6. PATIENTIA (1) (NO AUDIO)
Arriano mi scrive:
"Conformemente agli ordini ricevuti, ho terminato la circumnavigazione del Ponto Eusino. Abbiamo chiuso il cerchio a Sinope, i cui abitanti ti saranno in eterno riconoscenti per i grandi lavori di restauro e d'ampliamento del porto, condotti a termine sotto la tua sorveglianza qualche anno fa... A proposito: ti hanno eretto una statua che non è né somigliante né bella: mandane loro un'altra, di marmo bianco... A Sinope, non senza emozione ho abbracciato con lo sguardo quello stesso Ponto Eusino, dalla vetta delle colline donde l'ha scorto un giorno per la prima volta il nostro Senofonte, e donde tu stesso lo contemplasti...
Ho ispezionato le guarnigioni costiere: i comandanti meritano i più alti elogi per l'eccellenza della disciplina, l'adozione dei metodi d'addestramento più moderni, e l'ottima qualità di lavori del genio... Per tutta quella zona costiera, selvaggia e ancora mal conosciuta, ho fatto fare nuovi sondaggi e rettificato, dov'era necessario, le indicazioni dei navigatori che mi hanno preceduto...
Abbiamo costeggiato la Colchide. So quanto t'interessi ai racconti degli antichi poeti, e perciò ho interrogato gli abitanti a proposito degli incantesimi di Medea e delle imprese di Giasone. Ma sembra ch'essi ignorino quelle favole...
Sulle rive settentrionali di quel mare inospitale, abbiamo toccato una piccola isola che però è sconfinatamente grande, nella leggenda: l'isola di Achille. Tu lo sai bene: si narra che Tetide abbia fatto allevare il figlio su quell'isolotto sperduto nelle nebbie; ella saliva dal fondo del mare e veniva ogni sera sulla spiaggia a conversare col suo bambino. L'isola, oggi disabitata, non nutre che capre. Vi sorge un tempio di Achille. Gabbiani, grandi e piccoli, migratori, e uccelli marini la frequentano; il battito delle loro ali impregnate di salsedine rinfresca di continuo l'atrio del santuario. Ma quest'isola di Achille è, come si conviene, anche l'isola di Patroclo; e gli ex voto innumerevoli che adornano le pareti del tempio sono dedicati a entrambi, poiché naturalmente coloro che amano Achille nutrono del pari tenerezza e venerazione per la memoria di Patroclo. Achille in persona appare in sogno ai naviganti che visitano quei paraggi; li protegge, li avverte dei pericoli del mare, come altrove fanno i Dioscuri. E l'ombra di Patroclo appare al fianco di Achille.
Ti riferisco queste cose perché credo valga la pena di conoscerle, e perché quelli che me le hanno riferite le hanno sperimentate di persona o le hanno apprese da testimoni degni di fede... A volte, Achille mi sembra il più grande degli uomini per coraggio e forza d'animo, le doti dello spirito accoppiate all'agilità del corpo, e per l'amore ardente del suo giovane compagno. E nulla in lui mi pare più grande della disperazione che gli fece disprezzare la vita e agognare la morte quand'ebbe perduto il suo diletto".
Lascio ricadere sulle ginocchia il voluminoso rapporto del governatore della Piccola Armenia, del capo della squadra. Arriano, come sempre, ha fatto un buon lavoro. Ma, questa volta, ha fatto ancora di più: mi offre un dono necessario per morire in pace; mi invia un'immagine della mia vita quale avrei voluto che fosse.
Arriano sa che ciò che conta è quello che non figurerà nelle biografie ufficiali, e non si iscrive sulle tombe; sa anche che il volgere del tempo non fa che aggiungere alla sventura un'ulteriore vertigine. Vista da lui, l'avventura della mia esistenza acquista un suo senso riposto, si compone come in un poema; l'unico amore si svincola dal rimorso, dall'impazienza, dalle tristi manie, come da altrettante nuvole di fumo, di polvere; il dolore si distilla; la disperazione si fa pura. Arriano mi schiude il profondo empireo degli eroi e degli amici: non me ne giudica indegno.