente richiediamo
all'azienda con alto consumo di elettricità di passare a 100% di energia rinnovabile il
primo possibile. Ovviamente quando iniziamo con queste campagne all'inizio è sempre un po' un
matto perché sembra tutto impossibile, sembra che siano pochissimi a seguirti, invece ad oggi
abbiamo 260 aziende in tutto il mondo e queste 260 aziende hanno, che fanno parte di RE100,
hanno un consumo di elettricità aggregato pari al consumo di un paese come l'Indonesia o l'Australia,
diciamo che hanno la capacità di affettare il mercato in sostanza e quindi avere davvero un
impatto sul mercato reale. La cosa interessante, sempre parlando del fatto delle soluzioni,
delle possibilità, queste aziende passano l'elettricità a 100% rinnovabile, attenzione
non energia ma in questo caso elettricità, e lo fanno sempre meno con certificati di origine,
ma proprio generando elettricità rinnovabile loro stessi con contratti che si chiamano PPA,
ovvero Power Purchase Agreement, che è una pratica iniziata negli Stati Uniti e che grazie
alla nostra campagna anche di RE100 abbiamo portato sempre di più in Europa, e sono contratti
diretti tra la grande azienda e il prodotto e la utility e quindi con chi fa l'energia,
l'elettricità rinnovabile e sono di lunghissimo periodo di base, ce ne sono quasi mille in
America e adesso ne abbiamo quasi più di 230 in Europa, questo tipo di contratti che hanno
rivoluzionato il mercato perché dà una grande certezza sia all'azienda che potrà sempre avere
energia rinnovabile e quindi fare un'azione per il clima credibile e che si può misurare e anche
per la utility che ovviamente avrà un contratto che gli frutterà per i prossimi anni, e c'è stato
un incremento del 26% di questo tipo di contratti, secondo me è una cosa molto interessante.
E tra l'altro l'energia rinnovabile io credo che sia un punto sempre più importante perché se in
Europa vogliamo raggiungere davvero, vogliamo dimezzare le emissioni davvero in 10 anni,
in 2030, vuol dire che come diceva appunto anche Giovannini prima dobbiamo raddoppiare
la nostra elettricità rinnovabile e raggiungere anche fino all'80% entro il 2050 e quindi è
bisogno, la pianificazione in anticipo è fondamentale. E poi per concludere diciamo
che la svolta secondo me c'è anche stata perché ci sono sempre più progetti internazionali
certificati da terze parti che possono davvero aiutare nel concreto le aziende a evitare il
greenwashing soprattutto e fare piani di riduzione delle emissioni. Io ho notato ad esempio un grande
cambiamento, non so se notate, le aziende prima c'era il Sustainability Report eccetera,
adesso sta cambiando la musica, si parla proprio di Climate Action Plan proprio per ridurre le
emissioni di CO2 e quindi andare alla sorgente. Ci sono iniziative come Science Based Targets ad
esempio, consiglio di consultarlo online, sono molto bravi e hanno quasi mille aziende che
collaborano con loro e loro rivedono indipendentemente praticamente questi piani di
riduzione delle emissioni, di tutte le emissioni sia a scopo 1, 2, 3 quindi sia le emissioni che
l'azienda produce nel produrre il prodotto diciamo ma anche quelle legate alla supply chain che è
molto interessante. E poi concludo una cosa che trovo io molto interessante personalmente,
che alcuni grandi marchi stanno dimostrando comunque una grande leadership e soprattutto
in maniera trasparente, tornando anche al greenwashing come diceva Sofia prima,
mentre tante aziende semplicemente annunciano di voler diventare carbon neutral tramite programmi
di piantando alberi, fondamentalmente comprando carbon offset, che cioè siamo chiari se non è
combinata ad azioni per ridurre le emissioni alla sorgente, sono secondo me abbastanza inutili e
quindi molte aziende stanno iniziando invece a fare piani di riduzione delle emissioni senza
offset o limitando se di usarne pochissimo. Faccio l'esempio della United Airlines,
ovviamente parliamo di una grande azienda americana, che ha annunciato di voler catturare
almeno un milione di tonnellate l'anno di CO2 grazie a un accordo con un'azienda specializzata
che quindi eviterà che la CO2 entrerà in atmosfera direttamente e questo è molto più efficace,
secondo i loro calcoli, rispetto a piantare alberi che ci mettono ovviamente 20-30 anni
ad assorbire quei livelli di CO2. E quindi io trovo che questi siano nuovi modi di trovare
soluzioni più innovative e che abbiano anche business sense per un sacco di aziende.
Ecco tu parlavi proprio del 2030, di questo 2030 tra dieci anni che è un po' un obiettivo
che stiamo che stiamo cercando di raggiungere e l'ASBIS si occupa proprio di far crescere
la consapevolezza sull'importanza dell'agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e quindi fare
in modo che le aziende si impegnino a realizzare questi obiettivi, a sviluppare questi obiettivi
all'interno. Eriko tu lavori spesso anche con gruppi di aziende, con Confindustria ad esempio,
è un bene o un male che le aziende in qualche modo si aprano? E mi collego a una domanda che
è stata fatta da Dario nel pubblico, in qualche modo c'è, come dire, bisogna cambiare proprio il
sistema, bisogna cambiare il sistema del capitalismo per riuscire ad ottenere dei risultati?
Sì, la risposta è chiaramente sì. Non vuol dire buttare via il capitalismo,
come abbiamo provato a raccontare nel libro con Fabrizio Barca, Quel mondo diverso,
edito dalla Terza, è uscito qualche due mesi fa. Il capitalismo ha attraversato diverse fasi,
qui non si tratta quindi di buttare via il capitalismo, si tratta di entrare in una nuova
fase, come già si discuteva a Davos l'anno scorso e come ha detto Macron anche nell'intervento a
Davos di quest'anno, virtuale, infatti ci siamo scambiati un messaggino con Fabrizio Barca dicendo
forse aveva letto il nostro libro, perché sostanzialmente Macron dice che il capitalismo
degli ultimi 40 anni, il neoliberismo, turbo capitalismo, chiamiamolo come vogliamo,
ha prodotto risultati molto importanti, tirando fuori dalla povertà miliardi di persone. Peccato
che il modello applicato è totalmente insostenibile perché cozza contro i limiti planetari,
e non è in grado di risolvere i problemi delle disuguaglianze. Quindi i due problemi principali
del ventunesimo secolo, come dice Luciano Floridi, stiamo entrando adesso nel ventunesimo secolo con
la pandemia, così come siamo entrati nel ventesimo secolo con la prima guerra mondiale, il modello
che abbiamo usato negli ultimi 40 anni non è più adatto, bisogna cambiarlo da tanti punti di vista.
Io sono per cambiamenti radicali, ad esempio nei sistemi contabili, sia nei sistemi contabili
delle aziende, sia nei sistemi contabili nazionali, da vent'anni mi occupo di queste tematiche,
perché vedete finché consideriamo le persone nei conti aziendali un costo e quindi se facciamo
formazione alle persone quello riduce i profitti, mentre se compriamo un computer quello è un
investimento e prendiamo anche un beneficio fiscale. Non cambieremo perché lo sviluppo
sostenibile, l'agenda 2030, non è solo l'obiettivo 7 sulle energie rinnovabili o l'obiettivo 13 sulla
lotta al cambiamento climatico, ma ci sono gli altri 15 e l'insostenibilità sociale,
lo vediamo a seguito di questo dramma della pandemia, è altrettanto devastante quanto
l'insostenibilità economica o ambientale o istituzionale. Qual è la differenza?
E che gli scienziati, per tornare a quello che diceva Sofia, ci hanno detto che ci sono
dei limiti planetari, per esempio intuitivamente se in questa stanza aumentasse la concentrazione
di CO2 oltre un certo livello io morirei, non riuscirei a respirare, questo lo capiamo tutti,
gli economisti e gli scienziati sociali non hanno dei modelli per dire che oltre un certo
tasso di disoccupazione o di povertà c'è la rivoluzione, ma il fatto che non sappiano o non
sappiamo quali siano questi limiti non vuol dire che non esistono. Dunque il vero rischio che
stiamo correndo, ed è il rischio dovuto a 50 anni di disattenzione ai temi ambientali,
perché se noi avessimo ascoltato il Club di Roma nel 1972 sul rapporto ai limiti alla crescita,
non ci troveremmo a correre drammaticamente nei prossimi dieci anni o nei prossimi venti,
perché una parte del percorso l'abbiamo fatto, dicevo se non ci rendiamo conto anche di questi
altri aspetti noi rischiamo che le società non faranno la transizione ecologica, non faranno
la transizione energetica, perché sarà considerata troppo costosa per i più poveri, per i meno
abbienti e questo tema della cosiddetta giusta transizione è un tema che rischia di far saltare
tutto il processo, come abbiamo visto con i gile gialli in Francia. Attenzione, questo dramma
diventa ancora più grave nel momento in cui abbiamo centinaia di milioni di persone nel
mondo che perderanno il lavoro e lo stanno perdendo, perché a meno di grandi progetti di
riconversione noi perderemmo anche un sacco di occupazione indotta dalla trasformazione ecologica,
fare un'auto elettrica, ho visto una foto di una domanda di Sofia per esempio che dice
ma comprare un'auto elettrica e greenwashing è una cosa molto complessa, perché chiaro che emette
meno, se poi l'energia rinnovabile nelle città abbatti la quantità di CO2, ma fare un motore
elettrico richiede circa 100 pezzi, fare un motore tradizionale richiede circa 900 pezzi,
quindi dobbiamo essere pronti a perdere quell'occupazione a cui dobbiamo offrire qualche
altra cosa, perché altrimenti come nello schema dell'economia della ciambella di Kate Raworth,
dobbiamo stare attenti a non battere contro i limiti planetari di soffitto, ma neanche a
crollare nel pavimento sociale, cioè nell'insostenibilità sociale, ma dobbiamo muoverci
in quello che lei chiama lo spazio sicuro e operativo, questo è il cambiamento del capitalismo
che dobbiamo fare, ma dobbiamo cambiare i sistemi di misurazione e la cosa importante per tornare a
quello che è stato detto prima, la finanza sta andando in questa direzione e l'Europa,
sempre quella benedetta Europa di cui parlavo prima, è all'avanguardia su questi aspetti,
e il 2021 sarà un anno decisivo per capire se facciamo le cose seriamente o no, vi faccio
un esempio anche a chi ci ascolta, forse tutti noi che abbiamo un conto corrente dobbiamo compilare
la dichiarazione MIFID per valutare quanto siamo in grado di comprendere rischio, rendimento,
eccetera. Se va in porto quello che l'Europa propone, e lo spero, noi saremo chiamati a
scegliere anche se vogliamo smettere di investire i nostri soldi in alcuni settori,
i fossili, le armi, eccetera, è già stata fatta una tassonomia delle attività che sta mettendo
molto in difficoltà le imprese, un recente documento dice, abbiamo dunque bisogno di
politiche che aiutino la transizione da tutti i punti di vista, non solo ambientale ma anche
sociale, perché come è stato detto appena in chat, la green economy può creare tantissimi
imposti di euro, ma date le condizioni attuali, dati i sistemi contabili, dati gli orientamenti
delle politiche, rischiamo appunto che questo non avvenga, ed è qui dove, ragione Sofia,
la richiesta alla politica, oltre che alle leadership aziendali, è di accelerare questa
trasformazione usando risorse che ci sono, non solo grazie alle politiche delle banche centrali
abbiamo tantissima liquidità che potrebbe essere orientata in questa direzione, ma come Sofia
ricordava, io lo ricordo sempre, lo Stato italiano spende 19 miliardi all'anno di sussidi dannosi per
l'ambiente, la trasformazione di quei sussidi in sussidi favorevoli all'ambiente per la transizione,
20 miliardi all'anno, potrebbe dare un boost straordinario anche al piano nazionale di ripresa
e resilienza che va in questa direzione, tra l'altro se non lo facessimo, come dico spesso in
questi mesi, dovremmo spiegare ai partner europei perché con i loro soldi facciamo la transizione
ecologica e con i nostri facciamo l'opposto, non credo che sarebbe facile da spiegare.
Assolutamente, e tra l'altro appunto il PNRR è molto interessante perché ci mette davanti a
tutta una serie di questioni che sono legate tra di loro, quando si parla di ambiente,
di emergenza climatica, come giustamente dicevi Enrico, non si parla solo di ambiente ed emergenza
climatica, ma si parla di tutto quello che ci sta attorno, le difficoltà anche sociali ed economiche,
sempre più l'emergenza climatica colpisce diversi aspetti della vita quotidiana di tutti noi, però
non sempre lo sentiamo, non sempre ci sentiamo coinvolti in questo ambito, anche perché c'è
appunto un impegno diverso da parte dei media, ricordo che il Guardian qualche anno fa aveva
pubblicato proprio un playbook per i media su come bisogna parlare di emergenza climatica,
in primis parlare di emergenza climatica, non di crisi climatica, ma spesso rimangono appunto dei
dubbi e soprattutto su quanto poi noi ci sentiamo legati all'ambiente, quanto crediamo veramente di
poter fare qualcosa, per esempio Enrico tu nel 68 sai che inizia in qualche modo la radicalizzazione,
la fiorisce in qualche modo l'attivismo, l'ambientalismo, l'attivismo per l'ambiente,
perché in Italia questo tipo di attivismo non ha attecchito? E ti farei anche una domanda personale,
che cosa facevi tu, insomma quando avevi l'età di Sofia, Sofia si batte con Pride is for Future,
dove erano gli attivisti ambientali quando tu avevi l'età di Sofia? Io avevo l'età di Sofia
quando questi temi in Italia stavano cominciando a emergere, quando però i giovani chiedevano altro,
altrettanto importante, la libertà, il cambiamento dei modelli anche di consumo,
ma anche il cambiamento dei sistemi politici, il cambiamento dei valori della società. Io non
ho fatto il 68, ero troppo piccolo, ma sembro molto anziano, ma non è proprio così, non lo so,
sono 63 anni. Non diciamo anziano, poi diciamo solo senior, non ci sono anziani. Però sono
felicemente nonno di quattro bambini, due bambine e due bambini. Dicevo, proprio come,
scusate se ricito di nuovo il libro con Fabrizio Barca, proprio quelle istanze non erano recepite
da, chiamiamolo così, il capitalismo social-democratico, cioè quello che si era affermato
nel secondo dopoguerra. Poiché in politica il vuoto non esiste, la risposta è stata il
capitalismo neoliberista, in cui la libertà individuale era messa al centro del funzionamento
economico, poi sappiamo che non è proprio così. Quella è stata una risposta a delle domande che ha
generato appunto una serie di vantaggi, ma anche molti disaltri. Perché in Italia l'ambientalismo
non ha mai attecchito sul piano politico? Non sono un'esegeta, diciamo così, del fallimento
di questi momenti, anche se ci sono stati, diciamo così, momenti in cui invece i verdi hanno avuto
una certa risonanza. Ma oggi non c'è una forza politica verde analoga a quello che c'è in Germania,
per esempio, o in parte in Francia e in altri paesi. Nell'ultimo capitolo di quel libro noi
spieghiamo che cosa dovrebbe fare però una forza progressista che prenda lo sviluppo
sostenibile seriamente in tutte le sue dimensioni. Questa è l'auspicio, soprattutto da quando l'Europa
è andata in questa direzione. Mi rubo 30 secondi per raccontarvi che, anche insieme ancora a Fabrizio
Barca, noi abbiamo lavorato tre anni per preparare la svolta dei socialdemocratici europei nella
direzione che poi è stata attuata dalla Commissione von der Leyen. Non era facile, non è stato facile.
I verdi, complessivamente, in Europa hanno avuto una buona affermazione, ma la cosa importante è che
anche il gruppo socialista democratico al Parlamento europeo ha abbracciato questi aspetti.
Quando poi è andato a negoziare con i popolari, avendo perduto comunque la posizione di presidente
della Commissione, è riuscita a dire, per esempio, l'agenda 2030 diventa il centro di tutte le politiche
europee, da qui next generation e tutte le altre cose. Quindi starei attento anche a cercare,
diciamo così, una qualificazione troppo rigorosa, perché oggi sviluppo sostenibile è qualcosa che
in tanti paesi del mondo vede il centro-sinistra molto più protagonista della destra. Perché?
Perché la destra, credendo ancora così tanto nel mercato, mentre come dice Sir Nicholas Stern,
l'emergenza climatica è il più grande fallimento del mercato nella storia dell'umanità, ha molte
più difficoltà a accettare la frase che ho appena detto. Mentre il centro-sinistra, tipicamente,
non ci crede nel mercato. Quindi, ecco, queste sono le dinamiche che si stanno scontrando a livello
politico, non solo a livello europeo, ma anche a livello globale e vedremo in Italia come andrà.
Ecco, negli ultimi cinque minuti volevo fare una domanda sia a Sofia che a Virginia. Sofia,
quando ci siamo sentite al telefono abbiamo chiacchierato di che cosa potrebbero essere poi
effettivamente i piccoli passi da fare per ognuno di noi, per non sentirsi così distanti da un
problema che è enorme, gigantesco, ci riguarda tutti, ma è anche lontano in qualche modo. Elvira,
nella chat, ci scrive effettivamente tutto deve essere accompagnato da uno stile di vita
sostenibile in grado di combinare scelte personali, sociali e culturali. Ecco,
secondo te quali sono delle good practices in qualche modo e che cosa vorresti che venisse
implementato nel futuro? Allora, se ti devo dire qualcosa che si può comprare, qualcosa che sia
materiale, ti direi seguire una dieta vegetale, seguire uno stile di vita zero waste, scegliere
delle banche che sono etiche, che non investono in fossili, fare l'efficiente mente energetica
della propria casa, comprare una macchina elettrica, però in realtà quello che possiamo
fare letteralmente tutti i giorni e che non ci costa niente e che forse chiunque lo dovrebbe
fare e più siamo meglio è, è parlarne, è capire che questa è una crisi, la crisi climatica è una
crisi tanto quanto lo è la crisi sanitaria, l'emergenza sanitaria che stiamo vivendo adesso.
Quindi nel momento in cui riconosciamo che questa è effettivamente una situazione di crisi e iniziamo
a parlare come tali, cioè come tale, inizieremo anche ad entrare nel mindset che deve essere
risolta in un modo o nell'altro, facendo qualsiasi cosa sia il nostro potere di fare. Quindi questo
è sinceramente ciò che spero si faccia, che se ne parli nel modo più plateale, aperto e approfondito
possibile perché è ciò di cui abbiamo bisogno, poi dopo tutto viene accascata da quello,
quella è l'azione, parlarne e conseguentemente informarsi e conseguentemente votare consapevolmente.
Quando si può votare ovviamente. Ci vuole ancora un po', però è molto interessante come da un certo
punto di vista Fridays for Future si occupi sì dell'attivismo ma sempre di più della politica
nel vero senso della parola, cioè facendo, creando delle campagne e scrivendo dei punti che poi possono
essere utili anche a chi fa i recovery plan e magari si ispira che sarebbe sicuramente utile,
visto come è adesso. Per informarsi, Virginia, tu hai una pagina Instagram dove spesso posti
dove sarebbe meglio informarsi. Ecco, come e dove ci si informa?
Sì, questa è una questione che a me sta molto a cuore. Io sono all'estero da tanti anni e devo
dire che continuo a vedere una differenza abissale dal modo di riportare l'emergenza climatica nei
giornali, insomma, di media italiane rispetto a quelle internazionali, quindi per me, lavorando
all'estero ovviamente leggo tantissime cose, specialmente in inglese e devo dire che è un
buona fortuna, però non ci sono più scuse perché a giorno d'oggi puoi fare Google Translate
praticamente su qualsiasi cosa. Io credo che le grandi testate Bloomberg, The Atlantic,
New York Times, Guardian hanno davvero ritagliato negli ultimi anni, insomma, nel tempo una sezione
davvero specifica dedicata per il giornalismo sul clima rispetto a noi in Italia, invece molto
meno, soprattutto investendo anche sulla preparazione dei propri giornalisti perché,
appunto, la questione climatica è anche complessa e in inchieste e reportage che vanno ben oltre la
notizia, producono anche delle newsletter, consiglio sempre quella del New York Times
perché Climate Forward, secondo me, è una delle più belle newsletter sul clima che c'è,
è settimanale, ti arriva nella casera di posta e è certamente anche importante un po' leggere il
più spesso possibile di queste cose perché c'è anche un po' un gergo per noi che lavoriamo nel
settore, io mi rendo conto, anche oggi parlando, probabilmente è un po' complesso, è Net Zero
Target, Offsetting, Climate Neutral, Carbon Neutral, non abbiamo una traduzione, insomma,
in italiano per tante di queste cose, quindi è importante leggere di più, appunto, per farsi una
cultura e scegliere dei giornali che più, insomma, stanno dalla parte della scienza.
Tantissimi di questi giornali, tra l'altro, incredibile, non so se l'avete notato anche voi,
ma c'è proprio Environment, quindi ambiente e clima, spesso sono anche separati perché in effetti
sono un po' due cose leggermente diverse, insomma, per coprirle anche dal punto di vista giornalistico
i problemi legati, appunto, anche alle loro cause. Puoi spiegarci la differenza, magari,
per chi non la sa, non la conosce? Sì, certo, cioè, in sostanza, il clima,
quando si parla di, appunto, climate change, si è legato a tutte quelle attività, virtualmente
tutte le attività umane, in un certo senso, producono CO2, ovviamente, però che sono legate
a un'altissima generazione di gas serra, specialmente CO2, diciamo, anche metano e,
soprattutto, poi, in questi grandi giornali, spesso queste sezioni sono legate a tutti i
paper scientifici legati, appunto, che pubblicano su nuove tecnologie, appunto, che nuove soluzioni,
oppure vanno a rivedere le cause e quindi ti spiegano, insomma, in più che cosa ha trovato,
appunto, cosa ha scoperto la scienza, sul perché o quale cose terribili, di nuovo,
ha fatto l'uomo per incrementare ancora di più il problema. Invece, l'ambiente è più legato al
discorso della biodiversity, della natura e come proteggiamo e come conserviamo gli ecosistemi
che fanno parte, appunto, del nostro pianeta e con cui dovremmo convivere. Faccio un esempio
concreto, ieri, qui il governo, tra l'altro, appunto, volevo anche fare un appunto, ma
semplicemente dire anche ad Enrico che non so perché, invece, questo paese, in Inghilterra,
in Gran Bretagna, i conservatori sono sempre stati molto avanti nel come approcciano, appunto,
il clima con i loro carbon budget, sono il primo paese con un target net zero 2050,
nella legge proprio. E quindi il governo inglese aveva chiesto all'Università di Cambridge,
di un grande economista dell'Università di Cambridge, di lavorare su un nuovo rapporto
che è stato pubblicato, appunto, questa settimana, tutto su The Economics of Biodiversity, che è
stato, appunto, annunciato ieri e è finito su tutti i giornali, più nella sezione, appunto,
ambiente, perché non parla di emissioni di CO2, ma quanto la protezione, la conservazione della
natura e dell'incredibile asset che è per tutti noi. Tranquillizziamo, in Italia non se ne è parlato
neanche nella sezione ambiente. Davvero una tragedia, perché invece è un rapporto che
segnerà, secondo me, nel futuro tantissime... Come il rapporto Stern, andiamo avanti. Come il rapporto Stern,
è sempre stato, appunto, il governo britannico, in questo sono, secondo me, avanti. E poi,
per concludere un po' su dove, insomma, informarci, io dico sempre, anche, insomma, sul mio canale
Instagram, torniamo a innamorarci delle riviste di divulgazione scientifica. Cioè, climate change è
un problema complesso. Cercare di semplificarla ai massimi, a tutti i costi, non è necessariamente
la cosa migliore. Dobbiamo avvicinarci di noi al problema, capire meglio le cause e, quindi,
torniamo alla scienza. National Geographic, Scientific American, tutti anche con versioni
in italiano, ci tengo a specificare. Oppure siti come Carbon Brief, The Conversation, dove sono stessi
scienziati che, spesso, magari hanno fatto anche ricerca nella loro vita, ma poi scrivono anche di
quello su cui fanno scienza. Ci sono articoli stupendi e poi mi fermo, ma ne cito uno, perché
poi, se andate a rivederlo, è molto interessante. Sempre su Carbon Brief, di qualche mese fa, ha pubblicato
un pezzo bellissimo sul carbon budget generazionale. Hanno introdotto una nuova
metodologia, che ti spiegano ovviamente anche nel dettaglio per chi avesse voglia di capirla,
ovvero la differenza tra quanto a CO2 hanno potuto emettere i nostri genitori, quindi i baby boomers,
diciamo, i miei genitori, noi millennials e i ragazzi che invece sono nati, i miei nipotini,
dal 2010 in poi, insomma, se vogliamo mantenere il riscaldamento entro il grado e mezzo. E quindi,
insomma, i nostri nonni hanno già utilizzato gran parte del budget e i nipoti devono emettere
otto volte meno rispetto alla generazione, insomma, dei baby boomers. Quindi è interessante vedere
anche le cose sotto questa prospettiva e c'è un giornalismo stupendo là fuori che ci può aiutare
a capire questo problema e portarcelo in casa e davvero, insomma, capire come impatta sulle
nostre vite. E poi, magari solo per concludere, un ultimo grande, grandissima fan di tutti i nuovi
documentari. Non so se avete avuto modo anche voi di essere attaccati a Netflix, in un certo senso
anche alla BBC, però è incredibile come è cambiato anche il modo di fare documentari sulla natura
negli ultimi anni. Cioè, sono cresciuta guardando le leonesse che facevano la caccia, ma invece
adesso invece c'è tutto un nuovo modo di raccontare questa tensione tra l'umanità e la natura e come
stiamo erodendo sempre di più la biodiversità e finalmente si vede in questi documentari.
Fantastico, su questa nota adesso andiamo tutti ad aprire Netflix e a guardarci i documentari. No,
è molto interessante l'ultima cosa che dicevi appunto sulle differenze generazionali, su chi ha
potuto in qualche modo sprecare di più e chi invece adesso in qualche modo ne paga le conseguenze,
perché poi bisogna sempre calibrare. E su questo proprio il dialogo fra generazioni è interessante
perché ci aiuta a capire di più di cosa è stato prima, di cosa è adesso e di che cosa sarà poi.
Con questo io vi ringrazio, ringrazio Sofìa, Enrico e Virginia di aver partecipato stasera
a questo panel e ricordo a tutti che tra due settimane avremo la seconda puntata,
il secondo episodio di Interregno e parleremo di informazione il 17 di febbraio, mercoledì,
sempre alle 19. Grazie a tutti. Grazie a voi, buona serata.
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