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Cristo si è fermato a Eboli - Carlo Levi, BIOGRAFIA DI CARLO LEVI

BIOGRAFIA DI CARLO LEVI

Carlo Levi (Torino 1902-Roma 1975) si era laureato in medicina nel 1923, ma trascurò presto la professione per dedicarsi alla pittura e alla letteratura. Più forte ancora in lui si affermò la passione politica. Allievo di Felice Casorati, vide durante un viaggio in Francia le opere dei fauves, di Modigliani e di Soutine leggendovi un incitamento alla ribellione contro la retorica fascista e la cultura ufficiale in genere. Nel 1929 fece quindi parte, con il suo maestro Casorati, del gruppo dei «Sei pittori di Torino» in aperta opposizione agli schemi accademici. Collaboratore delle riviste di Piero Gobetti, «Energie Nuove», «Il Baretti» e «Rivoluzione liberale», di vivace anticonformismo culturale, diresse con Nello Rosselli la clandestina «Lotta politica» e, sempre nel 1929 a Parigi, fondò con Gaetano Salvemini, Emilio Lussu, Carlo Rosselli e Alberto Tarchiani il movimento «Giustizia e libertà».

La sua attività non poteva sfuggire alla polizia fascista e, prima o poi, Levi venne condannato al confino in Lucania, dove risiedette nel 1935 e nel 1936, e dove scoprí il problema meridionale. I medici locali gli fecero proibire l'esercizio della professione. Per occupare meglio il tempo, Levi ricorse soprattutto alla pittura, ritraendo la gente e la natura del luogo. Di scrivere di quella sua esperienza di piemontese della razza dei conquistatori prigioniero tra i conquistati, gli italiani di serie inferiore, gli venne in mente solo più tardi durante l'occupazione nazista, tra il dicembre del 1943 e il luglio del 1944 a Firenze, dove era tornato dopo un periodo passato in Francia. Pubblicato nel 1945 da Einaudi, Cristo si é fermato a Eboli ebbe un enorme successo, e il successo continua.

Il titolo, Levi lo attribuisce alla cultura lucana.

«Noi non siamo cristiani, - essi dicono, - Cristo si è fermato a Eboli». Cristiano, nel loro linguaggio vuol dire uomo: e la frase proverbiale che ho sentito tante volte ripetere, nelle loro bocche non è forse nulla più che l'espressione di uno sconsolato complesso di inferiorità. Noi non siamo cristiani, non siamo considerati uomini, ma bestie, bestie da soma, e ancora meno che le bestie, i fruschi, i frusculicchi, che vivono la loro vita diabolica o angelica, perché noi dobbiamo invece subire il mondo dei cristiani, che sono di là dall'orizzonte, e sopportarne il peso e il confronto...

La condizione dei contadini della Lucania è definibile, secondo Levi, come anteriore alla storia e il Cristo, che si è davvero fermato a Eboli, dove la strada e il treno abbandonano la costa di Salerno e il mare, e si addentrano nelle desolate terre di Lucania, sta nel libro a segnare il limite tra due epoche, quella umana e quella preumana. I contadini non partecipano della Storia, da cui li esclude il sistema sociale, sopravvivono, con l'unica possibilità di patire insieme.

Questa fraternità passiva, questo patire insieme, questa rassegnata, solidale, secolare pazienza è il profondo sentimento comune dei contadini, legame non, religioso, ma naturale. Essi non hanno, né possono avere, quella che si usa chiamare coscienza politica, perché sono, in tutti i sensi del termine, pagani, non cittadini: gli dèi dello Stato e della città non possono aver culto fra queste argille, dove regna il lupo e l'antico, nero cinghiale, né alcun muro separa il mondo degli uomini da quello degli animali e degli spiriti, né le fronde degli alberi visibili dalle oscure radici sotterranee...

Da molti Cristo si é fermato a Eboli è considerato il primo e unico libro di Carlo Levi. In realtà, Levi ne aveva già scritto uno nel 1939 a La Baule sulle coste della Bretagna, Paura della libertà, un saggio sulla ricerca del perché del distacco degli intellettuali borghesi dalle masse, la colpa di essersi lasciati in pratica sostituire dal fascismo, la paura della passione e della responsabilità che porta ad adorare quanti ce ne privino e ce ne liberino, il bisogno di un ordine esteriore da assumere a riprova della inesistente moralità.

Einaudi pubblicò Paura della libertà nel 1946, come pubblicò nel 195o L'Orologio, ritratto romanzato del passaggio del potere dall'Italia resistenziale di Ferruccio Parri all'Italia della guerra fredda di Alcide De Gasperi, un libro che abbiamo già ripresentato nel numero 7 di questi E. T.

E sempre Einaudi ha pubblicato tutti gli altri libri di Levi, da Le parole sono pietre del 1955 a Il futuro ha un cuore antico del 1956, La doppia notte dei tigli del 1959, Un volto che ci somiglia. Ritratto dell'Italia a Tutto il miele è finito del 1964, sino al postumo Quaderno a cancelli, a cura di A. Marcovecchio, del 1979.


BIOGRAFIA DI CARLO LEVI

Carlo Levi (Torino 1902-Roma 1975) si era laureato in medicina nel 1923, ma trascurò presto la professione per dedicarsi alla pittura e alla letteratura. Più forte ancora in lui si affermò la passione politica. Allievo di Felice Casorati, vide durante un viaggio in Francia le opere dei fauves, di Modigliani e di Soutine leggendovi un incitamento alla ribellione contro la retorica fascista e la cultura ufficiale in genere. Nel 1929 fece quindi parte, con il suo maestro Casorati, del gruppo dei «Sei pittori di Torino» in aperta opposizione agli schemi accademici. Collaboratore delle riviste di Piero Gobetti, «Energie Nuove», «Il Baretti» e «Rivoluzione liberale», di vivace anticonformismo culturale, diresse con Nello Rosselli la clandestina «Lotta politica» e, sempre nel 1929 a Parigi, fondò con Gaetano Salvemini, Emilio Lussu, Carlo Rosselli e Alberto Tarchiani il movimento «Giustizia e libertà».

La sua attività non poteva sfuggire alla polizia fascista e, prima o poi, Levi venne condannato al confino in Lucania, dove risiedette nel 1935 e nel 1936, e dove scoprí il problema meridionale. I medici locali gli fecero proibire l'esercizio della professione. Per occupare meglio il tempo, Levi ricorse soprattutto alla pittura, ritraendo la gente e la natura del luogo. Di scrivere di quella sua esperienza di piemontese della razza dei conquistatori prigioniero tra i conquistati, gli italiani di serie inferiore, gli venne in mente solo più tardi durante l'occupazione nazista, tra il dicembre del 1943 e il luglio del 1944 a Firenze, dove era tornato dopo un periodo passato in Francia. It occurred to him only later on, during the Nazi occupation, between December 1943 and July 1944 in Florence, to write about his experience as a Piedmontese of the conquering race, a prisoner among the conquered, the Italians of a lower class he had returned after a period spent in France. Pubblicato nel 1945 da Einaudi, Cristo si é fermato a Eboli ebbe un enorme successo, e il successo continua.

Il titolo, Levi lo attribuisce alla cultura lucana.

«Noi non siamo cristiani, - essi dicono, - Cristo si è fermato a Eboli». Cristiano, nel loro linguaggio vuol dire uomo: e la frase proverbiale che ho sentito tante volte ripetere, nelle loro bocche non è forse nulla più che l'espressione di uno sconsolato complesso di inferiorità. Noi non siamo cristiani, non siamo considerati uomini, ma bestie, bestie da soma, e ancora meno che le bestie, i fruschi, i frusculicchi, che vivono la loro vita diabolica o angelica, perché noi dobbiamo invece subire il mondo dei cristiani, che sono di là dall'orizzonte, e sopportarne il peso e il confronto...

La condizione dei contadini della Lucania è definibile, secondo Levi, come anteriore alla storia e il Cristo, che si è davvero fermato a Eboli, dove la strada e il treno abbandonano la costa di Salerno e il mare, e si addentrano nelle desolate terre di Lucania, sta nel libro a segnare il limite tra due epoche, quella umana e quella preumana. I contadini non partecipano della Storia, da cui li esclude il sistema sociale, sopravvivono, con l'unica possibilità di patire insieme.

Questa fraternità passiva, questo patire insieme, questa rassegnata, solidale, secolare pazienza è il profondo sentimento comune dei contadini, legame non, religioso, ma naturale. Essi non hanno, né possono avere, quella che si usa chiamare coscienza politica, perché sono, in tutti i sensi del termine, pagani, non cittadini: gli dèi dello Stato e della città non possono aver culto fra queste argille, dove regna il lupo e l'antico, nero cinghiale, né alcun muro separa il mondo degli uomini da quello degli animali e degli spiriti, né le fronde degli alberi visibili dalle oscure radici sotterranee...

Da molti Cristo si é fermato a Eboli è considerato il primo e unico libro di Carlo Levi. In realtà, Levi ne aveva già scritto uno nel 1939 a La Baule sulle coste della Bretagna, Paura della libertà, un saggio sulla ricerca del perché del distacco degli intellettuali borghesi dalle masse, la colpa di essersi lasciati in pratica sostituire dal fascismo, la paura della passione e della responsabilità che porta ad adorare quanti ce ne privino e ce ne liberino, il bisogno di un ordine esteriore da assumere a riprova della inesistente moralità. In reality, Levi had already written one in 1939 in La Baule on the Brittany coast, Fear of Freedom, an essay on the search for the reason for the detachment of bourgeois intellectuals from the masses, the guilt of allowing themselves in practice to be replaced by fascism, fear of the passion and responsibility that leads us to adore those who deprive us of it and free us from it, the need for an external order to assume as proof of the non-existent morality.

Einaudi pubblicò Paura della libertà nel 1946, come pubblicò nel 195o L'Orologio, ritratto romanzato del passaggio del potere dall'Italia resistenziale di Ferruccio Parri all'Italia della guerra fredda di Alcide De Gasperi, un libro che abbiamo già ripresentato nel numero 7 di questi E. T.

E sempre Einaudi ha pubblicato tutti gli altri libri di Levi, da Le parole sono pietre del 1955 a Il futuro ha un cuore antico del 1956, La doppia notte dei tigli del 1959, Un volto che ci somiglia. Ritratto dell'Italia a Tutto il miele è finito del 1964, sino al postumo Quaderno a cancelli, a cura di A. Marcovecchio, del 1979.