Le tribolazioni di due fratelli (365-370) - Ep. 12 (2)
Dice Marcellino che “L'ardore di Damaso e Ursino per occupare la sede vescovile superava qualsiasi ambizione umana. Finirono per affrontarsi come due partiti politici, arrivando allo scontro armato. Non c'è da stupirsi che un premio tanto ambito accendesse l'ambizione di uomini maliziosi, se si considera lo splendore della città di Roma. Infatti, una volta eletti a quella carica, si gode in santa pace una fortuna garantita dalle donazioni delle matrone, si va in giro su di un cocchio elegantemente vestiti e si partecipa a banchetti con un lusso superiore a quello imperiale. Ma costoro potrebbero essere sicuramente felici se vivessero imitando alcuni vescovi provinciali che la moderazione nei cibi e nel bere, la semplicità negli abiti e gli sguardi rivolti a terra rimandano all'eterna divinità». Questo è uno dei celebri passi di Ammiano in cui egli dimostra di apprezzare il messaggio originale del credo cristiano, trovandone anche punti in comune con il suo credo Neoplatonico. Invece Ammiano non aveva alcuna tolleranza degli altri gradi del clero cristiano e dei continui litigi teologici, dietro i quali vedeva solo ambizione e ingordigia.
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Lo scontro scoppiò durante l'elezione di entrambi, che avvenne in contemporanea in due chiese diverse della città: S. Maria in Trastevere per Ursino e S. Lorenzo in Lucina per Damaso. Damaso, dopo l'elezione, fu incoronato vescovo per primo, in un blitz a S. Giovanni in Laterano. I sostenitori di Ursino non si diedero per vinti e si asserragliarono a S. Maria Maggiore. Ma Damaso non aveva nessuna intenzione di cedere il potere che gli spettava a suo dire di diritto e assoldò un gruppo di ruffiani, picchiatori e galeotti e li mandò contro gli Ursiniani. A S. Maria maggiore fu una strage: 137 tra i sostenitori di Ursino furono uccisi nel nome della santa elezione di un pontefice attraverso il desiderio dello spirito santo.
Damaso trionfò e Ursino fu costretto a lasciare Roma. Durante il regno di Valentiniano tentò più volte di disarcionare Damaso, sia con metodi violenti che per vie legali. Valentiniano però aveva un atteggiamento molto imparziale sulle dispute religiose: sostanzialmente lo stesso di Ammiano, un altro militare amante delle cose pratiche. Valentiniano non le tollerava e durante tutto il suo regno in occidente ci fu una sostanziale tolleranza religiosa ai limite dell'indifferenza, sia verso i pagani che nell'eterna disputa tra ariani e niceni. Quanto a lui, Damaso rimarrà al suo posto, roccia incrollabile dell'ortodossia. Ricordatevi di Damaso, è uno dei personaggi principali della reazione dei trinitari ai quasi-trionfanti Ariani. Ci torneremo.
Gli Alemanni rialzano la testa
Valentiniano nel frattempo dovette affrontare problemi più terreni: come detto sul finire del 365 gli Alemanni avevano invaso di nuovo la Gallia, con la solita teoria di saccheggi, violenze e devastazioni. Valentiniano gli aveva mandato contro due generali non molto capaci e gli Alemanni avevano avuto facilmente la meglio e i due comandanti erano stati uccisi. Valentiniano nominò un nuovo generale – Giovino – che era di tutt'altra pasta. Giovino riuscì nel corso dell'anno a sconfiggere la principale incursione alemannica e ricacciarli oltre il Reno: come ricompensa ottenne il consolato per l'anno successivo. Qui vorrei aprire una parentesi sul consolato nel tardo impero: ovviamente in questo periodo il consolato da tempo non comportava alcun reale potere politico, essendo un lascito del passato repubblicano di Roma. Il consolato rimaneva però ancora il più alto onore che lo stato poteva conferire ad un cittadino. Solo i cittadini più illustri e meritevoli venivano nominati consoli, spesso come colleghi dell'imperatore: inoltre ancora in questa epoca gli anni venivano computati in base ai consolati. Quindi il 367 sarebbe stato l'anno del consolato di Lupicino e Giovino, rispettivamente il principale generale che aveva aiutato a sconfiggere Procopio in oriente e il generale che aveva ricacciato indietro gli Alemanni in occidente: il consolato era diventato un meccanismo meritocratico nelle mani dell'imperatore.
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Valentiniano, da determinato e vendicativo imperatore quale era, decise che gli Alemanni si meritavano una lezione e che avrebbero pagato caro il loro tradimento. Iniziò a preparare una missione militare contro i Germani, pianificata per l'anno successivo, il 367. La spedizione non era però destinata a partire perché terribili notizie arrivarono dalla Britannia.
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La grande cospirazione contro la Britannia Romana
La grande cospirazione dei barbari
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La Britannia Romana era il posto più noioso dell'impero dove essere un soldato: non c'erano grandi generali con prospettive imperiali, i barbari da affrontare erano gente da scorrerie, non da grandi invasioni, i reparti locali erano probabilmente i meno motivati e i peggio armati dell'Impero. L'Impero aveva avuto rogne in Britannia durante il terzo secolo e aveva costruito delle difese per proteggere la provincia contro le incursioni dei pirati Sassoni, oltre al grande vallo del nord che divideva la provincia dalle terre dei Pitti, nella moderna Scozia. Oltre uno stretto mare, nella selvaggia Ibernia, vivevano gli Scotii: ci si può confondere, gli Scotii vivevano in Irlanda. Le difese provinciali erano perfettamente in grado di rispondere ad ognuna di queste minacce, prese singolarmente. Ma i tempi stavano cambiando e presto l'isola sarebbe stata colpita dalla grande cospirazione.
Infatti nella primavere del 367, pirati Sassoni attaccarono le coste e le fortezze che i Romani vi avevano costruito, a quanto pare uccidendo nel processo anche i leader militari della provincia Romana. Razziatori scotii vennero dall'Irlanda e sbarcarono in Britannia. I Pitti attaccarono le difese del Vallo di Adriano: difese alla cui guardia c'erano ovviamente diversi reparti di soldati romani, che lasciarono però passare i Pitti, non si sa perché già d'accordo o perché scoraggiati di fronte alle innumerevoli invasioni. Una volta che il caos iniziò a regnare nella provincia i soldati disertarono le loro unità e molti di loro si unirono agli invasori. Ci fu un totale collasso dell'ordine pubblico mentre i civili venivano schiavizzati e derubati sia dagli invasori che dai loro antichi protettori. La Britannia era sul punto di essere perduta al mondo romano.
Mi chiamo il conte Teodosio, e risolvo problemi
Valentiniano era in viaggio verso Trier e la sua campagna punitiva contro gli Alemanni quando venne a sapere che qualcosa di terribile stava accadendo in Britannia. La cronologia non è chiara, visto che le fonti che abbiamo a disposizione (su tutte Ammiano) non erano sul posto. Però è chiaro che Valentiniano non stette a guardare e inviò degli emissari per valutare la situazione: all'inizio pensò di cavarsela con poco, senza impattare la sua missione in Germania. Fu presto chiaro però che la situazione in Britannia richiedeva misure pesanti e Valentiniano nominò a capo della spedizione in Britannia il comandante – o Comes – Teodosio. Non quel Teodosio, suo padre: allo storia è passato come il Conte Teodosio, Conte essendo la traduzione italiana di Comes.
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Subito dopo, a seguito di una malattia che lo aveva quasi portato alla tomba, Valentiniano elevò all'onore di Augusto suo figlio Graziano, in modo da consolidare la sua dinastia: a malincuore Valentiniano dovette arrendersi all'inevitabile e rinunciare alla sua spedizione in Germania per quell'anno.
Nella primavera dell'anno seguente, il 368, il conte Teodosio sbarcò in Britannia e fece base a Londra: al seguito aveva probabilmente suo figlio Teodosio, si quel Teodosio, Teodosio il grande. In Britannia il Conte Teodosio scoprì che le truppe britanniche erano state sopraffatte, rifiutavano di combattere o erano state abbandonate. Teodosio riuscì rapidamente a riportare l'ordine almeno nelle zone circostanti; al che promise una amnistia a tutti quei soldati e disertori che fossero tornati in armi: era una politica intelligente e flessibile e fece miracoli, visto che una buona parte degli uomini che tormentavano i britanni erano ex soldati e questi, con la paura di essere giustiziati in quanto disertori, si comportavano come uomini che non avevano nulla da perdere. Alla fine dell'anno, i barbari erano stati respinti nelle loro terre d'origine; i capi degli ammutinati erano stati giustiziati; Il Vallo di Adriano riconquistato e l'ordine riportato nella diocesi della Britannia. Nel 370 Teodosio tornò da eroe in Gallia e fu promosso a Magister Militum Praesentalis, ovvero il più alto grado militare dell'Impero sotto l'Imperatore. Avrà ancora da fare negli anni successivi.
Valentiniano insegna ai Germani la buona educazione
Mentre Teodosio riportava l'ordine in Britannia, Valentiniano attraversò il Reno a capo del suo esercito, potenziato da anni di reclutamenti ed esercitazioni militari da parte dell'inflessibile Augusto. Valentiniano invase il territorio degli Alemanni che fuggirono in una località chiamata Solicinium, dove si asserragliarono su posizioni ben difese in cima ad una collina: ma fu tutto inutile, come vedremo. Valentiniano e il suo stato maggiore prepararono perfino un'imboscata nel punto in cui probabilmente gli Alemanni sarebbero fuggiti, tanto erano sicuri del successo. Poi diedero ordine di attaccare. Dice Ammiano: “con grande ardore delle due parti si ingaggiò uno scontro con le lance in resta: vennero a combattimento, corpo a corpo, da un lato i nostri soldati più ammaestrati nell'arte della guerra, dall'altro i barbari feroci, ma incauti. Essendo incerta per un breve tempo la sorta della battaglia la lotta si svolgeva con reciproca strage. Infine, sbaragliati dall'impeto dei Romani e sconvolti dalla paura, gli Alemanni si volsero in fuga mentre venivano colpiti dalle spade e dai giavellotti nemici”. A questo punto scattò la trappola e le forze nascoste per l'imboscata caddero sui nemici in fuga. Fu una strage.
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Si parla spesso della decadenza dell'Impero Romano, ma eccoci al 368 dopo cristo e i Romani sono ancora in grado di attraversare il Reno, portare la guerra al nemico e distruggere l'esercito della principale confederazione Germanica senza neanche sudare troppo: i problemi c'erano, basti vedere il caso della Britannia o i problemi di ordine pubblico, di successione imperiale, di corruzione. D'altronde, non mi pare che nessuno stato precedente o successivo sia scevro di questioni importanti, di debolezze a cui far fronte. Ma l'Impero era ancora, sotto Valentiniano, l'impero di sempre: il colosso geopolitico con cui ogni nazione Germanica doveva fare i conti consapevole della sua ultima debolezza.
Athanaric, il primo Goto a fare politica con i Romani
Certo Valentiniano era un comandante accorto, per quanto facile alla collera, ma come se la cavò Valente in questo ultimo scorcio degli anni 60' in oriente? È arrivato il momento di introdurre alcuni degli attori principali del dramma che esploderà di qui a pochi anni, ovvero i Goti Tervingi e il loro capo Athanaric. Parleremo altrove più a lungo dei Goti e della loro storia, per ora è sufficiente dire che i Tervingi – una dei due gruppi principali del popolo Gotico – vivevano pressappoco nell'ex provincia romana della Dacia ed erano stati nell'orbita di Roma fin dal 332, quando Costantino gli aveva imposto un foedus, un accordo asimmetrico di associazione all'impero. Nel caos degli ultimi anni i Goti Tervingi avevano eletto un capo, Athanaric: questi decise di dare il suo supporto a Procopio nella sua candidatura al trono imperiale. Avremo modo di parlare di Athanaric nei prossimi episodi, ma basti dire che questa fu la prima volta nella quale un capo dei Goti ebbe l'ardire di intervenire nella politica interna dell'Impero: vedremo come non sarà certamente l'ultima volta. Athanaric inviò 3000 dei suoi migliori guerrieri a combattere al fianco degli ultimi Costantiniani: purtroppo per Athanaric i suoi 3000 guerrieri arrivarono quando la rivolta di Procopio era già stata sconfitta e furono facilmente dispersi e catturati dalle vittoriose forze di Valente.
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Valente chiese a questo punto conto alla leadership dei Goti delle loro azioni: i Goti Tervingi erano federati dell'impero, avevano perfino servito fedelmente nella campagna di Giuliano contro i Persiani: si chiedeva Valente come mai avessero sostenuto un usurpatore. Athanaric rispose che lui aveva creduto che Procopio fosse il legittimo imperatore, inoltre i Tervingi avevano stretto alleanza con Costantino e i suoi eredi: i Goti non percepivano probabilmente i rapporti tra stati ma li consideravano un'alleanza o clientela personale con il capo dei romani e i suoi discendenti.
Athanaric e Valente: preludio di una tragedia
Sta di fatto che Valente – anche su incitazione di Valentiniano – non fu per niente convinto dalle scuse di Athanaric. Nella primavera del 367 Valente decise di muovere guerra ai Tervingi e attraversò il Danubio senza incontrare opposizione: Athanaric era un capo accorto: sapeva di non poter tenere testa al Comitatus dell'Impero d'oriente e diede ordine ai suoi di ritirarsi nelle montagne. Valente quell'anno non fece altro che bruciare villaggi abbandonati salvo poi tornare in territorio Romano.